[Libri][Contest] Esci lo scritto

Eh, sì :asd:

EDIT: cioè in realtà meno, le canzoni le puoi quasi assimilare alla poesia, quindi immagino che anche valutarle senza il cantato sia fattibile.

Per i fumetti è già più difficile, per carità ci sono scritti che meritano anche senza le immagini, ma è appunto come valutare un film senza tenere conto di fotografia, regia, recitazione etc

Ragazzi abbiamo un primo partecipante!

Brano di AnonimoS1.A01

Venghino altri candidati. Si accettano testi fino alle 21 del 25 aprile. Poi si vota.

Abbiamo anche un secondo partecipante!

Brano di AnonimoS1.A02

Scoprire che, ancora una volta, il ruolo per cui mi sentivo così tagliato mi era stato negato, fu una doccia fredda. Non sapevo però decidere cosa mi avesse ferito di più: se l’essere stato scartato una seconda volta oppure la scelta di preferire Riccardo al posto che era stato di Edoardo (e prima di tuto mio).
Perché anche Riccardo non era molto ferrato nella scrittura: le sue mail, che continuai a leggere mentre cuocevo al fuoco lento dell’invidia, erano meno infarcite di strafalcioni e meno arzigogolate; eppure l’Utente che c’era in me, durante la lettura della corrispondenza di rimando, urlava per l’oltraggio alla lingua italiana e le risposte ridondanti, contorte, infarcite del lessico specifico del dipendente pubblico e, quindi, puntualmente vaghe, vuote, inconcludenti, quasi sempre completamente inutili.
Le lettere di Edoardo, pur con il loro linguaggio scritto fatto di spazi doppi, punteggiatura e consecutio temporum schizofrenici, assemblate come la lettera di riscatto spedita da una banda di sequestratori - collage di precedenti comunicazioni, articoli di giornale elettronico, tabelle male incollate, testo formattato come nella fonte, italico, grassetto, sottolineato, fedele all’originale, ma montato in un incoerente unicum - avevano avuto come scopo quello di spiegare l’ineffabile e mistico segreto della Pubblica Amministrazione, con il solo e perdonabile difetto di essere spesso indecifrabili. Le risposte di Riccardo erano di un’altra pasta, come se provenissero da un’altra dimensione, un continuum spaziotemporale in cui ogni cosa non risponde alle leggi fisiche e al buon senso, ma alle severe norme di legge, così come modificate dai Decreti Legislativi, ed illustrate dai Decreti Attuativi, integrate dalle Circolari, dalle Direttive, dalle Note e Ordinanze, interpretate poi dai tribunali, eccepite nelle aule di giustizia, interpretate nuovamente dalla Consulta e definitivamente chiarite dalla Cassazione, ma solo in certe, limitate e particolari istanze, riprese e così modificate da Decreti Legge - a volte approvati, altre modificati, ogni tanto decaduti - e poi nuovamente reinterpretate, rilette, considerate non costituzionali e quindi, infine, abrogate.
Si dice che il tempo curi ogni ferita e lenisca ogni dolore.
Nel mio caso il tempo fece spegnere lentamente l’invidia e portò un po’ sollievo al mio animo. E, lentamente, iniziai a cogliere qualche cosa di interessante - a suo modo persino nobile - nelle risposte che continuava ad elargire agli Utenti, con attenzione, metodo, e statale posata lentezza. Svanita la rabbia, decantato il rancore, messo da parte l’orgoglio, iniziai ad ammirare la perfezione del mondo che si intravedeva nelle parole di Riccardo: un mondo in cui ogni cosa è come scolpita nel marmo e, allo stesso tempo, mutevole e cangiante, inflessibilmente rigorosa, ma – all’occorrenza – rettificabile e rimodulabile; un mondo in cui le costanti, come quelle fisiche, non sono realmente fisse, granitiche, ma cambiano col tempo, mutano e si degradano; un cosmo di regole inafferrabili, ma concatenate e coerenti, nelle quali è inutile cercare contraddizioni, poiché previste dalle eccezioni, smussate dalla giurisprudenza, superate dalla prassi, armonizzate dall’italico costume che, a fronte di rigide e severe norme, accosta la comprensiva e pietosa tendenza a non sanzionare la distrazione, ignorare il vizio, soprassedere la scadenza, perdonare l’errore materiale, riammettere gli esclusi, riaprire le graduatorie e condonare la mancanza.
Col tempo e la serenità sopraggiunta, mi resi conto che, in questo mondo - il mondo di Riccardo, degli Statali e della Pubblica Amministrazione - l’eccezione è norma e la norma è, ai fatti, spesso eccezione; ogni cosa è, non è o è solo in parte, allo stesso tempo, dipendentemente dalle circostanze.
Allora smisi di leggere le risposte degli Utenti a Riccardo e, finalmente, trovai pace.

sarebbe da fare una cosa tipo About write.tildeverse.org — write.tildeverse.org

Vediamo come va la Season 1 :asd: Se c’è interesse poi facciamo le cose meno spartane.
Ancora 11 giorni alla chiusura delle iscrizioni

Ma tipo nessuno sta commentando perché avete tutti paura di esporvi che poi qualcuno pensa che siete stati voi a scriverli oppure mi sono perso qualcosa? :look:

A me sono piaciuti entrambi, il primo è scorrevole e divertente e ne leggerei volentieri ancora :asd:

Il secondo è più denso ma non in senso negativo, ci sta perfettamente per quello che voleva trasmettere*, direi che mi ha ricordato un po’ Calvino ma poi ho paura che arrivi un suck a tagliarmi le mani quindi non lo dico.

* quello che voleva trasmettere è palesemente il rosic di qualcuno che non è stato scelto come moderatore di NGI :unsisi:

Abbiamo un terzo partecipante.

Salutiamo tutti AnonimoS1.A03

piccola premessa al testo

Parte di un racconto mai pubblicato, ho tagliato la fine per cercare di stare in linea con quanto mandato dagli altri. Posso “rivelare” la fine e il contesto del racconto (che comunque secondo me sono le parti peggiori…) nel caso susciti interesse.

Il testo da valutare

Bologna regalava ad Aziz una giornata di Aprile particolarmente afosa, ma lui stava sudando freddo. Esattamente da tre passi, quelli che aveva fatto dentro la libreria. Come solito, era arrivato da via Zamboni, aveva dribblato studenti di ogni età paese colore religione fino alle torri, poi aveva proseguito esternamente e infine girato a destra in via degli Orefici, una via un po’ diversa, protetta, dalle macchine e dai bus di via Rizzoli e dai turisti di San Petronio. Gli studenti rimanevano, seduti agli angoli delle traverse, ma comparivano anche signori e signore in camicia. Nei 22 anni in cui aveva vissuto a Bologna, Aziz aveva imparato a riconoscerne l’inconfondibile odore: quello del sudore. Lo aveva sentito anche oggi per le strade, e lo sentiva ora sul suo collo.
La libreria “Ambasciatori” era anche bar, ristorante e spaccio di cibi e bevande di “lusso parziale” che Aziz non aveva mai comprato. In realtà non aveva mai comprato neanche un libro, in vita sua, e comunque visitava quel posto regolarmente. Ci veniva per ritirare la marijuana che Giulio detto “il Bònaz” lasciava nascosta, ogni volta, tra le pagine di un libro pre-definito della sezione “Poesia”. Giulio era un tardo 30enne di pura razza bolognese, un tipo da polo e vespa d’annata che lavorando freelance a spot pubblicitari di tanto in tanto e coltivando bellissime piante di ganja nella soffitta del trilocale zona centro formalmente di proprietà dei genitori accumulava entrate di tutto rispetto. Sovvertendo uno dei cementati archetipi della penisola, che vorrebbe gli immigrati tunisini essere “rivenditori” di fiducia di stupefacenti vari ad italiani giovani e non, Aziz era invece uno dei vari clienti del Bònaz, e più ci rifletteva più la cosa gli sembrava comica, e gli faceva scuotere irrazionalmente la testa durante ogni singola perquisizione in via delle Moline, proprio lì, al margine del marciapiede, mentre teneva le braccia distese a crocefisso, poco prima che il secondo uomo in divisa lo apostrofasse, sempre, delicatamente, con un “aò Mustafà che cazzo ti scuoti?”. Va detto però che il sistema del Bònaz era ben congegnato: egli mandava semplicemente un sms con una qualsiasi frase contenente il titolo di un libro e il suo autore, e da quel momento Aziz poteva “ritirare”. Perfetto per Aziz che caricava e scaricava per un corriere e non poteva rischiare nulla. Dopotutto, “nessuno legge più poesia”, il Bònaz ripeteva nei suoi (frequenti) attimi di altisonanza, cosa che finora ad Aziz era sembrata piuttosto vera.
Detto questo, ogni volta un po’ sudava freddo. La libreria era un luogo tutto sommato silenzioso, la luce non era mai abbondante, piuttosto intermittente, di distribuzione iniqua, fine sotto-prodotto di un meticoloso interior-designer a cui sarà stato chiesto di mettere in risalto nella parte centrale il tavolo dei best-seller, poi sulla destra lo scaffale dei libri di musica, e così già dalla sua posizione di poco all’interno Aziz si vedeva circondato da mosaici simil-medioevali generati pseudo-casualmente da copertine di libri di ogni forma e colore immaginabile, incorniciati dallo stucco delle pareti rosso tappeto chiesa. Aziz lo sapeva: la libreria era un tempio, e lui un miscredente. Era forse questa consapevolezza la ragione del sudore? Per calmarsi, contava i passi necessari per arrivare all’angolo poesia: sempre otto. Arrivato, ripassò mentalmente la frase del messaggio: “Comunque, dovresti leggerti Foglie d’erba di Walt Whitman. La poesia moderna americana passa tutta da lui”. Foglie d’erba, questa volta il Bònaz si era voluto divertire. Ultimo respiro profondo e avrebbe iniziato la ricerca.
Una leggera inclinazione del capo verso destra fece apparire: Unaegbu Ungaretti Uyematsu, Verlaine Vezzali Virgilio, Wolf Woodcock Wright Yeats Zanzotto Zephaniah – questo non era un musicista reggae? Aspetta, già alla zeta? Rapido ripasso mentale dell’alfabeto e certezza: nessun Whitman, né in bella vista, né sotto quelli in superficie. Forse quella non era una giornata di Aprile qualunque.
Il suo primo impulso fu di scappare, di levarsi. Si girò quasi di scatto, mentre già un altro pensiero prendeva forma, meno primordiale, più profondo: e se fosse tutto architettato, un disegno più grande di lui? Orchestrato dalla polizia chiamata da un commesso precario bacchettone ciellino - o forse dal Bònaz stesso, forse era a corto di roba e doveva liberarsi di qualche cliente e ovviamente di chi se non del “tunno” del cazzo? Pensò che forse lo stavano guardando nascosti da sopra le scale, aspettando di vedere lui o qualcun altro scappare via dalla sezione poesia, un chiaro segno di colpevolezza, di…
I pensieri che sfrecciavano tra le sinapsi autostradali del suo cervello cominciarono pian piano a rallentare, così che Aziz potesse scrutarli per bene e dargli un nome: Paranoia, tipica di chi consuma marijuana, o di chi non la consuma da un po’. Non era in un film, o in un libro, quello era un colpo di sfortuna totalmente innocuo, nessuno avrebbe potuto risalire a lui in ogni caso. Capì che doveva solo stare sereno, e andare, con calma, di sopra, al bar, sedersi, ordinare la bibita meno costosa disponibile, calmarsi ulteriormente, e guardarsi intorno, per dimostrare al suo stesso cervello che non c’era nulla di inusuale, nulla da temere, e poi pagare, uscire da sinistra, camminare lentamente verso casa e una volta arrivato, come premio, farsi una sega. Così fece.

Questo è il migliore

Disclaimer: ho letto solo “Bologna”

8 giorni ancora per candidare le vostre amate opere!

Ancora due giorni!

Questa sera si chiude e si vota fino a fine mese. Ultime ore per candidare (anonimamente) le vostre robacce :smiley:

Le iscrizioni si chiudono a mezzanotte del 30 aprile. Un solo voto per utente, voto segreto fino alla chiusura.

Il miglior testo del mese di Aprile 2024
  • AnonimoS1.A01
  • AnonimoS1.A02
  • AnonimoS1.A03
0 voters

Miii.che entusiasmo

1 Like

Ok domani sera potete lockare e trashare :stuck_out_tongue:
Esperimento fallito

Ci sono mediamente 30 utenti attivi.

Troppo pochini per avere partecipazione su un hobby relativamente di nicchia.