A Napoli sono stati affissi dei manifesti contro la violenza di genere nei confronti degli uomini.
Di primo acchitto a me verrebbe da dire “ammazza, bravi” ma la reazione suscitata non è stata la medesima per tutti: Antonella Veltri, presidente di D.i.Re (Donne in Rete), ha scritto al ministro Roccella (ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità del presente governo)
quanto segue:
Come possa essere fuorviante, non capisco: Carabinieri 112, Polizia 113, centro antiviolenza sulle donne 1522, centro antiviolenza sugli uomini 1523. A me sembra invece sensato e coerente con le numerazioni già presenti. Posso capire che si tratti di un’iniziativa non coordinata dal Ministero, e che abbia canali ovviamente differenti, ma meglio averne che no, imho. Come possa poi un’iniziativa del genere “compromettere il lavoro” dell’altra, è altrettanto misterioso. Facciamocelo spiegare allora da chi ci capisce, della questione, ovvero:
Nadia Somma
Attivista presso il Centro antiviolenza Demetra
Anche fosse vero, e non ho difficoltà a crederlo, per quale motivo questo particolare tipo di violenza non dovrebbe avere una struttura di supporto? Un uomo che viene picchiato dallo zio, dal fratello, dal benzinaio, dal tabacchino, da chi cazzo te pare… avrà mica il diritto di potersi rivolgere a qualcuno?
Sì ok ma si sta parlando di uomini che subìscono violenza, non che la attuano. E’ un discorso completamente differente, sono dati inutili.
Ah ecco qual è il problema: il parallelismo!
Accettiamo che esiste anche la violenza sugli uomini, ma guai a fare parallelismi “che non esistono”.
Peccato che nessuno abbia imposto o negato niente
La morale della favola è che si mira a mantenere la differenza tra la violenza subìta da un soggetto di sesso femminile e la violenza subìta da un soggetto di sesso maschile, cosa che è chiaramente INCOSTITUZIONALE.