Mitologia

Ah, per quanto riguarda la lingua l'inglese per me non è un problema: le due Edda e le Gesta Danorum le ho prese tutte in inglese, così come l'Epopea di Giglamesh.
Peraltro ho casualmente ritrovato un articolo del 2006 che spiega, sia pure en passant (si tratta comunque di una recensione libraria) perché, fra i vari Grimal, Kerényi, Otto, Brelich, optare per Graves sia in assoluto la scelta peggiore. Altrimenti par che ci si diverta a criticare gratuitamente certi libri per puro snobismo: http://www.powells.com/review/2006_01_01.html
Non mi sono perso eh Sto leggendo l'Edda in prosa, poi mi sa che mi butto sul libro della Chiesa-Isnardi o, in alternativa, prima sull'Edda poetica. Poi mi sono accattato le Metamorfosi di Ovidio.
Ok, ho finito l'Edda di Snorri. Che dire, la prima parte prettamente mitologica è interessantissima, ma i restanti trattati di poesia sono un po' pesanti

Il problema che ho nel leggere le opere mitologiche nude e crude è però sempre quello: ok, il viaggio di Thor, Loki e Thialfi nel castello di Utgarda-Loki è affascinante e molto interessante, ma cosa vogliono dire le prove a cui Utgarda-Loki li sottopone? Chi è Utgarda-Loki, così potente da far si che sia Thor che soprattutto Loki (maestro ingannatore) vengano ingannati e non riconoscano a prima vista la realtà delle prove a cui si sono sottoposti? Voglio dire, Thor solleva il serpente di Midgard pensando che sia un gatto chi è l'entità che può operare un inganno del genere? E qual è il significato delle prove?

Altra roba: la storia del Grotti, il mulino che prima macina oro e poi macina sale; nel libro che citavo all'inizio (Il mulino di Amleto) l'ipotesi presentata è che tale storia rappresenti il mito di passaggio da una arcaica e favolistica età dell'oro alla faticosa età attuale; inoltre (ma qui ammetto che mi ricordo di meno) indicava il Grotti e il gorgo che si sprigiona quando viene fatto affondare come una stella del cielo di allora, e dunque il passaggio del tempo come il movimento della volta celeste e la stella che si sposta perché l'asse della terra si sposta... Insomma, qui ho i ricordi un po' confusi
Comunque, è una ipotesi plausibile? Ci sono altre ipotesi plausibili? Ogni mito ha una spiegazione che rimanda ad altro che non sia la semplice storia in sé?

Mo mi sa che continuo con l'Edda poetica
Altra roba: esistono periodici specializzati in mitologia? Anche di livello accademico o particolarmente specialistico
Naturalmente ci sono numerosi periodici peer-reviewed dedicati all'antropologia e agli studi religiosi che si occupano anche di mitologia. Ma la mitologia dell'antropologo e dello storico delle religioni è qualcosa di ben diverso rispetto alla mitologia del mitografo antico e moderno.
In che senso? Cioè, a me piacerebbe trovare qualcosa che approfondisca le opere mitologiche, le confronti con altre opere di altre civiltà per trovare le eventuali radici comuni, che tenti qualche ricerca sul significato contingente di certi miti... Insomma, approfondimenti Che fanno invece l'antropologo e lo storico delle religioni?

Altra cosa che m'è venuta in mente: il collegamento Aesir = troiani che fa Snorri è stato approfondito? Potrebbe essere una ipotesi sensata oppure è solo un modo che l'autore, cristiano, si inventa per abbassare gli déi antichi dandogli origini umane?
Per l'antropologo e per lo storico delle religioni, il mito è solo una parte della cultura e della religione di un popolo, una parte che, a seconda degli orientamenti e delle scuole, può eventualmente anche essere molto piccola. Diciamo anche che, con l'eccezione della scuola tedesca di Religionswissenschaft (il cui più noto esponente è Mircea Eliade), la maggior parte degli antropologi e studiosi delle religioni ha di fatto minimizzato l'importanza del mito.
In altre parole, lo studio dell'antropologia e della storia delle religioni comporta l'inserzione del mito in un contesto molto più vasto, che potrebbe interessarti o meno.

Inoltre, quando scrivi che ti piacerebbe trovare qualcosa che approfondisca le opere mitologiche, ecco, questo mi sembra un approccio da studio letterario o per l'opera di un mitografo, piuttosto che per uno studio di carattere antropologico. Se il tuo interesse è prevalentemente di carattere letterario, non è detto che t'interessi il trattamento del mito da parte degli studi antropologici.

E poi il mito ha comunque anche una dimensione letteraria non del tutto sovrapponibile a quella religiosa.

Naturalmente, provare non nuoce. Ecco un esempio di rivista peer-reviewed, «Studi e Materiali di Storia delle Religioni», pubblicata tuttora, della quale trovi online le prime cinquanta annate (1925-1975): http://cisadu2.let.uniroma1.it/smsr/ La rivista è stata peraltro fondata da Raffaele Pettazzoni, illustre storico italiano delle religioni riferibile alla suddetta scuola di Religionswissenschaft. Vedi se trovi qualcosa che possa interessarti.


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Mi provo a rispondere anche alla tua domanda su Snorri, sebbene non rientri strettamente nelle mie competenze. Per quanto ne so, si tratta semplicemente di un effetto della cristianizzazione dei popoli del Nord e dell'allineamento letterario sul modello di Virgilio. Sicuramente troverai approfondimenti in letteratura.
Grazie caro, sei un tesoro Si, i miei interessi sono per ora prevalentemente letterari; sottolineo il per ora perché mi sto approcciando da poco alla mitologia quindi non so neanche io quali altri aspetti mi potrebbero interessare Quindi mo mi spulcio la rivista che mi dici.


È un effetto della lettura ossessiva cui nel Medioevo si assoggetta l'Eneide; data l'equivalenza virgiliana troiani = romani, e tenendo a mente che, nel medioevo, l'esempio della romanità è quello in assoluto più prestigioso, anche i popoli che sensatamente non possono certo rivendicare di discendere dai romani, cercano di accreditare quantomeno una comune discendenza sul campo della mitologia risalendo alla fonte, i troiani (vedi, ad esempio, le spericolate genealogie inventate da Goffredo di Monmouth per accreditare un'origine troiana ai britanni).

In più, nel caso di Snorri gioca anche l'evemerismo proprio degli scrittori scandinavi cristianizzati (la cosa ti sarà ancor più evidente leggendo i Gesta danorum, che sono interamente di impianto evemeristico): insomma, non si tratta di un trucco apologetico per degradare gli antichi dei - l'evemerismo, d'altronde, è un'opzione spesso percorsa anche da molti autori greco-romani - ma, semplicemente, principiando dall'assunto che gli antichi dei non potevano essere realmente dei, dal momento che si è scoperto esistere un unico vero Dio, Snorri effettua la quadratura del cerchio non soltanto offrendo una spiegazione evemeristica agli dei pagani, ma collegandola anche ad un'origine romana.
Ah ok, grazie E la tesi di Elric di che parla allora? Vogliamo sapere
Capitando a fagiolo, comunque, io mi sono iscritto a sto corso qua Vedremo com'è

https://www.coursera.org/course/mythology

Teniamo conto che, per la cultura scandinava, la magia è un mistero inconoscibile, che può ingannare tutti, nessuno escluso. Il fatto che Loki usi spesso la magia a suo vantaggio non significa che sia più difeso di altri quando questa viene usata contro di lui (anzi, è un tratto caratteristico della sua figura mitologica - il trickester, che curiosamente ci collega alla mia tesi, vedi dopo - che le sue stesse armi vengano ritorte contro di lui).

Uthgarda-Loki è un gigante che potremmo definire "generico". E' un capo, evidentemente, perché ha un certo potere sulle cose. Per il resto, è una figura nebulosa, spesso, per ovvie ragioni, confuso con Loki stesso, notoriamente da Saxo Grammaticus, antico studioso dei miti nordici.

Il mito in sé è il classico dell'eroe messo a confronto con un inganno. Probabilmente, è per lo più basato sui giochi di parole (ma qui deduco io, non conoscendo i testi in lingua originale che, per la loro estrema complessità, sono accessibili soltanto a chi abbia un'eccellente conoscenza non solo della lingua in cui sono composti, ma anche dei codici verbali degli skald: le koenning).
Dico questo, perché è evidente nei nomi dei competitori di Loki e Thialfi: Loki gareggia contro Logi, che si rivela essere il fuoco e, infatti, la parola logi significava proprio "fiamma". Alla stessa maniera, il nome di Huginn, che gareggia contro Thialfi in velocità e si rivela essere il pensiero di Uthgarda-Loki, è la parola nordica che significava "pensiero" (ed è altresì il nome di uno dei due corvi di Odino, Huginn - pensiero - e Muninn - memoria).

In base a questo, presumo che anche le prove di Thor si basino su qualche gioco di parole o fraintendimento simile (per esempio, la vecchia contro cui Thor viene messo a confronto nella lotta rappresenta la vecchiaia stessa).
La prova della bevuta mi pare abbastanza evidentemente un mito sulle origini del fenomeno naturale delle maree.

Il mascheramento della verità ha a che fare con il concetto di viaggio, più che con un concetto preciso della figura di Uthgarda-Loki e di ciò che potesse fare: Thor, Loki e Thialfi sono in viaggio in terre straniere, che sono luoghi di misteri e magie inconoscibili.



Abbastanza semplicemente, la mia tesi si proponeva di mostrare come, in culture distanti tra loro sia cronologicamente che geograficamente, esistessero comunque luoghi comuni identificabili in figure mitologiche differenti.
Per esempio, Mercurio è assimilabile, per caratteristiche essenziali, a Odino. Thor a Giove. Il loro ruolo all'interno dei rispettivi pantheon è differente, ma le loro caratteristiche fondamentali sono paragonabili.
Non è un caso se Mercoledì (che è il giorno della settimana dedicato a Mercurio) in inglese si dica Wednesday. Questo perché l'inglese deriva dal germanico Wodansdag, vale a dire Giorno di Odino.
Allo stesso modo, Giovedì è Thursday, il giorno di Thor.

Pertanto, ho deciso di concentrarmi sulla figura mitologica del trickster (individuata per la prima volta da Paul Radin nel suo saggio su Wadjunkaga, figura mitologica del folklore della tribù nativa americana dei Winnebago) e di applicarne i principi a Odisseo e Loki.
Le caratteristiche fondamentali del Trickster sono presenti in entrambe le figure, seppur in maniera differente e appropriata alle rispettive sensibilità culturali.
Attela, ti mollo un titolo che ti potrebbe interessare:

"Il terzo reich e il mito di Atlantide" di Franz Wegener.

Tratta dell'ossessione che ha da sempre collegato l'estrema destra al mito di Atlantide, come è nato, si è sviluppato, e da un'interpretazione psicologica (in funzione di pulsione verso la morte). Da lì va a finire che parla di concezione della storia propria dei nazionalsocialisti, la visione atlantidea Insomma, divaga un po', ma è una tesi interessante e molto soreliana (il mito come insieme di immagini immortali che involontariamente provoca sentimenti, emozioni e anche idee nella mente della gente).
E' inoltre ottimo per avere un'introduzione a Sorel e al suo approccio al concetto di mito, nonché alla politicizzazione del mito.
Uao, mi son riletto un po' il thread e ne approfitto per uppare perché di recente mi è capitato di studiare della roba che forse mi sta facendo andare un po' oltre alla lettura del mito dal solo punto di vista letterario.

Alura, la mia prof di Pedagogia ha scritto una infinità di libri, di cui almeno un paio si rifanno ad una interpretazione del mito e della fiaba di magia che mi sembra interessante e che dunque vi propongo (poi magari non è nulla di che, ma proprio per questo ve lo propongo, per averne una disamina). In pratica, rifacendosi ai concetti junghiani di archetipo in sé e di figura archetipica (concetti che io per altro non conosco al di fuori di quanto ho letto in sti libri), la Moscato cerca di individuare in vari miti e fiabe magiche l'espressione e il ripetersi di alcune figure archetipiche che testimonierebbero come tali scritti siano espressione di forze innate nella psiche umana. Per dire, il mito di Demetra, quello di Isis e, poi, la tragedia di Antigone e le fiabe di magia che parlano di peregrinazioni femminili sarebbero tutte declinazioni della stessa figura archetipica, quella della donna taumaturga che cura tramite il suo amore e il suo sacrificio. Uao.

Quello che mi colpisce di questa interpretazione è che permette di spiegare con molta semplicità la somiglianza di miti e di fiabe molto lontani sia temporalmente che spazialmente (o, altrimenti, vicini nel tempo ma non nello spazio), quella somiglianza che il ricorso al modello letterario da solo non mi pare riesca a spiegare. Voi che ne dite? È una interpretazione che può avere senso? Altri studiosi hanno pensato a qualcosa del genere?


Poi, la prof nei libri parla molto di Eliade, e vedo che voi pure ne avete parlato spesso e bene. Gala, se ce l'hai ancora quell'ebook lo leggerei volentieri

Anche se non ho assolutamente idea di quale sia il suo approccio al mito e alle religioni.


Leggendoti mi è venuto in mente Campbell con il suo The Hero with a Thousand Faces.

Si tratta semplicemente di un consolidato filone di studio delle religioni, che trae origine dallo stesso Freud. La tua professoressa cita spesso Eliade perché la scuola psicanalitica è stata influenzata, di necessità, dagli studi comparativi (in particolare da Eliade) e dai lavori di altri studiosi della prima metà del XX secolo (come Rank o Raglan, che a loro volta hanno influenzato gli studi psicanalitici).
e1ke ha detto bene, perché Campbell è uno degli epigoni dell'interpretazione psicanalitica (o, piuttosto, epigono di quest'amalgama di scuole e tendenze, laddove un ruolo chiave è rivestito anche dall'approccio psicanalitico), ed è probabilmente il più popolare ed influente, con la sua teoria del 'monomito', una sorta di mito di base che sottintende ogni altro mito e molti altri elementi di qualunque cultura.

Per quanto riguarda come la penso io, già l'approccio psicanalitico lascia il tempo che trova, fondato com'è su tutta una serie di semplificazioni oltre che sui presupposti culturali della specifica epoca in cui la psicanalisi muoveva i suoi primi passi (difficile non scorgere Frazer in Freud, in Raglan, in Campbell, in Girard...). A parte questo, sebbene lo studio psicanalitico possa aiutare a chiarificare alcuni elementi comuni, poi si finisce sempre con l'implementare ingenue e schematiche classificazioni dei miti sulla base di una comparazione guidata dal pregiudizio.
Peraltro, ora che ci penso, visto che nell'altro thread hai detto che stai leggendo opere letterarie in qualche modo connesse col mito e col folklore, ti consiglio i Dialoghi con Leucò di Pavese, ch'è comunque un libro bellissimo a prescindere.
Ho iniziato a leggere l'Oresteia e, leggendo di Ifigenia, m'è venuto in mente in parallelo il (mancato) sacrificio di Isacco. Sono due episodi paragonabili?

Le differenze tra il mito greco e quello biblico, mi pare, potrebbero essere queste:
- la prima, più visibile, è che Ifigenia viene effettivamente lasciata morire mentre Dio ferma Abramo;
- di conseguenza (o meglio, in precedenza), abbiamo che Dio parla direttamente ad Abramo, sia per chiedergli il sacrificio sia per fermarlo, mentre il sacrificio di Ifigenia è richiesto (o comunque mediato, toh) da un indovino;
- poi, il sacrificio di Ifigenia avviene di fronte alla comunità, o comunque è richiesto per espiare una colpa che affligge tutta la comunità (perché un vento forte mandato da Artemide impedisce alle navi achee di salpare per Troia), mentre quello di Isacco è ambientato in un rapporto intimo e personale tra Abramo e Dio, tanto che Abramo non parla a nessuno di quello che sta andando a fare, nemmeno con Isacco;
- infine, l'ultima grande differenza è il motivo che sta dietro alla richiesta: punizione della hybris del padre per Ifigenia, test della fede per il padre di Isacco.


Quindi boh, mi pare che i due miti illustrino bene le due diverse concezioni che i greci e gli ebrei avevano dell'uomo, della divinità e dell'uomo davanti alla divinità.

Nel mito greco tutto prende piede dalla hybris di Agamennone che offende Artemide: una colpa da espiare, che però non colpisce solo il singolo ma l'intera comunità di cui Agamennone è parte. La dea però non parla direttamente al colpevole, come se fosse diventata improvvisamente lontana da lui, tanto che per riconciliarsela c'è bisogno di un doppio mediatore: l'indovino che capisca cosa c'è che non va e, inoltre, il sacrificio, il sangue della figlia che plachi la dea.

In quello biblico invece tutto ciò che avviene è posto all'interno di un rapporto intimo fra Dio e l'uomo. Dio vuole testare la fede di Abramo e quindi gli chiede espressamente e direttamente il sacrificio del figlio. Abramo obbedisce, è lì lì per sacrificare il figlio quando l'angelo del Signore (che in realtà, sospetto, non è diverso dal Signore stesso) lo ferma, comunicandogli il buon risultato del test 30 e lode e ariete da sacrificare al posto del figlio.


Insomma, per i greci l'uomo è sempre parte della comunità e tutto ciò che l'individuo è o fa ha un riflesso diretto sulla comunità. Il dio greco è incredibilmente vicino (perché basta una boutade per farlo incazzare terribilmente) ma anche incredibilmente lontano e, comunque, raggiungibile solo tramite mediatori. Inoltre, il dio greco è manipolabile, perché alla fine il sacrificio di Ifigenia serve effettivamente a placare Artemide che, una volta placata, sta assolutamente a posto: un po' come una fidanzata da fumetti che si incazza perché non hai notato la sua nuova acconciatura e si placa quando per farti perdonare la porti fuori a cena.

Il Dio ebraico invece è, direi, direttamente inconcepibile. Cioè, l'incazzatura di Artemide pare esagerata ma è comunque comprensibile: Agamennone ha fatto un torto ad Artemide che si incazza e chiede un qualcosa per ripagare quel torto. Comprensibile. Dio invece non è incazzato, anzi: vuole semplicemente testare Abramo, e lo fa chiedendogli la cosa più da WTF che si potrebbe chiedere a un padre, ovvero l'uccisione diretta del figlio: una richiesta assurda, fuori da ogni logica umana. Eppure, alla fine Dio ferma comunque Abramo, mostrando che l'importante non era tanto il sangue del figlio quanto il solo gesto di obbedienza cieca del padre. Abramo non manipola Dio ma, anzi, potrebbe sembrare quasi il contrario.


Quindi boh, non so se si possa parlare di "progresso nelle religioni" da una concezione più arcaica ad una più moderna (N6 aiutami tu), ma se si potesse fare direi che la religione ebraica sta qualche passo avanti a quella greca. Al di là del rapporto personale tra uomo e Dio direi che nella concezione biblica quello che manca è anche l'elemento magico, il cercare di piegare il soprannaturale al proprio volere. Anzi, mi pare proprio che sia Dio nella Bibbia a piegare l'uomo al proprio volere o, comunque, ad accompagnare l'uomo verso il cammino che ha preparato per lui.


Scusate, erano giusto 2 cent(s?) di riflessione che mi piaceva mettere giù