Ma vai a sgranar pannocchie.
Spoiler e1ke
Probabilmente voterò per il sì, ma non sono per niente convinto dalla composizione del Senato*. Va bene la riduzione a cento persone e il superamento del bicameralismo perfetto, lasciando al Senato delle funzioni limitate e legate principalmente alle regioni. Però la composizione del Senato l'avrei mantenuta principalmente com'è ora, cioè con senatori che fanno i senatori e non con sindaci, consiglieri e che altro. Oppure, a volerlo fare a tutti i costi, prendere un rappresentante per ogni regione e uno per le città più rappresentative, scelti specificatamente durante le amministrative tramite elezione diretta per ricoprire quel ruolo specifico di collegamento tra Stato-Enti Locali. La maggioranza sarebbe stata quindi composta da senatori e la minoranza - un numero tra venti e trenta - da rappresentanti di regioni/città. *A mio avviso è un sistema barocco, inutilmente complicato.
e1ke
Lo so il motivo per cui è stato fatto, ma lo trovo un sistema elettivo inutilmente complicato e sconveniente anche in virtù della composizione successiva. Per dare voce alle regioni sarebbe stato sufficiente inserire dei membri presi dalle elezioni regionali, una ventina per l'appunto - uno per regione -. Il resto eletti come si è sempre fatto, aumentando le attenzioni riguardo la materia regionale e con focus sulle conferenze stato-regioni.
e1ke
Ma chi ha fatto quella raccolta di motivazioni? Mi sono fermato a questo:Supera il bicameralismo? NO, lo rende più confuso e crea conflitti di competenza tra Stato e regioni, tra Camera e nuovo Senato NO - rigorosamente in maiuscolo - cosa? Supera il bicameralismo perfetto e non ci sono cazzi, rimane il sistema bicamerale per cercare di gestire esattamente all'origine - in Parlamento - i potenziali conflitti di competenza invece di averli ex post e risolti tramite Consulta - e sono una marea: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-01-31/conflitto-statoregioni-causa-ogni-104556.shtml?uuid=AbD83sPH -. Ma mi sfugge come possano esserci conflitti di competenza "tra Camera e nuovo Senato". Già il primo punto è una minchiata, complimenti a chi l'ha scritto.
e1ke
[B]«basta scrivere che il bicameralismo perfetto è lento per sua stessa natura. tuttavia il tempo per varare una legge è nella media europea» a questo proposito, ripeto, gradirei un link o gli studi che hai fatto in tema di comparazione della produzione legislativa tra i vari Paesi europei. In ogni caso, il bicameralismo perfetto è lento per sua stessa natura, perché i tempi allungati sono una sua fondamentale caratteristica ed è il vantaggio stesso di questo sistema: duplice analisi di un testo da parte di Camere separate, paritarie tra loro, e connessa approvazione. Ma è proprio il meccanismo duplice d'analisi e approvazione del testo a portare a un aumento delle tempistiche, per il semplice fatto che valuti e approvi un testo due volte; «spreco di denaro che continuera perche il senato come struttura esistera ancora.http://www.lastampa.it/2015/10/13/italia/politica/funzioni-ridotte-e-meno-poltrone-ma-l-dei-costi-del-senato-resta-EGlHfakBe7Xt9OSogb8kBO/pagina.html » lo "spreco di denaro" sarà ridotto, per il semplice fatto che si ridurrà il numero di senatori e spese annesse. Non ci vuole molto, è abbastanza palese la cosa. Al massimo si può discutere sull'entità, significativa o meno, del risparmio. Leggendo l'articolo si apprende infatti che i costi rimanenti riguardano: «pensioni degli ex senatori (80 milioni), del costo del personale (151 milioni) e delle pensioni degli ex dipendenti (120 milioni)». Ora, mi pare normale che non si azzereranno i costi delle pensioni degli ex senatori e degli ex dipendenti, che rappresentano 200 milioni di questa cifra. Trovo assurdo, per non dire altro, contestare il taglio dei senatori con argomentazioni così vuote e di una pochezza - oltre che disonestà - intellettuale disarmante;«il bicameralismo è un modo di legislativo e di governare dignitoso come gli altri.da nessuna parte sta scritto che un sistema è migliore o offre piu garanzie di un'altro» , ottimo, quindi non è migliore e non offre più garanzie di un sistema che non ha il bicameralismo paritario. Grazie;«il senato che verra sara composto non da politici ma da sindaci e consiglieri. te la senti tu di mandare a decidere in materie costituzionali sindaci e consiglieri?» , ecco, immaginati che hai mandato a decidere in materie costituzionali studenti fuoricorso, somellier, persone con evidenti problemi di istruzione (Sibilia) e tutto il circo del M5S. Un Pisapia mangerebbe in testa a questa gente. Inoltre trovo curioso come sia possibile che sindaci e consiglieri non siano politici. Perché, sorpresa, sono politici. Al massimo, oltre a quello sono anche amministratori. Questa argomentazione è talmente inconsistente e ridicola che si commenta da sola, mio caro Dunning-Kruger;«il conflitto stato regioni che questa riforma va a sanare è una buona cosa, ma il superamento del bicameralismi perfetto c'entra poco/nulla» , certo, cosa potrà mai centrare nel conflitto Stato-Regioni una Camera del Parlamento dedicata agli enti locali, non sarà sicuramente di supporto come la Conferenza Stato-Regioni, c'entra proprio poco o nulla. Il resto sono le solite minchiate e io imbecille che non reggo a leggerle.e1ke
Per me l'unica contestazione veramente valida alla riforma è la composizione del Senato e le modalità di scelta - non ancora definite per altro, neanche abbozzate - dei suoi componenti. Il resto delle critiche è tutto su quella linea, vago e poco preciso, con sventolato di continuo lo spauracchio della deriva autoritaria e infilando ovunque la parola magica "combinato disposto" con l'Italicum (certo, perché avere il 54% della Camera, con 100 deputati scelti direttamente dal partito su un totale di 340, ci infila esattamente in un regime autoritario).
e1ke
Passiamo alle stronzate scritte sull'elezione del Presidente della Repubblica. Art. 84 Costituzione, testo vigente:L’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta. Art. 84 Costituzione, riformato:L’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi della assemblea. Dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dell’assemblea. Dal settimo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti. Ora, qual è la contestazione del nostro onniscientissimo? Questa: «" a maggioranza dei votanti " vuol dire tutto invece, gioca a favore della maggioranza. perche potrebbe accadere che le opposizioni/senato riescano a votare per un candidato migliore della maggioranza, ma il senato dato la sua composizione di sindaci e consiglieri potrebbe venire meno dati gli impegni di questi ultimi» Ora, leggetelo con calma e rendetevi conto di quanto stupida sia questa osservazione. Prima di tutto, stiamo parlando dell'elezione del Presidente della Repubblica, la più alta carica istituzionale del Paese e l'elezione avviene ogni 7 (sette) anni. Già qui è assurdo immaginarsi dei consiglieri o sindaci che abbiano impegni istituzionali superiori a questo, ma in ogni caso il suo ragionamento implica che tra questi senatori emerga un "candidato migliore" (?) e che siano per l'appunto dell'opposizione. L'assurdità di questo ragionamento è palese e lui lo sta portando avanti dall'infinito e oltre, ignorando tra l'altro tutto quello che gli viene detto: Spoiler Micro: Oggi per l'elezione del presidente della repubblica basta la maggioranza assoluta, i 3/5 sono una maggioranza più alta, il fatto che sia dei votanti non vuol dire nulla perchè già oggi per l'elezione del presidente sono sostanzialmente quasi tutti presenti, a maggior ragione lo saranno con quella modifica, se parlamentari della maggioranza non saranno presenti (che è la parte che semmai potrebbe avere più difficoltà ad aver tutti presenti visto che ha un numero maggiore di parlamentari) andrà tutto a vantaggio delle opposizioni, le opposizioni non avranno certo nessun interesse a lasciare l'aula e aiutare la maggioranza. D-K: " a maggioranza dei votanti " vuol dire tutto invece, gioca a favore della maggioranza. perche potrebbe accadere che le opposizioni/senato riescano a votare per un candidato migliore della maggioranza, ma il senato dato la sua composizione di sindaci e consiglieri potrebbe venire meno dati gli impegni di questi ultimi. Micro: Non è a maggioranza dei votanti ma i 3/5 dei votanti. Prima bastava la sola maggioranza assoluta, quindi la maggioranza di governo aveva i numeri per eleggersi il presidente da solo. Ora invece essendo necessari i 3/5 non c'è più la possibilità per la maggioranza di governo di nominarsi il presidente. I delegati degli enti locali c'erano anche con la vecchia costituzione, e poi anche quelli saranno un po' della maggioranza e un po' delle opposizioni visto che ci sono regioni e comuni governati un po' dagli uni e un po' dagli altri, per altro questi influiscono poco perchè è la camera che porta 630 deputati i senatori sono solo 100. D-K: non ti sei chiesto perche è sparita la maggioranza dei votanti? io si e risponde a quell'orrore che si chiama italicum dove una maggioranza viene creata a forza con un cavillo, sarebbe stato davvero troppo e si sino inventati sta cosa " della maggioranza piu ampia. per l'elezione servono nei primi 3 scrutini 488 voti, dalla terza votazione in poi 440, dalla settima in poi quel 440 scende ancora per gli assenti. la maggioranza ha gia 340 voti, male che va ne deve trovare 100. Micro: Ma non è la maggioranza dei votanti, è i 3/5 dei votanti, non bastano i 340 voti che sono il 54%, i 3/5 sono il 60%, quindi superiore alla maggioranza dell'Italicum, senza contare poi che i senatori potrebbero anche essere in maggioranza della parte politica opposta visto che il Senato sarà eletto in un momento diverso e potrà quindi avere un colore politico opposto. Se vorranno nominare il presidente della repubblica dovranno trovare un accordo tra le varie forze parlamentari. D-K: il colore politico del senato cambia in base alla elezione amministrative. per quanto riguarda i 3/5 dei votanti dopo la 7° elezione, gioca a favore della maggioranza, sono solo al massimo 100 voti. per me ci sia arriva anche domani con tutte le regioni in mano al pd.
Faccio notare che, con Mattarella per esempio, la maggioranza assoluta (50% + 1), era di 505 senatori.https://it.wikipedia.org/wiki/Elezione_del_Presidente_della_Repubblica_Italiana_del_2015 Senza prendere in considerazione la maggioranza, ma solo il Partito Democratico, su quanti voti poteva contare? 442. In pratica era sufficiente al partito trovare 63 voti per arrivare a eleggere un Presidente della Repubblica monocolore, d'altronde sembra così facile, no? Per l'onniscientissimo «male che va ne deve trovare 100» con la nuova riforma, diamine onniscientissimo, ti sei accorto dei numeri dell'attuale sistema? La maggioranza, in ogni caso, aveva un totale di 610 voti - ricordiamoci che ne servono 505 dal quarto scrutinio in poi -. Quanti voti servivano per arrivare a eleggere il Presidente della Repubblica nei primi tre scrutini? 673. Diamine, sempre 63 voti, chissà perché non lo hanno eletto subito, d'altronde, non erano neanche 100 i voti da recuperare. In pratica la legge vigente favorisce la maggioranza in maniera brutale! Attentato! Quindi, da giorni è qui a battere furiosamente al computer risposte del cazzo, pensando pure di saperla lunga. Edit - preciso che a me di discutere con l'onniscientissimo non frega un cazzo, scrivo questa roba perché non vorrei che a qualcuno passasse per la testa che «Oh, bestia, ne sa a pacchi! Guarda come discute e scrive! Quante cose giuste!». No. Edit 2 - aggiungo una cosa, nel sistema attuale sono previsti anche 59 delegati regionali, che vengono presi tra i consiglieri regionali. Di prassi viene scelto il presidente della giunta (presidente della regione), il presidente del consiglio regionale e di un consigliere della minoranza.
Se vuoi ne ho altri, scritti in altri forum in risposta alle solite stronzate da Comitato del No dei poveri:Scusatemi, ma mi dilungherò molto, sperando di fare cosa gradita a chi legge - perché scrivo questo a beneficio dei lettori, non per altro -.*Vi avviso che è un WoT, purtroppo per voi farina del mio sacco (quindi mi scuso se poco chiaro in certi punti), scritto usando come supporto la Costituzione e ho recuperato il mio manuale di diritto costituzionale (per la parte riguardante la politica recente, Governi Monti e Letta, ho semplicemente riletto fonti attuali). Si tratta comunque di diritto costituzionale, toccherò vari principi e funzionamenti dell'ordinamento, che ho cercato di chiarire e semplificare.
«Ora io penso che il passaggio da Letta a Renzi non sia stato causato da un'autonoma mancata fiducia da parte del PD ma che il segretario del partito abbia voluto realizzare un'ambizione, ovviamente lecita, personale» : in Italia l'esecutivo "regge" finché ha la fiducia delle Camere. La fiducia è un elemento fondamentale nel nostro ordinamento, venendo meno questa, l'esecutivo cessa di esistere. Non a caso l'Italia è parzialmente una "democrazia mediata", cioè sono i partiti (post elezione) a detenere il potere di «decidere struttura e programma di Governo» (Bin-Pitruzzella,*Diritto Costituzionale ). L'ambizione di una persona non è da sola causa sufficiente a causare la rottura del rapporto fiduciario. Ho scritto parzialmente perché il nostro ordinamento è compatibile, in parte, con una sorta di "investitura popolare" del vertice del potere esecutivo. Nel 2013, infatti, colui che era incaricato di formare il Governo, in seguito ai risultati delle elezioni, era Bersani. Questo, pur avendo il mandato per formare il Governo, non è riuscito a ottenere la maggioranza del Parlamento e non vi erano quindi le condizioni per formare un Governo. A quel punto si è cercata una persona, Letta, che potesse ottenerla. Con l'elezione a segretario di Renzi, gli equilibri di partito si sono modificati ed è venuta a mancare la coincidenza programmatica politica nell'indirizzo da seguire, cosa che ha comportato l'interruzione del rapporto fiduciario tra Parlamento e Governo, con la conseguente formazione di un esecutivo a guida Renzi. Le ambizioni del segretario hanno sicuramente influito, ma questa è solo una parte di tutto il meccanismo;[/*]«Stessa cosa per Monti, non vedo nessuna motivazione legata al sistema parlamentare, se vai a ricontrollare le cronache del tempo ci fu molto stupore per le sue dimissioni». *Il Governo Monti rientra nella XVI legislatura della Repubblica, iniziata nel 2008 e terminata nel 2013. Il Governo Monti si è insediato nel Novembre 2011 e ha cessato l'incarico nell'aprile 2013. Ora, la Costituzione italiana prevede, all'art. 60, che la durata di una legislatura sia di 5 anni. In ogni caso, quindi, la suddetta Legislatura sarebbe dovuta terminare, a termini di legge, ,il 29 Aprile 2013. Le dimissioni del Governo Monti sono state rassegnate il 21 dicembre 2012, cinque mesi prima la scadenza "naturale". Ma in ogni caso ha proseguito l'ordinaria amministrazione fino alle elezioni politiche del 2013. Perché ha interrotto il Governo in maniera anticipata di questi pochi mesi? Nel dicembre 2012 il PdL è passato all'opposizione, rendendo più difficile e instabile la tenuta del Governo Monti*. Aiutandoci con Wikipedia, il PdL è passato all'opposizione il 6 Dicembre 2012 e Monti ha avuto il colloquio con il Presidente della Repubblica l'8 Dicembre 2012, entrambi hanno constatato l'assenza delle condizioni per poter continuare il Governo, poiché si era rotto il rapporto di fiducia e comunica che avrebbe rassegnato le dimissioni dopo l'approvazione della Legge di Stabilità. Una volta approvata, Monti si è dimesso. Vi è una differenza abissale tra le due situazioni, senza considerare il fatto - assolutamente importante - che il Governo Monti fosse un cosiddetto Governo di scopo, o Governo tecnico. Questa, come quella precedente, sono due espressioni più naturali e genuine del nostro sistema parlamentare, rappresentandone in pieno la sua realizzazione, con i suoi pro e contro;[/*]«Poi, sai meglio di me che là *riforma costituzionale in associazione all'Italicum porterà ad una situazione in cui la maggioranza degli eletti verrà nominato dal leader del partito vincente quindi va a farsi benedire parte dell'articolo 55 della Costituzione (e ieri parlavo di violazioni della Costituzione!) dato che l'indirizzo politico sostanzialmente verrà dettato ma dal Premier e del suo Consiglio dei Ministri ovvero da un'oligarchia: è la formalizzazione di una situazione già presente da un po' di tempo (da Monti?) in nostro sistema parlamentare viene superato» . Questa frase la trovo molto contorta nei ragionamenti. Ora, un primo errore si trova nella frase "la maggioranza degli eletti verrà nominata dal leader del partito vincente". Questa in sostanza è una critica al sistema dei capilista bloccati, ma è scorretta nel termine "la maggioranza degli eletti". Perché? I collegi previsti sono 100. Cosa vuol dire? Che i capilista bloccati saranno 100. Quindi, i partiti potranno scegliere, al massimo, un centinaio di parlamentari su un totale di - mi pare, se ho fatto bene i conti - 630 parlamentari. Impossibile, matematicamente, asserire che siano la maggioranza. Senza considerare che, sovente, uno stesso nome può comparire in più seggi (per pura questione "propagandistica"). L'errore è palese perché nel caso della maggioranza la situazione che si verrà a creare vedrà più parlamentari scelti tramite preferenze (almeno 240), mentre nel caso dei partiti usciti sconfitti dalle elezioni, sarà superiore il numero dei capilista rispetto a quelli votati tramite preferenze. Mi sfugge però come possa andare a "farsi benedire", l'articolo 55 della Costituzione, che qui riporto per intero: «Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.*Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione». Con la riforma costituzionale, rimangono invariati entrambi i commi, vi è l'aggiunta di un ulteriore comma che, però, non risulta in alcun modo "benedetto" da questo sistema. Probabilmente qui è stato citato l'articolo sbagliato. Ora, tocchiamo l'argomento "indirizzo politico". Prendendo come riferimento un manuale di diritto costituzionale molto comune, il Bin-Pitruzzella, leggiamo che l'unità e omogeneità del Governo viene garantita dalla Costituzione facendo leva sulla competenza collegiale del Consiglio dei ministri a determinare la politica generale del Governo (principio collegiale ). Questo vuol dire che, usando i termini sopra riportati, una "oligarchia" (il Governo), decide l'indirizzo politico che quella Legislatura (il Parlamento) dovrà seguire durante gli anni della stessa. Costituzionalmente è proprio il Presidente del Consiglio a dirigere questa politica e a mantenere l'unità dell'indirizzo politico e amministrativo, poiché è suo il compito di promuovere e coordinare l'attività dei ministri (si parla di*principio monocratico ). A cosa servono questi due principi citati (monocratico e collegiale), a contrastare gli eccessi di autonomia dei ministri, che potrebbero minacciare (attraverso l'esercizio indipendente delle loro funzioni) l'unità politico del Governo: che deve essere espressione armonica e organica di un indirizzo politico. Non a caso il Presidente del Consiglio ha strumenti idonei per indirizzare la politica di questa "oligarchia", tramite il potere di proporre la lista dei ministri, il potere di indirizzare direttive politiche e amministrative ai ministri (in attuazione della politica del Governo; individuando fini politici o principi d'azione che i ministri dovranno attuare) e la competenza del Consiglio dei ministri (la "oligarchia") di deliberare sulle questioni che riguardano la politica generale del Governo e il suo indirizzo. Posso continuare su questo punto approfondendolo, ma mi pare abbastanza chiaro all'inizio. Oltre alla Costituzione, per l'indirizzo politico e amministrativo dobbiamo guardare, bisogna assolutamente fare riferimento alla fondamentale legge 400/1988, che ha razionalizzato tutti gli strumenti di garanzia dell'unità politica e amministrativa del Governo (nel caso, se interessati, posso approfondire). Quindi, per concludere questo punto, la Costituzione, e la citata legge, prevedono esattamente una "oligarchia". Quindi, quella qui espressa in grassetto, è una critica scorretta costituzionalmente (la parte finale, così come è stata scritta dai due punti in poi, è insensata e, sinceramente, porterebbe pure a una bocciatura in sede d'esame: se studiate giurisprudenza e dovete dare un esame, se volete un consiglio da un ex-collega, non ripetete quella roba nel modo più assoluto);[/*]«Ti ho portato un esempio di un'altra cavolata della Riforma: per te è normale che 630 deputati eleggano 3 giudici della Corte Costituzionale mentre 100 senatori ne votino 2? Normale normale?». *Parliamo ora dell'elezione dei giudici della Corte Costituzionale. Attualmente come avviene? Riferimento fondamentale è l'art. 135 della Costituzione, che così recita: «La Corte costituzionale è composta di quindici giudici nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative». Quindi, attualmente il Parlamento - nel suo complesso - votava un totale di cinque giudici. Essendo ora cambiata la composizione e le funzioni stesse del Parlamento, tre saranno proverranno dalla Camera dei deputati e due dal Senato. La differenza di trattamento è da legarsi, presumibilmente, alle differenti modalità di elezione. Alla Camera dei deputati infatti avremo sostanzialmente una elezione diretta, come già avveniva, e quindi si è preferito - evidentemente - dare preminenza a quest'ultima rispetto al Senato. Senato che sarà composto da soggetti differenti rispetto al passato, probabilmente eletti tramite un'elezione indiretta (dico probabilmente poiché non si conoscono ancora le modalità di elezione). Ma di sicuro l'elemento discriminante non è, e non è mai stato, quello quantitativo. Poiché allora vi è disparità anche ora: 630 deputati da una parte e 315 senatori. Il primo gruppo, più nutrito, è per di più votato da un numero superiore di cittadini italiani (per via dei limiti d'età imposti all'elettore, ricordo che è possibile votare per l'elezione del Senato solo quando sono stati compiuti i 25 anni di età). Quindi la disparità quantitativa (e badate bene, non qualitativa, poiché il nostro attuale sistema prevede per l'appunto il bicameralismo perfetto e quindi la perfetta parità funzionale di entrambe le Camere) e rappresentativa (perché i senatori non sono eletti dalla totalità del corpo elettorale) è ben presente anche ora e, nonostante questo, è ignorata. Mi pare che la scelta di suddivisione di voti così come operata dalla riforma sia, nella sostanza, corretta e, fondamentalmente, un "non problema";[/*]«Ed è normale che il Senato non dia la fiducia però può partecipare alle riforma costituzionale e a quella legislativa» . Premetto che trovo assurdo parlare di "normalità" o meno di fronte all'organizzazione di un ordinamento. Ma, in ogni caso, proverò a spiegare anche questo punto. La questione fiducia, e il perché della differenza, è evidente, cristallina direi. Come ricordate, nel primo punto (mi pare* ) vi ho parlato di come funziona il nostro sistema parlamentare. Riassumendo, il Governo è espressione del Parlamento e, in particolare, dei partiti che lo compongono. Come viene determinata la composizione del Parlamento? Lo sappiamo tutti, con le elezioni politiche. Ora, con la riforma cosa cambia? Che l'elezione della Camera dei Deputati e del Senato avverrà con modalità diverse (il secondo, come sappiamo, sarà composto - ahimè direi - da consiglieri regionali e sindaci, scelti con modalità non ancora stabilite). Ora, detto questo, si può arrivare facilmente a capire il perché della distinzione: gli italiani voteranno per il Governo (concedetemelo, sappiamo tutti che si vota il Parlamento e che questo esprime il Governo; è per semplificare) e la sua composizione in occasione delle politiche, non delle amministrative degli enti locali. Quindi è più che corretto che la fiducia necessaria debba essere rinvenuta unicamente nella Camera dei Deputati che, con le modifiche della riforma, sarà espressione dell'elettorato in occasione delle elezioni politiche. Il sistema è coerente e, toccherò nel punto seguente, la parte successiva di questa frase;[/*]«ma in maniera confusa, vedi articolo 70, l'articolo costituzionale più bello del mondo), se è normale allora è una normalità incoerente».* L'articolo 70 della Costituzione, come da riforma, è scritto in maniera decisamente poco elegante. Ma non è confuso, basta leggerlo per comprenderlo. La sua lunghezza e, in molti casi, puntigliosità deriva proprio dal fatto che sia l'elemento cardine della riforma, quello che porta alla soppressione del bicameralismo perfetto. Non a caso l'articolo si trova nella Costituzione nel titolo "formazione delle leggi". Capirete che, alla luce del fatto che l'intenzione della riforma sia proprio il superamento del bicameralismo paritario, il mantenere una camera dedicata agli enti locali, porta inevitabilmente alla differenziazione delle materie su cui entrambe potranno legiferare. Questo purtroppo comporta la formazione di questi "articoli elenco" molto prolissi (guardate per esempio anche il riparto di competenze legislative tra Stato centrale e regioni del titolo V della Costituzione). Ma dov'è la coerenza nel consentire al Senato di votare nelle leggi di revisione costituzionale? Per me è stata una scelta di fondamentale importanza e, tra l'altro, corretta. Questo perché modificandosi la legge elettorale e il sistema bicamerale, la maggioranza alla Camera sarà solida - tramite premio di maggioranza mirando, per l'appunto, alla governabilità - e vi chiedo di provare a immaginare cosa sarebbe successo se questa avesse avuto il pieno potere di modificare autonomamente la Costituzione. Sarebbe stata cosa "facile" e, ovviamente, scorretta. Allora è inserito il "correttivo" (o bilanciamento, se preferite) della necessità del voto anche del Senato, che come ricordate non è formato e scelto attraverso i risultati delle urne durante le elezioni politiche (che, come sappiamo, determinano invece la maggioranza solida alla Camera) ma sarà composto in maniera più "eterogenea". Questa diversità di composizione potrà garantire una più difficile e ponderata modifica del testo costituzionale, che non dipenderà esclusivamente dai capricci della "maggioranza forte" delle elezioni politiche, che dovrà invece fare i conti con i 100 componenti del Senato provenienti da differenti elezioni e composti diversamente. Questa è la "coerenza" in questa scelta. Molto importante tra l'altro per garantire una giusta rigidità del testo costituzionale (una Costituzione si definisce rigida o flessibile a seconda della facilità con la quale si può modificare; la nostra è rigida e resterà tale);[/*] * * * *Il PdL andando all'opposizione ha fatto venir meno la maggioranza. Cosa succede in questi casi? Si apre una "crisi di governo", cioè si è "rotto" il rapporto di fiducia tra Governo e Parlamento (o meglio, la maggioranza del Parlamento). Possono essere di due tipi: crisi parlamentari o crisi extraparlamentari. Le prime si verificano quando viene approvata una mozione di sfiducia o nel caso in cui vi sia un voto contrario su una questione di fiducia posta dal Governo su una legge (es. Governo pone la fiducia sulla Legge Y, la Legge Y non viene approvata, si apre la crisi parlamentare di Governo). In questo caso il Governo è giuridicamente obbligato a dare le dimissioni al Presidente della Repubblica. La crisi extraparlamentare si verifica invece quando vi è una crisi politica all'interno della maggioranza e il Presidente del Consiglio rassegna le sue dimissioni al Presidente della Repubblica. Nella storia repubblicana le crisi di governo sono state praticamente tutte di natura extraparlamentare (eccezione, Governo Prodi 1998). Il perché è semplice da spiegare, i nostri governi sono sempre stati composti da coalizioni (come quella che teneva in piedi il governo Monti). Le coalizioni si reggono su accordi politici e una rottura di questi può causare la fuoriuscita dalla coalizione di un partito, che innesca quindi la rottura della maggioranza politica e la conseguente crisi di Governo (esattamente quello successo con l'uscita del PdL). Poi qui ci sono interessanti questioni da legare alle "regole" di stabilizzazione delle coalizioni.Scusate per gli eventuali errori fatti, la parte più interessante del testo che troverete sotto è quella riguardante la decretazione d'urgenza (è una questione tecnica, per quanto semplificata al massimo).
«Non credo che su questi passaggi raggiungeremo mai una sintesi però nutro grandi aspettative su come giustificherai il prossimo esponente del PD che farà lo sgambetto a Renzi per diventare Premier» . L'appartenenza politica del Presidente del Consiglio, o della maggioranza parlamentare, non va a cambiare il funzionamento base della nostra democrazia parlamentare. Una crisi di Governo si verificherà ogni qualvolta la maggioranza non darà la fiducia o, la crisi politica innescata all'interno della stessa, verrà a togliere le condizioni per poter proseguire il mandato;[/*]«Il nuovo articolo 55, tra le altre cose dice che "la Camera dei deputati è titolare del rapporto di fiducia con il Governo ed esercita la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa è quella di controllo dell'operato del Governo" ... Quale indirizzo politico se al contrario è il segretario di partito (che diventerà Premier) a decidere chi entrerà in Parlamento?». *Prima di tutto, l'articolo è riportato in maniera scorretta nel punto «[...] la funzione legislativa*è *quella di controllo [...]», un typo - presumo - che rende insensata la frase. Fatta questa premessa, come ho già avuto modo di spiegare e come chiunque potrebbe controllare, il numero massimo di parlamentari scelti dalla maggioranza potrà essere un massimo di 100 su un totale di 340. Da dove si recupera il dato? Presto detto, questo è il testo approvato:*http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2015/05/08/15G00066/sg *Come potete vedere, all'art. 1, comma 1, lettera a, dove viene determinato il numero dei collegi plurinominali, che sono 100. Sono i capolista di questi collegi plurinominali che andranno a sedersi, sicuramente, in Parlamento, mentre gli altri verranno scelti tramite preferenze espresse in sede di voto. I capolista inoltre potranno essere candidati in un totale di dieci collegi. Quindi, un capolista potrebbe ritrovarsi fino in un massimo di dieci collegi; riducendo ovviamente il numero di persone scelte direttamente dal partito... perché viene consentito la candidatura plurima? Per pure ragioni elettorali e per venire incontro anche a partiti più piccoli, che hanno un numero ridotto di "personalità", e viene riportato in più collegi il più famoso. Inoltre, bisogna aggiungere un elemento fondamentale: sicuramente quelle cento persone formeranno un nucleo "forte" del futuro Presidente del Consiglio, ma stiamo sempre parlando del 29% dei seggi della maggioranza. Influente sì, ma come ben sappiamo i partiti più strutturati presentano un'infinità di correnti, alle volte generatisi proprio nel corso della Legislatura, e gli equilibri sono sì rafforzati, ma non certi;[/*]«Hai ragione sulla frase finale che avrei potuto scrivere meglio: è dai tempi di Monti che il nostro sistema parlamentare è stato superato da una forma che predilige la figura del Governo visto che abbiamo un abuso di decreti legge e ricorsi alla fiducia».* Questa frase è scorretta in più parti. Prima di tutto, un errore grossolano risiede nel parlare di "sistema parlamentare superato" dall'abuso di decretazione d'urgenza e ricorsi alla fiducia. Ora, il sistema parlamentare non è superato per questi motivi, poiché quest'ultimo non è variato in alcun modo e gli strumenti utilizzati sono quelli previsti dalla Costituzione. Al massimo il problema evidente, pacifico, è quello per l'appunto dell'abuso di tali strumenti. Ma non è un fenomeno che parte dal Governo Monti (una inesattezza abnorme, qualsiasi studente al primo anno di giurisprudenza conosce l'evoluzione dei DL e, in particolare, non può non conoscere la sentenza 360/1996 della Consulta), tutt'altro. Facciamo un micro-riassunto fino ad arrivare a questa importante sentenza. Il ricorso dei decreti-legge ha una lunga storia, non solo in Italia, ma anche nel resto delle democrazie parlamentari. Vi fu un forte utilizzo di questi strumenti in Italia a inizio '900 e in particolare dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, pensate che una prima regolazione permissiva della modalità della "sanatoria" (cioè la conversione in legge del decreto-legge, atto che serve a ricucire lo "strappo" generato dall'approvazione stessa del DL) risale al 1926. In ogni caso, gli stessi Costituenti avevano previsto e immaginato un uso più ampio del decreto-legge, non solo limitato alle "condizioni" dettate perfino in Costituzione (si può pensare ai decreti-catenaccio). Tra l'altro con decreto legge sono state varate numerose leggi, ma non solo (es. pensate che il Ministero per i beni culturali e l'ambiente è stato istituito con decreto legge nel 1974). Venne in sostanza usato per tutto, per qualsiasi intervento, per aggirare il procedimento legislativo parlamentare e fare provvedimenti anticipati. Inoltre, secondo dottrina, «il decreto legge [-...] ha provocato il rafforzamento della sua causa, cioè ha fatto ulteriormente allungare i tempi medi dell'iter parlamentare. La legge di conversione [...] ha precedenza nell'ordine dei lavori delle Camere: è un disegno di legge, "raccomandato", che "salta la fila [...]. L'aumento del ricorso al decreto legge aumenta inesorabilmente il ricorso al decreto-legge». Era diffuso inoltre in passato la fastidiosa prassi della reiterazione del decreto-legge, che serviva per varare discipline complesse e per le quali non erano sufficienti i 60 giorni. Si venivano quindi a formare catene di decreti legge reiterati: alla scadenza dei giorni per la conversione, il Governo emanava un decreto legge praticamente identico, con minime variazioni, e sanava gli effetti di quello scaduto con vari meccanismi. Queste catene potevano essere imponenti, pensate che un DL venne reiterato per 29 volte (il famoso decreto mille-proroghe, venne emanato nel gennaio 1992 e convertito in legge nel dicembre 1996). Si entrava poi in un circolo vizioso, perché l'incremento della decretazione d'urgenza continua a generare ulteriore decretazione d'urgenza, perché più ne sono stati emanati e più rischiano di decadere perché si riduce il tempo del Parlamento per discuterli, più ne decadono, e più devono essere rinnovati. Questo ci ha portato alla sentenza citata sopra, sent. 360/1996, che ha arginato il fenomeno della decretazione d'urgenza e in particolare la reiterazione dei DL (se volete posso approfondirla). In ogni caso, la riduzione del fenomeno è stata immediata, prima della sentenza si arrivava ad avere una media mensile di 34 decreti legge (fonte: Bin-Pitruzzella, Diritto Costituzionale, 2006, pag. 349) e si è passati a una di 3,4 nella XIII legislatura (1996-2001), salita a 4,12 nei primi 25 mesi della XIV legislatura. Prendiamo questo interessante documento conoscitivo:*http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/bollet/201507/0715/01/relazione.pdf *al cui interno, a pagina 331, leggiamo:**«Facendo una media dei decreti-legge che sono stati approvati in Consiglio dei ministri, ci rendiamo conto che la media del Governo Renzi è di 2,23 decreti-legge al mese, contro i 2,55 del Governo Letta e i 2,66 del Governo Monti». Come vedete, un numero inferiore sia al periodo post-sentenza, che sopratutto quello precedente alla sentenza della Consulta più volte citata in questo paragrafo. Ora, alla luce di questo, capirete quanto la frase iniziale in grassetto sia scorretta, sotto tantissimi punti di vista e indica una scorretta conoscenza sia dello strumento della decretazione d'urgenza, sia dell'uso che ne è stato fatto nel corso della storia italiana, sia recente che passata;[/*]«Io la sproporzione, in quell'aspetto, tra Camera e Senato la vedo, togli dei poteri al Senato e gli fai nominare 2 Giudici contro 3? Boh» , la sproporzione nasce dal fatto che le due Camere non sono più paritarie, sono differenziate proprio perché si è superato il bicameralismo perfetto. Hanno funzioni diverse e, finanche, responsabilità diverse (es. la fiducia). Rimanendo nel numero stabilito dalla Costituzione votano comunque per due giudici su cinque, per me un'ottima scelta poiché vi è differente composizione tra le due Camere - più radicale rispetto a prima -.[/*] Pensi seriamente che io non abbia argomentazioni o on abbia un'opinione sulla riforma?