Apro questo thread, un po’ generico ed un po’ personale, ma strettamente legato al mondo del lavoro, anche se mi rendo conto che possa essere focalizzato più sul mondo dei colletti bianchi, quindi IT o ufficio in generale.
Fondamentalmente ci sono due tipi di procrastinazione che mi affliggono e di cui vorrei parlare:
La prima è più occasionale, quelle giornate in cui vorresti solamente rimanere a letto e quindi la produttività è momentaneamente ma brutalmente inficiata.
La seconda è una fase più “acuta”, che riguarda sempre il crollo della mia produttività ma in maniera più sistematica e permanente.
Messo e concesso che io non mi considero un gran lavoratore, non sono uno di quei programmatori che scrive codice 7/8 ore al giorno, non son lì alla sera che mi studio nuovi linguaggi di programmazione, non mi ritengo particolarmente bravo nel mio lavoro, tantomeno brillante come persona, però insomma, me la cavicchio, posso dire di non fare schifo, che è già qualcosa in questo ambito e quindi, una volta assestato, la quantità e qualità non manca, nonostante non manchino neanche i momenti di cazzeggio.
Detto questo, le mie “giornate no” non sono sicuramente poche, vuoi perchè il lavoro non mi emoziona particolarmente, vuoi perché la mia vita fa schifo, mettici anche una (potenziale, non diagnosticata e sicuramente leggera) depressione, o qualcosa che ci va molto vicino [move to Addio], e qui la mia voglia di lavorare è compromessa: è compromessa la comunicazione con i colleghi, è compromessa la qualità del mio lavoro, ed è compromessa anche la quantità di lavoro; che non è zero, ma diciamo che è più facile che io rimanga a fissare lo schermo in uno stato di sconforto totale (yay).
Arrivando al secondo punto invece, ho riscontrato queste fasi cicliche su ogni posto di lavoro in cui io sia mai stato (ad ora siamo a 3 aziende diverse).
-
Una prima fase, di produttività, voglia di imparare, di mettersi d’impegno e in cui, nonostante le barriere date dalla difficoltà di apprendimento ed una buona dose di ansia, me la cavo. (diciamo i primi 6-8 mesi)
-
Una seconda fase, in cui ho dimestichezza con il software/prodotto e in cui inizio un po’ a divertirmi ed essere più tranquillo, meno ansie, meno insicurezze, maggior feeling con i colleghi, etc. quindi la produttività è ottima.
-
Una terza e (tipicamente) ultima fase in cui perdo -totalmente- la fiducia nell’azienda, nel posto di lavoro, nelle persone, nel lavoro che sto facendo, perdo totalmente la motivazione e la voglia di lavorare, inizio a procrastinare sempre più spesso e in un loop continuo di sensi di colpa e inefficenza, peggioro la mia situazione lavorativa e mentale.
Il problema me lo son sempre posto, tuttavia nelle precedenti aziende ero in situazioni decisamente peggiori: sottopagato (20-25k), a stretto contatto con persone rivoltanti, in aziende gerarchiche e poco etiche, e quindi insomma, lasciarle non mi è pesato particolarmente ma anzi, è stata una vittoria.
Adesso sono in un’azienda che trovo ottima: a livello di prodotto, a livello di colleghi, work-life balance invidiabile, la paga è dignitosa (34k e con potenziale per un futuro guadagno sostanzioso); quindi insomma ci tengo, non vorrei lasciarli scoperti, come vorrei poterli aiutare il più possibile perché gli voglio bene e gli auguro il meglio (davvero, son persone splendide e non son le cazzate del “siamo una famiglia”), ma il punto è che non vorrei lasciare questa azienda.
Detto ciò, all’aumentare delle mie “giornate no”, mi sembra di essere nuovamente arrivato alla terza fase, il mio solito burnout dopo 2 anni, piuttosto puntuale anche questa volta. E’ un po’ che faccio cose che non mi piacciono particolarmente, ed oltre a questo, mi è stata chiesta più “intraprendenza”, di essere più autonomo, di avere più idee, imparare un sacco di cose nuove, etc. tutte cose di cui io non sono minimamente capace, non sono portato, e soprattutto non ne ho le forze e le energie.
A me dispiace genuinamente, perché non è una “big corp”, ma una aziendina composta da persone, senza gerarchia, in cui c’è la più totale fiducia e rispetto reciproco.
Avrei tutti i motivi del mondo per rimboccarmi le maniche, e ben pochi motivi di lamentarmi, eppure il mio stato mentale è inamovibile, ed è davvero difficile combatterlo alcuni giorni.
Come si può vivere “eticamente” una situazione simile in una azienda, avendo una così scarsa produttività?
Mollo tutto e vado a coltivare tuberi?
Dovrei parlare con il mio capo e dirgli “guarda, dimezzami lo stipendio perché tanto non sono capace di lavorare, o trovatevi un’altra persona più affidabile”?
Tralasciando il simil-sfogo, voi avete problemi simili? Come li affrontate?
N.B.: se fosse una big-corp, non me ne fregherebbe un cazzo di essere poco produttivo, quindi facciamo finta di aver già letto i vari post “ruba al padrone” e simili
Ahhhh, che fatica. Scusate per il WoT.