il femminismo e il monopolio della violenza di genere

Un paio di amici che hanno divorziato potrebbero raccontarti di come la violenza non sia solo fisica.

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Come dicevo prima non mi sogno minimamente di contestare il problema (con tutti i distinguo del caso); la violenza è violenza.
Il fatto è che l’avv. in questione è un re Mi(r)da al contrario: tutto quello che tocca si trasforma in merda e invacca il problema.
E’ l’attention whore dell’avvocatura italiana.

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Ferisce più la penna che la spada

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Siamo d’accordo, e di solito, sempre statisticamente, tra moglie e marito è la prima che è piu brava nel manipolare o fare uso di altri tipi di violenza

Il punto è che la nozione penalistica di violenza è legata a doppio filo alla forza fisica, e sebbene in alcuni casi si prenda in considerazione altre ipotesi come la coercizione nonviolenta o l’abuso di autorità il punto è che queste ultime sono molto più difficili da dimostrare perchè non lasciano segni esteriori immediatamente apprezzabili.

Also: il sistema penale è pensato in prevalenza per la repressione della maggioranza della popolazione delinquente, cioè quella maschile

E si torna all’inizio: perché le donne menano di meno?

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Entrambe anche se la prima è difficile da dimostrare vista la presenza in tutte le fattispecie di reato di un rilevante numero oscuro di fatti non denunciati, il che è specialmente vero per i reati contro il patrimonio che costituiscono la maggior parte di quelli commessi dalle donne.

Anche la seconda è vera ma in percentuali a singola cifra e non tali da risaltare molto all’occhio

ma questi numeri come vengono calcolati? nel senso, immagino la sequenza sia
polizia chiamata? → denuncia? → condanna?

e quindi dopo la chiamata gli uomini denunciano meno, mi par di capire. E se le donne non chiamassero proprio, come fai ad avere percentuali attendibili?

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Dai su, non fare il difficile, un po’ di elasticità mentale.

Allora i reati di cui si è preso cognizione (perche c’è stata chiamata o intervento) ma sono improcedibili perché manca la querela sono ricostruibili, il ministero fa delle statistiche annuali

Il numero oscuro sono quei reati che avvengono ma non vengono proprio denunciati, in cui rientrano altissime quote di reati contro il patrimonio e, appunto, violenza domestica

ecco quindi è proprio qua che sono confuso quando dici che gli uomini denunciano meno. nel senso che denunciano meno dopo un intervento della polizia?

Stai a trollà male zì, ritenta. :yawn:

secondo me ce l’aveva con noi fascisti in generale, non con te, camerata.

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Scusate ho visto il fasciosegnale, che succede?

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Un coacervo di pelati col fez

A me sto thread piace.

Bravo Hasky, dopo la cagata di battuta incomprensibile sulla birra ed il divieto di cani, le mie aspettative erano parecchio calate, invece se ti impegni qualcosa di buono puo’ uscire.

Tornando in topic, ho un po’ paura a partecipare, perche’ non so quanto i dati disponibili rispecchino la realta’ e quanto, quindi, si possano trarre conclusioni sensate.

:crismi:

:golfclap:

Stando ai dati che venivano riportati su uno dei tanti articoli che mi sono letto in proposito, tutti firmati da penne dichiaratamente femministe, il 90% dei casi di violenza è perpetrata da uomini. E fin lì non ho grosse difficoltà a crederci. Resta quel 10% che non si incula nessuno, fatta eccezione per sto Pisani. Che poi, come diceva @PogueMahone , sia uno stunt mediatico per appagare il proprio attentionwhoreismo può anche essere. Gli va tuttavia riconosciuto il merito di avere acceso la luce là dove non l’aveva fatto ancora nessuno. E il fatto che abbia fatto così rumore è 1) un bene per una questione di visibilità e 2) la cartina tornasole che c’è una frangia che non mi azzardo a definire di persone che non vogliono che gli uomini vittime di violenza abbiano un punto di riferimento. Il monopolio del vittimismo fa comodo, perché non essere più da soli sul palco di chi può chiagnere senza che nessuno possa dire alcunché significa condividere un potere ENORME, e come si sa chi ha potere malvolentieri lo divide con qualcun altro. Ed ecco che, IMPREVEDIBILMENTE, alcune associazioni femministe si lamentano dei “parallelismi” (non potendo ovviamente dire pubblicamente quello che invece scrivono sui social, ovvero che tutto sommato un uomo che viene ammazzato dalla moglie “bilancia” la situazione, talk about occhio-per-occhio, roba di giusto un paio di mille anni fa).

Qui una delle complessita’ sta nello stabilire anzitutto cosa sia da ritenere violenza e cosa no.

Quella fisica e’ un conto, e’ facilmente identificabile e non ho alcun dubbio che stasticamente sia perpetrata dai maschi pressoche’ sempre.

Quella psicologica boh, non saprei manco io bene come definirla e dove mettere i paletti. E tralaltro magari e’ spesso bidirezionale.

Boh, e’ davvero un argomento complesso e sfaccettato, ma dubito ne si possa parlare davvero con cognizione di causa.

Per esperienza diretta da parte di un amico, un esempio di violenza potrebbe essere quello che ha dovuto passare lui:

  1. ex moglie che tromba liberamente col nuovo compagno a casa sua (ha dovuto lasciare la casa, di sua proprietà ereditata dai nonni, a moglie e figli intanto per 10 anni)
  2. Problemi per vedere i figli grazie alle balle raccontate dalla moglie, per fortuna cosa risolta dopo un annetto e mezzo .
  3. trovarsi una topaia dove vivere dato che economicamente è stato messo a terra (la ex moglie ha un comodo part time quindi poco retribuito perchè deve mantenersi il culo sodo in palestra ogni giorno prima di andare a prendere i figli a scuola,e lui deve sganciare.)
  4. tutto questo quando è stata lei in pratica a mollarlo.
    Ovviamente questa è una semplificazione estrema della vicenda, ma rende l’idea.

Da solo, il discorso sulla definizione delle “cose” è enorme. Per fare un esempio, per quanto possa io essere abbastanza distante dalle posizioni di un Matt Walsh, la sua (retorica, provocatoria, aggiungi tu) domanda “What is a woman?” ha perfettamente senso d’esistere e anzi, affrontata senza patemi e senza bava alla bocca DOVREBBE essere il punto di partenza di certe discussioni.
Ma stiamo andando parecchio fuori dal seminato.

Hai toccato un altro tema che mi sta parecchio a cuore, ovvero quello dei “paletti”: perché per le questioni “grosse”, vedi ad esempio quella dei diritti civili, puoi cianciare di quello che vuoi ma alla fine il cambiamento passerà per una legge, e quella legge metterà appunto dei paletti.
Il problema è: come li metti? O, se preferisci, dove li metti? Facciamo un esempio stupido: l’età del consenso. Vabbè mettiamola a 18.
Quelli con 17 anni e du’ mezze figure insorgono: volemo scopà pure noi!
Eh, vabbè, abbassiamola a 17 allora!
Quelli di 16 anni: vabbè e che noi semo stronzi allora?
Esempio alla bisogna con tutte le licenze poetiche del caso, ovviamente.

Il paletto è una linea di demarcazione che, per forza di cose, segna in maniera netta una differenza. E distingue pertanto chi è di qua da chi è di là. E una delle due parti sarà sempre scontenta perché si sentirà privata di quel diritto. Ma il paletto non può essere rimosso del tutto, né spostato oltre il limite del buonsenso (che è soggettivo, e pertanto dibattibile).

Da qualche parte però bisogna pur partire, altrimenti laGGente (o meglio, i giovani, che in linea teorica dovrebbero essere “il futuro di questo (ma anche degli altri) Paese”) finisce radicalizzata, misogina e non mi pare sia quello di cui abbiamo bisogno.

Però OT enorme (bello eh, ma enorme), vedi tu se splittare.