"L'hai mai aperto un libro di storia in vita tua?": il thread dei saggi storici

Sei un tesoro Bromino, ma intendevo resistenza indiana :asd: questi però me li segno per il futuro, sappi che mi sono già comprato L’eco del boato e lo tengo lì finché non esaurisco la scimmia indiana

@Drest eggsplain like io fossi tua nonna, quella di 107 anni che ti regalava le caramelle mou e le cinque euro

Ah :rotfl: infatti non mi tornava l’associazione fra resistenza e boarding schools :rotfl:

Allora @Attela per uno hai PM, l’altro su ZL non c’e’, su UnderNet nemmeno

Ho una domanda da porre prima di andare in un posto dove preferirei non lasciare il mio IP, quanto vuoi leggerlo da 1 a 10 sto libro :asd: ?

Ci tengo a ringraziare @principehomura e @Cesky perché hanno aiutato entrambi un povero lettore con limitatissime capacità digitali :love: e ringrazio anche chi mi ha aiutato con i dns che di certo non è drest perché è un rancoroso :dunno:

Comunque quello della Lajimodiere sembra non si trovi proprio da nessuna parte, quindi oltre a quello su Fort Marion ho voltato su questo:

3 Likes

me so scordato, già mi scordo la roba di lavoro :rotfl:

Ho finito questo

È un libro particolare, scritto da una autrice di narrativa, che racconta una storia complicata, quella di Fort Marion, un forte americano dove a fine '800 vennero rinchiusi tot nativi americani di diverse famiglie, importante perché divenne il primo laboratorio di assimilazione culturale che fece poi da modello e apripista per le boarding schools, soprattutto grazie all’influenza del Capitano Pratt, la cui filosofia era “uccidi l’indiano, salva l’uomo” (nb, è una citazione reale). Questo prevedeva vestirli da soldati, o comunque all’occidentale, far imparare loro l’inglese, insegnare il Vangelo:

Tra l’altro la storia dei prigionieri è fenomenale. Cioè a sti indiani la prima cosa che Pratt fece per superare l’ostacolo linguistico fu dar loro dei blocchi per gli appunti, su cui gli indiani iniziarono a disegnare e che diedero vita alla cosiddetta “ledger art”:

Alcuni ovviamente lì ci morirono. Altri ci uscirono, tra cui Making Medicine, un guerriero Cheyenne che divenne poi conosciuto come David Oakerhater e che ora è un santo della chiesa episcopale

Ma il libro? Insomma, il libro è particolare perché è un mix tra a) una finzione narrativa in prima persona pensata per dar voce agli indiani, b) lettere scritte dai prigionieri una volta che avevano imparato a leggere, principalmente per chiedere al PotUS di concedere loro la libertà, e c) riflessioni dell’autrice su come scrivere il libro. Be’, funziona.

To live in this world, I had to be educated, but to become educated, I had to be separated from a part of myself - that was the catch. Self was the distance I had to travel from. That was the first lesson for the Fort Marion prisoners. That was the lesson with which I struggled. It was my focus for the prisoners - the beginning of Native education and the upheaval there.

Bellissimo.

1 Like

Allora, ultimamente ho letto questo:

Corni è uno storico di cui ho letto un po’ di libri e che conosco anche di persona :asd: so che fa ottimi lavori e così è anche per questo libro, che parla di quello che successe in quella parte d’Italia che dopo la disfatta di Caporetto fu invasa dalle truppe austriache e tedesche, che imposero una stringente occupazione soprattutto dal punto di vista della requisizione delle risorse (l’Austria specialmente stava soffrendo molto a causa del blocco commerciale dell’Intesa).

Il libro si basa parecchio sulla ricerca d’archivio e su diari e memorie, le cui citazioni costellano le pagine di questo libro. Il quadro che viene dipinto è quello di un anno difficilissimo per la popolazione civile, soprattutto per coloro che si trovarono a ricoprire il ruolo degli amministratori (il ceto amministrativo, in larghissima parte, fuggì prima dell’arrivo delle truppe austriache), costretti a dover trovare un difficile equilibrio fra le necessità della popolazione e le dure richieste delle forze armate. Per quanto sia ottimo, come gli altri libri di Corni soffre di una leggera tendenza all’essere didascalico, che è una cosa che mi ha sempre stranito perché invece quando parla Corni è un sacco coinvolgente :asd:

Poi ho letto questo, della stessa autrice di Hamas, di cui avevo parlato qui:

https://www.feltrinellieditore.it/opera/il-gelso-di-gerusalemme/

Anche questo parla della storia della Palestina e di Israele ma non solo, visto che parla anche del Libano e dell’Egitto, e lo fa concentrandosi in particolare sugli alberi, raccontando come la storia di queste terre (salta un po’ in giro, dal Libano ottocentesco all’Egitto della primavera araba) abbia finito per influenzare tanto anche come sono cambiati gli alberi. Mi è piaciuto, ma non lo consiglierei a chi vuole qualcosa di più “corposo”: è interessante più per la prospettiva che offre che non per quanto si addentra nel dettaglio negli eventi.

Adesso invece sto leggendo The Hundred Years’ War on Palestine. Rashid Khalidi è un accademico di origini palestinesi molto famoso, fino a poche settimane fa insegnava alla Columbia University. Curiosità: quando ha lasciato il posto ha criticato cos’è diventata l’università americana, dicendo che è più roba da affaristi che da studiosi e docenti… che non sono cose troppo lontane da quelle che ha detto Barbero giusto due giorni fa :asd:

https://us.macmillan.com/books/9781627798556/thehundredyearswaronpalestine

Il libro parla della storia della Palestina soffermandosi su alcune “dichiarazioni di guerra” all’indipendenza palestinese: la dichiarazione di Balfour, la guerra del 1947-48, la guerra dei Sei Giorni, l’invasione del Libano dell’82, la Prima Intifada, e il periodo dalla Seconda Intifada al 2014. Lo fa interlacciando il racconto degli eventi con l’esperienza della sua famiglia, parte dei ceti più agiati della Palestina e spesso direttamente coinvolti negli intrecci politici che hanno deciso il destino di quella terra (due suoi antenati furono sindaci di Gerusalemme, suo padre lavorò per la Nazioni Unite e partecipò alle sedute del Consiglio di Sicurezza che si tennero intorno e durante la Guerra dei Sei Giorni).

È un libro snello e molto scorrevole, ho letto la prima sessantina di pagine e per ora lo sto apprezzando molto.

2 Likes

Finito. Leggetelo se volete odiare ancora di più l’UK, gli Stati Uniti, l’intera classe politica israeliana dal '48 in poi, le autocrazie arabe, e un pochino anche l’USSR :asd:

La mia sete di storia indiana può dirsi tutto sommato placata (per ora) con quest’ultima lettura, che parla delle Boarding Schools, i collegi per nativi americani istituiti a fine '800-inizio '900 dopo che gli USA avevano conquistato e depredato tutti i territori americani e soggiogato o isolato le tribù rimanenti

Le Boarding Schools, anche le “migliori”, sono state la modalità con cui gli USA hanno proceduto all’assimilazione culturale degli indiani. Quando anche non ci sono state storie di violenze (e ci sono state, v. questo documentario gentilmente segnalato da @Grismi), i figli delle tribù venivano strappati alle loro famiglie, spediti in scuole lontane centinaia di chilometri, depredati della loro eredità culturale a partire dal nome. Se non li ammazzava la depressione li ammazzavano le malattie.

Between 1885 and 1913, one hundred Indian students were buried in the Haskell cemetery alone. The youngest students interred at the cemetery were six and seven years of age.

L’educazione consisteva principalmente in lavori a bassa scolarizzazione, che nella teoria avrebbero dovuto permettere l’integrazione delle nuove generazioni nella macchina produttiva americana ma che in pratica sfornavano manovalanza a bassissima specializzazione, perfino inutile nel nuovo mondo automatizzato che si stava andando a creare. Tra l’altro c’era l’alternanza scuola-lavoro :asd:

When new to a particular trade, students did not receive compensation. After four months, they were to receive eight cents for working a eight-hour day (which left little time for instruction). Second-year students received twelve cents daily. After three years at school, students were entitled to twenty-four cents a day. […] The students worked for the school rather than the school for the student.

Insomma, quella degli indiani è una storia da conoscere. Il mio consiglio per gli interessati è sempre partire dal primo libro di cui parlavo (Mondi perduti) e da lì muoversi per approfondire il resto :sisi:

1 Like

@Brom e altri esperti di storia, ho bisogno di un libro a vostro avviso scritto bene sulla battaglia di Stalingrado.

Inb4 libro porno

Scusa, avevo visto il post ma poi mi sono dimenticato di rispondere :asd:

Io non ho mai letto nulla su Stalingrado (le battaglie in linea di massima non sono un tema che mi entusiasma troppo) ma ho chiesto a una storico vero™ e mi ha consigliato il libro di Anthony Beevor:

Se poi vuoi altro, sempre su Stalingrado o sulla Seconda Guerra Mondiale in generale, puoi dare un’occhiata alla bibliografia del canale World War Two :sisi:

1 Like

Finito ieri di leggere La resurrezione dell’impero di Rashid Khalidi (lo stesso di The Hundred Years’ War on Palestine). Scritto nel 2004, poco dopo la fine ufficiale della guerra in Iraq, questo libro piuttosto snello (180 pagine circa) riflette sull’approccio adottato dall’aministrazione Bush nell’approcciarsi a questo conflitto (approccio che l’autore non descrive in maniera molto lusinghiera :asd:) prima di fare una panoramica su quello che in generale è stato l’approccio dell’Occidente al Medio Oriente, dall’Ottocento in poi.

Mi ha anche fatto scoprire che la British Petroleum, quella del disastro nel Golfo del Messico, è nata come Anglo-Persian Oil Company, cioè una società inizialmente privata e poi acquisita dal governo britannico il cui scopo era controllare la totalità delle riserve petrolifere nel sud dell’Iran, pagandole ovviamente una miseria, che tanto a convincere gli iraniani ci avrebbero pensato le baionette anglo-indiane :asd:

Adesso invece sto leggendo Segreti e lacune di Benedetta Tobagi, sui servizi segreti italiani fra gli anni '60 e '90:

La prima sessantina di pagine mi ha preso molto ma è un libro piuttosto “tecnico”, nel senso che si sofferma tanto sul dibattito politico, sulle riforme legislative, sui cambi nella gerarchia interna etc.

1 Like

Finito (con dovuta calma :asd:) Segreti e lacune, quello di cui parlavo nel post qua sopra. Ottimo libro, Tobagi ha sicuramente fatto un lavoro di ricerca notevole, ma come dicevo è piuttosto tecnico: non si sofferma tanto a parlare degli eventi principali del periodo delle stragi (es. piazza Fontana, Italicus, Peteano, Bologna, Piazza della Loggia), concentrandosi piuttosto sui servizi segreti italiani (sifar/sid e poi dal '77, in seguito alla riforma a cui viene dedicata la parte iniziale del libro, sismi e sisde) e sulle numerose strategie da loro adottate per dire il meno possibile, quando non proprio mentire o depistare, ai magistrati che si occupavano delle inchieste. Parla anche ampiamente del rapporto con la politica (per esempio nella sezione dedicata al segreto di stato, che il Presidente del Consiglio ha facoltà di levare) e nell’ultima parte apre una parentesi archivistica che ho trovato molto interessante.

Ripeto, un ottimo saggio ma se qualcuno conosce solo in maniera superficiale il periodo consiglierei L’eco del boato o i libri di Paolo Morando prima di passare a questo.

EDIT: ah ecco: non è certo una figura che ho scoperto con questo libro, ma è allucinante che la stragrande maggioranza degli italiani non sappia chi è Federico Umberto d’Amato, e non certo per colpa loro :asd:

1 Like

Fico, me lo segno

Io invece qualche settimana fa ho visto uno spettacolo tratto da questo libro, che ho deciso di comprare:

Cent’anni fa non esistevano passaporti, si viaggiava senza permessi né lasciapassare. Oggi, al contrario, il regime dei visti di Schengen vieta di entrare in Europa alla maggior parte dell’umanità: ovvero ai ceti poveri e prevalentemente non bianchi dei paesi a medio e basso reddito di Africa, Asia e Caraibi. Ai loro emigranti, respinti dai consolati, non resta che imbarcarsi di contrabbando dai porti franchi del Nord Africa e della Turchia. È così che negli ultimi trent’anni hanno attraversato il Mediterraneo tre milioni e mezzo di viaggiatori senza visto, mentre i corpi di altri cinquantamila giacciono tuttora sul fondo del mare mangiati dai pesci. Come siamo arrivati fin qui? E soprattutto, come ne usciremo? Con il rigore dello storico e il piglio del narratore, Gabriele Del Grande scrive la prima storia dell’immigrazione illegale in Europa. Una storia che spazia dallo sbarco delle truppe africane a Marsiglia nel 1914 fino alla crisi delle ONG a Lampedusa, passando per la stagione della libera circolazione con le ex colonie, il divieto di espatrio dal blocco comunista, i riots razzisti nelle capitali europee, la messa al bando dell’immigrazione non bianca, il crollo del muro di Berlino, il doppio cortocircuito dell’asilo e dei ricongiungimenti familiari e la stretta sui visti che dal 1991 alimenta il mercato nero dei viaggi.

Mi sembra un tomazzo interessantissimo, ma prima di attaccarlo devo smaltire duecento libri che sto leggendo tutti insieme :asd: Se sono bravo inizierò a leggerlo per l’anno nuovo

1 Like

Io continuo a rileggere i miei libri sul terrorismo in Italia.
Miei nel senso di possesso, non che li ho scritti io eh.

Povero, vuoi che facciamo una colletta e te ne compriamo altri?

No, digli di scriverne altri che ce ne sono troppo pochi in giro

Condividi un elenchino, sil vu plé :sisi: