Esiste il diritto alla filiazione naturale?

Guarda, io sono ostile alla procreazione e alla filiazione. Sono a maggior ragione ostile alla fecondazione assistita, perché la procreazione e la filiazione mi sembrano a malapena tollerabili per ragioni di libertà individuale quando sono naturali, ma certo non metterei tecniche e risorse a disposizione di chi - grazie a Dio - non può avere figli. Quindi il mio punto di vista è tutt'altro che parziale.
Però, nella società e nell'ordinamento attuali, mi sembra che l'opzione a favore della fecondazione eterologa sia coerente in punto di principio e debba essere messa a disposizione dei consociati; e non mi sembra analoga ai casi limite da te immaginati.
Mi fido allora
Non devi ma, se vuoi proporre degli esempi che presumi analoghi, dovresti cercare di argomentarne meglio l'analogia, perché altrimenti, genericamente, qualunque cosa è simile a qualunque altra, ma non è detto che lo sia per elementi rilevanti
Ma con la tua posizione non ho problemi, tu hai ripetuto ciò di cui sono convinto e cioè che queste richieste si strutturino in base al sostrato culturale: questo passando per l'iter democratico. L'esempio che ho inventato serviva per smontare la presunzione che ci fossero dei dati naturali in nostro possesso per giustificare una cosa piuttosto che un'altra. Il ripetermi che a livello giuridico ecc... il problema non si ponga è un po' parlare d'altro per me. Il problema poteva porsi a livello sociale o politico. Al tuo discorso le obiezioni le avrei anche date, ma ho perso interesse per questa ragione, venendo a mancare lo scopo per cui stessimo parlando del mio esempio artificioso.
Capisco.

Ma è anche questione di coerenza di principio, non è che la Corte abbia semplicemente ragionato nei termini del 'mi piace' o 'non mi piace': la fecondazione eterologa non ha nulla che la differenzi da quella omologa sì da giustificare un trattamento diseguale. L'analogia, in questo caso è l'espressione di un dato - se non naturale - comunque obiettivo: non è il frutto di una scelta meramente arbitraria.


Il che non c'entra una mazza con il principio sull'essere conservatori coerentemente (sottintendevo che *tu* puoi essere coerente con un principio, non è il principio ad essere "coerente" se le premesse date dello stesso sono valide)
Peraltro come dice six tra omologa ed eterologa non è che ci siano
differenze tali da giustificare un trattamento diverso (a livello di copertura o meno) quindi non si capisce proprio il punto di partenza del tuo ragionamento
Ah ho capito ora cosa intendevi. Sì ovviamente non mi riferivo letteralmente "al principio" ma a chi lo applica, come figura retorica. Però quello che volevo dire, come ho accennato ora, aveva un altro contesto da quello di Six. E come ho accennato all'inizio della discussione, ero già d'accordo con Six in linea di massima. In un certo senso credo mi interessi meno di quanto interressi a Suck, sono meno erudito ecc... che è sparito, mentre Six (e tu sembra) non vede neanche un problema, quindi non vedo perché continuare a parlarne


Cosa diavolo vuol dire essere ostili alla procreazione e alla filiazione?
Sono attività che non vedo di buon occhio e della cui moralità dubito alquanto
Insomma alla fine della discussione salta fuori che la CEI sta conducendo una battaglia molto piu' progressista di chi vorrebbe facilitare la fecondazione assistita.

Nuovo, chiami tu Bagnasco per avvertirlo che si stanno dando la zappa sui piedi oppure faccio io?

Ma no, sto ancora seguendo il topic, solo che non ho niente da aggiungere


Essere non è sinonimico di esistere, dal momento che esistere significa essere nel tempo. Qui siamo al punto zero, con il concepimento di un nuovo individuo tu decidi di chiamarlo ad essere, non ad esistere: stabilisci il suo passaggio dal non essere all'essere perché lui, non essendo, non può decidere di essere da sé. Ma a tanto si riduce la tua decisione, che non si estende quindi al tempo per cui egli, autonomamente, esisterà.
E poiché non puoi disporre del suo tempo, vedi bene, quindi, come non puoi accampare alcun diritto sulla sua esistenza, ch'è cosa altra dall'aver concorso al manifestarsi della sua essenza: e sin qui la dimostrazione che tu non puoi rivendicare il suo essere nel tempo.

Ma per quanto riguarda il tuo concorso al manifestarsi della sua essenza, tu non puoi del pari accampare pretese nemmeno sul suo solo essere: la tua decisione che egli fosse è infatti condizione necessaria, ma non sufficiente, perché egli sia. Hai solo deciso di avviare un processo biochimico delle cui singole fasi, dei cui singoli componenti, non hai il pieno controllo quale quello che un artefice o proprietario dovrebbe essere in grado di rivendicare a sé: talché il suo essere non ti appartiene.
Ergo, tu non hai un figlio - anche se molti la vedono così - ma, semmai, un figlio è da te; e decidere della sua esistenza spetta in tutto e per tutto a lui.


Hai ragione, ma secondo me quando dici che tu avvii soltanto il processo e poi non dipende da te è "vago", nel senso che milioni di uomini avviano il processo e il risultato molto spesso è un figlio, è vero che non puoi controllare tutte le variabili ma dire che "è una tua decisione" secondo me è una buona approssimazione.
Sul fatto che sia una decisione - una tua decisione - siamo d'accordo; è proprio in virtù di quella decisione, come sottolineavo, che egli è chiamato ad essere. E, di conseguenza, è altrettanto evidente che quel tipo di decisione si concretizzi nella nascita di un figlio.
Ma ciò non toglie che, per le ragioni di cui sopra, tu non possa rivendicare a buon diritto l'essere di tuo figlio - appunto, tu lo concepisci, non lo crei - né il suo essere nel tempo, cioè il suo esistere; di conseguenza, qualsiasi tua decisione che si ripercuota sul suo essere e sul suo esistere è da stimarsi illecito arbitrio.
E l'educazione allora? E' un illecito arbitrio? Perché posso liberamente plasmarne (o comunque tentare di farlo) la coscienza, la cultura, la morale e l'etica e non posso invece fare altrettanto per il suo fisico?
Anzi, a rigore di legge, giá oggi posso disporre del suo corpo senza chiedere il suo parere, entro certi limiti (di etá per esempio).


Inculcare un concetto è una cosa e già sarebbe fonte di dibattito troppo ampio.
Ma predeterminare che abbia gli occhi azzurri, i polmoni d'acciaio, o che
debba essere evitata la nascita per il rischio di future patologie (più o meno curabili a posteriori) che si possono prevedere dall'esame del DNA è tutt'altra cosa
Non mischierei gli argomenti e gli ambiti, perché si rischia di fare un casino concettuale immane.

Boh, per me tra biologico e culturale non dovrebbe esserci una distinzione, tanto quello che conta sono le conseguenze.


E scegliere quali trattamenti medici effettuare o no su un minore? Anche di questo parlavo.
Perché su un bambino di 3 anni lo posso fare mentre su un feto no?


Quella che tu istituisci riguardo all'educazione è una falsa analogia, perché per poter parlare di arbitrio devi previamente dimostrare l'esistenza di un'alternativa che sia stata arbitrariamente esclusa.
E non è così perché nell'uomo, animale sociale, l'inclinazione alla socialità non costituisce un libero orientamento culturale ma una necessità biologica: egli infatti genera piccoli non autosufficienti, che necessitano di cure parentali per poter sopravvivere e di un'educazione per poter apprendere a relazionarsi; ciò secondo i codici più opportuni (l'apprendimento del linguaggio, ad esempio, non è istintivo) all'interno del gruppo in cui rintraccia quella rete di relazioni che gli sono necessarie non solo per la sua sopravvivenza fisica, ma anche per la sua salute psichica.
L'uomo non può quindi sopravvivere enucleato da un contesto relazionale: questa si configura come una necessità, e laddove sussistono delle necessità è improprio parlare di libertà nel plasmare e men che meno di arbitrio. Il padre che educa il figlio non è il demiurgo onnipotente che lo modella a suo piacimento, è egli stesso soggetto - entro il medesimo vincolo etologico - ai modelli comportamentali che gli trasmette.
Stanti tali presupposti, il crinale della discussione non si situa sull'arbitrarietà o meno dell'educazione in sé ma, semmai, sulla maggiore o minore efficacia di tale o talaltra cultura, veicolanti tale o talaltro modello educativo, nel tradurre pienamente in atto, in relazione alle specificità dell'ambiente in cui vive, le potenzialità fisiche e mentali che sono proprie dell'essere umano in quanto tale. E solo su questo terreno, sull'eventuale menomazione di tali potenzialità proprie della sua identità biologica - che la cultura può esaltare o deprimere, ma non moltiplicare o cancellare tout court - si situa l'arbitrio eventuale.


no aspè, explain