Solitudine 3.0

Rifuggo dai social
Boicotto lo streaming

Mal tollero l’ignoranza dilagante
Detesto la mediocrità

Cerco di governare il mondo digitale e le opportunità che offre

Vivo la solitudine come opportunità
Di riflessione
Di studio
Di crescita personale

Grazie a questo atteggiamento riesco a coltivare in realtà relazioni più profonde e appaganti

Con i pochi per cui vale la pena impegnarsi

Sono meno numerose e sono più rare
Ma sono relazioni decisamente più preziose

Tutto intorno un vuoto intellettuale dal retrogusto amaro

Io ci vedo il rischio di autodistruzione. Blade runner sembrerà un cartone animato per bambini al confronto. Manco gli eserciti esisteranno più. Il bisogno di socialità scomparirà del tutto. I gatti evolveranno e ci ammazzeranno tutti nel sonno. Niente ci apparirà appagante. Prenderemo il cazzo in mano e penseremo a come toglierci pure sta rottura di coglioni di farsi le seghe. Moriremo tutti nel ghiaccio senza infermieri mentre con lo smartphone facciamo suonare il 911 che suonerà a vuoto.

La verità è che dovremmo avere i coglioni di buttare nel cesso tutto il virtuale e piazzarci in pianta stabile nei bar tutti con la magliettina con la faccia del colonnello kurt e chiedere al banco con sguardo serio a ogni fantasma che si avvicina: “Ciao, raccontami i tuoi dolori e ti offro la colazione” sullo sfondo di un sound in re minore.

non scomparirà mai.
puoi sostituire con surrogati, ma non puoi eliminare il bisogno.

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spero tu abbia ragione. Io avverto brutti trend nel lungo termine.

domanda retorica
lavorate a contatto col pubblico?
se no → non rompete il cazzo e uscite una/due volt(mezzaluna+calcioforte) al mese
se si → davvero trovate bisogno di socializzare oltre l’orario di lavoro? io vorrei 8 ore di silenzio come arrivo a casa

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Lavoravo in un call center da ragazzo. Dopo ore e ore di chiacchiere con ritardati, avevo bisogno di parlare con gli amici.

giusta considerazione.

A me però appare curiosamente come una conseguenza della bulimica informatizzazione di ogni nanosecondo del tempo lavorativo che demolisce di fatto il desiderio. Si giunge a non sopportare più nemmeno una sillaba sonora dell’interlocutore perchè abbiamo il cervello in vacca dalle fonti digitali da gestire sul lavoro in patallelo.

Cioè quello potrebbe dirti pure “Ciao, ti voglio bene” e tu “Eh, scusa non ti ascoltavo, avevo l’auricolare sul whatsupp. Puoi ripetere?”

Per assurdo questo ha creato dei lavoratori che si spengono come venissero mangiati dai vermi da dentro.

Praticamente il reale è già diventato un “fastidio”. Che è l’anticamera della morte.

Io me lo ricordo bene il primo mondo cazzo. Ma non ce lo perdo sto tempo a trasmetterlo perchè oramai anche io sono fottuto.

l’assurdo è che per me è il contrario
capto qualsiasi onda sonora manco fossi un delfino
ho bisogno di silenzio dopo mille domande stupide

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ma che è, malthusianismo applicato alla socialità?
fandonie, imho la gente continuerà a uscire, bersi birrette, mangiare panini, e giustamente scopare
magari un po’ meno ma nulla di clamoroso, state tranquilli

perché?

intendo silenzio da fonti esterne non controllate, musica o audio dei videogiochi sono ok :asd:

perchè fanno domande stupide la risposta è “benessere”
il benessere è in contrasto con l’evoluzione
tanti dovrebbero esser già morti invece c’è il benessere(dpi,ssn,pensioni varie ecc)

se la domanda è perchè ho bisogno di silenzio probabilmente perchè ho bisogno del mio spazio, trascorsi vari ed eventuali ma sto bene se qualche ora al giorno sono solo in casa senza rotture

edit
convivo da 7-8 anni ed ho un gatto
non sono completamente pazzo, lavoro a contatto col pubblico e non ho mai aggredito nessuno :dunnasd:

Sì vabbè heil hitler.

L’atomizzazione della persona e la sua separazione dalla possibilità di associarsi in comunità che riescano ad esercitare forme di potere (l’occupazione e di spazi fisici, la cura dei propri appartenenti) è una manna sia per le entità che traggono profitto dal monetizzarti bisogni sociali, sia per sopprimere qualsiasi coscienza di classe.

Comunque la breve storia della zona autonoma di Seattle ha degli spunti interessanti.

Lo smartworking non è una manna perché fa stare bene la gente coi problemi mentali, è una manna perché fa stare a casa la gente che fa lavori inutili, il 99,9% dei lavori in occidente, e che si trova costretta ad una socialità forzata in contesti culturalmente tossici (corporate culture etc…).

Le problematiche delle quali parlate (di sociopatia, introverts etc…), sono le conseguenze di una socialità sempre più vincolata solo ed esclusivamente a rituali inutili.

I luoghi di aggregazione vanno scomparendo sia perché gli spazi pubblici vengono assorbiti dal capitalismo che specula con il landlordismo latifondista, sia perché politicamente è conveniente che la gente non si aggreghi. Non a caso i principi culturali dell’antropologia capitalista sono l’isolamento, l’alienazione e l’estrema ostilità verso gli altri, visti solo come nemici verso i quali bisogna essere solo ed esclusivamente competitivi.

Queste sono cose che in sociologia e psicologia (sociale) vengono osservate dagli inizi dei primi sviluppi urbani e la nascita della vita di città. Il consensus è che non ci si adatta a sta roba, si impazzisce sempre di più e basta, quindi andrà sempre peggio.

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Esistono anche gli introversi per natura, non lo diventiamo solo perché la società capitalista fa schifo.

Ho quotato una definizione che avete usato, non volevo entrare nei tecnicalismi. Da quello che ho capito, per introverts nella discussione si intende più gente alienata e non gente che “sta bene da sola ma ogni tanto si va a fare una birretta”.

L’introversione ha diverse definizioni nelle scienze sociali ma non si parla quasi mai di individui che ripudiano la socialità. Inoltre il discorso che fai è sbagliato nell’incipit perché non esistono “situazioni” psicologiche che non siano influenzate in qualche modo dalla società e dalla cultura.

Analizzando la società da un punto di vista molto macroscopico l’iper-connessione che stiamo raggiungendo si può paragonare al sistema nervoso e al cervello di un organismo. È come se la nostra socialità ci spinga inevitabilmente verso lo sviluppo e il miglioramento di un’intelligenza collettiva. Penso che sia una pulsione irresistibile della nostra specie, che è fatta di individui che hanno un’intelligenza sociale (che è la nostra forza) e che quindi la proiettano sulla tecnologia. Ci stiamo evolvendo, ma è un’evoluzione che può essere sempre più intenzionale. Mi chiedo quanto ne siamo consci, e se siamo veramente destinati a farlo in maniera sbagliata.

Per esempio poco fa c’è stata un’interrogazione del congresso americano sulla regolamentazione delle A.I. Ed è successa una cosa senza precedenti, cioè che i dirigenti stessi delle aziende che sviluppano le maggiori A.I. hanno chiesto agli organi legislativi di essere regolamentati e di trovare accordi globali al più presto per collaborare sulle regolamentazioni in tutto il mondo.

Di solito serve l’incidente per regolamentare qualcosa, anche se si sapeva fin da prima del pericolo.
Forse siamo incapaci di smettere di vivere facendoci la guerra, anche perchè il mondo non ha risorse infinite e siamo solo formiche che vivono con il “mors tua vita mea”. Forse abbiamo veramente bisogno di un’intelligenza superiore che ci aiuti a fare un passo in avanti che sa soli non saremmo in grado di fare. E lo stiamo costruendo da brave formiche.

… Vado a letto vah :asd:

Argomento complesso, d’indubbio interessse ed altrettanto fascino, persino difficile trovarne una sintesi accurato, ma inizierei con il non doverla necessariamente considerare un’evoluzione, troppo breve il passaggio generazionale perchè questo processo, semmai, possa essersi verificato, alternativamente potremmo considerare la spinta evoluzionistica per affrontare il preservativo; abbiamo più che altro adattato usi e comportamenti, individuali e sociali, alle mutevoli nuove esigenze, adattabilità e plasticità applicate alle circostanze tanto quanto le circostanze sono state adattate alle necessità.

Per il resto chiaro che una creatura con una spiccata predilezione per seguire il movimento e definire gerarchie sociali di natura tribale trovi avvincente internet e gli schermi con immagini dinamiche, l’immediatezza del processo di acquisizione e fruizione dei bisogni unito all’ingannevole ma dominante percezione di controllo e sicurezza fisica sono una potente combinazione, e dove quindi altro avrebbe dovuto portare. Io francamento solo non invidio affatto il ruolo genitoriale dell’epoca contemporanea.

secondo me stiamo vivendo tutto in maniera più mediata, con dei filtri davanti agli occhi
con ogni cosa che avviene molto più velocemente, tutto e subito
secondo me non ci lascerà soli, ma sicuramente insoddisfatti

la mia esperienza fortuntamente sta andando nel senso contrario
dal 2017 vivo in un paesino di 100 anime
personalmente sento una differenza enorme rispetto a quando vivevo in città
i ritmi sono naturalmente diversi, e la socialità è ancora “vecchia maniera”, nel bene o nel male
c’è il pettegolezzo, ovviamente, ma c’è anche il gruppo
inoltre la socialità è trasversale, con giovani che si intrattengono con persone ben più anziane
forse per mancanza di alternativa, ma è una cosa che secondo me arricchisce
i vicini si conosco tutti, e se c’è un problema tutti ci sono, c’è il gruppo

onestamente rifuggo i social, non mi ci trovo a mio agio, e di indole mi piace stare solo… tuttavia ho visto più socialità in uno sputo di borgo in cima ad una collina che in posto ben più affollati

la cosa bella è che, avendo aperto qui una casa vacanze, vedo gente provenire dall’altra parte del mondo solo per stare tranquilla, con ritmi umani ed il telefono serenamente dimenticato in casa mentre ci si intrattiene in giardino per chiacchierare con gli altri ospiti
questo mi fa pensare che la gente ancora cerchi questo tipo di vita, meno sola ma più reale e lenta

riguardo lo smart working è un’arma a doppio taglio: se diventa opportunità di spendere meglio il tempo restante allora ben venga, se diventa una pietra tombale che non ti fa uscire più dalla porta di casa, beh, allora meglio andare in ufficio francamente

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Dal punto di vista di una antropologa, vale davvero la pena, 6 minuti belli densi.
“Why the absence of touch is making us lonely”

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