[Leave politix autta mah entertainment] Ma Spotify fa bene agli artisti?

Ogni volta che vedo sfera ebbasta penso che sarebbe un OTTIMO lavapiatti.

Lascio qui questa bella intervista fatta dal solito Farabegoli a Emiliano Colasanti della 42 Records (etichetta indipendente di Colapesce e DiMartino, Cosmo, I Cani, Emidio Clementi, insomma, non l’ultimo degli stronzi)

Copincollo alcuni passaggi che sembrano cadere a fagiolo con il thread, giusto per evitare di parlare a vanvera come spesso succede, o per capire che c’è chi intende la musica in maniera diversa dalle logiche commerciali della hit da classifica:

Quindi viene da chiedere: la soluzione tutto-streaming è praticabile per un’etichetta come 42? Al di là delle voci di disastro che si moltiplicano, come sta andando nel mercato musicale in maggiore crescita?

Per me non è praticabile. Lo streaming è remunerativo solo per le corporation. Non per gli artisti e non per le label indipendenti. E in più risponde a logiche che di certo non aiutano lo sviluppo dell’underground. Che poi gli algoritmi, se si è curiosi, sono anche un grande strumento per scoprire musica nuova, ma dipende molto da come l’ascoltatore utilizza una certa piattaforma. Come ti dicevo prima, credo che ci debba essere spazio per tutto: per le piattaforme e per il supporto fisico.

Una cosa che mi sono sempre chiesto: visto che è abbastanza evidente che lo streaming la farà sempre più da padrone, e che gli artisti si lamentano molto spesso degli scarsi compensi, c’è una ragione per cui quasi nessun artista o etichetta decide di togliere il suo catalogo dalle piattaforme?

E perché dovrebbero farlo? Grazie alla piattaforme c’è molta più musica in giro e c’è molta possibilità che la gente se l’ascolti. Il punto è pensare allo streaming come a qualcosa in più rispetto al download illegale che ha dominato per i tre lustri precedenti. Quindi non una cosa che va a togliere, ma una cosa che aggiunge. L’industria discografica è stata messa peggio di adesso, e questo è oggettivo. Poi io la vedo un po’ come Dave Grohl, che ha trasferito allo streaming lo stesso senso che la comunità punk hc degli anni '80 dava alla pirateria: le cassettine tramandate di persona in persona non erano un danno ma un incentivo che permetteva agli artisti di farsi un nome e andare a suonare lontano da casa. Se ci pensi per me è lo stesso anche adesso: grazia allo streaming arrivo a chiunque e magari suono di più in giro.

Per realtà come la mia non credo neanche che “vendere” sia il fine principale di quando si decide di investire su un artista al posto di un altro. Le etichette indipendenti hanno - per me - prima di tutto un ruolo culturale che prescinde da quanto si vende e che soprattutto si basa sul fatto che non ogni disco che pubblichi deve per forza vendere tante copie ma magari solo quelle giuste per andare avanti.

Per dire, a me il secondo quote non torna del tutto, soprattutto il paragone con le cassette copiate a manazza, perché è un paragone che toglie dall’equazione un pezzo fondamentale: che con le cassette non ci guadagnava nessuno, con lo streaming ci guadagna qualcuno, altroché

A loro, giustamente, rode il culo perchè a fronte di una visibilità diffusa non fa riscontro un guadagno adeguato.

Solo quelli con cui ho a che fare, Garrone mi piace perché non lo conosco.

Ma hai a che fare con nomi “grossi” o gli artisti della domenica :asd: ?

la risposta mi sembra chiara: non lo sanno nemmeno loro che pesci prendere :asd: Perché si trovano schiacciati da una parte dalle corp e dalle piattaforme che stanno dettando un modello di business dall’altra gli artisti(non i mega top che quelli abbiamo detto non gliene frega una mazza) che quel modello non lo vogliono. La verità è che oggi nessun artista fa un passo perché … non sa cosa fare. Togliere i brani dal catalogo delle piattaforme se lo fai solo tu, e non sei Taylor, non serve a un cazzo… qui o tutti assieme fanno qualcosa o non cambierà granché.

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la Ngi records ha giusto un duo che vuole lanciare sul mercato :asd:

spotify ha 11 milioni di content creator la vedo dura organizzarsi :asd:

Ah, come in qualsiasi altro ambito lavorativo quindi :asd:

Vabeh ma si sta parland osolo di cantautori… quelli che pubblicano le fartate mentre leggono il giornale non starei tanto a considerarli.

così scioperano i cantautori, tutti continuano a usare spotify e i cani delle fartate accaparrano tutti i numeri :asd:

surprised pikachu esatto :asd:

Beh potrebbe essere uno scenario plausibile :asd:

Ye esatto :asd: ed è il motivo per cui chi pontifica a destra e a manca dovrebbe stare invece un po’ più cacato

Questa è una roba importante, se non c’è terreno fertile per l’underground non c’è praticamnte più evoluzione nell’arte ma solo derivazione. Al ceo di spotify conviene più il flood di contenuti, chissà magari tra qualche tempo inaugura le playlisti “mood” fatte dall’ia come se fosse l’innovazione del secolo coi tech bros che fanno la ola evviva il progresso etc

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Non credo l’esito sia scontato. Dietro le frasi da schiavista del CEO pelato di Spotify ci sta il reale, cioè che ha bisogno che la piattaforma cresca anche in termini di contenuti proposti (Netflix e le altre piattaforme hanno “stressato” diciamo il cinema nella stessa maniera). Per inciso, per me non è un caso che i tech bros che sono anche intervenuti in questo thread come mantra ripetevano la stessa preghiera.

Se ci fosse una organizzazione ed una azione sindacale, dovrebbe puntare anche su questo, cioè sul mettere freno all’upload di contenuti. Se restano ad uploadare pochi big non basta.

si in realtà ci sarebbe anche una finestra buona di azione visto il casino successo ad hollywood. Il mondo della musica però boh non parte manco dall’LSC ma dall’anarcocapitalismo di bioshock quindi ci vorrebbe 3x impegno

però c’è una differenza fondamentale con gli attori / sceneggiatori etc - una cerchia “ristretta” di essi o comunque una fetta che non deve necessariamente essere nemmeno maggioritaria riesce a bloccare il mercato e quindi hanno potere vero per negoziare come fanno.

Per i musicisti puoi auto produrti, puoi produrre con 2 persone, 3 persone, piccolo studio, grande studio, medio studio, in tutto il mondo. Uno sciopero che coinvolge un 10, 20, 30, ma anche 40% degli artisti potrebbe solo essere una rimozione di competizione per la % rimanente.

Ovviamente è uno degli esiti non necessariamente quello reale, però è da tenere a mente, oltre appunto la difficoltà di coordinare così tante persone che agiscono in maniera totalmente indipendente ed isolata a livello geografico, logistico eccetera.

this, lo sanno anche loro che spotify non ha sostituito i dischi per chi comprava la musica, ma ha sostituito l’illegalità (ovvero introiti zero)

Uuuuu non vedo l’ora che esca

https://x.com/bennjordan/status/1721220717981639048?s=46&t=1TAQbkToBnLmX0dPC3_Jeg