[Università] Più tasse per tutti, non solo per i fuoricorso



Perchè pagare più tasse e perchè rovinare la vita di alcuni concittadini ? non capisco


Il discorso del notaio non centra nulla ok perchè è a numero limitato , la mia era un aggiunta ..
Dico sono che se una volta c'era pochi dentisti , pochi avvocati , pochi psicologi , pochi architetti , pochi ingenieri , pochi veterinari , pochi commercialisti, pochi farmacisti , pochi fisioterapisti , etc, oggi il numero sta aumentato , cosi come aumenta la concorrenza tra di loro .. concorrenza che spesso porta a ridurre i prezzi.
Semmai il problema è che gli ordini sono saturi, e tendono a controllare in modo eccessivo il ricambio generazionale irrigindendo le barriere all'entrata per paura, appunto, di una riduzione dei guadagni, questo riduce le oppoertunità dei laureati e spinge verso il basso gli stipendi degli stessi.
Oggi abbiamo ancora pochi laureati in assoluto e il mercato del lavoro fatica pure ad assorbirli: da una parte per via del corporativismo degli ordini, dall'altra ci sono altri fattori (e altri corporativismi) che ... rende poco conveniente assumere laureati (e assumere in assoluto).
Si ma se Roma ha ad esempio tanti avvocati come l' intera Francia , c'è poco da pretendere ..

Si torna al discorso di prima, chiudere giurisprudenza e togliere le possibilità alle nuove generazioni ??
cercando info smentisco il mio dato sopra
http://www.diritto24.ilsole24ore.com/guidaAlDiritto/civile/civile/news/2012/07/giustizia-severino-troppi-avvocati-per-l-ugai-e-una-leggenda.html

ma da cui quoto però
l'idea generale che traspare da tutti i reply è:
al giorno d'oggi,a parte rarissime eccezioni,l'università italiana è una palude.

prima mi son sentino scoraggiato
poi deluso
dopo pessimista
alla fine mi son fatto un'amara risata(sic!)
.
..
...
cazzo rido poi!


Beh tanto il 90% del lavoro in quei campi è composto da spinning some facts around, un umanista può anche avere dei vantaggi



altalena, ma che ti inventi?
Io ho detto molto chiaramente che sì, lo faccio per conoscenza personale, ma la SPERANZA di fare il ricercatore c'è sempre e solo la laurea può darmi accesso al mondo accademico. Poi che sappia come funziona quel mondo, e il mondo del lavoro in generale, è un altro paio di maniche, ed ho ribadito che, in ogni caso, preferisco fare un lavoraccio di mierda (e che considero tale, no che debba considerare "bello" e piacevole un lavoraccio solo perché mi sono "cacciato" secondo certe menti aperte, in uno sbocco professionale chiuso) con la conoscenze letteraria e umanistica piuttosto che fare l'impiegatucolo con una conoscenza limitata alla rendicontazione e alla lettura serale di romanzi, solo perché "il mondo del lavoro", il mercato, questo leviatano dei tempi moderni, mi chiede di essere produttivo e di ricercare solo nello stipendio la mia realizzazione di Uomo.



più che altro dispiace che in tanti, temo sia il polso della società ad essere generalmente così, ritengono, non solo che l'attività umanistica sia inutile (ossia non genera produzione e/o servizi immediatamente fruibili), ma addirittura si ritiene che il primo pincopallino che si metta a leggere un libro, che ne so, di metrica classica possa impararlo senza grossi problemi; certo molto meno rispetto a fare tutti gli esami per giurisprudenza o medicina.

Ergo, essendo ciò relativamente facile, a che pro andare all'università, conseguire un titolo (inutile) che tanto non ti servirà neppure per un lavoro? Meglio dunque irregimentare la popolazione, non si sa in base a quali criteri, in base a quali parametri lo stato ti dica: tu dovrai fare un professionale per poi entrare immediatamente in un'azienda meccanica; e tu dovrai fare lettere classiche per essere instradato verso un dottorato ecc., e lasciare che gli sventurati si "adattino" e rassegnino alla situazione, cercando semmai soddisfazione nello studio personale, tanto, qui si dice, è facile studiare le opere letterarie, il greco, il latino, conoscere i retroscena della storia, i perché E i percome dei mutamenti sociali, economici, istituzionali, si può perfino scrivere libri correttamente o fare poesia, basta avere un libro.

Poi però si trova gente che non sa nemmeno la differenza tra troncamento ed elisione, alti poeti che versificano usando solo il verso libero (quindi in prosa) e non conoscono (Né vogliono conoscere, in quanto disprezzano, ma in realtà perché difficile da apprendere, la metrica), scrittori di libri che si inventano storie che fanno passare per reali (ma tanto hanno la licenza artistica no), in un italiano a malapena passabile se siamo fortunati, e passabile perché ricontrollato dai vituperati laureati in lettere che trovano solo questo come lavoro e che quindi, forse, a qualcosa servono pure loro. E questi sono quelli che "sfondano".
Figuriamoci l'operaio uscito dopo 10 ore massacranti ed alienanti di catena, quanto potrà capire da solo, che ne so, delle Operette morali di Leopardi.




Completo il quote di FollowTheMedia. Ma possibile che non sia evidente che un autodidatta deve costruirsi un percorso formativo che molto probabilmente sarà poco organizzato, mentre uno studente può avvalersi del percorso formativo collaudato su migliaia di persone e dunque più organizzato ed efficace per acquisire certe conoscenze?

Che poi come disse qualcuno, qui stiamo giustificando lo studio universitario nei confronti di chi disprezza l'università, uno sforzo inutile.



*. Devo asteriscare per coerenza con quel che ho detto.


Non ti si è cagato nessuno quindi lo faccio io. Dunque? Uno può decidere della sua vita come iù gli aggrada, non è che vive in funzione del giudizio altrui. Non vedo nulla di scandaloso nel vivere una vita disinteressanta.

Che poi ricercare l'assoluto non è vivere una vita disinteressata, perchè ogni azione è fatta per necessità, anche se molto astratta (all'apparenza) dalla necessità pratica.
Ho visto ora il reply di cece che parla di programmazione ed università.

La programmazione è una competenza da "perito": non da ingegnere, tantomeno da scienziato.

Il fatto che a me e a molti altri piaccia ed il fatto che sia richiesto non cambia la questione che sia una competenza necessaria e trasversale, ma che non dovrebbe essere il punto di arrivo di un laureato.

L'ingegnere (informatico) studia la complessità dei sistemi (informatici) nella loro interezza ed in tutti i suoi strati, dal comportamento degli elettroni in una giunzione pn al (esempio) supporto all'integrazione di servizi eterogenei.

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scusa, ma queste frasi sono a dir poco sconvolgenti. mi rifugerò in Dijkstra, per replicare senza scompormi eccessivamente:


"l'informatica non riguarda i computer più di quanto l'astronomia riguardi i telescopi"
\


come cazzo è possibile che parli costantemente di cose che non conosci nemmeno alla lontana? mi ripeti in cosa sei laureato?


"Stai cercando di dirmi che gli astronomi non passano tutto il giorno a gingillare con i telescopi??"


Dinofly è un mercatista ossessivo-compulsivo, ma almeno sa che cos'è una università.

Cece, dalle sue posizioni, pare non sia mai entrato in un dipartimento.

Mi dispiace finire sempre a parlare di cece... Non me ne voglia, io non ce l'ho con lui: semmai con le sue idee balzane (eufemismo).

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Neanche io ci vedo nulla di scandaloso, e infatti è bene o male la condizione in cui io stesso vivo. Nondimeno, è segno di falsa coscienza affermare che al fine di perseguire quegli ideali di verità e bellezza è necessario che lo stato ti dia uno stipendio per fare il ricercatore. Quegli ideali sono perfettamente perseguibili al fianco di una "normale" e "sporca" attività lavorativa (ad esempio di magazziniere, come si diceva): uno di giorno lavora, e di sera si dedica all'arte o alle scienze. È segno di falsa coscienza perché, come ho detto, non si ricerca l'arte o la bellezza o la verità in se stesse, ma si ricerca piuttosto l'emancipazione dagli obblighi di utilità sociale, in altre parole si ricerca la purezza disinteressata. E questi miei riferimenti alla "purezza" sono una semplice risposta al vocabolario che impegano certi utenti, i quali si riferiscono ai lavori "socialmente utili" (come ad esempio quello di dirigente d'impresa) come a delle attività orribili e umilianti. Alcune citazioni:

In queste frasi si cela ovviamente il desiderio di purezza al quale mi riferivo. Poi, come hai detto, la "purezza" è un obiettivo perfettamente legittimo. Ma chi la persegue, deve essere cosciente del fatto che essa è disprezzata dalla società, in quanto inutile. Nessuno ha interesse al fatto che io viva in modo disinteressato, perché se questo fosse il caso io non avrei nessun interesse, nessun "obbligo" di aiutare gli altri.

Le strategie di un individuo che mira ad una vita pura mi sembrano due: o cercare di rendere "utili" delle attività che egli identifica come pure (come il sapere letterario, in modo simile a quanto avviene nelle università inglesi e americane, dove si insiste molto sull'utilità sociale delle humanities), oppure, più radicalmente, distruggere le categorie stesse dell'utile e dell'inutile, dell'interesse e del disinteresse. Talvolta il nostro utente sembra propendere per quest'ultima strategia, ma più spesso mi sembra semplicemente che egli persegua un'illusione (sanissima) di purezza, che richiede anzi la categoria opposta di "utile" come contraltare, al fine di distinguersi dalla orribile massa dei lavoratori "socialmente utili".


Certo, ma esiste una differenza di grado tra l'australopiteco e wittgenstein, non credi?


Sì credo anch'io, per il resto non aggiungo altro perchè il tuo punto di vista mi pare condivisibile.

Una sola cosa ti chiedo: ma tu, quindi, non concepisci il mestiere di ricercatore statale?
no lo concepisce, ma solo per una ristrettissima elité che secondo lui è lì per merito, mentre, come in tutte le cose umane, spesso si è in una certa posizione perché si ha avuto spregiudicatezza e fortuna, o magari si è anche imbrogliato.
Non è pessimismo ma u ndato di fatto, così come è un dato di fatto che ricercatori mediocri, col tempo, anni e anni di esperienza, alla fine accumulino una certa professionalità, come quello che di conti non ci capisce un acca, ma se fa il ragioniere 20 anni alla fine volente o nolente qualcosa ci si raccapezza.

Ma a parte questo, non è ricerca di purezza, ma di felicità, vogliamo vivere in un mondo libero in cui ognuno possa ricercarsela, oppure in uno dove lo stato te lo trova sì il lavoro, ma sulla base delle sue esigenze e delle varie spinte cui esso, o meglio gli uomini che lo compongono i quali di volta in volta si trovano a decidere, sono soggetti.

Non voglio nemmeno rispondere alla locuzione secondo la quale dopo 10 ore di lavoro pesante e sofferenza mentale, se non fisica, si possano trovare forze fisiche e morale per fare arte e filosofia, essendo una evidente cazzata mercatista-compulsiva, come diceva qualcuno. Semmai è necessario abituarsi all'idea di doversi RASSEGNARE, ma resta un ripiego ed estremamnete basso, dal quale sfuggire se possibile, appena si presenta l'occasione buona.


Facile a dirsi. Anche Kafka cambiò diversi lavori (nessuno dei quali manuale) prima di riuscire a trovarne uno che gli permettesse di avere sufficienti energie serali da dedicare alla scrittura.
La frase "di giorno lavora e di sera si dedica" non l'avevo considerata molto. E' un tantino assurda in effetti.
Io credo che se uno non deve imparare tutto di corsa entro una data , il tempo lo trova per procedere con calma nei suoi studi ma solo se ha passione , perchè uno che lavora troverà il tempo solo nel suo tempo libero ..
Io nella giornata ho tanto tempo libero ma poco continuato , quindi se voglio dedicare tempo continuato per imparare qualcosa , magari il sabato invece di andare al mare con amici me ne sto a casa in camera a leggere paper universitari e non , referenze , appendice , etc. etc.
Ad esempio ora voglio prendermi un weekend per leggermi papers sul acquaponics.
Ma ripeto questo perchè lo studio è diventato un mio hobby , non mi basta far funzionare le cose, un sistema acquaponico lo sa fare chiunque , ma mi piace investigare sulla teoria di funzionamento ..

Cosa centra l'apertura mentale?
Il mercato ti chiede di essere produttivo per una pura questione di sostenibilità del tuo stipendio.
La laurea in storia nella maggior parte dei contesti genera uno scarso "premio di produttività" e diviene logico che in media gli stipendi siano bassi.
La tua realizzazione di uomo passa per il piacere della cultura? Bene non lamentarti delle scarse opportunità che ti offrono i tuoi studi, visto che tanto quelle non ti realizzano come uomo.

Poi cadi nella trappola in cui tendono a cadere un po' tutti quelli che studiano (anche io ci sono passato) tendi a rendere più fondamentale di quanto non sia la tua consocenza: per un laureato in fisica la tua letteratura potrà tranquillamente considerarla totalmente superflua, e avrà più o meno la stessa idea: che tu abbia una consocenza limitata della realtà.