Sbloccarsi

Shpongle per te cos'è il subconscio?

Non trollo già che ci siamo, visto il tuo modo di ragionare mi interessa capire che idea ti sei fatto dei vari strati di minore (o nessuna) consapevolezza e di che rapporto hanno con il pensiero irrazionale e l'emotività.

Domanda bonus: secondo te cos'hanno in comune la meditazione e l'ipnosi?

Come ho accennato più indietro ad oggi la tripartizione freudiana es io superio mi pare ancora valida.

Il pensiero razionale è l’unico ad essere per forza conscio (almeno nella sua forma più rigorosa e sistematica), ma subisce comunque influenze inconsce tanto quanto gli altri, soprattutto per quanto riguarda la scelta delle premesse da cui partire per un’analisi. Ovviamente se parliamo, come ha detto n’uovo, di pensiero scientifico nello specifico è più difficile oggi essendo uno sforzo collettivo e intersoggettivo, in cui l’individuo partecipa per una parte minima e con grossi vincoli metodologici.

L’ipnosi è molto distante per natura dalla meditazione perché la prima riguarda una parziale perdita di coscienza mentre la seconda vuole esercitarla il più possibile. Essendo entrambe operazioni di alterazione della coscienza ordinaria possono far emergere contenuti inconsci ma in modo molto diverso, la prima riguarda più un attingere in maniera fortuita elementi rimossi (un po’ come l’uso degli psichedelici), la seconda un processo di consapevolizzazione organico e complessivo, ma difficile e solo come eventuale risultato a lunghissimo termine.


Al di là di quello pensa Shpongle subconscio tecnicamente è il cosiddetto pre-conscio nella prima topica freudiana, materiale privo di consapevolezza ma che può potenzialmente diventare conscio. Ma al di là del termine tecnico freudiano da quel che vedo quando si tende a usare subconscio al posto di inconscio si intende o qualcosa che appunto non elude la coscienza a priori oppure qualcosa come l'inconscio cognitivo, ossia la costituzione cognitiva del mondo che precede la nostre esperienza consapevole di essa. Che è una cosa molto diversa da quella freudiana.



A me sembra che si possa parlare in questi termini di emotività come base del pensiero razionale. Non tanto verità interne nascoste da acquisire ma quanto una posizione di partenza assiomatica non giustificabile razionalmente ma da cui i seguenti pensieri seguono.
E' qui che si parla di belle gnocche?


Ah sì, il discorso sull'inconscio nel senso generale si riallaccia a quanto dicevamo prima sui pensieri secondo me. Le nostre strutture cognitive ci sono in larga parte ignote, tantomeno sono consce all'individuo, quindi i pensieri quali attività mentale conscia ci "arrivano" già carichi di intuizioni preteoriche, se non proprio di teoria.

A questo proposito ho scoperto in questi giorni, siccome chiedevi delle origini (o almeno esempi pre-kantiani?) dell'opposizione tra cuore e ragione, che Antoine Arnauld nella logica di Port-Royal concepisce un'idea come la stessa cosa di una percezione, e che ogni percezione (quindi ogni idea) sia anche una coscienza di sé ("Conosco me stesso nel conoscere altre cose"). Pascal come è noto frequentava Port-Royal e concepisce la distinzione tra cuore e ragione rispetto all'adesione alla fede. Ora sarebbe complicato ricostruire se Pascal aderisse a questa specifica teoria di Arnalud, ma sarebbe carino se vi fosse in gioco una dialettica in cui i due termini cuore e ragione possano essere messi in opposizione soltanto dopo aver teorizzato una loro coesistenza sul piano più generale delle percezioni. Anche per giustificare la validità del giudizio.



Concordo se sostituisci emotività con intuizione pre-teorica, che mi sembra più corretto in quanto più generale, rispetto a quanto detto prima.
Avevo letto materiale sul libero arbitrio e di come alcune speculazioni considerino la coscienza un epifenomeno delle funzioni del cervello. Un altro studio parlava del "lag" che ci sarebbe tra una decisione e la consapevolezza di averla presa.
Senza andare troppo a fondo nella questione filosofica del libero arbitrio, o in discussioni sulla coscienza che finiscono per essere solo semantica, mi interessa molto il discorso sul subconscio (o inconscio, come volete) e la sua influenza sul pensiero. Le "influenze inconsce" di cui parli, Shpongle, secondo te che peso hanno in termini di processo decisionale?



Chi comanda in sostanza? Le "intuizioni preteoriche" sono ciò che forma i nostri bias e le nostre motivazioni profonde? È accettabile per te vedere il pensiero razionale come uno strumento della mente di giustificazione dei propri bias inconsci? E quindi in ottica evoluzionistica uno strumento per catalogare le nostre scelte e le loro conseguenze, per accumulare esperienza?

Il fatto è che trovo semplicistica la concezione inconscio -> irrazionale -> razionale. Per me l'inconscio ha un ruolo molto più importante e interconnesso nel processo decisionale, la nostra identità e la ricerca di senso ci portano a sopravvalutare la razionalità, dato che è fondamentale per l'idea che abbiamo di libero arbitrio. Più analizzo le motivazioni che stanno dietro le mie scelte e più mi accorgo che nonostante siano state prese dopo accurate riflessioni razionali, rispettano sempre una provenienza da pulsioni basilari, semplici, emotive, inconsce. Anche quando si va "contro il proprio istinto", c'è sempre una motivazione base: una paura, un bisogno. Conflitti interni solo parzialmente coscienti.

Mi piacerebbe la vostra opinione, non so magari sto dicendo roba banale, già detta e ridetta?


Ma quelle sono le influenze pop della prima topica freudiana, ci sono una marea di teorie alternative o che la modificano, la storpiano, la aggiornano etc etc... lui stesso l'ha modificata sviluppando la seconda topica ad esempio.
Si ma il punto è il peso che ha l'inconscio sui processi decisionali.
Mi importa poco da dove provenga quella concezione.
Anche su quel punto ci sono teorie diverse, ma in psicologia tutti dicono tutto, non c'è niente set in stone. Può interessarti il https://en.wikipedia.org/wiki/Framing_effect_(psychology)

Per me addentrarsi in questa roba finisce inevitabilmente nella politica, quella di merda
Dipende da chi discute. A me interessa il punto di vista di Schpongle, per vari motivi.

Il framing effect non c'entra (o c'entra poco) con l'inconscio. Una persona molto razionale cadrà sempre nella minoranza.
Però è super interessante questo:

Sarà per quello che il lingo-aziendale Milanese è pieno di termini in inglese
Ogni domanda che hai fatto è un'intera... disciplina

Posso solo darti i punti salienti.



Secondo me è sbagliato considerarla un epifenomeno perché è un processo attivo.



Sì questo un risultato noto e famoso.



Alla domanda su chi comanda rispondo alla fine.

Quello che diceva N'uovo è importante perché, non tanto il cognome Freud, ma bisogna distinguere dal resto la concezione che ha sviluppato di subconscio, che è parte di ciò che sappiamo sulla mente. Cioè tutta la questione delle pulsioni libidiche, l'edipo, la censura superegotica ecc.

Inconscio è molto più di questo, è tutto ciò che non è conscio. Nota che N'uovo ha detto "inconscio cognitivo" perché anche la crescita delle unghie e dei capelli è inconscia se vai a un livello sufficientemente basilare. Hai presente il concetto di inclusione ⊂ riferito agli insiemi no? Possiamo dire:

inconscio ⊂ inconscio cognitivo ⊂ subconscio

Poi, l'inconscio cognitivo consiste in:


  • strutture cognitive fondamentali (anche le vie somatosensoriali)
  • intuizioni preteoriche
  • condizionamenti culturali e sociali
  • strutture linguistiche


i quali non sono distinti, si mescolano e influenzano tra loro, sono solo etichette per indicare aspetti di un insieme vasto e per lo più ignoto. Un esempio di influenza estremo, per chiarire, può essere la capacità di certe popolazioni di percepire in test oggettivi più sfumature di verde del normale, avendone più nomi.

Chiamarli bias e motivazioni profonde è limitante per quanto riguarda l'ampiezza di questo fenomeno. Un bias è solo un condizionamento riferito a un oggetto specifico, una motivazione profonda è solo uno tra i tanti elementi presenti nell'inconscio cognitivo, tra cui le strutture percettive, le concezioni del mondo ecc.

Quindi:



No perché è troppo specifica messa così, un bias è uno tra tantissimi elementi provenienti dall'inconscio e tra i più superficiali, quindi non può esserci questo legame in questo senso. Inoltre è anche sbagliato per una ragione più immediata, il pensiero razionale può essere usato (e viene usato) in entrambi i modi, sia per giustificare i propri bias sia per metterli in discussione.



Il pensiero razionale probabilmente non è frutto dell'evoluzione, perché sappiamo da studi antropologici che la razionalità, ovvero il pensiero logico sistematico, non sia granché presente in società sciamaniche, totemiche e simili che sono quelle più vicine a cosiddette origini dell'homo sapiens. Il risultato dell'evoluzione è il pensiero simbolico, non la razionalità, quella arriva molto dopo come sviluppo avanzato della cultura.



L'intuizione di fondo mi sembra giusta ma devo fare mille appunti.

Il libero arbitrio e la razionalità non hanno un legame così stretto come dici. Puoi avere l'uno senza l'altro. Cioè mi sembra che stai troppo personalizzando il tuo ragionamento, parli di una tua esperienza che non necessariamente è quella di altri. Il tuo problema è aver ponderato razionalmente una decisione e poi ritrovarti influenzato da bias in prima battuta, o pulsioni profonde, o persino concezioni fondamentali e insuperabili ingranate in maniera permanente nel tuo cervello. Questo è tutto corretto, è così. Ma avrebbe potuto essere così anche se avessi agito impulsivamente: pensi di sposarti perché innamorato, pensi di aver agito d'impulso in quel senso, e invece era per il timore di rimanere solo, hai agito d'impulso ma in un altro senso. Oppure, puoi razionalmente concludere di non avere libero arbitrio. Oppure la tua decisione presa razionalmente è davvero libera ed è davvero ponderata in maniera da ridurre al minimo bias e condizionamenti (anche se non puoi mai davvero verificarlo, non puoi nemmeno escluderlo). Insomma ci sono tutte le combinazioni.

Però tutto questo è tratto da un ragionamento razionale. Il problema qui è che non puoi spingerti troppo in là e usare questo argomento per muovere contro la ragione in generale, in quanto confuterebbe l'argomento stesso. Cioè, la logica rimane un principio di realtà, seppur limitato e fallace. In un discorso di tipo argomentativo resta lo strumento più affidabile per i motivi già detti.

Come già detto ciò che non puoi dimostrare sono le premesse, specialmente rispetto ai desideri e all'etica. Quelle, per la ragione, diventano assiomi.

Semmai appunto, un certo irrazionalismo può essere concepito in senso Nietzscheano, ovvero la ragione è strumento dell'esercizio dei propri interessi: detta così però non è un'affermazione autocontraddittoria perché è anch'essa un simile esercizio.

Rispetto a "chi comanda" nel prendere una decisione individuale, la risposta per me è per lo più l'inconscio. Invece "chi comanda" nello stabilire principi di realtà in generale è il linguaggio: anch'esso, come ha mostrato Foucault, vive di funzionamenti ignoti al soggetto che ne fa uso. Se c'è un libero arbitrio è "gestalt", ovvero riferito all'unicum personale, non al conscio e alle sue dichiarazioni.

Comunque sì sono cose note, è il processo centrifugo degli ultimi secoli in cui abbiamo perso la centralità nel cosmo, nelle specie e nella mente (in quanto soggetti consci). Rispettivamente Galileo, Darwin e Freud.

Garfinkel per esempio ha mostrato come persino certe metodologie di analisi sociologica presuppongano involontariamente elementi preteorici, grazie ai suoi "esperimenti di rottura".

Ennò, la speculazione sta proprio nel dire che la razionalità non è un processo attivo, ma l'illusione di un processo attivo. Ci sarebbe da chiarire il significato di "attivo" in questo constesto e come vedi si finisce in semantica
Però la teoria in sostanza afferma che siamo macchine prive di libero arbitrio, illuse di avere un pensiero razionale, spettatrici delle nostre azioni e dei nostri pensieri. La coscienza è il ricevitore ultimo dei processi mentali, dopo che sono già avvenuti. Usava ovviamente anche il discorso sul "lag mentale" a sostegno della tesi. È veramente più semantica che altro, a mio parere, ci sono mille modi per confutare o falsificare sta roba e si arriva a un punto in cui non ha nemmeno più importanza l'una o l'altra cosa. È affascinante forse per chi tira fuori teorie deterministiche fumandosi una canna sotto le stelle "ma l'universo è casuale o causale?".



Makes sense, ma mi affascina riflettere su quanto la razionalità sia "autonoma" nel processo decisionale e per questo ho usato la parola "bias", nella mia ignoranza usando la mia esperienza, per dare un nome all'influenza degli strati mentali più profondi.



questo non mi torna. Se c'è linguaggio, non c'è anche razionalità?


Si hai ragione, ho usato la mia esperienza in maniera semplicistica a sostegno della mia opinione. Ma il concetto rimane.


Si sono d'accordo. L'unica via d'uscita dall'impasse rimane la ragione come strumento di auto-miglioramento.


Quindi alla fine mi correggi qua e la, giustamente, ma mi confermi che più o meno l'idea di fondo è corretta. E dal tuo punto di vista di persona iper-razionale, lasciando stare i libri, sapere che l'inconscio comanda sulla ragione nelle tue decisioni, ti infastidisce?



Bellissima frase


E' che si auto contraddice (tra i vari problemi). Questa cosa la deve dire in un discorso razionale, conclude che tutto il pensiero razionale sia illusione, allora è anche illusione il suo, allora non è valido il ragionamento. Per la terza volta per dire, anche un computer può controllare la consistenza logica di un'affermazione, nella formalizzazione lambda calculus per esempio.

Non è vero che è solo semantica comunque, se fai un discorso così confuso è ovvio che getti la spugna, ma se affronti questi argomenti separatamente e seriamente ci puoi tirare fuori qualcosa di sensato. Ma non puoi mescolare tutto in un calderone: libero arbitrio, determinismo, coscienza, ragione sono tutti argomenti distinti. Anche perché in filosofia solitamente l'irrazionalismo è stato usato per muovere in favore della libertà individuale, non contro. Al limite se parli di libero arbitrio quasi sempre parli di determinismo (ma non vale il viceversa, i discorsi sul determinismo o meno solitamente sono a sé stanti, per esempio in filosofia della scienza). Infine considera che secondo il compatibilismo puoi avere contemporaneamente libero arbitrio e determinismo.



No, pensa alla poesia.



A me non piace la retorica dell'auto-miglioramento, anche perché non esistono criteri oggettivi di bontà.

Per me è più una questione intersoggettiva dello scoprire chi sta barando in un discorso. L'appello alla mistica non funziona perché non offre criteri più forti di valutazione, anzi ne offre di più deboli. E' un argomento simile a quelli di chi si appella alla complessità, all'incertezza della conoscenza, per controbattere, quando queste cose possono essere al limite degli appunti e non possono costituire una confutazione.

Più che migliorare me stesso ho lo scopo di migliorare il discorso dal punto di vista della consistenza, per non scadere in small talk. Non ho pretese estetiche però, perché sono un cane



Sono iper razionale nel senso che scremo ogni residuo di pensiero magico e controllo continuamente la consistenza dei discorsi. Ma non sono iper razionale nel senso che tenterei di stabilire i miei fini su base razionale (non si può, come ho detto dall'inizio del thread). I miei desideri, persino quello di pensare razionalmente, non sono razionali, perché nessun desiderio lo è. Lo stesso per i valori, i fini ecc.

Quindi la risposta è non mi da molto fastidio, perché il problema sorge per lo più in eventuali errori di ragionamento per bias, lapsus freudiani, blocchi inconsci che, ahimé, si uniscono a banali errori di distrazione. Ma pensando in maniera sistematica e confrontandomi con altre persone in uno sforzo concertato posso arginare il problema e mantenere una coerenza di pensiero, successivamente ad aver stabilito gli "assiomi" da cui vogliamo partire, che spesso sono accettati anche dagli altri.

Per esempio, un assioma può essere la tutela del soggetto. Da questo segue che tu non debba tenere schiavi. Se parlo con un ricco cammellaro che tiene schiavi, evidentemente non accetta proprio l'assioma, quindi di che discutiamo? Se invece discuto con un elettore del PD e gli faccio notare di come legacoop sia connivente nello sfruttamento dei migranti nei campi di pomodori, l'elettore PD non è che può buttarmi a mare l'assioma della tutela del soggetto, e quindi diventa un serio problema per lui giustificare il suo voto

La frase sul determinismo era una battuta, le classiche "teorie del tutto" che si fanno quando si chiacchiera in stato alterato
Ma non capisco perchè bisogna per forza separare discorsi di diverse discipline, se hanno un filo conduttore.


Ma tu mi dici che la razionalità "non è probabilmente frutto dell'evoluzione". Non capisco, ho sempre dato per scontato che l'uomo abbia evoluto il linguaggio e di conseguenza il pensiero razionale.


Non servono criteri oggettivi di bontà. Servono criteri soggettivi (di bontà o forse meglio dire di utilità).
Parlavo dell'analizzare le proprie scelte, di come spesso pulsioni molto semplici siano il motore di decisioni complesse, l'auto miglioramento cerca di eliminare ciò che è inefficace o controproducente e valorizza ciò che è ritenuto utile (o buono). Ovviamente dipende dalla propria morale e dai propri scopi, un criminale avrà una concezione di auto miglioramento diversa da un prete. Inoltre è un processo puramente razionale.
Uno dei tuoi criteri è "migliorare la consistenza del discorso". Stai effettivamente migliorando te stesso, no?


Abbiamo notato


Te l'ho chiesto sia per spostare il discorso dai libri al personale, sia per tornare dolcemente IT.
Pure io ragiono in maniera iper-razionale. Lo considero in certi ambiti un problema.
Sono iper selettivo con le donne, per esempio. Anche quando a volte magari avrei tanto bisogno di lasciarmi andare. Il mio livello di controllo è tale che a volte "simulo" il lasciarmi andare. Nemmeno bere aiuta, la mia mente non molla la presa, continua a cercare di prevedere ogni possibile situazione, ogni possibile risposta, nota ogni micro-espressione, immagina scenari multipli. Una parte della mia mente immagina come sono percepito da fuori costantemente, la mia percezione empatica è sempre in allerta e sono iper-sensibile. A volte mi crea stress, anche se gestibile e non patologico, e può capitarmi di perdere qualche occasione o di rovinare un approccio per overthinking. Questo non solo nei rapporti con l'altro sesso.
Non ho mai avuto grossi problemi a piacere alle donne, o piacere agli altri in generale, perchè sono capace di grande empatia, percepisco le varie sfumature delle emozioni altrui, e mi chiedo se la mente iper-razionale abbia un ruolo in questo, o se sia solo fonte di seghe mentali dall'utilità dubbia.

La mia idea è che sia banalmente "più un contro che un pro". L'iper-razionalità non è sinonimo di intelligenza. È fonte di blocchi, un boost delle insicurezze, una fonte d'ansia. Mi chiedo anche se PROVENGA dall'insicurezza o dalla paura.


Ma tanto l'elettore medio del PD nel cervello c'ha questo:


Perché è già complicato parlarne una alla volta. Poi puoi unire i risultati.

O comunque quel discorso prendeva un ragionamento valido per uno, poi lo applicava all'altro senza giustificarlo. Prima la coscienza è l'epifenomeno, poi la ragione, poi la decisionalità, sono tutte cose diverse. Se sono tutti epifenomeni, va dimostrato per ciascuno. Poi epifenomeno diventa illusione o auto giustificazione, anche qui sono due cose diverse. Cioè, non ha senso ragionare in questo modo.



Non mi risulta, poi non sono esperto ma ho anche letto di esempi di società totemiche che non capivano nemmeno il nesso causale tra coito e gravidanza, la quale era attribuita al potere del totem. Evidentemente non c'è pensiero razionale in queste società. Il linguaggio invece è ovviamente presente.

In ogni caso nei documenti più antichi che abbiamo non ravvedo nessuna razionalità, il pensiero magico precede quello razionale, ancora oggi è preponderante il pensiero magico rispetto a quello razionale.

Il pensiero razionale è conseguenza di una formalizzazione, quindi per dire se Aristotele non mette per iscritto il principio di non contraddizione la baracca non va avanti.



Può darsi, ma non è il mio scopo.



Se vogliamo parlare in generale è una forma di controllo, la cui necessità probabilmente deriverà da ansia. Però preferisco così perché

  • l'ansia è giustificata, la vita è pericolosa ed è meglio controllare di non stare facendo cazzate;
  • chi è allergico alla logica spesso finisce per mancare anche di empatia o correttezza umana, perché le seconde richiedono anche valutazioni razionali per essere efficaci e non scadere nel solipsismo (pensa alla bontà dei preti, che ti lascia sempre un amaro sapore in bocca, sì completa questa frase con una battutona);
  • sono epistemofilico, traggo godimento dall'esercizio della ragione;
  • i vantaggi superano gli svantaggi in termini di soddisfacimento dei miei desideri, è molto efficace, di contro:
  • l'ansia e gli impicci sono mitigabili decostruendo la validità delle critiche esterne, cioè si può imparare a fregarsene dei giudizi altrui. Ovviamente richiede esercizio non solo analisi razionale in astratto. Ma sarà per questo che non mi frega nemmeno di migliorare me stesso, ma soltanto di godere (cercando di non causare danni agli altri se possibile).


Probabilmente c'è dell'altro che ora non mi viene in mente ma sono soddisfatto della mia situazione, non sento urgenza di intervenire in tal senso, forse perché sono sentimentalmente accasato e non si manifestano i problemi che segnali.

Oppure perché mollare la presa è sopravvalutato, una fantasia dell'eden quando nella realtà la spontaneità non evita la banalità o la noia. E' meglio accettare la propria personalità e vedere dove conduce realizzarla fino in fondo, la via dell'eccesso conduce al palazzo della saggezza ecc.

Ma scusami, senza coscienza ("La facoltà immediata di avvertire, comprendere, valutare i fatti che si verificano nella sfera dell'esperienza individuale o si prospettano in un futuro più o meno vicino.") non esiste ragione ne decisionalità. Se la coscienza è un epifenomeno, lo sono anche ragione e decisionalità. Mi potrai dire che una macchina ragiona e decide senza avere coscienza di se, ma è una falsificazione più semantica che di contenuto.



Non capire alcuni nessi causali non significa l'incapacità di pensiero razionale, è ignoranza. Chissà quanti nessi causali tutt'ora noi non conosciamo. Come anche la preponderanza del pensiero magico, non esclude la razionalità di pensiero. Non so, potrei avere io una concezione sbagliata del termine, ma Aristotele stesso faceva una distinzione tra uomo e animale basata sul pensiero razionale.



Fair enough.
Sull'ultima frase sono d'accordo in parte. È sopravvalutato ma a volte è un bisogno, almeno per me. È un po' come convivere con un rompicoglioni, ogni tanto devi staccare perchè non lo sopporti più


No perché i risultati della ragione possono essere veri comunque.



Non è ignoranza, è proprio una diversa impostazione mentale. L'intento di Aristotele era sistematico, un errore di valutazione dovuto a limiti di informazione e di scopo del pensiero di un'epoca (quindi, banalizzando, per ignoranza) non è la stessa cosa di pensare in forma magica che invece procede per nessi "metonimici" e non per nessi logici.


mi arrendo





Il criterio di verità rimane comunque la ragione, come lo è per il ragionamento che concluderebbe la natura epifenomenica della coscienza. Non c'è un altro criterio, né cambia dopo aver decretato l'illusorietà della coscienza.

Se per assurdo una scimmia batte sulla macchina da scrivere 2+2=4 rimane corretto comunque, anche se non c'è coscienza di essere corretto.

A me sembra che tu voglia ricondurre la ragione al fenomeno, ma ciò è impossibile (contraddittorio) perché è il criterio di valutazione che ti servirebbe per fare questa stessa operazione.

In una misura o nell'altra un'epistemologia deve per forza considerare il rapporto tra ragione e reale (è per questo che è diverso dal parlare di coscienza), non può presupporre un'assenza di rapporto altrimenti non può valutare nulla, nemmeno questa stessa presupposizione.

Non so come spiegarlo meglio, sto parafrasando sempre la stessa cosa.



Che c'è