Cosa stai leggendo adesso? (Part 2)

Allora, questo dico che l’ho letto in tipo tre giorni e che il mio docente di letteratura italiana all’università diceva che complimentare certi scrittori significa quasi peccare di arroganza, quindi mi asterrò dal farlo :asd:

Di questo invece voglio parlare un bel po’ perché secondo me è un libro davvero importante. Premetto - visto anche che penso che qua sul mio forum la mia posizione pro-palestina sia abbastanza nota :asd: - che non avevo idea di quello che ci avrei trovato all’interno, quindi non l’ho scelto perché sapevo che si sarebbe avvicinato alle mie idee.

Comunque, dicevo, è un libro che più che trattare gli eventi per così dire “bellici” (che comunque vengono menzionati) si sofferma su quelli politici, sulle origini di Hamas, sulle idee e motivazioni dietro la sua nascita, e sui rapporti con Fatah, con l’Autorità Nazionale Palestinese e con la scena internazionale. Forse paradossalmente i rapporti con Israele sono quelli che vengono esaminati meno, per quanto anche quelli siano presenti. Prevedibilmente il quadro che ne è emerge è molto più complesso della narrazione che ne viene fatta come di una realtà solo terroristica, per quanto questo elemento sia presente – e di questo l’autrice ha esperienza diretta, visto che in uno dei primi capitoli viene descritto un attentato suicida avvenuto a poca distanza da dove viveva in quel momento.

Al di là di questo viene spiegato anche lo stretto rapporto che lega fin dalla nascita Hamas alla sua base, di cui i campi profughi formano una parte importante, come facciano parte della sua struttura anche enti assistenziali, come il processo decisionale dell’ala politica sia basato su un approccio democratico che a volte lo ha anche reso lento e macchinoso, dato che richiedeva che tutte e quattro le constituency (Gaza, Cisgiordania, leadership all’estero, prigionieri) esprimessero la loro opinione. Questo legame fra il movimento e la sua base è anche uno dei motivi per la dirompente vittoria nelle elezioni del 2006, che la vedono superare nel voto popolare una Fatah ormai diventata partito-stato e non più percepita come vicina alle preoccupazioni dei palestinesi.

È un libro frustrante, questo, non perché sia scritto male ma per quello che racconta. E particolarmente frustranti sono proprio gli eventi seguiti alle elezioni per l’Anp del 2006. Riassumendo: ciò che succede è che l’ala politica di Hamas - che è separata da quella militare, anche a livello decisionale - cerca di farsi riconoscere dalla comunità internazionale come un interlocutore valido, ma incontra ostacoli da tutti i lati, anche nella politica palestinese e nelle stesse brigate Al-Qassam: Abu Mazen (che diviene presidente dell’Anp dopo la morte di Arafat) osteggia il premierato di Ismail Haniyeh frustrando i primi tentativi di un governo di unità nazionale, il primo governo monocolore di Hamas naufraga quando, in seguito al rapimento del soldato israeliano Gilad Shalit, Israele procede a un’ondata di arresti che coinvolge anche otto ministri del governo, il riuscito tentativo di Haniyeh di formare un governo che non includesse solo Hamas ma che deve fare i conti con la continua ostilità di Fatah, in particolare delle forze di sicurezza guidate da Mohammed Dahlan e addestrate e armate dagli americani in esplicita funzione anti-Hamas. In questo, lo dice chiaramente l’autrice, ci sono stati anche sbagli da parte di Hamas, come la sua impreparazione ad assumere il ruolo esecutivo e la sua lentezza operativa, dovuta proprio al processo decisionale legato alle constituency. Ma è allo stesso tempo tempo innegabile che i fattori esterni che hanno remato contro all’ala moderata e partecipativa di Hamas siano stati tanti e impossibili da ignorare.

Continuando con le cose frustranti, avete presente Khaled Meshal, questo qui? :asd:

Nel 2007 fu uno dei leader di Hamas che si espressero a favore di una Palestina dentro i confini del 1967, e quindi a un riconoscimento implicito di Israele. Continua a mantenere questa posizione nel 2010, in varie dichiarazioni pubbliche. Nel 2012 - sulla scia della Primavera Araba e dei bombardamenti israeliani nella Striscia - dichiara qualcosa di simile a quanto si legge nell’articolo dell’Ansa. Ma nel 2017 è lui a presentare il nuovo documento programmatico di Hamas, che se nega decisamente la legittimità di Israele afferma anche la disponibilità ad accettare uno stato palestinese entro i confini del 1967.

Ghazi Hamad, quello che di recente ha detto questo?

Nel 1995 fu uno di coloro che investirono impegno in Al-Khalas, il primo esperimento di partecipazione politica nato da Hamas e naufragato tre anni dopo. Nel 2006-7 era il portavoce dell’allora premier Ismail Haniyeh, che come ho detto sopra aveva tutti gli interessi a perseguire una politica di legittimazione di Hamas, accettando quindi la Palestina entro i confini del 1967.

C’è davvero un sacco di frustrante negli eventi raccontati in questo libro. Per esempio: nel 2012 Israele uccide con un attacco mirato Ahmad al-Ja’bari, al momento capo delle brigate Al Qassam e l’organizzatore del rapimento di Gilad Shalit. Dici ok ma questo era il capo dell’ala militare, quindi insomma va bene che sono brutte le uccisioni extragiudiziarie, ma questo mica era uno dei buoni no? Cioè ha fatto bene Israele giusto?

Passing messages between the two sides, I was able to learn firsthand that Mr. Jabari wasn’t just interested in a long-term cease-fire; he was also the person responsible for enforcing previous cease-fire understandings brokered by the Egyptian intelligence agency. Mr. Jabari enforced those cease-fires only after confirming that Israel was prepared to stop its attacks on Gaza. On the morning that he was killed, Mr. Jabari received a draft proposal for an extended cease-fire with Israel, including mechanisms that would verify intentions and ensure compliance. This draft was agreed upon by me and Hamas’s deputy foreign minister, Mr. [Ghazi] Hamad, when we met last week in Egypt.

:dunnasd:

Insomma, ho scritto tanto e su quello che viene detto in questo libro ci sarebbe davvero tantissimo da dire, ma per riassumere questo papirone, se vi interessa l’argomento leggetevelo assolutamente. È pure parecchio scorrevole e scritto in maniera avvincente, anche se soprattutto quando si tratta di nomi tende a dare abbastanza per scontato (ci ho messo un attimo a capire che Yasser Arafat e Abu Ammar sono la stessa persona :asd:).

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