Fedez, sei tu?
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Infatti la gente è sempre più pazza, notare anche l’effetto aggravante della prassi medica che fa gaslighting su queste questioni e le seppellisce nel gossip.
ma vi ricordate la socialità della madonna che avevamo quando vivevamo nelle grotte e ci raccontavamo della battuta di caccia al mammut davanti al fuoco??
grazie tante capitalismo
Buco, leggerò che mi interessa, è uno dei temi su cui sto sprecando tempo a riflettere (da solo obv )
Ecco, questo mi interessa molto. Mi fa riflettere sua quando iniziai a lavorare ormai 20 anni fa, e scelsi, dopo il liceo classico e un anno buttato nel cesso in un corso di laurea in organizzazione e risorse umane, di andare a fare il cuoco. Volevo fare un lavoro manuale, perché mi sentivo un intellettualoide fallito (testuali mie parole) e volevo confrontarmi con la materia nell’accezione più ampia del termine. Tre anni e mezzo nelle cucine mi hanno cambiato l’esistenza, mi hanno dato un senso della realtà, un senso pratico, di concretezza che prima potevo soltanto sognarmi. Penso che sia dovuto al fatto che è un lavoro che prevede da un lato la pianificazione strategica della preparazione della linea (per i profani: sostanzialmente tutto il lavoro di preparazione dei cibi in menù che si fa per essere pronti per quando arrivano i clienti) sia la reattività in tempo reale propria del servizio (per i profan:i da quando arriva la prima comanda a quando se ne va l’ultimo cliente). Ma soprattutto sviluppi un senso, che è quasi sesto, di consapevolezza totale di quello che contemporaneamente e (perdonate la ripetizione , ma ci tengo a sottolineare questo aspetto) in tempo reale sta succedendo in ogni pentola e padella che hai sui fornelli, e nei sei cestelli del bollitore o della friggitrice o delle 5 cose che hai in forno. Arrivi a sapere se una cosa manca di sale dall’odore che ha, e puoi servire i piatti senza assaggiare nulla. Il tutto sotto stress e in condizioni di temperatura che d’estate altro che cassa integrazione di cui si parla tanto in questi giorni.
Cazzo c’entra con la solitudine 3.0, mi chiederete? Io credo che la deriva virtuale cui stiamo assistendo abbia avuto inizio e abbia molto anche vedere con le potenzialità di massimizzazione del guadagno che è propria dei lavori che possiamo definire cerebrali, in cui letteralmente si produce quel che viene considerato valore aggiunto con la forza del pensiero. Estendendo il pensiero con considerazioni più strettamente attinenti al thread, credo che stiamo sacrificando il senso della realtà fisica del quotidiano sull’altare dell’efficienza, che è un concetto sacro se l’alternativa è la fame, e che però portato all’estremo e venerato di per sé stesso è alienante come lo sono tutte le cose assolutizzate. Questo è accaduto prima in ambito lavorativo, ed è più che comprensibile, con l’ingresso delle tecnologie informatiche, e credo che qualche segnale di allarme fosse già stato colto allora, Poi di quelle tecnologie, noi lo sappiamo bene, si è iniziato a farne un uso a scopo di intrattenimento: noi della generazione che ha conosciuto le tecnologie analogiche (penso ai vinili e alle musicassette) abbiamo una percezione diversa dalla percezione che di quello che è ad esempio Spotify ha la genZ, così come chi la musica poteva ascoltarla solo alla radio ha una concezione delle musicassette e dei vinili diversa da chi era nato quando le musicassette e i vinili esistevano già, e a sua volta chi la musica poteva ascoltarla solo se suonata dal vivo ha una concezione della musica stessa diversa da chi ha conosciuto poi la musica via radio o chi poi su tecnologie analogiche o chi poi via Spotify. Nessuno vieta alla generazione Z di andare a ballare il liscio in balera, ma è innegabile che la realtà sia cambiata per sempre finché ci sarà traccia nelle memorie, di qualunque natura, di quelle tecnologie che hanno generato la radio, le musicassette e Spotify. Ipotizzo che lo step successivo sarà una AI che stimola direttamente il nostro cervello tramite un impianto generando musica in base alle risposte elettrochimiche del cervello stesso, massimizzando le sensazioni piacevoli. E lo stesso è successo e potrebbe succedere con il gioco, il sesso, le relazioni e tutto quello che è possibile virtualizzare. Sì può ipotizzare un futuro in cui saremo noi a scegliere Matrix: vivere in una simulazione virtuale totale, che sia da soli offline o online di massa, che puoi scegliere tu a seconda dei gusti e dalla quale puoi anche uscire, se vuoi, senza arrivare per forza alle macchine che ti schiavizzano, ma che si limitano a tenere in vita il tuo corpo fisico, mentre tutto quello che sperimenti accade nella tua mente, cosa di cui sei consapevole e che scegli liberamente.
La domanda in ultima analisi, però, è se siamo davvero liberi di capire e scegliere di usare o no, ste benedette o maledette, vedete voi, tecnologie. Non è Matrix o la AI che mi spaventa, ma l’avidità degli uomini che le gestiranno, perché l’essere umano ha delle debolezze peculiari, ed è su queste debolezze, che sono poi i suoi bisogni, che fa e farà sempre leva chi vorrà creare valore aggiunto al proprio portafogli, e non c’è modo più efficiente per farlo della tecnologia. Siamo padroni di noi stessi solo se conosciamo i nostri bisogni, ma cosa accade quando i bisogni sono indotti, e per massimizzare l’efficienza nell’indurli si utilizza l’intelligenza artificiale più evoluta, magari con l’aiutino di un supercomputer quantistico?
Quello che spero che accadrà è che prima o poi l’umanità maturerà la consapevolezza, chissà a quale prezzo, che la tecnologia non è la risposta a tutti i suoi bisogni, così come non lo è niente di per sé stesso e assolutizzato, per cui spero si raggiungerà un equilibrio fra gli ambiti in cui la tecnologia ha senso di essere usata e quelli in cui è dannosa per la salute fisica e mentale delle persone.
Non succederà MAI.
Non è MAI accaduto: siamo scimmie, se inserisci l’AI droga, è 100% sicuro che siamo finiti.
Solitudine per scelta dice il titolo. Nel primo paragrafo il titolo è smentito immediatamente: il matrimonio è finito per un tradimento, di lì un tracollo psicologico fino a una diagnosi di depressione maggiore. Alla faccia della libera scelta.
Nessuno sceglie di stare male liberamente, e nemmeno nessuno sceglie liberamente la solitudine, quella vera, se può, solitudine ormai innalzata a rango di massima aspirazione in nome di una libertà che non conosce nemmeno i limiti del buonsenso.
Un libertà che è carcere in cui si è prigionieri e guardia carceraria allo stesso tempo, un paradosso utile solo a renderci deboli in funzione del fatto che da soli siamo degli inetti totali, ma inetti che spendono montagne di soldi in stronzate messe lì a bella posta per farci sentire importanti a noi stessi. Il chihuahua color luce (per chi ha letto tutto l’articolo), lezioni di yoga, viaggi a Katmandu, bigiotteria e profumi, un’auto nuova, una pizza del delivery, articoli per sport domestico, lo smartphone di cui non abbiamo bisogno, l’ennesimo sconto su Steam.
Ma andate a fanculo voi e i vostri ninnoli del cazzo, io voglio sentire un abbraccio, voglio calore umano. Santa barbara dammi la forza, ci hanno sgretolato il tessuto relazionale e noi abbiamo pure sforbiciato gli ultimi fili contenti di essere finalmente liberi. Liberi di fronte allo specchio della nostra miseria.
E credetemi, quelle tele tranciate non si ricuciono, quelle nuove sanno di fasce medicali e non fanno che ricordare le ferite autoinflitte. A 40 anni quasi 41 sono solo, sono infelice, in parte la colpa è mia e non vedo una cazzo di via d’uscita che sento aver senso, perché ho perso quasi del tutto la fiducia di poter sentire la presenza del mio prossimo quando sono in sua compagnia, una solitudine che è ontologica. Di dio non so cosa farmene da 13 anni, mi spiace, sono un tommaso qualsiasi che se non tocca non sente e non crede. Il mio cuore sciopera, ha smesso di battere aspettando quello di qualcunə che ne valga la pena di riprendere a pompare sentimento.
Anch’io ho un’immagine del mondo che mi circonda che negli ultimi 10 anni è progressivamente diventata sempre più pessimista, soprattutto riguardo a come ci stiamo evolvendo sul piano affettivo. Ho la fortuna di avere piccole oasi di umanità nella mia vita, che riescono un pochino sempre a ricaricarmi di affettività, che viene letteralmente erosa da tutto il resto.
Ti auguro di trovare e mantenere equilibrio e serenità, so bene quanto sia difficile quando si ha un certo livello di consapevolezza che non si può scegliere di ignorare.
p.s. trovo sempre molto interessanti i tuoi post, sono densi di significato, tanto che a volte li rileggo due o tre volte per coglierne i dettagli <3
madonna santa se è vero
In un impeto di ludica sintesi di saggezze unirei il so di non sapere al conosci te stesso, ricavandone un so di non conoscere nulla di me. La strada per sanare la condanna della consapevolezza delle, per dirla con Battiato, leggi del mondo, potrebbe essere l’autoconsapevolezza? Conoscersi per ciò che si è davvero su qualsiasi piano di esistenza aiuterebbe a vivere relazioni autentiche? Oppure l’ignoranza totale e gli istinti ne sono la chiave?
Certi vasi una volta scoperchiati sono impossibili da richiudere, dimenticare ciò che si è visto con la mente sarebbe una benedizione. Ma ciò non accade mai, solo delle autentiche novità genuinamente sorprendenti hanno il potere di regalare l’incanto e l’illusione di nuova vera vita.
Io in mania l’avevo scritto tredici anni fa, che la morte sarà la più grande di tutte le sorprese.
Nel frattempo si gioca serenamente con la switch e si scrive sul forum grigio, tanto è tutto teatro e attesa di conoscere, se c’è, chi ha scritto sto copione del cazzo.
Comunque la si legga questa vita è passeggera, io sto diventando un contemplativo.
Sì, forse è questo il mio modo di viaggiare.
La vita è un mistero che deve essere vissuto, non un problema da risolvere.
Si, è una frase che hanno messo in Dune. Non so di chi sia. Ma ogni tanto ci penso e mi fa riflettere più di quanto mi sarei aspettato.
Forse sopravvalutiamo le nostre capacità intellettuali e la nostra stessa coscienza, piuttosto dovremmo cercare di inseguire la naturalezza e abbandonarci a essa.
La cosa più straziante è che ci nasci bello come il sole.
Poi c’è un giorno preciso dove fai entrare la prima dose della maschera.
All’inizio lo senti il fastidio, tipo quando ti muore il pg viola in un sandbox full loot, ma oramai lo hai fatto entrare.
E inizia a propagarsi come una metastasi.
Poi se non soccombi, lo assimili, e diventa quasi una vocazione.
Ci costruisci un monumento e te lo infili su per il culo con convinzione per non finire
sotto un ponte.
Da li poi è tutta in discesa verso l’inferno.