Abbiamo anche un secondo partecipante!
Brano di AnonimoS1.A02
Scoprire che, ancora una volta, il ruolo per cui mi sentivo così tagliato mi era stato negato, fu una doccia fredda. Non sapevo però decidere cosa mi avesse ferito di più: se l’essere stato scartato una seconda volta oppure la scelta di preferire Riccardo al posto che era stato di Edoardo (e prima di tuto mio).
Perché anche Riccardo non era molto ferrato nella scrittura: le sue mail, che continuai a leggere mentre cuocevo al fuoco lento dell’invidia, erano meno infarcite di strafalcioni e meno arzigogolate; eppure l’Utente che c’era in me, durante la lettura della corrispondenza di rimando, urlava per l’oltraggio alla lingua italiana e le risposte ridondanti, contorte, infarcite del lessico specifico del dipendente pubblico e, quindi, puntualmente vaghe, vuote, inconcludenti, quasi sempre completamente inutili.
Le lettere di Edoardo, pur con il loro linguaggio scritto fatto di spazi doppi, punteggiatura e consecutio temporum schizofrenici, assemblate come la lettera di riscatto spedita da una banda di sequestratori - collage di precedenti comunicazioni, articoli di giornale elettronico, tabelle male incollate, testo formattato come nella fonte, italico, grassetto, sottolineato, fedele all’originale, ma montato in un incoerente unicum - avevano avuto come scopo quello di spiegare l’ineffabile e mistico segreto della Pubblica Amministrazione, con il solo e perdonabile difetto di essere spesso indecifrabili. Le risposte di Riccardo erano di un’altra pasta, come se provenissero da un’altra dimensione, un continuum spaziotemporale in cui ogni cosa non risponde alle leggi fisiche e al buon senso, ma alle severe norme di legge, così come modificate dai Decreti Legislativi, ed illustrate dai Decreti Attuativi, integrate dalle Circolari, dalle Direttive, dalle Note e Ordinanze, interpretate poi dai tribunali, eccepite nelle aule di giustizia, interpretate nuovamente dalla Consulta e definitivamente chiarite dalla Cassazione, ma solo in certe, limitate e particolari istanze, riprese e così modificate da Decreti Legge - a volte approvati, altre modificati, ogni tanto decaduti - e poi nuovamente reinterpretate, rilette, considerate non costituzionali e quindi, infine, abrogate.
Si dice che il tempo curi ogni ferita e lenisca ogni dolore.
Nel mio caso il tempo fece spegnere lentamente l’invidia e portò un po’ sollievo al mio animo. E, lentamente, iniziai a cogliere qualche cosa di interessante - a suo modo persino nobile - nelle risposte che continuava ad elargire agli Utenti, con attenzione, metodo, e statale posata lentezza. Svanita la rabbia, decantato il rancore, messo da parte l’orgoglio, iniziai ad ammirare la perfezione del mondo che si intravedeva nelle parole di Riccardo: un mondo in cui ogni cosa è come scolpita nel marmo e, allo stesso tempo, mutevole e cangiante, inflessibilmente rigorosa, ma – all’occorrenza – rettificabile e rimodulabile; un mondo in cui le costanti, come quelle fisiche, non sono realmente fisse, granitiche, ma cambiano col tempo, mutano e si degradano; un cosmo di regole inafferrabili, ma concatenate e coerenti, nelle quali è inutile cercare contraddizioni, poiché previste dalle eccezioni, smussate dalla giurisprudenza, superate dalla prassi, armonizzate dall’italico costume che, a fronte di rigide e severe norme, accosta la comprensiva e pietosa tendenza a non sanzionare la distrazione, ignorare il vizio, soprassedere la scadenza, perdonare l’errore materiale, riammettere gli esclusi, riaprire le graduatorie e condonare la mancanza.
Col tempo e la serenità sopraggiunta, mi resi conto che, in questo mondo - il mondo di Riccardo, degli Statali e della Pubblica Amministrazione - l’eccezione è norma e la norma è, ai fatti, spesso eccezione; ogni cosa è, non è o è solo in parte, allo stesso tempo, dipendentemente dalle circostanze.
Allora smisi di leggere le risposte degli Utenti a Riccardo e, finalmente, trovai pace.