Cosa stai leggendo adesso? (Part 1)

Henri Bergson.
Sto leggendo Novella Degli Scacchi dopo aver letto Mendel Dei Libri
Ho appena finito I Buddenbrook di thomas Mann.

Ammetto che ho fatto fatica a finirlo, ma in generale con Mann non mi sono mai trovato troppo bene.
Avrei fatto meglio a finire la montagna incantanta credo, che anni fa mi stava piacendo di più
Hegel - Introductory lectures on aesthetics
Scialabba - Slouching towards utopia
Sto leggendo "Le porte della percezione", di Aldous Huxley. È il primo saggio al quale tento di approcciarmi, e per ora sono innamorato.

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Posto anche qui. Qualcuno vuol partecipare ad uno scambio libri per Natale?


Dopo non potrai piú tornare indietro
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Sto leggendo "Cosa ha detto Nietzsche" di Montinari, dopo penso di andare a tutta forza su "Also Sprach Zarathustra".

Cosa mi consigliate next? Io mi sono fatto una breve lista di cose da leggere prossimamente per diletto personale, ma potrebbe essere troppo hardcore per me.

"Il mito di Sisifo", "L'essere e il nulla", "Essere e tempo", "Erotismo", "La cospirazione contro la razza umana", "Accadimenti nell'irrealtà immediata".
L'esperienza interiore di Bataille e un romanzo che ha scritto un mio amico e che ho preso per fare una marchetta.
Ho letto Ubik, non l'avevo mai letto e ne ho sempre sentito parlare bene.

Ebbene non mi è piaciuto tanto :/
The Game e il suo seguito The Truth di Neil Strauss, il maestro dei pick up artists. Il secondo é una bio sui suoi problemi affettivi, la dipendenza da sesso, la sua esperienza nel rehab.
Ho finito il Professore e il Pazzo, di Simon Winchester, la storia interessantissima della nascita dell'Oxford English Dictionary intrecciata con le storie personali del direttore editoriale e di uno dei suoi più prolifici collaboratori che si scopre (a pagina 2 e in quarta di copertina, spoiler fino a un certo punto )

Spoiler

che è detenuto in manicomio criminale


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In due giorni rapidi ho letto Settimana Bianca, di Emmanuel Carrère, un breve romanzo tra noir e young adults, bello, piuttosto pesante.
Sto leggendo storie delle mie puttane tristi che mi sembra una bella cagata.

Ho finito il secolo dei lumi di Carpentier che e' un gran romanzo sudamericano ed ho amato molto


L'ho odiato molto, un libro rancoroso come pochi, quei libri che scrivono i sedotti e abbandonati. E' stato come leggere Orwell ma capace di letteratura anziché no e intelligente anziché ritardato. Contra Hegel, Heidegger, Dostoevskij ma soprattutto contra (lo spettro di) Marx che sempre aleggia senza mai essere nominato.

In sostanza B. prova a fare una mossa niciana andando mistico di sto cazzo (con tutto il carrozzone Eckart, Santa Teresa e compagnia cantante) mezzo new age (i riferimenti alle pratiche orientaleggianti ecc...). Il risultato è che non riesce a fare filosofia come Nietzsche e abbandona il binario che gli era proprio (che poi è coerente con il progetto del libro, se non fosse che poi rinnega la progettualità ecc... ecc...) partorendo un libro che non piace manco a lui (Non sono soddisfatto di questo libro in cui avrei voluto esaurire la possibilità di essere... Ne odio la lentezza e l'oscurità... scrive nella postfazione). In effetti è un saggio frammentato, contraddittorio e oscuro con l'aggravante che queste sono le sue caratteristiche migliori.

Nonostante tutto è worth perché:

a) Mi ha fatto conoscere Sant'Anna da Foligno, una tizia del tredicesimo secolo che era chiacchierata (famiglia, amanti ecc...) prima che la peste (o non mi ricordo cosa) gli sterminasse tutta la sua famiglia allorché ha cominciato a "ringraziare Dio per averli ammazzati così poteva essere tutta per il figlio" e inizia a scoparsi i crocifissi scrivendo roba come:

- Poscia venni a un così grande ardore che se udivo parlar di gesù, ardevo di piacere"
- E anche se qualcuno si fosse tenuto sopra di me con una scura, per uccidermi, non avrei potuto astenermi"


Insomma ne ho preso gli scritti perché fap.

b) La parte su Proust è buona e citando un passo integrale da "All'ombra delle fanciulle in fiore" mi ha fatto capire come quel passo fosse un contrappunto magnifico al trionfo de Il tempo ritrovato (qui citato come quasi-esperienza interiore o mancata esperienza) proprio come La prigioniera è un contrappunto stilistico allo stesso Tempo ritrovato. Copio il passo perché è stupendo:

<<...ad un tratto fui colmo di quella felicità profonda che non mi era avvenuto di sentire spesso dal tempo di Combray, una felicità analoga a quella che mi avevano dato, tra l'altro, i campanili di Martinville. ma questa volta rimase incompleta. Avendo scorto, in disparte dalla strada a schiena d'asimo che stavamo seguendo, tre alberi che dovevano servire da ingresso ad un viale coperto e formavano un disegno che non vedevo per la prima volta, non potevo arrivare a riconoscere il luogo da cui essi erano come staccati, ma sentivo che mi era stato familiare in passato; cosicché il mio spirito prese a oscillare tra alcuni anni lontani e il momento presente, i dintorni di Balbec vacillaron e mi domandai se tutta quella passeggiata non fosse una finzione, Balbec un luogo dove non fossi mai andato fuorché con l'immaginazione, la signora di Villeparisis un personaggio di un romanzo e i tre vecchi alberi la realtà che si ritrova alzando gli occhi dal libro che si stava leggendo e che ci descriveva un
mondo nel quale si era finito col crederci effettivamente trasportati.

Guardavo i tre alberi, li vedevo bene, ma il mio spirito sentiva che essi riscoprivano qualcosa su cui non aveva presa, come su quegli oggetti situati troppo lontani di cui le dita nostre, allungandosi in cima al nostro braccio teso, sfiorano solo un istante l'involucro senza riuscire a prendere nulla.
Allora ci si riposa un momento per gettare innanzi il braccio con slancio più forte cercare di giungere più lontano. Ma perché il mio spirito potesse a questo modo raccogliersi, prendere lo slancio, avrei dovuto essere solo.
Come avrei voluto potermi trarre da parte come facevo nelle passeggiate dalla parte di Guermantes, quando mi isolavo dai miei! Mi sembrava anzi che avrei dovuto farlo. Riconoscevo quel genere di piacere che esige, è vero, un certo lavoro del pensiero su se stesso, ma a confronto del quale le attrattive della concuranza che ci fa rinunciare ad esso sembrano davvero mediocri. Quel piacere il cui oggetto era soltanto presentito, e che io stesso dovevo creare, lo provavo solo di rado, ma ogni volta mi sembrava che le cose accadute nel frattempo non avessero affatto importanza e che solo aderendo alla realtà avrei finalmente potuto iniziare una vera vita.

Misi un attimo la mano davanti agli occhi per poterli chiudere senza che la signora di Villeparisis se ne accorgesse. Stetti senza pensare a nulla, poi con il pensiero raccoltosi in sé, e ripreso con più forza, balzai più avanti in direzione degli alberi, o, piuttosto, in quella direzione interiore al cui termine li vedevo in me stesso. Di nuovo, dietro di essi, sentii il medesimo oggetto noto, ma vago, e che non potrei ricondurre a me. Tutti e tre, intanto, via via che la carrozza procedeva, li vedevo avvicinarsi. Dove li avevo già visti? Non c'era intorno a Combray nessun punto dove un viale si aprisse così. Per il luogo che mi rammentavo non c'era posto nemmeno nella campagna tedesca, dove ero stato un anno con la nonna per una cura termale. Dovevo credere che venissero da anni tanto lontani della mia vita che il paesaggio circostante dosse stato interamente abolito nella mia memoria e, come le pagine che a un tratto, con commozione, si ritrovano in un'opera che si immaginava di non avere mai letta, emergessero da soli del libro dimenticato della mia prima infanzia?

Non appartenevano invece a quei paesaggi del sogno, sempre gli stessi, almeno per me, il cui aspetto strano era soltanto l'oggettivazione del mio sonno sullo sforzo che compivo da sveglio sia per raggiungere il mistero in un luogo dietro alla cui appartenenza lo presentivo, come mi era accaduto tanto spesso dalla parte dei Guermantes, sia per cercare di di reintrodurlo in un luogo che avevo desiderato conoscere e che dal giorno che l'avevo conosciuto mi era parso tutto superficiale, come Balbec?

Oppure non li avevo mai visti, e nascondevano dietro di sé, come certi alberi, certi ciuffi d'erba che avevo avevo visto sulla strada di Guermantes, un senso oscuro, difficile da afferrare, quanto un passato lontano, di modo che, sollecitato da essi ad approfondire un pensiero, credevo di dover riconoscere un ricordo?

O ancora, non nascondevano neppure dei pensieri ad era solo la stanchezza della mia visione a fermeli vedere doppi nel tempo come talvolta si vede doppio nello spazio? Non sapevo.

Intanto venivano verso di me; forse apparizione mitica, girotondo di streghe e di Norne che mi proponeva i suoi oracoli. Credetti piuttosto che fossero fantasmi del passato, cari compagni della mia infanzia, amici scomparsi che invocavano i nostri comuni ricordi. Come ombre, sembravano chiedermi di portarli via con me, di restituirli alla vita. Nella loro gesticolazione ingenua ed appassionata, riconoscevo il rimpianto impotente di un essere amato che ha perso l'uso della parola, che sente che non potrà dirci quel che vuole e che non sappiamo indovinare. Presto ad un incrocio di strade, la carrozza li abbandonò. Mi trascinava lontano dalla sola cosa che credessi vera, da ciò che mi avrebbe reso veramente felice: somigliava alla mia vita.

Vidi gli alberi allontanarsi agitando disperatamente le braccia, e sembravano dirmi: "Quel che non apprendi oggi da noi non lo saprai mai. Se ci lasci ricadere in fondo a questo sentiero di dove cercavamo di issarci fino a te, tutta una parte di te stesso che noi ti portavamo cadrà per sempre nel nulla". Se più tardi, infatti, ritrovai il genere di piacere e di inquietudine che ancora una volta mi era avvenuto di provare, e se una sera -troppo tardi, ma per sempre- mi tenni stretto ad esso, di quegli alberi invece non seppi mai che cosa avessero voluto portarmi, né dove li avessi veduti. E, quando la carrozza svoltò e io volsi loro la schiena e cessai di vederli, mentre la signora di Villeparisis mi domandava perché avessi quell'aria trasognata, ero triste come se avessi perduto un amico, come se fossi morto io stesso, avessi rinnegato un morto e disconosciuto un dio. >>
Matthew Pressman - On Press: the liberal values that shaped the news

Una buona storia del cambiamento del giornalismo americano dagli anni 60, e di come sia diventato più interpretativo e anche piu interessato a storie di costume
Oltre le passioni tristi di Benasayag. M'ha fatto rivalutare in parte la mia posizione sui danni delle terapie psi, anche se il suo approccio è talmente differente e minoritario nell'ambito della psicanalisi istituzionale che probabilmente ha un'influenza quasi nulla.
Savant, di Jon Mirko
Non fosse altro che mi piacciono i thriller non potevo davvero esimermi è un mio amico/ex collega di Firenze e non gli ho detto nulla, i libri scritti dagli amici si comprano e si pagano.
Thriller interessante ed insolito, per ora sono a poco meno della metà.
La partenza è eccessivamente verbosa e prolissa ma poi finalmente l'indagine ingrana e rimani con quella piacevole sensazione che anche a palpebra calante ti fa dire "dai, solo un'altra pagina"


danni delle terapie psi? puoi approfondire il discorso che mi interessa?


Non è brevissimo come discorso, comunque qui e lì per il forum trovi discussioni in cui io e N6 ci spizzichiamo con Crism1 che ha un approccio più tecnico riduzionista\ogranicista (se segui pure agorà avrai visto che lo si trolla con la storia della pagina del DSM ). Comunque semplificando queste sono le mie critiche alla prassi clinica psicanalitica.

1) Contesto l'incapacità della prassi clinica di "stare nel mondo" (quando mi trovi a dire che "fa gossip"), cioè il suo astenersi dall'occuparsi dei problemi esistenziali e politici per ripiegarsi sui pettegolezzi privati (rapporti di coppia, problemi familiari, pensieri interiori, desideri ecc...); critica vecchia (Deleuze-Guattari) ma ancora valida.

2) Contesto il prestarsi della clinica, come istituzione, al potere (quando parlo del suo essere "chirurgia estetica comportamentale"), cioè l'essere prona a funzionalizzare l'uomo per rendere possibile la sua pacificazione con esercizio del potere in senso stretto.

3) Contesto certi limiti epistemologici che impestano le scuole maggioritarie nella disciplina (il considerare l'essere sano e la malattia qualcosa di esterno e parassitario. Si è sani, ma si ha il disturbo posttraumatico o il deficit dell'attenzione ecc...) oltre al fagocitare i propri stessi principi, il rifiuto del confronto col negativo (l'uomo è naturalmente spinto al benessere mentre una dei fondamenti della psicanalisi è il riconoscimento della volontà di sofferenza dell'uomo).

4) Contesto la sua incapacità di gestire la complessità, ossia il continuo ridurre fenomeni a somma di altri di livello inferiore.

5) Contesto il suo astoricismo su due versanti, il primo nell'incapacità di affrontare la dissoluzione del soggetto per ripiegarsi sull'individuo, il secondo nel rincorrere l'umanesimo nella follia di credere in un universalismo dogmatico e pseudoreligioso (a fronte dell'assunzione di un uomo universale degli umanisti corrisponde l'assunzione di un inconscio universale degli psi) fino a costruire una prassi magica (praticamente alla Spinoza ma full retard).

In breve Benasayag risulta molto consapevole del problema 1 e 4 e comunque sensibile agli altri anche se li postula in maniera differente da caso a caso rispetto a me, ma parlarne nello specifico diventa veramente troppo lungo qui.