Il Fantastico Mondo di Sanctuary

Che graditissima sorpresa, questo nuovo capitolo è riuscito a risollevarmi dopo un lunedì mattina terrificante...
Il nuovo capitolo non me lo aspettavo oggi!

Beh, ogni tanti un contentino......

Almeno si inizia la settimana in allegria.








Mò me lo leggo.
non vedo l'ora di leggere l'incontro con il barbaro.. mhuahuahua!!!

Gibli/electra => (ci sarà da ridere mi sa)

p.s. non ho mai sopportato jerhym, che atma sia il vero governatore della città è troppo fiko!





Eh Eh
Mi sà che nel prossimo capitolo faremo nuove conoscenze....

Sono contenta di avervi fatto una gradita sorpresa



Mmm, io avevo capito che il gruppo era lo stesso, ma che l'amazzone torda non lo avesse colto.



Ahemmm...... e infatti era proprio così

Ho capito Cambierò forma a quel pezzetto di dialogo, così si comprenderà meglio
GraSSie
Ecco fatto, ragazzi
Ho modificato la forma di quella porzioncina di dialogo.
Adesso dovrebbe essere molto più difficile il fraintendimento
Ehmm.....

Guardate che non avevo capito male.
Anzi, secondo me era chiarissima la gag dell'amazzone torda.

Solo che devo aver scritto male il post.

Le prime righe erano di sghignazzo di fronte all'ottusaggine di klarisse.

Le righe successive erano un commentino al pezzo di tavolo impiantato nel muro da quell'energumeno che non fatico ad immaginare chi sia....

In effetti, rileggendo il mio post, sembrava tutto riferito al dialogo tra Fara e Klarisse.....
Colpa mia....
Nahhh, tranquillo
Sebbene il Khorno mi abbia dovuto spiegare il senso del tuo post, già da parekkio prima stavo meditando di inserire quel dialoghino in una forma assai meno fraintendibile.
E, seppure la forma non era affatto fraintendibile, è stato meglio modificarla e rimarcarla ulteriormente
...anzi, già ke vi trovate, ditemi un po' se vi piace la nuova forma, o preferivate la vekkia?
Il primo era più fulminante.

Ora, essendo più esplicita la frase di Fara, la risposta di Klarisse rimarca ancora di più la sua ottusaggine.
Forse è meglio la nuova versione.


La cena fu lauta, e la serata fredda ma molto bella.
Electra era intenta a tener banco coi suoi dadi "magici", Klarisse e Fara si scambiarono pettegolezzi fino a tarda notte, Jesus rimase nella sua stanza a pregare ogni singolo Dio del quale ricordasse il nome (e lui non dimenticava mai nessun nome), Gibli si era congedato subito dopo le presentazioni, e Cain aveva preferito ritirarsi a riposare.
Il giorno dopo lo spesero a girovagare per la città e a fare nuove conoscenze; l'Incantatrice oramai aveva avuto il piacere di spennare... ehmmm... conoscere molti degli uomini di Lut Gholein; fortunatamente quelli erano stati talmente tanto ubriachi da non rendersi conto dei clamorosi punteggi dei dadi della ragazza... anche perché avrebbero forse iniziato a insospettirsi quando, per due volte, era scappato un "fortunato" quarantuno.
Poi, visto che non erano in villeggiatura in un villaggio vacanze, arrivò il momento in cui il Vegliardo volle narrare loro una struggente storia di cappa, magia e spada.
<> si lamentò Electra, attizzando il fuoco d'atmosfera richiesto dal Monaco.
<> bofonchiò l'altra, sbattendo giù una pira di legname.
<> proseguì, <>
<>
<>
<>
<> concluse seccamente.
In realtà era di pessimo umore, aveva dormito poco e male tutta la notte, e di tanto in tanto le tornavano alla mente pensieri che non parevano suoi
Art.1727, comma 1 paragrafo 753 - un avvoltoio ha il diritto incondizionato di sbranare, beccare, storpiare qualsiasi forma di vita defunta e trapassata o, al massimo, agonizzante, a patto però di porre fine alle sofferenze della creatura, prima di iniziare a mangiarla
E la cosa la inquietava non poco.
Jesus nel frattempo, sotto richiesta di Cain, era uscito a cercare Gibli, ma non stava ottenendo buoni risultati.
<> chiamò, con le mani a coppa ai lati della bocca.
Rimase in ascolto ma non sentì nulla.
<> vociò, estraendo dal tascapane il resto della cena: pollo alla brace.
Sentì in lontananza un corto ululato, quindi continuò a chiamare nel buio.
<>
il Druido arrivò sgambettando e scodinzolando con la lingua penzoloni e le orecchie ritte sulla testa.
Si fermò qualche secondo sulla cima di una collinetta di sabbia ad osservare la scena, e corse giù iniziando a girare attorno a Jesus, una volta raggiunto, e a fargli le feste.
<> lo elogiò lui, dandogli delle pacche affettuose sulla testa, <>
<> chiese l'altro, occhieggiando il coscio di pollo.
<> lo rassicurò, Jesus.
Quando arrivarono al luogo pattuito per la riunione, erano già tutti lì, seduti a scaldarsi intorno ad un bel focherello scoppiettante.
Jesus salutò il gruppo, accompagnato da Gibli che gli trotterellava diligentemente al fianco, mantenendo una posizione prettamente canina.
In realtà, Gibli nella sua forma animale non era proprio un cane... non era nemmeno un lupo... ricordava sì un canide, ma molto vagamente.
Aveva una coda, certo, un paio di orecchie lunghe e appuntite, denti aguzzi e un muso affusolato con mascelle possenti e denti minacciosi.
Ma le zampe... non erano proprio zampe. Quelle posteriori forse un po' di più delle anteriori, comunque fungevano proprio come le zampe degli animali, ma quelle anteriori erano braccia che terminavano in mani artigliate.
Che Gibli le usasse come zampe e preferisse la posizione carponi a quella eretta, era una sfumatura della cosa puramente secondaria.
Quando vide Electra, seduta compostamente all'indiana davanti al falò, tirò fuori un palmo di lingua gocciolante, scodinzolò più entusiasticamente, e spiccò un balzo festoso verso la giovane.
Fu accolto da un pugno che gli si abbatté in pieno muso. Per la verità Electra si era limitata ad allungare il braccio (terminante nel suddetto pugno, appunto) tanto per intercettare il bestio a metà del balzo.
<> gridò quello, fuggendo con la coda fra le zampe dietro Jesus.
Electra si pulì la mano sulla casacca, con aria schifata, poi se la portò sotto al naso e l'annusò facendo una smorfia di disgusto.
<>
<>
Finite che furono le discussioni, tutti presero posto a sedere attorno al fuoco, e mentre Gibli manovrava per conquistarsi il grembo di Electra, evitandosi possibilmente le botte, Cain iniziò il suo racconto.

<<<<> tuonò, in conclusione al racconto.
Quando la sua attenzione tornò a focalizzarsi sul gruppo, notò che Klarisse ed Electra si erano appisolate e russavano rumorosamente, Jesus-Renegade era sprofondato in preghiere disperate più o meno da quando aveva sentito il nome di Baal, e Gibli era riuscito a guadagnarsi un piede della sua adorata Electra, vi aveva appoggiato il muso, e s'era assopito così.
<> berciò il Vegliardo.
<> disse Klarisse, svegliata di soprassalto.
Anche Electra si svegliò, sbadigliò scompostamente e rumorosamente, sbatté le labbra in versi degni di un lama, e poi chiese: <>
Poi s'accorse che Gibli pisolava sul suo piede, e glielo diede sul muso, provocandogli nuovi guaiti di dolore, sofferenza e sorpresa.
<> tagliò corto.
<>
<> lo esortò gentilmente Jesus, che aveva terminato le sue ovazioni.
<>
<> si seccò, Electra.
<> chiese Klarisse.
<> si genuflesse, Jesus.
<> disse Gibli, tentando di leccarsi il naso dolorante.
<>
Ma ormai si erano tutti allontanati dal fuoco, e ognuno stava prendendo la propria strada.
<>
Jesus era fermo davanti a uno dei muri di centro città, attaccata al quale vi era questa lastra di marmo incisa.
<> si accigliò Klarisse, avvicinando il viso all'incisione, tanto quasi da sfiorarla col naso.
<> la prese in giro Electra.
<> si difese l'altra.
<> le richiamò Jesus, <<Tanto tempo fa, un gruppo di valorosi maghi guerrieri dell'ormai estinto ordine Vizjerei, capeggiato dal più potente e prode di tutti: Tal Rasha...>>
<> si grattò la testa, Klarisse.
<<...fu inseguito dai maghi e raggiunto presso un gruppo di catacombe. Inseguitori e inseguito scesero in una delle tante costruzioni sotterranee...>> proseguì, il Paladino.
<> Domandò Electra.
<<...dichiarando che avrebbe combattuto contro Baal per l'eternità, e ordinando di sigillare magicamente la tomba, affinché nessuno potesse più entrarvi o uscirvi.>> terminò la lettura.
<> bofonchiò Electra, mettendo in conto l'ennesima presa in giro ad opera di Cain.
<> osservò, non a torto, l'Amazzone.
<>
<> suggerì il Paladino.
<> rifletté, Electra.
<> fece Klarisse, iniziando a montare di stizza.
<> fece notare, tutto raggiante, Jesus, guadagnandosi peraltro un'occhiata assassina da Electra.
<> concluse Klarisse, stiracchiandosi e sbadigliando rumorosamente.

E l'indomani non tardò a presentarsi a porte e finestre della locanda di Atma, in un luminoso, caldo e soleggiato mattino che non prometteva ombra d'aria... anzi, non prometteva nemmeno ombra, se è per questo!
Electra (che aveva tirato fino alle tre del mattino a barar... ahemm... giocare a dadi), venne svegliata dolcemente da qualcosa che le si puntava sul fianco, la batteva un paio di volte e si scostava di nuovo.
Prima di aprire gli occhi, già del tutto stralunata dalla calura selvaggia, dalle poche ore di sonno e dalle pungolate alle costole, afferrò l'oggetto tormentoso e gli mollò una scossa elettrica nemmeno troppo modesta.
<> berciò una voce stridula (o così pareva alle orecchie impastate di sonno e sabbia della maga), ridendo e ricominciando a pungolare con più veemenza.
<> saltò su, l'Incantatrice, sprizzando fulmini da tutti i pori.
In piedi sul letto, ringhiante ma ancora assonnata, coi capelli che sparavano per ogni dove, vide una figura davanti a sé che le parve abbastanza familiare.
Sbatté le palpebre e si ritrovò a contemplare una divertitissima Klarisse.
Per svegliarla l'aveva pungolata con una estremità dell'arco, e quando Electra aveva fulminato, non era riuscita a propagare le scosse al legno dell'arma.
Si sedette scompostamente, sbadigliando, si stiracchiò e prese dal comodino il portacandela che aveva portato su la notte scorsa.
Lo scagliò senza tante cerimonie contro la sghignazzante Amazzone, cogliendola in piena fronte.
Klarisse smise di sghignazzare.
Per fortuna, nemmeno trenta secondi più tardi (e una frazione di istante prima che le due venissero alle mani... armate), un leggero bussare alla porta interruppe ogni diatriba.
Jesus invitò le fanciulle a darsi una mossa e scendere per una rapida colazione seguita dalla "gita" nel deserto.
<> volle essere galante, il Paladino.
Chiaro che galanteria e sincerità non sono mai andate molto d'accordo, quindi l'effetto che sortì quella constatazione nell'umore ormai irrimediabilmente pessimo della ragazza, lasciò il povero Jesus-Renegade spaventato e perplesso.
Fortunatamente ebbe la prontezza di riflessi di chiudere l'uscio prima che un portacandela assassino si frantumasse contro il suo cranio.
Rimase per diverso tempo imbambolato davanti all'entrata della stanza delle fanciulle, a chiedersi perché.
Dopo la "frugale" colazione, Cain spiegò loro che missione dovevano esattamente compiere, in quello sperduto deserto.
<> tuonò, il Vegliardo.
<> rispose Klarisse, avviandosi verso l'uscita principale della cittadella.
<> li richiamò il Monaco.
Sguardi annoiati si voltarono verso di lui.
<> li ammonì.
<> rifletté Jesus, mentre tornava a voltarsi e a imboccare l'uscita.
<> berciò il vecchio, imponendo le mani in gesti plateali da grande leader.
Sguardi torvi e vagamente sospettosi tornarono a posarsi sulla sua esile persona.
<>
<> meditò Gibli, grattandosi dietro l'orecchio con un piede, scrollandosi, e imboccando il portone della città.
<>
<> dissero le due ragazze, in coro, cercando di non pensare al fatto che la missione iniziava a farsi più complessa e lunga del solito.
Pazientemente, Cain tentò di riprendere la spiegazione.
<>
<> ringhiò Electra, che iniziava ad accusare una certa stizza.
Sospinse delicatamente Jesus e Klarisse verso l'uscita.
<> Tuonò il sacerdote.
<>
Questa volta, gli sguardi che si rivolsero alla sua fragile figura, non gli consentirono di continuare ad elargire spiegazioni. Preferì attendere con pazienza il loro eventuale (ma non sicuro) ritorno per illustrare meglio il tutto.
Quando ormai erano già fuori portata, si ricordò quello che l'apprensione per sé stesso gli aveva fatto dimenticare: una mappa del deserto di Aranoch.
<> si disse, <>
E per questo si rammaricò non poco, ma oramai quel ch'era fatto, era fatto.




A volte penso che ne verrebbe fuori un gran film...

Eh Eh Eh
Gibli è la mascotte del gruppo...


XII

All'esterno della città, anche se non sembrava possibile, faceva ancora più caldo che all'interno. L'unica cosa che muoveva l'atmosfera circostante era il calore sprigionato dalla sabbia compatta del deserto; il caldo era così opprimente che Gibli non ebbe nemmeno la forza di trasformarsi in lupo mannaro giacché, spiegò, usare quattro zampe anziché due, era molto più faticoso. Comunque non si risparmiò certo un paio di tentativi di approccio con la sua venerata fanciulla. Entrambi, chiaramente, finiti a sganassoni e pedate nelle terga.
Poi avvenne il primo disastro della giornata.
Un branco di strani volatili, invero spennacchiati e orrendi, iniziarono a volteggiare sulle loro teste.
Klarisse, visibilmente allarmata ma non tanto da non informarsi, stavolta, prima di aprire il fuoco, chiese a Gibli cosa diamine fossero.
<>
Naturalmente l'Amazzone aveva udito con attenzione tutto ciò che le labbra di Gibli avevano proferito... o almeno, tutto sino alla parola "avvoltoi", dopodiché una furia omicida s'era impadronita di lei, e aveva iniziato a caricare il suo arco di frecce.
<> Gridò Jesus, che aveva notato il traffico della compagna, <>
<<...e allora? E' un'Amazzone no?!>> rifletté Gibli, accigliato. Ma non fece a tempo a terminare quel pensiero, che una freccia gli s'infilzò nella chioma raccolta a coda.
Allora non fece più domande. Si limitò a cercare febbrilmente un rifugio.
<> urlava l'Amazzone, correndo a testa all'insù, e sparando frecce infuocate nella stessa direzione, che immancabilmente dopo una lunga traiettoria verticale, piovevano al suolo e su tutti i presenti. Gli avvoltoi (o quel che erano) schivavano senza problemi la raffica, e continuavano a stridere i loro versi.
<>
<> supplicò, Jesus.
La ragazza studiò lo sfacelo di dardi che salivano e scendevano nell'aria, e si rannicchiò meglio sotto una sporgenza rocciosa non molto distante dalla pietosa scenetta.
<>
<> poi si ricordò che stava parlando con Electra, <<...ohh bah!>> disse, lasciando coraggiosamente il suo riparo, e usando lo scudo come una sorta di ombrello contro quella pericolosa pioggia.
Klarisse intanto berciava, sempre guardando verso il cielo. Tutti i presenti si stavano chiedendo come fosse possibile, in mezzo a quella gragnola di dardi, che ancora non si fosse auto trafitta.
Eppure la vedevano correre all'impazzata in cerchio, seguendo i movimenti lenti e circolari degli avvoltoi.
<>
<> tentò, il Paladino, mentre una raffica di frecce si schiantò sullo scudo con un tamburellare non troppo rassicurante. Si accucciò istintivamente.
<> disse, non trovando nulla di meglio per persuaderla a smettere.
<> delirò quell'altra.
<> s'interessò il Druido, dal suo nascondiglio.
<> minimizzò Electra, continuando a tenersi ben rannicchiata nel cantuccio.
<> rifletté, logicamente, il Paladino.
<> gridò l'altra, smettendo di sparar frecce per l'aria, e puntando uno sguardo sgranato contro il ragazzo che, chissà perché, si sentì davvero molto poco rassicurato.
<>
<> tentò, quasi sull'orlo del panico, il povero malcapitato.
Lei non parve riconoscerlo... o comunque riconoscere la sua amicizia, e gli puntò una freccia infuocata contro. Poi sollevò appena la testa in aria e gridò: <> urlò.
<> tentò lui, sempre più spaventato.
<> sospirò Electra, sventolandosi con un lembo della gonna.
<> tentò il Druido.
<> minimizzò l'altra, con un gesto vago della mano.
<> balbettò Jesus, osservando la freccia tremolante a causa della tensione della corda dell'arco.
<> lo rassicurò l'Incantatrice, continuando a sventolarsi e a tergersi il sudore di dosso.
<> sibilò Klarisse, sempre più galvanizzata dalla situazione.
<> Si riscosse Jesus, <>
Negli occhi dell'Amazzone si spense per un istante la luce di follia per lasciare posto al dubbio.
<>
<>
A quella rimembranza, parve confusa.
<>
<> Si fece sospettosa, quella.
<>
<> fece, abbassando l'arco, <<...ma sai che forse hai ragione?>>
<> tentò di difendersi, Gibli. Ma era già troppo tardi: Klarisse aveva puntato lui e lo stava punzecchiando alla pancia, con la freccia incoccata nell'arco dalla corda tesa. Sghignazzava sadicamente.
<> disse Electra, dandogli una pacca sulla spalla, <> Si allontanò, poi, tutta fiera di sé.
<> si chiese, il Paladino, in un lamento flebile ma accorato e vibrante tristezza, sconforto e paura.
Poi si riscosse, si asciugò le lacrime che avevano iniziato a solcargli il volto scuro, e tentò di rimediare.
<> le chiese, quando già si stava decidendo a scoccare.
<>
<> disse, sottolineando la cosa con un'altra stilettata allo stomaco del poveraccio.
<> le spiegò con pazienza.
Nel mentre, a Lut Gholein, Deckard Cain fu colto da un attacco di colite spastica, apparentemente immotivata.
Klarisse sembrò sforzarsi di comprendere, ma aveva ancora dei dubbi.
<<...e i suoi uccelli?>>
<>
<>
<>
<>
<> Meditò gravemente, il Paladino.
<>
<>
<>
<>
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<>
<>
Jesus rifletté con serietà per qualche istante, poi si riscosse.
<> disse, volgendosi finalmente verso la scena alle sue spalle.

Intanto Electra s'era ritrovata faccia a faccia con queste nuove ed eclatanti forme demoniache, dall'aspetto di scarabei giganti della sabbia, che attaccavano con delle chele lunghe e appuntite.
Non appena ebbero manifestato alla giovane il primo segno di ostilità, Drow spuntò ululando fuori dal fodero, direttamente nella mano della fanciulla, che la osservò accigliata.
<>
<quando la mano che regge la Magica Arma si trova in pericolo, ovvero quando esseri (siano essi Uomini, Nani, Elfi, Demoni etc etc etc) con cattive intenzioni attaccano il Padrone, ovvero quando il Padrone decida - manifestamente e non - di attaccare, è dovere di ogni Spada Magica che si rispetti affiancare il proprio Padrone seguendolo e aiutandolo nel suo Destino. Pena il demagicamento dell'arma. Io eseguo solo il Codice!>>
<>
<>
<>
<>
<> disse, con aria comprensiva.
<> concluse poi, schiacciandola dentro l'involucro di pelle nera, senza tante cerimonie.
Nel mentre, gli scarrafoni erano rimasti basiti. Non tanto perché udivano quella strana arma dialogare civilmente con un altro essere nella stessa sua lingua, quanto perché nessuno dei presenti aveva fatto una piega per il loro arrivo.
In genere, da che il mondo era mondo, e da che i demoni erano demoni, chiunque sulla loro strada era impazzito per la paura e per l'orrore di vedere quelle creature; e chi non era impazzito e aveva avuto l'ardire di contrastarli, era morto per la loro forza ed efferatezza nel combattere!
Ma questi cinque... questi cinque individui sembravano affatto preoccupati dal loro minaccioso sopraggiungere.
Vedevano chiaramente due bipedi chiacchierare pacati, additando e indicando verso i demoni con l'espressione di turisti che contemplano e discutono il panorama, un altro bipede - quello più prossimo ai loro attacchi - diatribare animosamente con una spada nera, e un quarto bip... no, era una specie di quadrupede... no, un bipede con la coda... oh beh! Qualsiasi cosa fosse, era intento a farsi la toeletta, leccandosi accuratamente il muso e le zampe davanti, e sollevando di tanto in tanto una zampa per concedersi "due gocce".
Tutto ciò era frustrante e denigrante per la razza!
Diamine! Erano pur sempre demoni! Avevano diritto ad un po' di rispetto e considerazione! E che modi!
Electra stava ravanando nella sua mente alla ricerca di un buon incantesimo offensivo per attaccare quel gruppo di scarafaggi molesti, ma la sua concentrazione era continuamente interrotta da quella maledetta Drow che le saltava in pugno ogni volta.
<> l'avvisava.
<> l'apostrofò, urtata.
<>
<>
Un artiglio saettò verso lo stomaco dell'Incantatrice, proprio mentre stava berciando contro l'invasività dell'arma.
Il suo braccio (con annessa mano e lama) parò rapidissimo il colpo, tranciando di netto una bella porzionicina di arto.
Un nugolo di piccole scosse elettriche si dipartirono dallo scarafaggio che urlò per il dolore.
<> la redarguì, Electra, riportandola ad altezza occhi come se anche Drow ne avesse un paio con i quali guardarla.
<>
<mio dovere!>> protestò lei.
Un altro attacco venne intercettato dalla spada. Stavolta, prima ancora che arrivasse vicino al bersaglio, l'aggressore fu annientato.
Un'altra scarica di scosse elettriche infestò l'aria.
<> si lamentò Drow, rabbrividendo impercettibilmente.
<>
<> piagnucolò l'arma, vistosamente confusa.
<<...e poi mi risulta che le femmine Umane non abbiano... ehmmm... balle...>>
E quest'ultima asserzione le fece guadagnare il fodero.
Finalmente Electra iniziò a sentire la potenza del fulmine (e la concentrazione per poterlo usare) scorrere tutt'attorno e in lei, si prospettò chiarissimo nella sua mente l'incantesimo che provoca distruzione e desolazione, il più potente fra tutti quelli della sua cerchia, il più difficile ma anche il più efficace, quello al quale lei, Electra, era stata destinata: la Nova. Un cerchio di pura energia che, dipartendosi dai piedi della maga, si sarebbe allargato a macchia d'olio distruggendo tutto quello che incontrava nella propria strada.
Lo sentiva sfiorarle la testa, scendere giù per i fianchi caricandosi intensamente, rizzarle i peli delle gambe e finalmente scaricarsi nel terreno... o almeno così avrebbe dovuto essere, se Drow non le fosse saltata di nuovo in mano, per parare giusto in tempo due attacchi contemporanei da parte di due demoni, e recidere i rispettivi arti.
<> ringhiò Electra, scotendo la spada violentemente.
<> si difese l'arma.
<> la minacciò.
<>
<>
E così, il malumore di Electra peggiorò vistosamente.
Chiaramente a pagarne le spese furono tutti i presenti e pure un assente: Deckard Cain, al quale giurò di ridurlo sulla sedia a rotelle se avesse ancora osato dare loro una missione così scomoda, senza nemmeno una mappa per l'orientamento.
Dopo che il gruppo di demoni formato scarrafoni venne decimato, picchiato e ridotto alla ritirata strategica (la strategia che stavano seguendo, naturalmente, era quella di riportare a casa le terga, più o meno intatte), il viaggio verso le Sale del Morto proseguì senza apparenti intoppi.
Ad un certo punto, però, un paio di quegli uccellacci spennacchiati simili ad avvoltoi, incrociarono la loro strada.
E questa volta l'incrociarono veramente, non solo per modo di dire, giacché camminavano e saltellavano in terra con le zampette adunche e rachitiche, stridendo i loro versacci stonati.
Klarisse appena li vide incoccò una freccia incendiaria. Per gesto riflesso gli altri le si appostarono alle spalle. Scoccò dodici frecce in nemmeno quattro secondi, e nessuna di esse scalfì minimamente gli uccelli.
Allora Gibli pensò che, forse, rallentando un po' il bersaglio (per non dire fermandolo del tutto), Klarisse sarebbe stata felice di colpire e abbattere i suoi incubi peggiori, e visto che quelli non erano certamente creature di Madre Natura, fu lietissimo di darle una mano.
Un vento gelido iniziò a turbinare attorno al corpo del Druido (che s'era allontanato dalla compagnia per precauzione), e congelò all'istante i due volatili.
<> l'avvertì.
Finalmente l'Amazzone ebbe la sua vendetta. Due colpi, due centri che iniziavano a prendere allegramente fuoco.
Apparvero tutti soddisfatti del lavorone di squadra, specie Electra che aveva anche trovato una soluzione pratica ad uno dei problemi che maggiormente la stavano assillando.
Si avvicinò al Druido, e con voce vellutata e modi cortesi gli chiese: <>
Gibli, che quasi stentava a credere che la sua personale Dea gli stesse rivolgendo la parola in modo cordiale... umano, se non altro, fu lietissimo di ripetere l'invocazione del Vento; e già che c'era, giusto per rendersi più interessante ai suoi occhi, ci inserì anche un suggestivo mulinello di foglie e sassi.
Electra, che si stava spostando per godere di quel refrigerio, si beccò prima una grossa foglia sugli occhi, e poi una sassata in testa.
Quando il povero Gibli s'accorse di quali fossero state le vere intenzioni della maga, era ormai troppo tardi.
<> tentò, Jesus, <> ma non fece a tempo a finire l'avviso, che una scarica di elettricità s'abbatté impietosa sullo sfortunato Druido.
<> disse, riparandosi la testa.
<> l'ammonì lei, a braccia incrociate, mentre un'altra scarica colpiva Gibli.
<> tentò di fuggire lui, ma l'Incantatrice sollevò una mano e comandò: <> e quello non poté più muoversi. Così la ragazza gli si avvicinò e, tanto per cambiare, lo pestò come mosto, prendendolo a pedate sul portacoda.
<> gli gridò, sottolineando ogni punto esclamativo con un calcione o una sberla, a seconda di quale parte del poveraccio avesse più vicino.
Quando l'accesso si fu calmato e il cerchio di fulmini attorno ai suoi piedi spento, gli spiegò più chiaramente cosa dovesse fare.
In men che non si dica, il glorioso Druido venne ridotto alla stregua di un ventilatore umano, condannato a "far vento" alla comunità.

Dopo tanto girare a vuoto, e dopo che ormai le speranze di trovare le Sale del Morto s'erano smarrite definitivamente quando, proprio sotto gli occhi delle due fanciulle, Gibli aveva chiesto a Jesus se per caso non sapesse dove fossero finiti, un edificio squadrato e piccolo la quale entrata s'inoltrava giù nella sabbia, si prospettò loro davanti.
<> esordì il Paladino, avvicinandosi alla costruzione.
<> mormorò Klarisse, sollevando gli occhi al cielo in un'espressione esasperata.
<> precisò l'altro.
<> gli ricordò, elegantemente, Electra, <>
<> si risentì, il giovane, <>
Dopo essersi guadagnato l'ennesima occhiataccia collettiva, si decise a varcare la soglia e a scendere la scalinata in pietra che li avrebbe portati nel luogo indicato.
All'interno la temperatura cambiò sensibilmente, ed Electra invitò gentilmente il Druido con una pedata: <>
Il poveraccio guaì per il calcione, ma non poté smettere di scodinzolare alla sua musa.
Il silenzio che regnava non era di buon auspicio, nonostante tutto il gruppetto proseguì guardingo.
<> bisbigliò Drow, facendo capolino dal fodero.
Electra l'ignorò.
<> suggerì la lama.
<>
<>
<> reclamò, spingendola di nuovo dentro.
Quella stette buona per qualche tempo, poi riprese: <>
<> la ripresero in coro, più o meno tutti. Gibli si limitò a ringhiarle contro.
Aveva iniziato a nutrire odio e invidia per quella spada parlante, giacché a lei era permesso di stare sempre al fianco della sua Dea, di parlarci e di chiamarla "padroncina". Anche lui avrebbe voluto poterla chiamare così, senza rischiare ogni volta l'osso del collo.
L'ambiente era interamente di pietra; muri e pavimenti erano stati costruiti affiancando grossi blocchi di roccia e tenendoli assieme alla bell'e meglio con una mescola di sabbia.
Dagli spazi disuniti filtrava - quando fuori soffiava la tempesta - la rena che si depositava a terra e scricchiolava fastidiosamente sotto i piedi.
Imponenti colonnati, sempre di pietra, sorreggevano navate disadorne e spoglie di qualsiasi fregio, e l'edificio si sviluppava parecchi metri nel sottosuolo. Questa la spiegazione all'aria fredda e umida che lo caratterizzava.
Le orecchie di Gibli sussultavano in ascolto di rumori lontani. Quando fu certo di aver trovato qualcosa di interessante, si avvicinò ad una delle porte scorrevoli della cripta e iniziò ad abbaiare scodinzolando e ringhiando.
<> chiese Klarisse, mentre si puliva le unghie con la punta di una freccia.
<> spiegò il Paladino, avvicinandosi anche lui alla porta.
Poggiò l'orecchio sulla fredda pietra, dalla quale chiaramente non provenivano rumori di alcun genere, essendo spessa come minimo un palmo.
<> spiegò, dando delle pacche sulla testa al lupo, che aveva cacciato fuori per l'occasione, quattro dita di lingua umida.
<> bofonchiò Electra.
<> si risolse Jesus, cercando di capire come diamine s'aprisse quell'uscio.
Non ci volle molto, bastò semplicemente una leggerissima pressione delle mani affinché un meccanismo misterioso facesse spostare e scorrere la lastrona di pietra.
Nell'istante stesso in cui quella iniziò a muoversi, Drow saltò nella mano dell'Incantatrice gridando: <>
<> dubitò, il Paladino. Ma non fece in tempo a sentire la risposta, che un'orda di mostri sbucò fuori dall'oscurità e lo agguantò trascinandolo dentro e dimostrando che il teorema citato da Drow era assolutamente veridico... oltre che giuridico.
<> constatò Klarisse, cadendo dalle stelle.
<> dubitò l'altra, osservando il buco rettangolare nero come la pece, ch'era l'entrata di un altro ambiente.
<> Disse l'Amazzone, stroncando così ogni dubbio di natura morale.
<>
<> berciò la spada nella mano della ragazza, opponendosi a forza contro quella decisione.
<> spiegò paziente, Klarisse.
<> si sentì dalla stanza poco lontana.
<<>
<> s'informò l'Amazzone, che aveva iniziato a non seguire più il blaterare di Drow, più o meno da quando aveva esclamato che Jesus era ancora vivo.
<pagarli in sonanti monete d'oro.>>
Le due si guardarono per qualche secondo.
<> chiese Electra, iniziando a farsi due calcoli mentali.
<>
Uno sguardo terrorizzato passò da Electra a Klarisse. Non ci fu bisogno di parole, entrambe scattarono verso la porta così velocemente che i loro passi non toccavano nemmeno più il terreno.
All'interno della stanza era buio pesto, ma si poteva scorgere l'armatura del Paladino brillare fiocamente, e rumori e versacci abbastanza eloquenti.
Un piccolo scricchiolare vicino all'orecchio di Electra, come di una corda d'arco che si tenda nel buio, allarmò l'Incantatrice.
<> le chiese, col sospetto serpeggiante nella voce.
<> rispose l'altra, sufficientemente galvanizzata da allarmare la collega.
<>
<>
<>
<>
<>
<>
<>
<>
<>
<>
<> brontolò Jesus, poco distante, mentre uno zottone divino squarciava le tenebre.
<> si lamentò Klarisse, <mirare!>>
<> la schernì la maga.
<>
<>
<>
<>
<me!>>
...e un cerchio di fulmini si disegnò sotto i piedi dell'Incantatrice.
<> si lamentò Klarisse tendendo di nuovo l'arco, <>
<>
<>
<>
<>
Un ruggito furioso smorzò ogni genere di discussione, e subito dopo s'udirono gemiti, lamentele, tonfi e ringhi d'ogni sorta.
<> gridò Electra, <>
<> s'informò l'Amazzone, trafficando nel buio.
<roba pellicciosa mi ha sfiorato la mano!>> berciò, strofinandosi l'arto contro la gonna, <>
Quando un secondo fulmine divino saettò nella stanza, per qualche secondo poterono tutti vedere più o meno la situazione: Jesus era nel mezzo della sala, combatteva contro una manciata di scheletri, ma stava avendo la meglio.
Gibli si trovava dal lato opposto di una stanza che, ad occhio e croce, poteva essere cinque metri per cinque, e stava attaccando a morsi e unghiate un mostruoso essere dalle fattezze così aggrovigliate che non si riuscì a capire cosa fosse.
Electra e Klarisse erano fianco a fianco, nei pressi di un gruppo ben nutrito di mummie brancolanti.
Quando la maga abbassò gli occhi, vide un enorme orso bianco che le si strusciava amorevolmente contro la mano.
<> ululò, mollandogli un pungo sul testone, e tramortendolo seduta stante.
<> le chiese l'altra.
<coso che ha tentato di leccarmi la mano!>>
<>
<>
Un fioco lumicino prese forma nei pressi dell'Amazzone. Aveva finalmente trovato una freccia incendiaria ed era riuscita ad accenderla. L'aveva appoggiata all'arco e si stava preparando a scoccarla.
<> Avvertì Jesus, accasciandosi prontamente al suolo.
Nel fioco chiarore della freccia si poterono intravedere per qualche istante gli sguardi perplessi che si scambiarono scheletri, mummie e "cosi aggrovigliati" fra loro, e i tre eroi che si appiattivano prontamente a terra, portandosi le mani sulla testa.
Poi la freccia partì e si conficcò contro il muro che Klarisse aveva di fronte.
<> berciò, tutta euforica, l'Amazzone.
Questa volta, gli sguardi perplessi furono scambiati fra tutti i presenti: gli scheletri a Jesus, Gibli alle mummie, Electra al "coso aggrovigliato" più vicino.
<> rifletté Drow, poi assassinò uno di quei demoni indecifrabili, che a guardarlo meglio poteva somigliare ad un quadro di Dalì.
<> l'avvisò sottovoce, il Paladino, mandando in pezzi un paio di scheletri con un colpo di spada.
<muro!>>
<> l'informò Electra, che stava spazientendosi.
Drow decise che sarebbe stato meglio dimenticarsi d'essere una spada parlante, per il momento.
L'Incantatrice colse l'occasione al balzo, si avviò con passo deciso verso il gruppo di bestiame vario e assortito che stava circondando il Paladino, ed eruppe finalmente in una Nova.
L'effetto fu devastante: gli scheletri andarono in frantumi con piccoli POP, le mummie esalarono un breve lamento e s'accasciarono al suolo, e Jesus-Renegade si ritrovò scagliato contro l'ultimo di quella sorta di sacerdoti demoniaci, i cosi aggrovigliati, presenti nella sala.
Quello fu folgorato all'istante dall'elettricità incamerata dal Paladino, che cadde pesantemente sulle natiche battendo i denti.
Tutti rimasero basiti.
Rifletterono che se l'irascibile Incantatrice avesse iniziato a sfogare i propri malumori a suon di Nove, per loro sarebbero stati guai molto, molto seri.
Ore ch'erano rimasti soli nella stanza, azzardarono il tanto di luce che sarebbe bastata loro per dare uno sguardo più approfondito al locale.
Trovarono due porte del tutto simili a quella che aveva aperto l'accesso alla stanza: una rivolta verso nord, e l'altra che dava a nord-ovest.
Si scambiarono sguardi interrogativi, ma nessuno azzardò una direzione.
Poi, uno dei due usci s'aprì e iniziò a vomitare un quantitativo spropositato di esseri deformi.
<> bofonchiò l'Incantatrice, mentre Drow le saltava di nuovo in mano.
<> gridò Jesus, affaccendandosi a respingere indietro i primi esseri.
<> rifletté, confusa, Klarisse.
Gibli fu accanto al Paladino ringhiando e lacerando a unghiate carni più o meno marcescenti. Klarisse, osservandolo combattere, si domandò quanto gli sarebbe costata una manicure completa...
Poi una voce la riscosse: era l'eco lontana delle sue Madri, e delle Sorelle, era la sacra voce delle Maestre, delle Sagge, era l'urlo di battaglia delle Valorose, era un coro simile allo scrosciare violento delle cascate d'acqua dolce nella sua Isola, dalla stessa potenza e intensità; era tutto ciò, e le stava gridando un ammonimento dal significato saggio ed eccelso, una frase gravida di significati criptici, ma al contempo chiarissimi: muoviti idiota! Finiscila di fare la lavativa e combatti come tutti gli altri!
Impiegò un po' per capire, ma alla fine il suo significato fu chiaro anche a lei.
Saggiamente, decise di usare la sua conoscienza migliore. Impugnò l'arco e prelevò una freccia dalla propria faretra. Si avvicinò al gruppo di demoniache presenze, conficcò la freccia in un occhio fra tanti, usandola a mo' di pugnale, e con l'arco bastonò una delle molte teste presenti.
Per fortuna, ne' occhio ne' testa erano membra appartenenti a qualcuno dei suoi alleati.
Electra si accontentò di sfruttare i poteri di Drow, e nonostante la spada fosse del tutto autonoma e semi indipendente dalla volontà della mano che la brandiva (a parte per l'unico scopo che accomunava le due: sopravvivere), avvertì fiotti di caldo sangue paterno ribollirle nelle vene, e man mano che i mostri cadevano sotto la sua furia, il gusto nel maneggiare una spada anziché una verga da Incantatrice la pervadeva sempre più profondamente.
Quando membra scomposte, pozze di sangue nero e verdognolo, liquidi corporei puzzolenti, teste mozzate ebbero ricoperto il pavimento teatro della battaglia, i quattro poterono dirsi soddisfatti.
Si sedettero schiene al muro per riposare un po', dopo aver controllato che non ci fossero altre presenze a disturbare la loro sosta; fu allora che qualcosa scosse la consuetudine eroica (ovvero abbattere nemici, esplorare zone inospitali e recuperare oggetti magici per conto terzi).
Una luce, dapprima flebile poi sempre più forte, si materializzò in mezzo allo stanzone.
Iniziò come un puntolino dorato, mano a mano che s'ingrandiva, però, prendeva le sembianze di un corpo umano, e il bagliore che emanava richiamava vagamente il ricordo di una sala piena di lingotti d'oro, tanto che Electra aveva iniziato a sbavare copiosamente con lo sguardo assorto in quell'aureo bagliore.
<>
I due uomini si prepararono alla pugna, nonostante il Paladino non avvertisse una forza malvagia all'opera.
Le ragazze, invece, restarono in contemplazione del fenomeno, l'una sbavando e l'altra con sguardo inebetito.
Quando la figura si completò, tutti poterono riconoscere le fattezze di una donna dall'aspetto maestoso e imponente, bardata di un'armatura d'oro. La capigliatura raccolta in una coda di cavallo, era anch'essa dorata, la testa era cinta da un sottile cerchietto dello stesso materiale, recante una grossa pietra rossa al centro della fronte. In mano portava una lunga lancia tutta d'oro, e la sua pelle lattea rifletteva la luce aurifera.
<> disse, indicando Klarisse con un gesto repentino della mano guantata d'oro, puntandole un dito addosso.
<> Tuonò, avvicinandosi all'Amazzone minacciosamente.
<> Jesus le si scagliò addosso brandendo la spada.
L'apparizione voltò gli occhi dalle pupille d'oro verso il Paladino e quello fu sospinto contro il muro da una forza spaventosa.
<> ringhiò Gibli. Anche lui poté godere della sua dose di lividi, anche lui fu scaraventato contro il muro. Anzi, per la precisione fu scaraventato contro lo stesso muro e cadde nello stesso posto occupato da Jesus, dunque il danno fu doppio per entrambi.
Electra non si scompose minimamente, continuò semplicemente a sbavare, mentre la sua mente si stava perdendo in un vortice di calcoli matematico-monetari, e di tanto in tanto emetteva piccoli versi simili a quelli che potrebbe formulare un registratore di cassa.
Quando i due "eroi" riuscirono a districare le rispettive membra e a riguadagnare la posizione eretta, non s'azzardarono più ad immischiarsi in faccende che, in fin dei conti, non li riguardavano.
Jesus ebbe un leggero moto di disagio a quella riflessione un tantino lavativa, poi il suo sguardo si posò sull'apparizione aurea e decise di mettere a tacere la coscienza. Si sedette buono buono in un cantuccio.
La donna riprese, ora indisturbata, ad avvicinarsi minacciosamente a Klarisse che però non sembrava ne' del tutto preoccupata, ne' del tutto sorpresa. Dipinta sul volto aveva un'espressione più simile al "del tutto ebete".
<> l'avvertì. E la sua voce sembrò una cristallina minaccia che non ammette repliche di alcun genere.
Ora tutti i presenti erano in apprensione per la sorte destinata alla compagna. Tutti tranne ella stessa, che continuava a guardare la scena come se non le riguardasse.
L'apparizione troneggiava ormai sopra l'Amazzone, una mano poggiata morbidamente sulla lancia usata a mo' di bastone, e l'altra minacciosamente alzata al soffitto.
<> tuonò.
Tutti chiusero gli occhi in un gesto infantile, attendendo di udire urla laceranti di sofferenza e dolore.
<> sentirono invece.
Quando aprirono ognuno uno spiraglio di palpebra per sbirciare, come si farebbe al cinema guardando un film horror, altroché urla laceranti di sofferenza videro!
La nuova arrivata s'era chinata verso Klarisse e la stava prendendo a scapaccioni e buffetti dietro la nuca, mentre l'altra - senza proferir parola - si riparava come meglio poteva, con le mani.
<> la redarguì continuando a prenderla a ceffoni sulla testa.
<> e giù schiaffoni.
<> e ancora sberle.
Poi l'acciuffò per un'orecchio inducendola ad alzarsi in piedi.
<> le urlò, trascinandola in mezzo alla stanza, mentre la poverina si continuava a schermare la testa con le mani.
Ai presenti sembrava di assistere a una scenetta di focolare familiare, dove una madre bastona con amore una figlia che ha a lungo perpetrato nell'errore.
Non sembrò più tanto critica, la situazione di Klarisse... piuttosto, l'avrebbero definita "punitiva".
<> berciò la tipa d'oro, continuando a strattonare l'orecchio di Klarisse avanti e indietro.
<> sibilò Electra, avvicinandosi agli altri due, e accettando le loro scommesse.
<> s'infervorò il Paladino, mettendo a terra fra i piedi la sua puntata.
<> rilanciò il Druido, puntando tre foglie differenti.
<> l'ammonì l'altra.
<>
Così dicendo, e sempre tenendola fermamente e scrollandola dall'orecchio diventato ormai bordò, lasciò che una folata di polvere aura circondasse entrambe, sempre più vorticosamente, finché le due figure risultarono indistinte e sbiadite.
Sono riuscito a leggerlo con calma solo ora causa giornate di lavoro un "filino" intense:morning:
Bello, come sempre molto piacevole da leggere, mi è troppo simpatico il druido , che bel cucciolone . Molto divertente anche l'apparizione finale della madre valchiria , compresa la scenetta della scommessa sull'orecchio.
Stavolta mi ha allietato il giovedì, grazie e continua così
Weh Weh

Ma quella è la Valchiria o la madre di klarisse. O tutte e due?

Certo che Gibli deve esere proprio stracotto per farsi fare di tutto da Electra.
Ehhh le donne fanno brutti effetti su noi poveri omuncoli. Figuriamoci sugli omuncoli canidi.

Domandina.
Ma Klarisse troverà mai la Buriza?
Sempre felice di allietare, almeno un pokino, le giornate
Non vi dirò CHI è esattamente la Valkiria; lo scoprirete più in la

stavolta il taglio l'ho pensato apposta per creare la suspance

...e per rispondere a J&B: nessuno dei pg del racconto troverà armi/equip tradizionali, non mi piace l'idea di "equipaggiarli" anke nel racconto - oltreké nella realtà .
E dunque, penso ke sorvolerò allegramente tutti i particolari inerenti le armi
...ma non si sa mai
Trepida attesa


XIII


<> si riscosse Jesus, alzandosi in piedi e tendendo le mani nel nugolo di polveri. Ebbe l'immediata visione di un verdeggiante prato, e monti coperti di neve stagliarsi nello sfondo, circondati da un cielo azzurrissimo e terso, e rumore di acque vorticose, e cinguettii di uccelli paradisiaci. Fu quasi rapito non solo dalla visione, ma anche dal portale che la donna d'oro aveva aperto.
Poi tutto svanì e tornarono nella desolazione della cripta.
Jesus in piedi vicino alle due donne, con le mani protese in avanti.
Lo sguardo dorato della grossa figura era puntato su di lui con espressione incollerita ma incuriosita.
<> gli chiese, abbastanza minacciosa.
<> Iniziò a scalciare la polvere, abbassando lo sguardo e diventando quasi più rosso dell'orecchio di Klarisse. Poi l'intento che l'aveva animato tornò fra i suoi pensieri.
<> brontolò.
<> lo apostrofò, guardandolo come se fosse un insetto pedante e fastidioso.
<> Jesus si grattò l'elmo che portava in testa, in visibile confusione.
<> si ricordò, in fine.
La Valchiria s'accigliò per qualche istante.
<> la guardò, scotendone l'orecchio, come se la vedesse veramente per la prima volta.
<ci riuscirà, ma la missione è quella...>> spiegò il Paladino.
<> minimizzò, la donna d'oro.
<> piagnucolò l'altro.
<>
<> meditò, beccandosi occhiatacce da ogni dove, tranne che dalla Valchiria che, al contrario, annuiva con l'espressione di chi conosce da vicino il problema.
<> terminò l'arringa, adottando qualche piccolo insegnamento appreso da Drow, e battendosi un pungo risolutore sulla mano guantata.
<>
<consueta, ma senza dubbio possiede una fantasia non indifferente che le ha permesso di sviluppare una tecnica del tutto innovativa, utilizzando ben due oggetti contundenti in una volta sola: l'arco come randello, e la freccia come pugnale!>>
<> berciò, oscenizzata, la Valchiria. Strattonò l'orecchio di Klarisse all'insù, fino ad avere la ragazza davanti agli occhi (per l'occasione, l'Amazzone fu costretta a mettersi in punta dei piedi), la guardò con le pupille d'oro che fiammeggiavano di collera e scandalo.
<> rifletté Electra, intascandosi oro e foglie curative.
<> protestò Gibli.
<> inveì lei, assestandogli una pedata un po' dove capitava.
<> ululò la Valchiria, come se fosse stata trafitta a morte, in un gemito disperato e incollerito e sorpreso e furioso.
<> si risentì Electra. L'apparizione l'ignorò.
<> la difese strenuamente, il Paladino, indicando il tappeto di membra.
<Amazzone!>> berciò, stralunatissima, la donna, <>
<originalità?>>
<sacro!>>
<> la elogiò, Jesus, memore di tutte le corde che la ragazza doveva cambiare al suo arco, ogni volta che l'usava per più di dieci minuti consecutivi.
<> tuonò la Valchiria, cercando di tornare padrona della situazione, <deve essere punita!>>
<> sentenziò Jesus.
<> si risentì.
<> rifletté lui.
<>
<>
<> domandò sospettosa.
<> e così dicendo, fece la cosa che gli riusciva meglio di fare in qualsiasi circostanza, si inginocchiò, chinò il capo e giunse le mani raccogliendosi in preghiera.
<> si riscosse, il Druido, che solo allora aveva capito cosa doveva fare.
Tutti gli sguardi puntarono su Electra, attendendo che dicesse qualcosa anche lei.
Quella si guardò attorno a disagio.
Gibli la richiamò con una piccola gomitata (beccandosi un calcio negli stinchi, fra l'altro).
<> disse, sorridendo amabilmente allo sguardo severo della Valchiria.
Quella, vedendo il pietoso quadretto di affiatamento di gruppo, rimase un tantino confusa nel dafarsi, non più del tutto certa delle sue decisioni.
<>
<> si riscosse, Klarisse. Fortunatamente venne ignorata dalla Matrona, assorta nei suoi dubbi laceranti e nei suoi pensieri confusi.
<>
<> si accorò, Jesus.
<> meditò fra sé.
<> si spazientì, Electra.
<> mormorò la Valchiria.
<> le chiese Jesus, prostrandosi ancor di più.
<> si risolse lei. Ma quando tutti stettero per tirare un sospiro di sollievo (soprattutto l'orecchio di Klarisse, che finalmente era stato mollato), quella riacchiappò l'Amazzone per la stessa orecchia che aveva lasciato poco prima, gliela torse crudelmente e aggiunse: <> disse, sollevandola dall'orecchio, <<>
<> brontolò Electra, dando una possente gomitata a Jesus. Poco ci mancò che non si frantumasse il gomito sull'armatura.
<> la glorificò, Jesus.
<> terminò Electra, avviandosi verso la porta aperta che avevano sgomberato dai nemici.
<> tuonò l'altra.
<> domandò, spazientita, l'Incantatrice.
<> spiegò, la Valchiria, mollando finalmente e definitivamente l'orecchio di Klarisse.
<> l'accusò, Electra.
<> proseguì, ignorandola. Quando la pausa silenziosa raggiunse l'intento di creare quel tanto di pathos necessario alla rivelazione, quando tutti gli occhi furono di nuovo in suo possesso, come ogni buon oratore che si rispetti, rivelò: <>
A questa rivelazione, Jesus non mancò di prodigarsi in preghiere e genuflessioni di ringraziamento alla Luce.

Voltarono per cunicoli e stanze, attraversarono corridoi costellati di trappole e trabocchetti, aprirono e chiusero porte dietro le quali si celavano mostri e nemici d'ogni specie, vivi, morti e nonmorti. Tutto in un bel chiarore aureo, giacché la Valchiria che camminava alle spalle di Klarisse rischiarava ogni cosa.
Tutto sommato, rifletté Electra, la tizia poteva trasformarsi in un buon guadagno.
Fatto sta che, nonostante ora vedessero chiaramente dove si dirigevano, la strada era sempre quella sbagliata.
Sembrava che tutte le porte e tutte le stanze terminassero in un bel vicolo cieco, e questo stava innervosendo molto Electra.
<> si lagnò Klarisse, buscandosi immediatamente uno scapaccione dietro al collo.
<> la redarguì la Valchiria.
La poverina non ebbe il coraggio di proferire più parola.
Fortunatamente per lei, venti minuti più tardi fu proprio Electra a ordinare una sosta.
Fecero un pasto che definirono frugale, nonostante la definizione di "frugale" che il gruppo aveva, s'avvicinava molto più realisticamente a ciò che potrebbe essere considerato lauto, dai più.
Dopo un riposino pomeridiano (secondo le stime di Gibli, si stavano ormai avvicinando alle tre e mezzo del pomeriggio) che lasciò interdetta la Valchiria giacché non concepiva "riposini" di nessun genere, specie durante una missione, si rimisero in viaggio bramando un caffé.
Innanzi a loro si prospettava un lungo corridoio dall'aspetto tetro e insinuante. D'aspetto ancora più tetro e insinuante, però, erano le creature che lo sorvegliavano.
Scoppiò, come auspicabile, la battaglia fra le due fazioni.
Jesus calcolò che il folto gruppetto di nemici, caratterizzato prevalentemente da fastidiosissime orde di scheletri guerrieri, fosse un tantino in soprannumero rispetto alle loro fila, così decise di prostrarsi in preghiera, e con l'aiuto della Luce invocare il Sacro Gelo. Esso, difatti, aiutò molto la missione, surgelando a dovere ogni creatura s'immergesse nell'atmosfera circostante il Paladino. Dunque gli altri, seppure i fatti dichiarassero una dubbia presenza di materia grigia nelle loro teste, si tennero a rigorosa distanza e s'accontentarono di combattere con armi convenzionali non da mischia.
Così Gibli incorse nell'errore che aveva più volte commesso la sua Dea, e richiamò a sé una pioggia di meteoriti che, immancabilmente, si abbatté sul terreno sopra le loro teste, disseminando di crepe quì e la' il soffitto, ma di fatto risultarono inutili ai fini della missione.
<> lo redarguì aspramente, Electra.
<> asserì gravemente Jesus, lanciando un'occhiata eloquente alla maga.
<> si difese quella, punta sul vivo.
<> e riprese a congelare i suoi nemici.
Klarisse dovette resistere all'impulso di prendere ad arcate la testa di uno scheletro, sapendo che, così facendo, si sarebbe senz'altro guadagnata uno scappaccione da quella soldatessa che le avevano messo alle costole. Così rimase un momento interdetta, con la mano a mezz'aria, combattuta dal dilemma di quale dardo inserire nel proprio arco.
Uno scapaccione doloroso le si abbatté sulla nuca, facendole svolazzare i capelli.
<> si lamentò.
<> la richiamò la donna appollaiata alle sue spalle.
Fu allora che l'Amazzone ebbe il sentore che qualsiasi decisione avesse preso in futuro, sarebbe stata seguita da un sonoro scappellotto.
Al fine incoccò una freccia a caso.
Istintivamente i compagni si acquattarono a terra riparandosi chi la testa, chi le terga.
La Valchiria lanciò un'occhiataccia bieca a Klarisse, che finse di non accorgersi di nulla e si concentrò a scoccare.
Il dardo sorvolò amici e nemici, e si conficcò in una parete laterale, vicino alle teste di due creature che poco vi badarono.
Un ceffone s'abbatté sulla nuca dell'Amazzone.
<>
Il dardo esplose atterrando i due mostri vicini.
<> si difese Klarisse, ancora vistosamente confusa per l'accaduto.
La donna d'oro le spedì un'occhiataccia che la fece desistere dal ribattere qualsiasi altra amenità.
Ebbero la meglio grazie al Sacro Gelo del Paladino, che rallentò di molto le fitte orde.
Ad un certo punto della pugna, restarono in piedi solo delle mummie, e nonostante venissero puntualmente fatte a pezzi, qualcuna ne rispuntava sempre.
Incuriositi, decisero di venire a capo del mistero, così si trovarono di fronte ad un sarcofago verticale.
Questo si aprì vomitando fuori una mummia.
Electra le mozzò il capo che rotolò a terra.
Poco dopo un'altra mummia uscì dalla stessa parte.
<> domandò Klarisse, dando un calcetto alla base del sarcofago.
Jesus scisse in due perfette mezze metà l'essere bendato.
Di nuovo il sarcofago s'aprì. Di nuovo ne uscì un mostro.
<> si chiese Electra, punzonando il coperchio del "distributore" usando Drow come un piede di porco, per tentare di aprirlo e controllare il trucco di quel sortilegio.
<> chiese Gibli, riducendo in brandelli il nemico.
<> si risolse Klarisse, mettendosi ad aiutare Electra a scassinare l'aggeggio.
Ma quando riuscirono finalmente ad aprirlo, videro che dentro non c'era nulla e nessuno.
Una mummia si materializzò dal nulla, sembrò emergere da un folto buio, e uscì dal sarcofago tentando di ghermire i presenti.
Inutile dire che fece una brutta fine, ma così fu, e pochi attimi dopo ecco che un'altra creatura subiva lo stesso processo: dalla creazione alla distruzione nell'arco di poche frazioni di secondo.
<> ordinò l'Incantatrice, esplodendo in un boato di Nove. Ormai aveva appreso il trucco per farle riuscire bene e facilmente.
Ciò che ancora non aveva appreso - e men che meno i suoi compagni di viaggio - era come evitare di abbrustolire anche i poveri vicini innocenti e malcapitati, così provocò danni non molto piacevoli sia a Klarisse che alla soldatessa che la sorvegliava.
Jesus se la cavò immagazzinando la sua buona dose di elettricità, e Gibli s'era fatto velocemente lontano non appena il suo fine naso aveva fiutato l'aria farsi più pesante.
<> disse la maga, incurante delle grida di dolore, più che di Klarisse, della Valchiria che le era vicina, dato che l'Amazzone aveva su gli stivali rosso fuoco che la proteggevano dai fulmini.
<sbrighiamoci!>> disse, accelerando il passo, sperando di liberarsi della Valchiria dolorante.
Questa bravata le valse due scapaccioni ed una tirata d'orecchio.
lul