Il Fantastico Mondo di Sanctuary

Forse erroneamente, ma sono convinta ke unaragguardevole percentuale di "Noi, Drogati di LoD" ha spesso immaginato... desiderato scrivere una storia sui propri personaggi, o più ampiamente, sul mondo di Diablo, sul loro gioco preferito.

Ecco, io da "buona" scrittrice - o comunque, da Imbratacarte quale sono - ho iniziato a delirare anke "via scripta" sulle vicende e i caratteri dei miei personaggi.
Quel ke ne è derivato, in tono con la mia natura, è stato un racconto ke personalmente trovo lolloso e appassionante (o, per lo meno, è appassionante scriverlo!).

Avrei voluto farlo leggere nell'altro forum, ma ho tergiversato parekkio per molti motivi, fra i quali la mia inconcludenza. Alla fine non ho avuto il tempo ke credevo d'avere, ed è rimasto tutto ben kiuso a kiave in un cassetto - se non per un lettore fedele, più ke altro x "obbligo"

Ma adesso penso sia il momento più giusto per iniziare a propinar... ahemmm... proporlo a quegli Amici ke hanno voluto seguirmi qui, ke mi hanno dimostrato la loro stima, l'affetto e l'amicizia ke non credevo di poter recepire tanto forte.

E' un modo come un altro per ringraziarvi di tutto questo, per spingermi un tantino più in la' del solito "postare consigli", per far conoscere un altro lato di quella pessima, brontolona, sboccata personcina che è TheWriter... e forse l'unico modo ke ho di rignraziarvi per tutto: le parole

Dunque inizio questa nuova esperienza, mettendovi però a parte di qualke dovuto avviso: il racconto ke sto per postare NON è finito ancora, e non so se lo sarà mai (da buona inconcludente quale sono), quindi siete liberi di scegliere se iniziare a leggerlo, oppure saltare a pie' pari questo thread - peraltro aperto a tutti, non solo ai miei racconti!!
Non sentitevi "obbligati" a leggere oltre questo primo post, solo xké è una mia personalissima forma di ringraziamento il mostrarvi uno dei miei scritti.

Se deciderete di andare oltre, non posso assicurarvi né ke il racconto vi piacerà, né ke vi farà ridere, né ke non vi stankerà, e soprattutto non vi assicuro una fine... del resto Diablo non ha una fine
Eh si ma postalo.. non mi lasciare con l'acquolina in bocca.. :yum:
I

Ma che posto del kakkio! Ma dove sono finita? Quattro tende in croce e l’avevano spacciato per un megavillaggio vacanze! Mi sentiranno, le care Sorelline, oh se mi sentiranno! Altroché soggiorno da paura, questo è un buco di cul....
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La vecchia le scoccò una rapida occhiata un tantino bieca.
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Il “paio di cosette” in realtà era un’infarinatura di spiritualità in pillole, dritte teoriche sulla magia applicata ai demoni e alle creature del Male in generale, nonché l’anteprima di ciò che sarebbe stato l’addestramento della giovane Zann Esu all’uso degli incantesimi a lei destinati.
In pratica, il tutto si riduceva a: esegui questa missione e se non crepi c’è caso ch’io t’insegni l’uso di ben UN incantesimo a tua scelta.
Proprio una bellissima prospettiva! Uh se esco viva da ‘sto vespaio e becco le mie carissime Consorelle, parola mia, le friggo!
Fortunatamente a placare il mare di "buone" notizie arrivò una tipa alta, muscolosa, dai lineamenti spigolosi e severi che si presentò come Klarisse e disse davvero poco... ma fu anche troppo esplicativa:
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Così Electra e Klarisse ebbero giusto il tempo per mangiucchiare qualcosa velocemente.


II

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La giovane maga troncò la parola a mezzo, restando con la bocca spalancata almeno quanto gli occhi. Davanti a loro un gruppo di pietre dalla forma vagamente fallica si ergeva minaccioso in mezzo alla distesa di erba e nemici.
Dentro, il cerchio di monoliti brulicava di demonietti dall’aria assassina.
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Klarisse, da brava Amazzone, imbracciò lestamente il suo arco e cominciò a menare raffiche di frecce a ventaglio sui mostri che le avevano avvistate e già stavano movendo contro di loro.
E va bene, mettiamoci un po’ a lavoro
Con uno sbuffo d’insofferenza, ma cercando la concentrazione necessaria, Electra si dispose per chiamare a sé le forze del fulmine, come le era stato insegnato a scuola.
L’aria attorno si appesantì all’istante mentre l’energia si concentrava attorno alle mani dell’Incantatrice e i peli si rizzavano sulle braccia scoperte dell’Amazzone.
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<> s’interruppe la maga, con l’incantesimo a mezz’aria, <>
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E così dicendo scoccò una freccia nell’aria che zigzagò un po’ fino a trovare quel bersaglio. Quando lo colpì, il mostrillo emanò talmente tante scintille che convogliate a dovere avrebbero potuto dare corrente elettrica ad un piccolo paesino per almeno tre giorni.
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Esclamò Electra, che proprio non se l’aspettava.
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<> sogghignò, e menò un altro paio di quelle frecce magiche simili a missili termoguidati che s’abbatterono sul demone. Quello, per protesta, lanciò altre scariche, ma la distanza fra le parti era abbastanza da rendere vano tutto quello scintillare, così l’essere si accontentò di berciare parolacce e maledizioni prima di cadere in terra con la faccia ridotta a un puntaspilli per frecce.
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Si pavoneggiò l’Amazzone.
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bofonchiò a mezza bocca l’altra.
Il viaggio verso il passaggio indicato dalla vegliarda proseguì senza ulteriori intoppi, a parte qualche gruppo relativamente isolato di demoni e mostri assortiti.
Finalmente giunsero al valico sotterraneo, una galleria buia, umida e maleodorante nella quale – camminando abbastanza silenziosamente – si potevano udire versacci d’ogni genere.
Presto, le due ragazze incontrarono anche i rispettivi proprietari di quelle voci: agguerrite schiere di Caduti e Ranger corrotte dal male e ridotte ad ammassi putrescenti di carne e cattiveria, grossi bestioni pelosi appartenenti alla razza degli Yeti, e arcieri scheletrici che usavano le loro ossa in surplus come dardi per gli archi, nonché zombie retti malamente insieme da brani di bende.
Le scariche di fulmini di Electra ebbero parecchio da fare, mentre a Klarisse bastava armare il suo arco senza nemmeno preoccuparsi di prendere bene la mira, tanto il lavoro sporco lo facevano le sue frecce guidate.
Alla maga faceva quasi rabbia la facilità con la quale l’Amazzone riusciva a tirare giù branchi ululanti di mostri.
Comunque presto trovarono l’uscita del passaggio che, come le aveva istruite Akara, sbucava nella Foresta Oscura, laddove avrebbero dovuto cercare un vecchio e malconcio albero, sterminare i Guardiani, trovare il vano segreto nel tronco, e prendere un pezzaccio di carta sulla quale era scritta – rigorosamente in codice – la chiave per accedere al portale segreto di Tristram.
E’ superfluo dirlo, ma per rigor di narrazione necessario alla cronaca, dovettero abbattere altrettante creature prima di scorgere l’albero. La Foresta pullulava letteralmente d’ogni sorta di aborto semi-animale che Madre Natura avesse potuto concepire in una notte d’incubi post-sbornia; incroci fra bestie e demoni strisciavano, saltavano, s’arrampicavano sugli alberi e nel sottobosco, tendendo agguati pericolosi e decisi alle due intruse.
Nonostante tutto se la cavarono abbastanza bene, bastava solo tenere gli occhi spalancati, le orecchie tese e le armi pronte.
L’albero era lì, in una piazzola di terra marcia, e sembrava abbandonato.
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Disse Electra, scattando verso il tronco.
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Electra non sembrò molto entusiasta, ma visto che non c’era altra possibilità si vide costretta dalle circostanze a seguire il piano.
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Nell’istante esatto in cui la maga lasciò la verzura per uscire allo scoperto, un gruppo di quattro grossi Yeti le si avventò contro.
A lei restò a malapena il tempo di richiamare il Fulmine e scaricarlo contro i boss, che già le erano troppo vicini, per i suoi gusti.
Intanto anche Klarisse lavorava alacremente con la sua sventagliata di frecce.
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Berciò Electra ch’era finita nel bel mezzo della raffica di colpi. Non era una buona situazione quella che s’era venuta a creare: lei chiusa fra una pazza armata ed un branco di mostri simil-oranghi, il problema era che sembrava che tutti volessero attentare alla sua persona.
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Ansimò mentre correva, intenta a evitare frecce.
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Schivò un dardo che per poco non le colpì una spalla.
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Gridò all’altra che, nonostante i richiami continuava imperterrita a scoccare ventagli di colpi cercando di beccare – oltre la compagna – i Guardiani.
Electra, infuriata, non poté più controllare le sue magie (accadeva sempre così quando perdeva la pazienza) che iniziarono a saettare nell’aria verso il nascondiglio di Klarisse.
I quattro Yeti rimasero allibiti a osservare la scena mentre anche l’Amazzone smise finalmente di sparare e uscì accigliata dalla postazione.
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Le chiese, abbastanza risentita.
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I quattro poveri malcapitati avevano smesso di grugnire, attaccare e fare la guardia, congelati dalla sorpresa, con gli occhi sgranati e le fauci spalancate. I loro sguardi saltavano da una litigante all’altra e, poiché le menti di questi esseri sono quel che sono, senza rendersi minimamente conto dei motivi di tanto frastuono.
Uno dei quattro tirò via due dardi che gli si erano infilati casualmente nel braccio, riflettendo sui bei vecchi tempi andati quando gli eroi ti tranciavano di netto la testa, risparmiandoti per lo meno scene di morale tanto scadente. Scosse la testa in segno contrariato mentre le due donne si accapigliavano fra insulti irripetibili e colpi.
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E volò una freccia,
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E giù di fulmini,
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E un dardo incendiario partì veloce,
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E un fulmine s’abbatté da qualche parte.
Fortuna che le due donzelle riuscivano a schivare più o meno tutto quel che si tiravano reciprocamente dietro, e ancora più fortuna il fatto che quello che schivavano andava a colpire una volta uno Yeti, una volta l’altro finché rimase in piedi solo il capo, talmente tanto meravigliato della scena grottesca da dimenticare completamente i suoi - ormai defunti – fratelli e la missione ch’era loro stata affidata.
Quando si riprese era ormai troppo tardi, non tanto per le sue quanto per le sorti dell’albero che, a causa di frecce incendiarie e palle di fuoco, s’era trasformato in una pira.
Quello di più prossimo a un pensiero che passò nella testa dell’ultimo Guardiano fu: se l’albero va a fuoco non dovrò più custodirlo...
e colta la palla al balzo levò le tende dalla Foresta Oscura, visto che quel luogo non gli era mai piaciuto troppo, perché era umido e i suoi reumatismi ne risentivano.
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Così dicendo aprì leggermente la mano destra e si concentrò. Immediatamente una massa biancastra sferica si formò nel suo palmo ingrandendosi ad ogni rotazione. Quando fu abbastanza grande la scagliò contro l’albero in fiamme.
Electra non aveva calcolato che la reazione violenta fra caldo e freddo avrebbe potuto portare il legno alla frattura, e infatti l’albero esplose letteralmente di lì a un istante.
Le due donne rimasero esterrefatte a contemplare brani di corteccia bruciacchiata piovere sulle loro teste. Dell’albero non era rimasto altro che un mucchietto di ceneri surgelate.
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Tentò di giustificarsi, la maga.
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Klarisse le inviò un’occhiata carica d’odio, poi un pensiero la scosse:
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Concluse, chinandosi a raccattare un grosso brano di corteccia da terra (talmente malconcio da non sembrare nemmeno più corteccia), e giocherellandoci per ingannare il tempo mentre tornavano indietro.
<<“Omettere” è un conto: significa dire le cose più convenienti; contare balle invece è dire... dire... uhmmm... dire balle!>>
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Messo il punto fermo su questa faccenda, Klarisse si occupò di controllare che l’equipaggiamento fosse apposto (in realtà era una scusa per non dover più tornare sull’argomento), mentre Electra canticchiava allegramente rigirandosi la sua corteccia fra le mani. L’intenzione era quella di mostrarla ad Akara come prova della veridicità delle loro asserzioni su albero e pergamena.
E' bellissima 'sta storia

Continua, ti prego, che mi è rimasta addosso la curiosità di sapere che succede da Akara...

Accattivante anche lo stile, complimenti

Confermo appieno, poi, la prima impressione all'arrivo al campo delle ranger, dopo 4 giri che incontravo sempre le stesse persone, che ripetevano sempre le stesse cose...e sempre con le galline tra i piedi!!!

veramente fuori di testa... e scritta bene pure (povero yeti però... )
Io attendo fremente di sapere la continuazione

Ghgh sapevi, quando te l'ho propinato, a cosa andavi incontro, no?

Grazie dei complimenti, ragazzi ...in verità pensavo mi avreste lapidata (sono una ke conta molto sulle proprie capacità, si vede ).
Più avanti posterò un altro pezzo di racconto... e cerkerò di scrivere un altro pezzo a quello originale

Mmm... ricchi caro, mi hai kiesto di inviartelo per email, ma non mi hai più dato il tuo indirizzo... lo sto ancora aspettando
Lolloso.. molto diverso da quello che scrivo io ma molto molto molto lolloso..
mi siedo e aspetto la continuazione..

Per la verità è MOLTO DIVERSO anke da quello ke scrivo io di norma
...solo ke non potevo ignorare troppo a lungo tutte le vakkate ke mi frullano in testa... prima o poi avrei fatto BUM!
E direi che hai fatto decisamente bene

GraSSie carissimo
...ma spero ke anke tu ti decida a farci leggere qualcosa di tuo
Forse + avanti.. ma ti avverto che è decisamente Fantasy.. e molti trovano il genere noioso..

Io mi cibo di fantasy (specie ora con Terry Pratchett ), sono un'appassionata di Tolkien, e penso d'essere stata una dei poki ke ha trovato il Silmarillion bello e illuminante quasi al pari dei suoi altri libri


Eccone un'altro.
Adoro il Silmarillion.
Insieme al SdA è fatto oggetto da me, di una rilettura periodica.

Dopo aver letto il Silmarillion, il SdA ha assunto un'aspetto nuovo hai mie occhi.
Ora è più bello.

Mi piacerebbe imparare il Quenia.

P.s. Mò leggo il tuo racconto. Un copia e incolla, et voilà!
Eccolo lì.. e siamo gia tre drogati di Fantasy.. allora non appena Wri finisce il suo racconto (così ti stimolo a continuare) posto il mio.. certo che se me lo paragonate a Tolkien.. non tiratemi poi i pomodori marci......
Nahhh via, a Tolkien non si può paragonare nient'altro ke Tolkien
Cmq la mia intenzione era quella di postare un po' di roba a settimana, cioè, uno/due paragrafi del raccontino ogni martedì; più ke altro xké così mi porto avanti con la scrittura (se mi arrivano le idee e l'ispirazione di applicarle ) e la cosa si bilancia

Ma tu se vuoi puoi postare tranquillamente il tuo racconto, Mord, ho messo giù il mio in modo ke per carattere e colore si differenzi dai normali post, puoi fare lo stesso col tuo (differenziandolo dal mio, kiaramente ), ke dici?
Mi hai convinto.. posterò il Giovedì allora.. in formato e colore diverso
Hei!! Silmarillion rulezza!! ma qualcuno di voi ha letto i racconti perduti? è l'unico che mi manca di quelli scritti a riguardo della terra di mezzo (e lor l'ho letto anke 2 volte in inglese, lo so sono malato, ma l'avete visto il mio avatar? )
Brava Wri.
Aspetto ansioso la 2.a parte.

III

Giunte che furono all’accampamento delle Ranger, e più precisamente al cospetto della Sacerdotessa, fecero di tutto per scaricarsi dalla responsabilità di spiegare l’accaduto e caricarne l’altra. Alla fine la spuntò Klarisse, così Electra fu costretta a farsi avanti.
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Le consegnò il pezzo di corteccia squassato come prova.
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Le sorprese, la vecchia.
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Sussurrò Electra, all’orecchio dell’Amazzone
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rifletté.
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Disse, avviandosi col pezzo di corteccia nelle mani.
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La sgomitò, Klarisse.
Akara tornò mezz’ora più tardi, e quando mandò a chiamare le due, dubbi e paure le assalirono.
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Si lamentò la maga provocando uno sbuffo d’insofferenza all’altra.
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Spiegò la vecchia, mostrando la corteccia d’albero.
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Tentò di difendersi, Electra. La Sacerdotessa le rimandò un’occhiataccia.
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Ritentò, la ragazza, cercando disperatamente una giustificazione che reggesse.
<<...spiega chiaramente dove si trova il portale segreto per Tristram, e fornisce la chiave per aprirlo. Mi preoccupa solo che dovrete tornare presso il Campo di Pietra.>>
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S’informò Klarisse.
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Fece l’altra, inorridita,
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<> chiese Electra, indispettita.
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Replicò la maga.


IV

Così, nell’arco di un solo giorno dovettero farsi la strada doppia.
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Electra non si spiegò il motivo della risatina di Klarisse, però le aveva tolto di dosso gran parte della speranza.
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Erano nel mezzo del cerchio di pietre alte e falliche, e si guardavano intorno come due turiste.
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Sbuffò l’Amazzone, strappando la pergamena dalle mani di Electra.
<Sfiorò la colonna che prese a vibrare leggermente.
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Si alzò un coro di vibrazioni simili a un canto che sembravano provenire dalle colonne e da sotto terra.
Toccata la quinta, una tempesta elettrica investì il cerchio.
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Un pentacolo di elettricità si condensò nel mezzo delle pietre, e un portale rosso si aprì sotto gli occhi sbalorditi delle due.
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Esclamò Klarisse con un filo di voce.
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Electra si avviò e in men che non si dica sparì fagocitata dall’apertura; le ultime parole che Klarisse udì furono:
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Dopo qualche secondo di esitazione, decise di seguire la compagna, non altro per tenerla lontana da qualche guaio... o infilarcisi lei stessa.
Dall’altra parte era tutto una rovina bruciacchiata. Alcuni nemici - rimasti imprigionati nella cittadella - erano pronti ad accogliere le visitatrici, armati fino ai denti e spaventati forse più delle due.
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Chiese sottovoce la maga.
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Entrambe si piazzarono sulla difensiva e, mentre l’arco dell’Amazzone era già armato di tutto punto, l’Incantatrice richiamava i suoi alleati elementi.
Fulmini e saette si abbatterono contro i mostri che arrivavano numerosi da ogni direzione, attirati dal frastuono, frecce dall’anima esplosiva li colpirono dilaniando le carni marce di cattiveria, ma ben presto le due si resero conto che non potevano avere la meglio, se non altro per la superiorità numerica.
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Suggerì Klarisse, menando raffiche di frecce.
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Electra faceva schiantare punte di ghiaccio contro le bestie, e lo stratagemma sembrò funzionare a dovere finché l’Amazzone non ebbe la folgorante idea di sparare dardi infuocati contro le masse.
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Si scusò l’altra.
L’orda di mostri le costrinse a retrocedere fino a dentro una catapecchia ancora in fiamme che una volta era stata un grosso edificio.
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L’espressione che si disegnò sul volto dell’Incantatrice non piacque affatto alla compagna che, nonostante tutto, non poté fare a meno di chiederle:
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Per quanto idiota potesse essere il piano di Electra, il branco di mostri era evidentemente molto più idiota, e quando Klarisse - molto contro voglia, per il vero - iniziò a danzare, quelli rimasero dapprima allibiti a osservarla, poi la circondarono con aria faceta.
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Bisbigliò alla maga.
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L’orda di bestie, incredibile ma vero, iniziò a battere le mani a ritmo dei passi di ballo, ridevano, scherzavano e si sgomitavano fra loro per vedere meglio quel pietoso spettacolo; per i loro miseri cervelli era come se fossero entrati a bere in un’osteria.
Electra era sprofondata in una specie di trance, ogni sua singola molecola era proiettata a cercare la concentrazione giusta per dar vita a uno dei più potenti incantesimi distruttivi che conoscesse, e nella sua testa martellava un unico pensiero:
...ma come diamine era quell’incantesimo che ci aveva spiegato la prof l’ultima volta? Ohh dannazione! Ma perché mi sono venduta il libro di "Magia Elettrica Applicata"?!
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Ritentò, Klarisse, sottovoce. Ormai ansimava tanto da provare difficoltà a parlare normalmente.
Intanto i mostri iniziavano ad agitarsi; non perché avessero capito ch’era tutta un’ignobile messinscena, ma perché non si vedeva nessuna cameriera alla quale ordinare un boccale di birra fredda.
...avanti... avanti!! Come faceva? Ohh bah, chissenefrega!! Io lo dico così, o la va o la spacca...
Con sapienti movimenti delle mani, Electra cominciò l’invocazione del potere del fulmine - quello alla quale era destinata la fanciulla - ma una gomitata s’un braccio la distolse.
Uno dei mostri, una specie di caprone a due zampe, l’aveva scambiata per una cameriera e le aveva ordinato birra per tutti.
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Protestò, la maga. Ma così facendo attirò l’attenzione di tutti gli altri che sì, erano stupidi, ma non fino al punto di non capire un’allarmante successione di parole quale "qui non c’è birra". In un instante tutti gli occhi si spostarono su Electra, e non certo per veder ballare anche lei.
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Un coro di "Muh??" indispettiti si sollevò nell’aria.
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Smise di elencare recipienti solo quando dalla stessa folla si sollevò un coro di "Ahhh!!!". La ragazza si allontanò di qualche passo attendendo che l’attenzione generale tornasse sull’Amazzone ballerina, ormai sfinita e con grossi goccioloni di sudore che le imperlavano la fronte.
Lesta come un gatto, Electra s’infilò fra la folla, e finalmente il suo potere si sprigionò in cerchi concentrici di luce ed energia che serpeggiavano sul terreno, e ovunque passavano lasciavano terra bruciata; per non parlare, poi, di piedi e zampe!
Allora, quando tutti i mostri erano troppo spaventati dalla sorpresa, Klarisse si sfilò arco e frecce da dietro la schiena e iniziò a fare fuoco sulla folla; ormai in preda all’euforia del momento, si mise anche a blaterare frasi sconnesse:
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Electra rimase perplessa a osservarla (ormai era diventata pratica nell’arte di schivare le frecce che partivano a casaccio dall’arco dell’Amazzone), e quando dei mostri non restò altro che ceneri annerite, le si avvicinò cautamente, le tolse con garbo e delicatezza l’arco dalle mani, le carezzò la testa infilando la freccia nella faretra, la sorresse per un braccio e la guidò con sé.
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Le sussurrò dolcemente, dandole delle leggere pacche sulla mano per consolarla, mentre Klarisse lanciava risatine isteriche e anche abbastanza grottesche.
Arrivarono davanti a una gabbia nella quale era racchiuso un uomo che urlava a squarcia gola in falsetto:
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Ma quello parve non udire le parole di Electra, e continuò nella sua nenia disperata.
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Forse era sordo, forse sotto choc, ma proseguì nonostante i richiami.
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Bisbigliò l’Amazzone, con occhi vitrei.
Electra raccattò un grosso sasso e lo scagliò con tutte le forze contro la gabbia del prigioniero
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gridò l’altro ancora più forte.
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Grugnì la maga, tappandosi le orecchie con le mani. Poi s’avvide del congegno che teneva la gabbia sospesa in aria: una corda che finiva legata ad un puntello in terra passando per una carrucola. Raccattò una sciabola arrugginita e col filo smozzicato, e si mise a segare la corda.
Il vecchio, naturalmente non ne voleva sapere di smettere lo strepitio, così Electra cominciò a pregustare la caduta della gabbia con relativo schianto del vecchio all’interno di essa.
Così avvenne di lì a pochi attimi, solo che la gabbia s’aprì ma il tipo al suo interno continuò a urlare, dopo aver superato il primo attimo di sgomento dovuto all’urto.
La povera Electra si trovò così alle prese con: da una parte un attempato idiota che blaterava “pietà e aiuto”, e dall’altra l’Amazzone che sghignazzava follemente, con aria omicida negli occhi.
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Non c’è quindi da meravigliarsi se le scappò un fulmine che s’abbatté su un malcapitato a caso fra i due: l’attempato soprano.
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Brontolò, dopo essersi ripreso dal trauma.
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Rispose, vistosamente sollevata, occhieggiando l’amica.
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<> disse, impettendosi.
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<> E s’impettì di nuovo.
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Troncò la discussione.
<> Disse il Vegliardo, dopo essersi ripreso dal colpo, <>
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Electra gli scoccò un’occhiata bieca: <>
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Gli chiese, molto poco convinta.
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Si lamentò il vecchio.
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A quelle parole l’Amazzone si scosse, prese a sorridere d’un ghigno che proprio non piacque al povero Vegliardo, e iniziò ad armare il suo arco.
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Protestò l’Amazzone.
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Si rallegrò, Electra, mentre attraversava il portale blu luminoso che avrebbe riportato tutti al Campo.