Abzu


Oh, so che darsi un tono a volte è tutto, ma ne ho appena finito di leggere le prime venti pagine e, occasionali considerazioni interessanti a parte, non è certo l' "eye opener" né la pietra angolare imprescindibile per intavolare la discussione per cui mi sembrate volerlo spacciare.

Non fosse altro perché non arriva ad alcuna conclusione universalmente accettata, è solo la posizione specifica dell'autore, su cui molti chiaramente ancora non concordano.

E in effetti quello che stavo per rispondere a Nym prima del tuo intervento è che la sua convinzione sbagliata è proprio che fosse assolutamente necessario partire tutti dall'accettare determinate premesse per avere questa conversazione, cosa che in realtà non è vera per niente.

P.S. Pagina 28 ora. Incidentalmente io concordo anche con svariate delle sue conclusioni. Chiaramente questo non è vero per gente come LeGio, di contro.
Parlo per me chiaramente - quel testo è stato il "punto di partenza", nello specifico mi ha dato una prospettiva diversa sull'impostazione mentale necessaria per "decostruire" il gioco e analizzarlo in maniera un pochino più specifica ed asettica.

Chiaramente è un testo introduttivo, quindi se una persona in generale si interessa al design e ha già letto diverse interviste / testi / articoli, etc. - potrebbe non rappresentare qualcosa di incredibilmente nuovo. Per me lo è stato al tempo, ma io l'ho letto la prima volta una decina abbondante di anni fa e chiaramente ora gli argomenti di cui parla sono oggetto più comune di analisi e discussione.

Non di meno, il modo in cui spiega le cose e l'attenzione che pone sul perché è opportuno leggerle in un certo modo credo siano estremamente importanti per arrivare - appunto - ad un sistema di definizioni organico e stabile da usare come base per intavolare discussioni.

Altrimenti si rischia davvero di perdere tanto tempo a cercare di tracciare linee di confine generiche che risultano essere, alla fine della fiera, ben poco utili se non per il singolo caso per cui sono state delineate.

EDIT: Per rispondere all'edit di Tuco: sì, chiaramente la sua definizione è la sua posizione, cosa che tra l'altro ho specificato anche nel mio primo post (non c'è una verità scolpita nella pietra), il punto non è tanto la conclusione (che pure io condivido in massima parte) ma la metodologia di scomposizione e analisi. Una volta che spezzi il discorso in tanti diversi punti da analizzare, anche se poi le conclusioni divergono hai delle basi di discussione più solide.

Esempio: spesso in queste pagine si parla di difficoltà, sfida, etc. - nel momento in cui riesci a razionalizzare questo punto, lo scomponi e arrivi al ragionamento sul conflitto in generale, hai un'idea più chiara di quello di cui stai parlando.


Ma l'unico che s'è scannato è legio in realtà.


Darsi un tono? Non capisco.


Se la metti su questo piano è ovvio che non può mai esserci nulla di universalmente accettato/accettabile in toto, puoi solo partire da delle basi, cosa che il testo sopracitato fa egregiamente (che tu le trovi scontate o meno, non tutti hanno la tua testa/conoscenze e magari snocciola cose che per i più scontate non sono), senza dire niente di incredibile o rivoluzionario ma semplicemente descrivendolo bene da un punto di vista che è più o meno condivisibile ma rimane, oggettivamente, più che sensato e soprattutto estremamente semplice.

Ho risposto perché mi ha lasciato perplesso il tuo "ma tu sei fuori" quando effettivamente darsi una letta a quel testo alla fine della fiera farebbe bene e basta a prescindere da qualsiasi cosa.


Sicuramente è stata usata a sproposito, però per il modo in cui è nata ha anche una parte di accezione negativa. O perlomeno è stata usata anche così, l'ho visto spesso in vari commenti, sottintende "puoi solo camminare" e volutamente ignora che l'esperienza abbia altri aspetti. Una definizione come "exploration game" non ha accezioni negative per esempio.

Poi è vero che l'ho vista usata anche per The Witness, come sempre un termine viene manipolato e frainteso
Si ma la parola interessante in "walking simulator" non è walking, bensí simulator.
Ed è interessante l'assenza della parola game in questa definizione. Ci sará un motivo no?
Esistono anche giochi di esplorazione, ma mantengono delle meccaniche per il superamento degli ostacoli. (Giá un labirinto dove si cammina e basta lo è secondo me)

"Se non hai le basi non parlare lascia perdere" (che sembrava un po' il sottotono implicito della tua uscita) non è un approccio particolarmente solido, quando le "basi" a cui si fa riferimento non sono altro che un lungo e articolato pezzo d'opinione, che per altro posso francamente dire dopo aver letto non è che abbia rivisto esattamente le carte in tavola.

Come ho già detto io concordo anche con l'autore su molti di quelli che sono gli elementi chiave per poter parlare di "gioco", ma verrebbe da dire che questo "documento imprescindibile sul game design" a quanto pare è ignorato da una discreta porzione dell'industria, considerato l'alto numero di titoli che non ne rispettano i fondamentali.


A parte il fatto che "Ma tu sei fuori" era per lo più inteso come una battuta in merito al fatto di uscirsene con un casuale "Leggetevi queste 35 paginette", capirai che non è esattamente ragionevole aspettarsi di assegnare i compiti a casa a mezzo forum come condizione per poter parlare di un qualsiasi spunto.

È un po' come rispondere a qualcuno che ti accenni casualmente "Mi stavo interrogando su quali fossero le cose importanti della vita" con un "Leggiti questi due volumi sulla filosofia del '900 e poi ne riparliamo".


Ecco, controesempio: lo dici come se ne fosse sempre parlato solo in termini vaghi e la questione non fosse mai stata posta, mentre è vero il contrario.

Io stesso più volte in passato mi sono soffermato su come indovinare un determinato livello arbitrario di "difficoltà" in sé non sia mai stata un parametro a cui ho mai dato troppa importanza e come invece abbia sempre ritenuto una condizione ideale il fatto di offrire un minimo di "attrito" agli sforzi del giocatore (lo "struggle" di cui parla l'articolo).

Perché a me che un gioco sia relativamente facile o difficile in sé non frega poi molto, in fondo.
Mi frega più avere la chiara percezione di dovermi guadagnare i risultati che ottengo invece che vedermi servire su un piatto d'argento.


Ma mica solo questo documento
Un sacco di quella che attualmente è considerabile "accademia" sul game design viene costantemente ignorata da una parte consistente dell'industria - per contro, piano piano sta emergendo anche una certa consapevolezza dell'argomento anche al di fuori dell'avanguardia che ha inizialmente proposto un approccio di questo tipo.



Che appunto è il concetto fondamentale.
Però per un Tuco che magari si interessa da sempre dell'argomento, lo segue ed ha costruito delle idee solide per conto suo, magari ci sono X altre persone che ne ragionano più occasionalmente e per cui la chiacchierata di Costikyan può essere una questione più nuova ed interessante.

Vedila così, se queste nozioni fossero più diffuse, passeresti meno tempo a discutere dell'ovvio e più tempo a discutere dell'interessante
In generale, non voleva essere un "fate i compiti a casa e poi ne riparliamo" - ma più un "se l'argomento vi interessa, questo documento propone un approccio metodico e ragionato alla questione che potreste trovare utile a chiarirvi le idee".

Inoltre, magari un documento prodotto da un designer di successo riconosciutamente tale e apprezzato dall'ambiente può essere più persuasivo del solito post di Niymiae, che tanto alle 35 pagine si avvicinerebbe comunque.

Infatti al cinema non sviluppi capacità fisiche, manuali ed intellettive nello stesso momento, quindi non rientra nella definizione del Treccani.

Poi voglio vedere il devoto-oli che definizione da, per curiosità.

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Nessuna parte di quella definizione ha mai precisato "nello stesso momento", anche perché se quella condizione fosse accettata sarebbe escluso un numero enorme di giochi.
C'è scritto nello stesso tempo

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Vero, c'è scritto, anche se personalmente l'avevo interpretato come un "almeno uno di questi tre".

Resta una definizione incredibilmente vaga e inaccurata, in questo caso in misura anche maggiore, secondo la quale ad esempio nessun gioco di carte o board game si qualificherebbe come "gioco", in quanto lo sviluppo di capacità fisiche (e nella maggior parte dei casi anche manuali) sarebbe inesistente.
Che sia vaga è normalissimo. che sia inaccurata non mi pare. Un gioco può rappresentare un momento di crescita in capacità fisiche e manuali per un individuo e non per un altro (vedi saper tenere le carte in mano per un bambino).
Altri esempio: tirare il dado aiuta le tue capacità manuali per esempio. Non lo avessi mai tirato in via tua, sapresti usarlo? Forse lo sai usare perché hai giocato?

Avete una concezione di gioco contaminata dal mondo degli adulti e settoriale (soprattutto).

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Ma perchè è proprio di quello che stiamo parlando.
Poi non capisco perchè avete tirato fuori il vocabolario italiano che oltretutto è poco specifico, ed è inadatto a descrivere l'ambiente dei videogames nato e cresciuto in lingua anglofona.
Lo ripeto perchè forse non è chiaro.
In italiano si dice "gioco" per intendere entrambi i termini inglesi "game" e "play" che hanno un significato diverso.
Nel nostro ambito stavamo parlando di game (in inglese), infatti i termini usati sono ad esempio game design, online game, videogame... non si parla di videoplay, play design o massive multiplayer online role playing play
La parola play è usata ad esempio per descrivere altre cose (ad esempio un opera teatrale che si chiama appunto play) o in generale l'attività ricreativa (e comunque tutti verbi e non sostantivi)

E' un po come in italiano la differenza fra gioco e giocattolo.
A noi poco ce ne frega dell'attività ricreativa generale (play) in questo forum che appunto si chiama allgamez e non allplayz


Si può cercare di far introdurre con il calzascarpe l'idea di gioco in modo che si conformi a (propri) rigidi e ristretti parametri, i giocatori continueranno a giocare a quel che gli pare e l'unico limite sta nelle risorse, idee e coraggio degli sviluppatori.


Non vedo in che modo cercare di stabilire i parametri che definiscono un gioco dovrebbe corrispondere all'impedire a prodotti che calzano a stento nella definizione di esistere. O all'utenza di goderne.

Perché poi a conti fatti è sempre questo il problema quando si prova ad avere una conversazione onesta sulla questione: la gente sulla difensiva perché si sente delegittimata.

"Nuh, muh feelings! A me piace quindi è un gioco al 100%".

Eh, buon per te, ma che a te piaccia in realtà è irrilevante.
Vabbè, la capacità manuale di tirare un dado. Eddai. Essu.

Ma poi non capisco quale sia il problema nell'ammettere che alcuni prodotti non siano propriamente definibili giochi (non mi riferisco a nessun videogioco in particolare prima che qualcuno se la prenda a male ).

Sembra che la prendiate sul personale per non so quale motivo, manco uno stesse dicendo che questo tipo di prodotti facciano cacare.

EDIT: ecco, praticamente tuco mi ha anticipato di poco.
Nessuno la prende sul personale, è che ogni tanto qualche utente ricorda uno di quei genitori preoccupati perché il figlio preferisce stare in casa a fare costruzioni coi LEGO invece di uscire a giocare a calcio come tutti i bambini normali.
Che poi tutto il discorso è nato semplicemente perchè ho affermato che, senza alcuni elementi portanti, un gioco non può portare quell'esperienza completa che offrono giochi definiti capolavori (io ho anche affermato che per me senza alcuni elementi non è nemmeno un gioco, ma è un altro discorso che si è infervorato grazie ai modi sempre pacati di legio).
I giochi osannati da tutti, che hanno impegnato i giocatori per ore, che sono diventati iconici secondo voi mancavano di uno di questi elementi?
Prendete Dark Souls (tra i recenti) e ditemi se manca di uno degli elementi definiti "portanti" (che oltretutto sono sviluppati benissimo) da chi ha studiato e mette in pratica il game design.