Sbaglierò ma la butto li, forse è dovuto al fatto che sei (in realtà lo siamo quasi tutti) più abituato ad ascoltare jazz per trio e quartetti interamente incentrato nell’improvvisazione mentre come in quell’album di Mingus è più da big band e quindi l’attenzione è più nella composizione che nell’improvvisazione.
Non è una differenza di poco conto perchè nell’improvvisazione è molto importante la sinergia tra i musicisti, è un dialogo tra gli interpreti e non degli assoli isolati per un paio di ripetizioni ed è un tipo di musica che vive per essere suonata live.
Il termine standard lo dobbiamo infatti al Jazz improvvisato perchè quei brani così popolari che venivano studiati vennero poi raccolti nel famoso Real Book per avere a portata di mano tutti i brani, diventati uno standard da suonare per i jazzisti, più famosi.
Art Blakey - Moanin’: quando ho sentito per la prima volta la canzone che da il titolo all’album è stato come prendere un allucinogeno, mi si è aperto un mondo. L’assolo di Lee Morgan mi fa venire i brividi tutte le volte.
Bill Evans - Waltz for Debby: per momenti nostalgici. Un album dolce e sublime.
Ella & Louis: per quando voglio sentirmi felice senza motivo.
Poi vabbè, tutti i mostri che avete nominato. Tra i contemporanei ci aggiungo Julian Lage
Certo che si. Per esempio Duke Ellington, direttore d’orchestra oltre che pianista, ha composto diversi brani che sono diventati standard (per esempio Caravan o It don’t mean a thing).
Il Real Book è stato “scritto” negli anni 70 da degli studenti del Berklee a Boston quando ormai le big band già da tempo non erano più il focus principale e l’interesse era nello studio dell’improvvisazione e quindi sentiva l’esigenza di un supporto dove trovare quei brani famosi diventati appunto uno standard da suonare.
Che l’origine di un brano fosse o meno di una big band poco importava quello che ha fatto la differenza era che veniva creato nell’era post bop dopo tutti i mostri sacri dell’improvvisazione e quindi l’utilizzo che ne veniva e viene tutt’ora fatto è per avere accesso facilmente allo spartito del brano che si vuol studiare perchè il libro non è altro che una raccolta di brani famosi e crearsi un repertorio.
Poi ogni tanto ci sono degli errori nell’accreditare gli autori di alcuni standard tipo Take Five erroneamente attribuita a Paul Desmond ma poco importa.
Maronn il Real Book, che ricordi. L’ultimo che ho avuto (prima dell’avvento di smartphone/tablet) ormai lo avevo completamente distrutto, coi fogli che volavano dappertutto e lo dovevo portare i giro legato con gli elastici
Eh ormai infatti da real è divento E-Book io infatti mi stampo il brano che mi serve e tanti saluti.
I tre volumi del Berklee invece li ho in uno stato pietoso da quanto li ho utilizzati e anche quelli infatti ho la versione pdf per rispolverarli ogni tanto perchè altrimenti se uso la copia fisica finisce che mi rimangono le pagine in mano tra un po’.
Il mio ricordo del Real Book è che quando alle serate finivamo il repertorio e i musicisti veri si annoiavano tiravano fuori ste deep cut che non avevo mai sentito prima dall’app del Real Book e tipo io abbassavo il volume a 0,1 e suonavo la chart tipo canzone da spiaggia perché chi cazzo l’aveva mai sentita In a Sentimental Mood
Come dicevo di là, grazie al riascolto dei Naked City e allo spunto di questo thread mi sono messo ad esplorare qualcosa di John Zorn
Ho ascoltato Calculus e il New Masada Quartet Vol. 2, il primo un disco in cui il piano la fa da padrone, il secondo invece dove c’è il sax che spinge. Tra i due, Calculus mi sta piacendo molto di più, ha i soliti momenti sbrocco di Zorn alternati a momenti in cui la sezione ritmica accompagna il piano che è una bellezza.
Ho deciso che quando l’avrò consumato esplorerò qualcos’altro di jazzettoso pianistico perché il piano è proprio uno strumento fantastico
Anche a me piacciono i classiconi.
parlando di roba recente i go go penguin.
Dal vivo di big ho visto Chick Corea e Gary Burton, un Miles Davis oramai vecchio e stanco, Billy Cobham