[Jim Carrey] Ritratto di Mussolini



Rispondevo a E1ke su quel punto e nel frattempo ponevo anche l'interrogativo sullo slogan "PRIMA GLI ITALIANI" che per me è veramente aberrante e infatti proprio per questo motivo ho chiesto spesso "ma perché dovremmo venir prima?".


salvini sta facendo un all in puntando a diventare il leader delle deste europee sperando nell'appoggio incondizionato dei vari sovranisti.
il problema è quello che ha da offrire loro e l'italia in generale ha poco da offrire rispetto una germania un francia o una Inghilterra.
vedremo a giugno quando tireranno le reti, quando chiederemo quattrini o spazi di manovra, cosa faranno quello che ( a conti fatti ) ci odiano.


Forse non avranno avuto torto nel '19, ma nel corso degli anni alla Germania vengono concesse dilazioni nei pagamenti, riduzioni delle richieste, possibilità di rinegoziazione. Ricordiamoci che la Repubblica di Weimar è durata più di un decennio e in quel periodo l'economia tedesca aveva avuto la possibilità di riprendersi.



Perché?

Il bolscevismo al fascismo serviva nella misura in cui era un nemico temuto a cui loro potevano contrapporsi, trovando in questo l'appoggio in un primo momento di quella piccola borghesia che si sentiva da un lato delusa e spaesata nella società postbellica, e dall'altro impaurita dalla travolgente ondata rossa; e in seguito, dei ceti agrari toscani ed emiliani e delle forze di pubblica sicurezza, che li videro come un benvenuto aiuto nell'arginare l'ondata di scioperi e di pretese sindacali.

Ma, appunto, a me sembra più una questione di scegliere il nemico giusto che non di contrapposizione ideologica necessaria per l'esistenza del movimento fascista: non che questa contrapposizione non ci fosse, per carità, ma non era certo esclusiva del socialismo massimalista visto che anche con il partito popolare di Sturzo o con i democratici come Nitti non è che i fascisti andassero granché d'accordo.

Quindi non vedo perché un fascismo "moderno" non potrebbe adattarsi ai tempi e scegliere un nemico più adatto a cui contrapporsi, come ad esempio l'Islam, l'ideologia di genere o i "buonisti radical chic".


Vi è una sostanziale mancanza di empatia e di identificazione nei confronti dell'Altro, di coloro che vengono collocati al di fuori di quella che riconoscono come comunità etno-nazionale d'appartenenza.
Quindi il problema non se lo pongono neanche, perché fare quel ragionamento implica un'astrazione e immedesimazione nei confronti di persone con le quali non si identificano, che sono escluse dalla comunità nazionale e fa tutto seguito al processo di "creazione del nemico" (es. attualmente i "nemici" sono gli immigrati, i rom, i musulmani; nella Germania nazista erano gli ebrei, i bolscevichi e in Italia quest'ultimi o gli antifascisti, in seguito alle leggi razziali anche gli ebrei, ma soprattutto per i filo-nazisti italiani visto che non c'era il medesimo consenso - il fascismo italiano si era sviluppato in vent'anni in maniera differente, a contrario del nazismo, che aveva una spiccata componente antisemita fin dall'inizio -).
Ti riporto un estratto sul discorso dell'altro e della creazione del nemico, o della creazione dell'esclusione dalla comunità nazionale*:


Spoiler

Il nazismo riuscì a modificare progressivamente l’etica della società tedesca, ridefinendo i valori secondo la propria concezione ideologica. Questi cambiamenti vennero attuati in maniera graduale e costante negli anni. Il mutamento in atto in quel periodo fece percepire alla popolazione l’idea di vivere l’inizio di una “nu va era”, che dava l’illusione di essere carica di prospettive positive e portava ad accettare le rapide trasformazioni della società.

Il sostegno popolare a questa attività torrenziale e a una così costante dimostrazione di potere crebbe a valanga. Agli occhi di un numero sempre crescente di tedeschi era in atto una vera e propria «rinascita nazionale» (cit. S. FRIEDLÄNDER, La Germania nazista e gli ebrei. Gli anni della persecuzione: 1933-1939)

Questo clima di “grande rinnovamento” riuscì a generare consenso anche relativamente alle misure antiebraiche che venivano prese. Non era necessaria un’accettazione completa di quello che veniva compiuto ai danni degli ebrei e dei dissidenti: si rivelò infatti fondamentale anche l’accettazione passiva dei cambiamenti in atto o la semplice inerzia.

Con il nazismo si era verificata una frattura del tessuto sociale, affiorando la concezione della Volksgemeinschaf alla quale si poteva appartenere in base a quelli che erano considerati validi criteri di suddivisione biologica delle razze.
Il senso di appartenenza a questa comunità nazionale veniva quindi rafforzato dalla presunta “scientificità” delle teorie razziali propugnate dal nazismo, capaci di sollecitare tra i membri della comunità un crescente senso di comunione e di coesione, accentuando così le differenze con chi non vi apparteneva.
Nei confronti di questi ultimi i primi rimanevano indifferenti riguardo a quanto gli accadeva, poiché erano ormai “altri”, i “diversi”: gli esclusi dalla comunità nazionale. La “creazione del diverso” si è sempre rivelata elemento fondamentale nelle ideologie più radicali, le quali sono state capaci di portare gli uomini a compiere le azioni più atroci nei confronti degli “altri”.
Vi si aggiunge poi l’ulteriore elemento della “minaccia” costituita da questi “altri”, che vengono mostrati come un “nemico” capace di mettere a repentaglio la sicurezza della società nella quale si vive. Questa creazione del “nemico” è un processo che si verifica anche quando si devono preparare i propri cittadini a una guerra. Le nazioni coinvolte nei conflitti tendono a dipingere il nemico in maniera tale da deumanizzarlo, per poter così “facilitare” ai propri soldati il loro compito grazie all’allontanamento psicologico dal nemico.
Nel caso degli ebrei il nazismo nel corso degli anni usò questi stessi metodi, mettendo in atto una vera e propria preparazione alla “guerra razziale” attraverso il consenso alle misure antiebraiche, facendo individuare nell’ebreo il nemico da combattere ed eliminare.

[...]

Generalmente, all’interno di una società, con una pluralità di sfaccettature e di ideologie, questo genere di concezioni e di categorizzazioni possono restare circoscritte in un gruppo specifico di individui e la percezione del “nemico” rimarrebbe quindi limitata solo chi avesse accolto quella specifica ideologia. Quest’ultima è in grado di fornire una legittimazione alle azioni che vengono compiute, poiché queste sono ritenute necessarie per raggiungere un certo ordine sociale.
Quindi, in generale, il danno che può venir causato da un’ideologia potrebbe restare in qualche modo circoscritto. Infatti il numero di persone che potrebbero accettare o tollerare questo genere di idee aumenterebbe sì attraverso l’uso di un’efficace propaganda, col limite però del confronto con altre ideologie opposte, o differenti.

In un regime totalitario, l’educazione, la propaganda e l’informazione non incontrano ostacoli: hanno un potere illimitato, di cui chi è nato e vissuto in un regime pluralistico difficilmente può costruirsi un’idea (cit. Primo Levi, I sommersi e i salvati).

Nel caso del nazismo questa concezione disumanizzante del “diverso” e della sua esclusione metodica dalla comunità nazionale è divenuta invece “ideologia di Stato”. All’ideologia e alla propaganda si aggiunse così un altro elemento fondamentale, che servì a ridefinire in modo radicale i valori all’interno dell’intera società: la produzione legislativa. In questo modo si è istituzionalizzata l’ideologia discriminante, rivestendola così di un superiore grado di autorità.
Bisogna tenere in considerazione che nella Germania nazista il Führerprinzip faceva divenire lo stesso Führer una fonte di legge, poiché i suoi ordini avevano una validità generale alla quale tutto l’apparato istituzionale a lui sotto- posto doveva adattarsi e realizzare.
Significativamente “I doveri di un cittadino ligio alla legge” è il titolo che la Arendt ha dato a uno dei capitoli del suo La banalità del male. La metodica erosione dei diritti civili, che fu poi seguita dalla deportazione e dallo sterminio nell’indifferenza di una nazione, portò la Arendt a parlare di «crollo morale» dell’Europa sotto l’impulso politico nazionalsocialista, ritenendo inadeguate le vecchie “verità morali” erano inadeguate di fronte a quello che l’uomo moderno era in grado di compiere.
Si può parlare quindi di “legalità” del male riguardo alla legislazione della Germania e delle altre nazioni che introdussero nel loro ordinamento misure antiebraiche. La persecuzione stessa trovava quindi le sue radici all’interno della legislazione nazionale, in un articolato corpo di norme e circolari. Se in un primo momento le azioni compiute a danno degli ebrei venivano tollerate dalle autorità statali, in seguito erano le stesse autorità a promuoverle.
Nella Germania nazista le norme antiebraiche che venivano promulgate davano corpo alle concezioni nazionalsocialiste della società, realizzando concretamente i punti programmatici che il Partito nazista si era dato nel 1920 arrivando così a costruire uno Stato che faceva della razza il primo elemento fondante della società.
Nella prima fase dell’applicazione della legislazione antisemita si verificò una lenta esclusione degli ebrei dalla comunità, vietando loro il compimento di normali attività quotidiane o il proseguimento della loro professione.




Inoltre hanno la convinzione che, nei casi da te indicati, la loro collocazione sarebbe dalla parte giusta del fucile e del manganello, non da quella sbagliata.




*Su questo punto è interessante notare che per i nazisti che effettuarono le esecuzioni di massa, le vittime che riuscirono a riguadagnare una propria identità personale furono solo quelle con le quali avevano avuto un contatto diretto. Si ristabiliva un debole legame sociale con quelli che erano considerati solo nemici da abbattere. Nei carnefici rimase infatti vivido il ricordo di quei giustiziati che provenivano dalla Germania o che avevano origini tedesche. Si verificava una sorta di "riavvicinamento" nei confronti delle vittime.


Condivido sulla tua conclusione, ma il bolscevismo era comunque a un livello "superiore" rispetto ai nemici individuati a livello astratto: proprio perché era concreto, c'erano veri e propri scontri diretti, con vittime e morti ammazzati.
In Germania poi la situazione era ancora più accentuata, pensa a episodi come questo:

https://it.wikipedia.org/wiki/Repubblica_Bavarese_dei_Consigli

Il bolscevismo era considerato dagli antagonisti come un pericolo reale, qualcosa da combattere realmente armi in pugno e nella propria nazione.
Per altro già al tempo l'antisemitismo era un sentimento estremamente diffuso nei movimenti Völkisch tedeschi, di cui inizialmente il DAP (da cui nacque l'NSDAP) era solo un gruppuscolo totalmente insignificante, e nella vicenda della Räterepublik ci videro la mano ebraica a guidarla.


E a tal proposito secondo me è anche interessante vedere una certa similitudine che c'è tra i serial killer che per un motivo o per un altro risparmiano una vittima.
In tutti gli episodi mancano completamente di empatia, di rimorso e cosi' via, ma spesso c'è quella vittima che non si sa bene per quale motivo stimola dell'empatia nel killer, e poi la risparmia.
E sembra che succeda più o meno la stessa cosa, è come se per un momento rinsavissero.


Se ti interessa il tema guarda questo: https://it.wikipedia.org/wiki/L%27atto_di_uccidere

I torturatori che hanno effettivamente fatto certe cose senza batter ciglio su persone reali, quando gli viene chiesto di mimare l'atto su un manichino hanno un crollo psicologico, scoppiano a piangere ecc.

Finché simbolizzi l'atto coperto da una narrativa ideologica sei protetto, quando questa cade ed emerge cosa hai realmente fatto schizzi, non importa quale dei due casi fosse effettivamente "reale" o no.


Me lo segno, perché sono temi che mi interessano particolarmente.
A me per esempio colpi' tantissimo quando e come Ramirez risparmio' una donna.
Sono scelte estremamente singolari, guidate pero' da una componente psicologica diversa dalla devianza che normalmente usano nell'atto di uccidere


Un serial killer è uno psicopatico ed uno psicopatico all'atto pratico quasi non prova empatia e se la prova è quasi sicuramente simulata.

Il nazi che impazzisce perché fucila l'ebreo è perchè sostanzialmente non è psicopatico. Il gioco della propaganda sta tutto lì anche, demolire e deumanizzare l'immagine del nemico, farti il lavaggio del cervello che sei superiore, così quando c'è da stanarli o fare violenza, i mandanti non vanno in shock = più efficacia. E' normale che non puoi contare su un esercito di psicopatici perché è impossibile, tocca quindi inventare certi escamotage, come il brainwash fin da bambini, la propaganda. Tipo per le fucilazioni danno un proiettile a salve random per salvare la coscienza a chi spara, o le stesse camere a gas risparmiavano soldati che impazzivano o che erano costretti ad ubriacare per sparare agli ebrei nelle fosse.



Te l'ho accennato ieri. E' comunissimo trovare nei fascisti o tendenzialmente la gente di destra una serie di tratti infantili per i quali non riescono a concepire l' esperienza degli altri. Il loro mondo è totale e l'unico attendibile, fanno uno sforzo enorme a mettersi nei panni degli altri. I fasci ti offrono un partito che prima ti seduce, professando intolleranza, violenza, cioè continuando a farti esercitare in ogni modo possibile questa "chiusura", poi diventa un tumore ed aggiunge sovrastrutture che oltre a cullarti ti fanno diventare a tutti gli effetti un drone.

Non è che il partito ti fa diventare un cretino, ti iscrivi al partito perchè di base sei già cretino.
Ahhahah... la norimberga dei moderati giusto solo su agorà poteva accadere. patetico.



si ma guarda che non devi scomodarti per giustificare il pregiudizio eh

ti faccio la spiega, quella corta perchè con quella lunga magari ti offendo.

appendere benito e la petacci secondo me non è servito ha un cazzo perchè quei due sono diventati simboli al contario e non perchè erano messi a testa in giù. il vero simbolo con i busti e tutto il resto lo trovi a predappio, picchettato tenuto a lucido e sfavillante di attrattiva.
forse era meglio invece tenerlo in vita e spedirlo a farsi dimenticare e morire in qualche isola del cazzo, no? con altri funzionò.

se torni ai miei primi post trovi il mio pensiero, che è quello che ribadisco. le lezioni di antifascismo le prendo da chi, come Pertini, il fascismo lo ha vissuto e subìto e i fascisti li ha combattuti, quelli veri e non i cattivoni vestiti con la felpa. non le prendo da qualche veterano della cannetta al centro sociale o dagli alberteinstein della visita guidata che si inteneriscono per una leccata di palle e visti i tempi bui preparano la visa. quindi mettimi tranquillamente in ignore, che io saprò farmene una ragione e vivrò serenamente le mie giornate come ti auguro possa fare anche tu

ah... tra l'altro pure io posso sfoggiare un nonno prigioniero in germania. nel campo gli davano da mangiare solo bucce di patata. lo scriveva a mia mamma.
quindi se uno anche adesso si spende per combattere xenofobia ed etnocentrismo e diritti civili non va bene perché lo poteva fare solo Pertini nel modo giusto e nel suo tempo e solo lui era antifascista, perché l'ha vissuto?

non ha molto senso, devo dire
Scusate se rovino il flame ma la tag "mr foibes" gesucristiddio


Sì per carità, non intendevo certo dire che il bolscevismo in sè fosse un fattore astratto: di sicuro gli scontri e i morti non mancavano già prima delle squadre fasciste. Allo stesso tempo, però, già nel '21-'22 in Italia la minaccia di una rivoluzione rossa è praticamente nulla, ma questo non impedisce al successivo governo Mussolini di organizzare la MVSN, il tribunale speciale, di mandare al confino i dissidenti e di continuare a presentarsi come unico vero argine al bolscevismo, ricevendo per questo anche i complimenti di personalità estere, primo fra tutti Churchill.

Però il fine ultimo del fascismo non era (solo) la lotta al bolscevismo, ma l'instaurazione di uno stato fascista che si andasse a sostituire allo stato liberale.



Con chi, a parte Napoleone?




certo che se arrivi dopo 2 giorni e 6 pagine per tentare di dare un pugnetto, è più furbo almeno leggere il resto del topic così eviti di uscirtene con una cagata smentita da 48 ore.

Poi va bhe, l'ennesimo attacchino alla real life è patetico, ma che ne sai te di quante canne mi faccio/facevo o se me le facevo? di che posti frequentoi o frequentavo? quanta pena deve fare uno per uscirsene con ste robe causa mancanza di capacità dialettica.



Napoleone che ircordiamocelo, è stato effettivamente dimenticato dalla storia e la sua figura assolutamente non mitizzata per i secoli a venire, l'esilio a sant0'elena ha funzionato benissimo, cioè, a parte il fatto che poi perfino i re di Francia ne han preso il nome per richiamarne l'immagine, ma son dettagli



La gabolona sarebbe, quindi, promuovere un modello societario dove, di fatto, l'empatia assuma caratteristica di disvalore o danno. Possibilmente, che si propaghi da solo...
Credo di aver visto un thread chiamato Late Stage Capitalism che parlava di qualcosa di rilevante, in merito...


Totale


Vedi Stansted 15.


hanno solo avuto un imperatore che era il nipote, ha funzionato benissimo, almeno Benito terzo lo abbiamo evitato appendendolo ci siamo limitati alla Nipote come parlamentare



Che era esattamente dove volevo arrivare io


e anche maui