Genova, viadotto a10 crollato.

mia madre ha pianto tutto il pomeriggio e alla fine ha dovuto spegnere la tv.

ora ci vestiamo da investigatori e cerchiamo di capirci qualcosa.
tralasciano tutte le dichiarazione a caldo del caso, da toninelli a salvini, che vanno buttate al cesso, a mente fredda la responsabilità è di autostrade.
è quella società a gestire la sicurezza delle nostre autostrade, si assuma le sue colpe.
verra fuori che è stata una fatalita? vedremo, lo stabiliranno i giudici.
credo saranno determinati le dichiarazioni delle persone estratte dalle macerie, se parleranno di questo fulmine.
ma è anche vero che renzo piano oggi su repubblica dichiara che un ponte non crolla per un fulmine.
imho credo molto piu alla versione di un ponte fatto male, concepito peggio e mantenuto alla meglio. qualcuno se ne era accorto e la gronda serve a questo.

per la polemica contro i 5s, contro la gronda e le dichiarazioni passate, sposo la tesi del rrobe: ininfluenti!
perché non stavano al governo non potevano fare danni.
la gronda non c'è perché stiamo in italia e finche " tutti " non hanno preso la loro fetta non si costruisce nulla.
io spero solo che abbiano completato in sicilia i lavori che avevano intenzione di fare sulla tratta caltanissetta - palermo, perchè l'anno scorso l'autostrada era stata ridotta ad una singola corsia proprio perchè si erano accorti che lo stato dei piloni era in condizioni a dir poco imbarazzanti.

Quando sono passato per quella tratta lunga decine di km sembrava di essere in uno scenario di guerra, tale era lo stato dell'autostrada.


vabè prendere ad esempio la sicilia sullo stato delle strade italiane è un po lul, non hai spiegato alla tua ragazza che appunto eri "in sicilia" ? dove si sa, il problema è il traffico cit.


basta vedere gli aumenti del bollo vs condizioni stradali per capire che hanno dirottato quei soldi verso non so dove, tanto che poi il bollo è stato trasformato in tassa di possesso per porre fine a domande imbarazzanti

Non vorrei dire ma ci sono tratti di autostrade e viadotti in costruzione che si stanno già svaccando ancor prima che la costruzione sia finita.
Ditte che falliscono e passano i lavori di mano in mano, lavori che durano un'eternità con il risultato che sono già deteriorati alla consegna, appalti con ribassi estremi.
Come fai a lavorare in una condizione del genere
Le responsabilità sono sicuramente di chi gestisce le tratte, ma la radice dei problemi è politica, e lo spettro che copre è su una marea di strutture.
Non è il primo disastro strutturale che accade e non sarà neanche l'ultimo.
La politica non cambia, il popolo si inebetisce sempre di più e lo vedi da chi sta al governo.
La situazione peggiorerà ancora per anni imho e chissà quante altre persone ci rimetteranno la buccia prima che le cose cambino, che sia per un viadotto che gli crolla in testa, per il tetto di una scuola, per una galleria o per un treno che fa un frontale.
Siamo sempre più un paese da terzo mondo.


credo che si riassuma tutto in questo la tragedia




vabbè ma la Sicilia è allucinante, volevo trovare un amico a Siracusa e poi andare a vedere la valle dei templi ad Agrigento e per farlo devo passare da Catania
Crolla ponte a Genova: la «Gronda», storia del piano che poteva evitare il peggio
Giampiero Timossi, inviato a Genova 3 ore fa

La guerra della Gronda inizia nel 1984: nel Ponente genovese stava crescendo il porto di Voltri e si pensò di costruire una nuova bretella autostradale. Doveva scaricare il peso del traffico da Ponte Morandi ( crollato martedì provocando una strage) , dirottare i camion verso il quartiere di Rivarolo, dove inizia la Valpolcevera. E da lì agganciarsi all’autostrada che corre verso Milano. Il tracciato doveva attraversare il torrente Torbella e gli abitanti dell’omonimo quartiere dissero «no». Il nome Gronda lo scelgono prendendo in prestito l’immagine dalle grondaie che trasportano l’acqua dal centro alla periferia. Un quarto di secolo dopo si continua a discutere di come superare il ponte, anche tra le lacrime, la polvere, e i tre elicotteri dei vigili del fuoco che atterrano e ripartono trasportando all’ospedale di San Martino i feriti. Li hanno estratti dalle macerie due, tre, cinque ore dopo il crollo. Davanti a quattro cadaveri, ai piedi di via Walter Fillak, Edoardo Rixi, genovese e sottosegretario alle Infrastrutture, risponde: «La verità è che qualcosa che permettesse di scaricare dal traffico questo ponte doveva essere fatto già negli anni Ottanta. E invece, ora, siamo qui». Storia della Gronda, delle sue mille ipotesi. Delle battaglie, delle discussioni dei comitati per il No Gronda, che si affacciarono nella storia del Paese prima dei No Tav. Ma è il 2008 l’anno della svolta, quando a Genova è sindaca Marta Vincenzi.
Da dieci anni, di fatto, restano in piedi due progetti: una soluzione che prevede un ponte basso, la Gronda Bassa. Doveva affiancare il Ponte Morandi, che appena aperto il passaggio sarebbe stato smantellato.
La Gronda Bassa correva tra il vecchio gigante e le colline della Valpolcevera. Per realizzarla, però, si doveva trovare un’altra sistemazione agli abitanti della zona. Sono anche le vecchie case dei ferrovieri, cha stanno a due passi dal torrente Polcevera e ora dalle macerie del pilone crollato ieri mattina. Sono le case dalle quali i vigili del fuoco e le forze dell’ordine fanno allontanare tutti, perché quel che resta del «Ponte di Brooklyn» continua a tremare. Ma il dibattito, dieci anni fa, si fa pubblico e incandescente. Ci sono 2,5 miliardi per costruire quel ponte basso, superare il vecchio. Ma il progetto viene bocciato. Passa un’altra soluzione, la chiamano Gronda Alta. Perché dal porto di Voltri si arrampica verso l’entroterra, in una delle due valli che chiudono Genova. Dovrebbe arrivare a Bolzaneto e poi riscendere verso Ponte Morandi, in un grande triangolo che passa per le periferie. In questo progetto il vecchio gigante non sarebbe stato né chiuso né abbattuto, ma alleggerito grazie al tracciato della nuova bretella. Per la Gronda Alta si dovrebbero sacrificare un’ottantina di alloggi, circa la metà del progetto alternativo.
E sia Gronda Alta, approvata prima dagli enti locali interessati dal progetto, quindi dal ministero delle Infrastrutture. Con un costo che oggi è arrivato a superare i 5 miliardi di euro. La costruzione non è ancora iniziata, «per completarla ci vorranno almeno sette o otto anni». Intanto Ponte Morandi è spaccato a metà. «Così Genova resta divisa, ci sarà per molto tempo una Genova Est e una Genova Ovest, come a Berlino ai tempi del Muro», spiega Enrico Musso, docente di Economia dei Trasporti all’Università di Genova. «Intanto quest’anno i traffici del porto sono cresciuti del 15% , per l’emergenza si aprirà una nuova via al mare: doveva essere finita l’estate prossima, bisognerà fare di tutto per inaugurarla a ottobre», dice il sottosegretario Rixi. Ma non basta: «No, serve un commissario con poteri speciali per dare subito il via libera a un nuovo ponte basso, a fianco al Morandi, che verrà smantellato». Qualcosa (molto) simile alla Gronda Bassa? «Esatto, proprio così».
Non ho mai conosciuto la storia alle spalle di Autostrade, e neanche ora in effetti.
Visto il polverone che si è sollevato però, mi sono capitati in mano i dati economico finanziari della società.

Risulta un utile di esercizio pazzesco di 1.042 milioni su 3.945 di ricavi.
Che sarebbe il 26%, dato fuori da qualsiasi normale scale imprenditoriale.

Essendo di fatto le nostre tariffe autostradali veramente salate, e ritoccate periodicamente come se ce ne fosse bisogno, come mai viene ceduto a dei privati tanto beneficio su una infrastruttura strategica pubblica?
L'elemento tragico è dover interpolare i dati del grafico precedentemente postato con questi:



Paghiamo una follia al km per la manutenzione, per risultati che variano complessivamente dal problematico al tragico in molte zone. Abbiamo un'orografia difficile è vero, ed una rete stradale capillare poiché siamo una nazione con una popolazione rurale ancora piuttosto diffusa, ma di fatto lo stato delle nostre infrastrutture logistiche lascia perplessi.


infatti il mio pensiero era rivolto alla condizioni delle autostrade in sicilia.

e si, le ho spiegato che al nord la sitauzione migliora. ma dopo quello che è successo ieri probabilmente non mi crederà più.

"Ho inchiodato a un passo dall'inferno e ho visto la macchina di fronte inghiottita. Non dimenticherò mai"

Il racconto dell'autista del camion fermo a pochi metri dal baratro: "Ho fatto retromarcia e sono scappato a piedi, dicendo agli altri automobilisti di fare lo stesso"

Corriere della Sera, Il Giorno

"Non so come sia possibile, ma sono vivo". L'autista del camion che ha frenato a pochi metri dal baratro prova a raccontare quei minuti di terrore. Le sue parole solo in parte restituiscono l'inferno che gli si è parato davanti quando il pinte Morandi è crollato facendo sprofondare nel vuoto molte automobili e colpendone altre. Ma il furgone con l'insegna Basko, catena di supermercati liguri, è rimasto lì. Racconta al Corriere:
"Mi aveva appena superato una macchina. L'ho vista arrivare negli specchietti, mi ha passato e poi si è messa davanti. Avevamo appena iniziato ad affrontare il viadotto. Pioveva, pioveva a dirotto e non era possibile andare forte".
Poi, in pochi secondi, succede l'irreparabile. Racconta a Il Giorno:
"Il boato è stato assordate, la scena incredibile, pazzesca, che mi si è parata davanti non la dimenticherò mai. Impossibile farlo".
Continua l'autista su Il Corriere:
"A un certo punto è tremato tutto. La macchina che avevo davanti è sparita, sembrava inghiottita dalle nuvole. Ho alzato gli occhi e ho visto il pilone del ponte cadere giù. Ho frenato, Non ho solo frenato, ho inchiodato quasi bloccando le ruote. Istintivamente quando mi sono trovato il vuoto davanti ho messo la retromarcia".
Il furgone percorre qualche metro in retromarcia e non è chiaro se questo abbia salvato la vita all'autista perché ha evitato il secondo crollo. Fatto sta che a quel punto è sceso dal furgone e è scappato via a piedi:
"C'era una pioggia interminabile, ho visto altri automobilisti e gli ho detto di scappare".



La questione (economica) delle concessioni autostradali, è un'altra questione rovente, e.g. https://phastidio.net/2018/02/14/concessioni-autostradali-un-indecente-segreto-di-stato/ .



Indubbiamente, il grafico di prima va normalizzato all'estensione della rete autostradale. Comunque anche questo grafico è di difficile interpretazione, dato che la manutenzione da richiesta può dipendere anche da altri fattori non omogeneeei tra le nazioni (e.g. differenti fattori di rischio idrogeologico, differenti condizioni ambientali, differenti volumi di traffico oltre che a quanto siano vecchie o meno le infrastrutture -- infrastrutture relativamente nuove immagino richiedano meno manutenzione).



P.S. Tra l'altro, *sembra* che la BBC abbia tagliato il grafico (dell'altro post) per renderlo più ad effetto, anche se un trend di diminuzione sembra esserci, vs https://twitter.com/italiadati/status/1029415647703457793 .



http://vitogamberale.blogspot.com/2015/04/la-privatizzazione-di-autostrade-per.html

La prima fase della privatizzazione di Autostrade si realizza tra giugno e ottobre 1999, con una gara che si prefigge l’obiettivo di cedere, a un gruppo stabile di azionisti, una quota del 30% della Società. Ad aggiudicarsela è una cordata guidata dal Gruppo Benetton - insieme ad Acesa (oggi Abertis), Fondazione CRT, Unicredit e Assicurazioni Generali - che si assicura così il 30% del capitale di Autostrade.

Benetton ci ha fatto una valanga di quattrini con autostrade, anche report se ne è occupato più volte, fiutando quell'affare per cui gli italiani amano andare in giro con le quattroruote.
detto questo prima della privatizzazione le autostrade erano un disastro, un buco nero che inghiottiva una valanga di risorse amministrate alla cazzo di cane.
cosi a naso: il ponte morandi è il classico caso a parte. infatti è degli anni 80 che si parla di realizzare la gronde.
e anche tu hai ragione...

Cosa c'entra dove volevano farla


spendiamo in manutenzione una fortuna anche perché i tempi dei lavori sono lunghissimi e spesso i lavori sono fatti male e devono essere fatti di nuovo.
Nelle strade provinciali è una tragedia, per fare un esempio la strada principale che uso io che parte dalla costa e va verso l'interno è un continuo rattoppo e si rompe in continuazione con certe buche molto pericolose per i motociclisti.
Poi faccio un raffronto con l'Austria dove passo spesso, non ha l'enorme rete stradale italiana ok, ma quando fanno i lavori vengono fatti come si deve e la strada rimane liscia e perfetta per anni e sto parlando di strade che conducono a paesini sperduti in provincia non per Vienna.


beh si cambia realativamente, perché anche dal grafico bbc è possibile capire che prima del 2009 c'è stato un picco (durato neanche tanto, circa 4 anni). ciò non cambia il fatto dal 2009 in poi è stato speso poco e probabilmente tutto in manutenzione.

Sì questo l'ho capito, e quindi?
Allora non costruiamo niente perché qualunque cosa fai è vicina a qualcuno e quel qualcuno non ce la vuole?
Ci sarebbe poi da vedere quante case delle persone che si sono esse contro sarebbero state costruite li legalmente, ma su questo non ho dati e ora non posso cercarli, sono solo supposizioni.


Concordo, ed infatti trovo anche ingeneroso porre come elemento di confronto paesi che si estendono fondamentalmente su una pianura dove l'elemento più rilevante ingegneristicamente parlando si tratta di un argine rialzato antialluvione; in effetti il confronto più diretto in termini di accesso ad un patrimonio tecnologico e d'investimenti equivalente potrebbe essere fatto proprio con la Corea del Sud dove crolli analoghi si sono verificati in passato.



E pure questo è vero. Comunque devo dire che la rete autostradale a Nord degli Appennini è di buona qualità, ricevo sempre commenti piuttosto piacevolmente sorpresi quando ho modo di parlare con colleghi francesi e tedeschi in visita, tendono infatti ad essere molto critici quando confrontano le infrastrutture italiane con le loro. Probabilmente dipende anche dalla diversa concentrazione di ricchezza produttiva su base territoriale e sulla relativa validità degli investimenti, focalizzati a mantenere in un certo stato di efficienza le aeree maggiormente proficue del paese.

Ed è un problema circolare, gran parte dell'Italia sta dietro catene montuose e valli, zone recondite, e di conseguenza risulta essere estremamente oneroso investire inizialmente in aree che hanno un bassa redditività economica, ma, al tempo stesso, tali aeree sono economicamente depresse, e lo rimarranno, proprio perché disconnesse dalla rete logistica. Il problema che probabilmente investirà distruttivamente l'Italia centrale in un decennio o poco più.