[Jim Carrey] Ritratto di Mussolini

ma






per l'f5 di frag


Ma come come hai fatto a notarla, mi si è incriccato il cervello quando ho aperto la home, è fastidiosissimo




la tocca pianissimo


mi preoccupo della tua salute
Pesantissimo Jim


no e' che io li sopra non ci guardo mai, clicco sempre su userCP a sinistra sotto il logo, che non guardo


beh insomma, pesante non direi, giusto diciamo



qualcuno dovrebbe fare una gif per la mussolini con la spiegazione di come flippare le immagini con paint a sto punto
o con boh, un software che potrebbe essere in grado di usare una persona priva di sinapsi


Magna tranquillo



Su Tapatalk è fastidiosissimo leggere tutti questi /BENITO


Inviato dal mio iPhone utilizzando Tapatalk
Carrey, senza peli sulla lingua ha continuato: “Può sempre capovolgere il cartone animato. E sembra che suo nonno stia saltando di gioia. C’è la sua soluzione proprio lì. Basta capovolgerlo. Non ti crucciare.”



-BRUTAL-



E ancora sicchè vi date il cambio
Questo post alimenta il dubbio che il tuo problema non sia la difficoltà di comprensione, ma un altro: non sai leggere? o si tratta ancora una volta di quello spesso irrisolto tra l'essere stupido o in malafede?
boh
anyway ti consiglio di andarci piano col 'benny'. secondo l'altro tuo amichetto se lo si chiama per nome è familiarità (o come dice lui che deve fare il figo con il monocolo: 'first name basis'), ma allora con quella logica se usi un nomignolo cos'è?... intimità? visti i fatti storici, non può che essere in una dimensione onirica... lo sogni?! chi sta sotto e chi sopra? o magari ti piace farlo

sottosopra
?
related:

https://www.scmp.com/news/world/middle-east/article/3003637/israel-finds-worlds-longest-salt-cave-under-mount-sodom-near

Giuseppe Genna: Ma quale sovranismo: cominciamo a chiamarlo nazismo

http://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2019/03/27/news/dietro-il-sovranismo-la-banalita-del-male-1.333125?ref=RHRR-BE


Ma la roba dietro paywall o la copiaincollate o non postatela nemmeno


A me l'ha caricata, boh. Non la copincollo perché potrebbe essere da ban


Ma quale sovranismo: cominciamo a chiamarlo nazismo
Da Breivik a Tarrant, lo stragista di Christchurch: i killer fanatici della supremazia bianca
hanno alle spalle lo stesso brodo di coltura
Quest’anno un uomo voleva uccidere la
deputata democratica Alexandria OcasioCortez, stella del firmamento di sinistra negli
States. Poi voleva uccidere Nancy Pelosi,
speaker democratica alla Camera. L’uomo non
intendeva fermarsi a questi due nomi,
progettava di assassinare altre ventuno
persone, tra politici, giornalisti e attivisti
storici, come Angela Davis. Le ripugnanti
speranze e la credibile cospirazione di questo
signore sono state stroncate, sebbene non sul
nascere.
Il 15 febbraio, a Silver Spring nel Maryland, le
autorità hanno arrestato Christopher Paul
Hasson. È un nome quasi ignoto ai lettori italiani. Ed è nodale, perché incarna al contempo una mitografia
personale e un abisso collettivo, ciò che poteva essere e molte volte è stato. Un uomo che indossava una divisa
delle forze dell’ordine, in particolare quella della guardia costiera, e ovviamente è un sovranista bianco.
Nell’abitazione di Hasson è stato rinvenuto un arsenale: armi da fuoco e migliaia di munizioni, tutte acquisibili
per legge. Non basta. L’uomo disponeva di abnormi quantità di ormoni e steroidi, un delirio molecolare
maschile per «incrementare la capacità di condurre attacchi», secondo l’istruzione di un prestigioso
predecessore, il terrorista norvegese Anders Behring Breivik, autore degli attentati di Oslo e Utøya nel 2011.
L’ispirazione fornita da Breivik è e sarà cruciale, non solo per Hasson. Lo è stata anche per Brenton Tarrant,
l’assaltatore delle moschee a Christchurch. «Una vendetta contro gli invasori»: ha definito così il massacro
questo che sarebbe un ragazzo e invece è già un uomo di mezza età, con la stempiatura e il mito steroideo della
palestra, esattamente come Breivik. In un documento di 74 pagine, intitolato “La Grande Sostituzione”,
postato in Rete poco prima di intraprendere l’orrore, Tarrant cita più volte proprio Breivik, che da par suo
pubblicò sul Web, prima di compiere le stragi, un manifesto più corposo (1.800 pagine dal titolo “Una
dichiarazione europea di indipendenza”) e che si direbbe altrettanto farneticante, se non fosse che quella
farneticazione costituisce una visione del mondo e corrobora l’identità, anche psichica, di soggetti che
realizzano il massacro come esito di un processo ideologico, di una cortocircuitazione che non è più soltanto
individuale.
In un importante intervento Donatella Di Cesare profilava alla perfezione il brodo di coltura in cui germinano
queste spore: ed è di fatto un brodo di cultura. L’ambizione primaria di questi killer suprematisti, bianchi e più
o meno benestanti, si esprime anzitutto con un’analisi culturale, con una suppurazione in cui storia sociologia
e filosofia collaborano a definire una teoria del mondo. Se i sovranismi estremi, come si nota assai bene nel
contesto italiano, parlano ai visceri delle masse, e quindi abbattono la capacità di giudizio e l’opzione culturale,
è pure vero che derivano da un pantheon di teorici e analisti miscelati furibondamente, Gramsci insieme a
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5/4/2019 Ma quale sovranismo: cominciamo a chiamarlo nazismo - l'Espresso
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27 marzo 2019© RIPRODUZIONE RISERVATA
Spengler, Marcuse con Heidegger, Mao Tse Tung fuso con Evola.
È anzitutto in Italia che questo processo di appropriazione del nemico teorico è stato ferocemente realizzato.
Bisogna tornare alla premessa storica degli Anni di Piombo nazionali - valga per tutti i possibili esempi il
nazimaoismo con cui Franco Freda intendeva muovere l’assalto allo Stato. È questo il parnaso del
rossobrunismo, ovvero l’ideologia sempre identica a se stessa e sempre rinnovata nella sua rapacità strabica,
che oggi si propone come dottrina di quello stesso Stato che era da abbattere e ora è trasmutato, conquistato o
condizionato a partire dall’élite. Questi partigiani avversi alle élite si muovono da élite: sono élite. Per cogliere
l’enormità dei cattivi maestri ora al potere è sufficiente osservare i due principali esponenti di questo
cialtronismo intellettuale, dipinti come maître à penser, cioè Steve Bannon e Alexandr Dugin, l’ex stratega di
Trump e l’attuale filosofo di Putin - esprimono una povertà teorica che sarebbe grottesca, se non fosse tragica,
e che persiste nel presentarsi come contraddittoria, confusiva e appunto rapace.
In quel bugliolo c’è di tutto, o meglio, c’è il peggio di tutto: la sottomissione della femmina al maschio, la messa
al bando degli omosessuali e delle altre soggettualità di genere come stravaganti criminali genitali, un’idea di
famiglia quale Ken e Barbie in costume Gestapo, la finzione della democrazia diretta come scardinamento della
democrazia tout court, la superiorità del maschio bianco occidentale che va in giro vestito con pantaloncini e
gambe prive di peli e calzini corti e sandali, il fascino dell’uomo solo al comando pur con la pancetta, un ibrido
tra Longobardia e Texas profondo che disgusta non dico gli illuministi, ma qualunque persona di buon senso.
È proprio il buon senso a venire capovolto in rabbioso sentiment collettivo, in Rete e fuori, perché l’autentica
Grande Sostituzione è quella a cui viene sottoposta la compassione, rimpiazzata con il terrore che genera
aggressività preventiva. È una mutazione dell’umano, che ha le sue batterie ideologiche e viene perseguita
implacabilmente dai Richelieu moscoviti e della Virginia.
Questo assalto estremo all’umano è una vittoria postuma di un male che, pur conosciuto nella sua irripetibilità,
tenta di ripetersi. Un male assoluto, che si autorappresenta come assolutorio. Questo male ribadisce che ci
sono sempre ottime ragioni per essere perpetrato, in vista di scopi superiori, di un bene supremo. Di fronte alla
forma angosciante che nel nostro presente assume quel preciso tipo di male, per esempio disegnando il ghigno
parallelo degli stragisti Breivik e Tarrant nelle aule di tribunale che sembrano la medesima corte, è necessario
capire che ci troviamo sempre di fronte allo stesso male storico e assoluto.
Lo svuotamento della mimica facciale è il segno distintivo di tutti i figli putativi di un ben noto orrore. Nelle
foto segnaletiche irradiava un immane sguardo assente il capostipite degli stragisti contemporanei, Timothy
McVeigh, autore nel 1995 dell’attentato a Oklahoma City, 168 morti e più di 680 feriti. Lo stesso sguardo
defunto in vita emana Breivik al momento dell’arresto: catturato, viene tenuto in una stanza di un cottage,
dove lo fotografano: appare eviscerato, tradotto in un’astrazione, privo di connessione con chiunque, con sé,
con il mondo – e non per via dell’adrenalina. Scrutiamo lo sguardo di Tarrant nell’abitacolo della sua auto: un
prognatismo stolido, gli occhi come buchi neri, la luce umana spenta.
Di stragismo in stragismo si ripete, come una litania della realtà, questa cerimonia con cui facciamo la
conoscenza dello stesso sguardo, una sorta di entità ultracorporea con cui i massacratori suprematisti bucano
la coscienza e l’immaginario collettivi. Donatella Di Cesare proponeva nel suo intervento una contronarrazione
che spazzi via quella sovranista. Ma è davvero una narrazione, il sovranismo? Proprio quello sguardo,
patologicamente privo di presenza ed empatia, che insiste nella storia dell’Occidente contemporaneo, sembra
sottrarsi a qualunque racconto, a qualunque romanzo. E a ogni interpretazione che rischi di produrre una
giustificazione.
Per esempio, l’analisi psicologica: i genitori di Timothy McVeigh separati, divorziati quelli di Breivik,
confessori morbosi quelli di Tarrant - l’idea che un trauma infantile spieghi quella precisa forma di male. Così
pure non ha senso evocare la sociopatia o le conseguenze di un capitalismo marcescente. Pullulano definizioni
e viene espunto l’elemento che è tanto difficile da dirsi. A una contronarrazione che si opponga a questo orrore,
si può forse affiancare una proposta: smettere di parlare di suprematismo o di rossobrunismo. Sono tutti
sinonimi digeribili di qualcosa di più radicale e pronunciabile. Poiché una delle strategie di queste élite
dell’infestazione è mutare senso alle parole, sarebbe forse il momento di dare alla cosa il proprio nome. Quel
nome è Hitler