[how to] andare dallo psicologo

non so se alla fine ha trovato che leggere tutto mi pare un po sbatti :asd:

centro medico sant agostino. 50 euro a seduta. io mi trovo molto bene e scarichi pure nel 730.

Ah c’ero andato anch’io proprio nell’epoca che poi arrivò il covid (infatti dovetti sospendere per un periodo e poi proseguì online).

A me sembra shen che stai missando il punto e/o facendo un mischione di robe che c’entrano relativamente o non c’entrano trattandole in modo un po’ superficiale honestly :asd:
Che lavorare possa dare identità e soddisfazione non lo nega nessuno, quello che descrivi è anzi il modo principale (oltre ovviamente al basilare, il denaro) attraverso cui mantenere la gente al proprio posto nel sistema lavorativo relativamente mansueta.
In una società lavorista tu corrispondi al tuo lavoro, la tua identità è quella, è ciò di cui parli quando dici che il lavoro dà appartenenza sociale etc.
Ok, stai descrivendo il meccanismo psicologico e sociale su cui si basa la gratificazione lavorativa e che alla fine diventa solo l’ennesimo meccanismo attraverso cui tenere i lavoratori docili e mansueti (meglio sfruttato che non, come dici tu), quindi? La metti giù come se fosse una cosa bella o arricchente quando è esattamente uno dei problemi eh, in pratica stai descrivendo una dipendenza spinta dalla società stessa :dunnasd:

Sull’ultimo punto no, non credo assolutamente sia implicito ciò che proponi, anzi. Ma in generale comunque coi discorsi che si facevano in riferimento a psicologia lavoro etc c’entra abbastanza poco, sembra più un tuo voler portare la tua esperienza nel merito senza una reale e concreta attinenza, anzi ripeto da ciò che descrivi non emerge un quadro positivo dei meccanismi (veri) che descrivi, in un certo senso da come la metti è come se il lavoro diventasse la valvola di sfogo dove canalizzare problemi etc perché di fatto ne parli in termini quasi di dipendenza :asd:
Poi boh, la dignità del lavoro del produrre per la società la vedo in pochi ambiti e anche lì ci si gioca per sfruttare ulteriormente la gente (tipo boh, ambito sanitario? O in generale lavorare nel sociale), per il resto sta roba non esiste, mica lavori per arricchire la società lavori tendenzialmente per arricchire quello che sta sopra di te, dobbiamo poi ricordare dove stava appesa la scritta “il lavoro rende liberi” :asd: ?
Cioè il discorso che fai può avere un senso ma non nel nostro sistema economico

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Il mio discorso è più terra-terra.

La critica standard alla pratica psicoterapeutica e strizzacervellate varie è che sono pratiche conformizzanti.

La mia risposta è che questo è ovvio, anzi ormai è diventato sostanzialmente una banalità se ci pensi su, Foucault è lo scienziato più sociale più famoso e letto al mondo e lo diceva già negli anni 60

Ma per certi versi e certi contesti questa può essere anche una feature e non affatto un bug, e voler calcare troppo la mano su questo aspetto è paradossalmente spesso un sintomo di un privilegio di chi non affronta determinate problematiche e viene (giustamente) percepito come voler parlare di massimi sistemi ignorando problemi più urgenti.

Dire a una persona senza lavoro per vari motivi “stai attento ad andare da un professionista che ti può aiutare a inserirti nella società, perchè il psico non lo sa ma fa gli interessi di Bezos” suona come Maria Antonietta che (lo so che non lo disse, ma facciamo finta che lo fece) “se non hanno il pane dategli le briosche”.

Per esempio io ho sempre avuto dei problemi legati al mio ADHD e OCD. Così come ho sempre avuto il problema di tendenza alla codipendenza psicologica e all’essere un people pleaser. Un pò di psicoterapia, esercizi, certe esperienze brutte e rianalizzate con gli strumenti della psico-tutto e l’aver speso tanto tempo a leggere di queste cose mi ha aiutato enormemente dandomi delle tecniche per ridurre i danni personali e agli altri che causavo e canalizzare quello che erano le parti (es. le tendenze ossessive) peggiori in maniera proficua per la mia carriera e in generale per il mio benessere.

Anche a livello sociale sono migliorato terribilmente sotto qualsiasi punto di vista da quando ho imparato tecniche per “mascherare” meglio alcuni tratti della mia personalità nonostante la retorica dell’essere “te stesso” sempre e comunque e della società che deve “normalizzare”.

Questa è la mia esperienza personale.

No, se potessi non fare il lavoro che faccio ora perchè sblocco il cheat dei soldi infiniti mi licenzierei dopodomani. Ma girerei il mondo un paio di mesi poi forse mi romperei il cazzo e mi troverei qualcos’altro da fare (oltre a perseguire il mio sogno di prendermi una laurea in Storia o Filosofia). Alla fine la tendenza umana è “fare qualcosa” (anche i Nobili si dedicavano alle guerre, gli aristocratici alle arti, abbiamo imperatori filosofi come Marco Aurelio o Hiroshito che poteva decidere di non fare un cazzo ma ha deciso di dedicare la vita alla biologia marina in cui eccelleva)

Così come rinuncerei volentieri a una fetta del mio stipendio per lavorare 4 giorni a settimana (che secondo me è l’ideale)

Semplicemente reputo la mia situazione attuale migliore di quella precedente e riconosco che i psico-tutto mi hanno dato una mano a capire e interpretare certe dinamiche anzi con il senno di poi mi sono sempre mangiato le mani di un certo scetticismo e non di essermi avvalso di aiuto prima.

Che è l’argomento del thread

Ma non è questo il punto e non è questa l’implicazione, qua ci metti un costrutto tuo scusami :asd:
È una banale constatazione, che non vuol dire non andarci o è sbagliato; l’alternativa che proponi tu (identificati nel lavoro e lascia che diventi la tua seconda pelle delegando ad esso ogni forma di auto affermazione sociale e non e gratificazione) è imo assolutamente rischiosa (manca il lavoro per n motivi che fai, oltre ai problemi economici che questo comporta ti ammazzi perché hai costruito la tua esistenza su esso? Il lavoro va ammerda ti devi autodistruggerti perché il tuo io gira attorno a questo? etc, ma a te non sembra rischioso delegare il proprio benessere ad un mondo, quello lavorativo, per la maggior parte fuori dalla propria volontà?), mica vuol dire essere privilegiati farlo notare, tutt’altro :dunnasd:
Significa semplicemente sviluppare un minimo di consapevolezza sulle meccaniche sociali e su come queste si intreccino con la psicologia individuale, poi mica vuol dire dare soluzioni facili o demonizzare l’uso della psicoterapia, ma che c’entra, non è assolutamente parlare di massimo sistemi ma di concretezza.
Poi ecco non so se sia ciò di cui abbia bisogno l’op, forse no, ma nessuno di noi ha la ricetta su cosa sia effettivamente utile

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Dipenderà ben pure dal paziente, dalle problematiche espresse e delle volontà quello di ottenere un determinato risultato piuttosto di un altro, non necessariamente, e sarebbe perverso il contrario, la persona che chieda aiuto debba essere passiva nel modo in cui accetti la risposta terapeutica; in ciò non dubito l’apertura sociale offerta dalla partecipazione alla vita sociale per come è strutturata oggidì e dunque l’omologazione ad una struttura predefinita possa essere considerata desiderabile dalle persone, per alcuni sarà addirittura risolutivo, come per altri solo una temporanea fase di adattamento attivo, persino entusiastico, ad una nuova possibilità prima però che certa fragilità ed insoddisfazione tornino a riemergere.

La considerazione sociale considerata però come variabile cruciale per la propria autoconsapevolezza rimane una catena.

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yes, per questo lo psicologo come figura è più che altro un enabler\ottimizzatore dell’iperconformizzazione

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Nutro quindi il sospetto parte dei fenomeni di crollo emotivo in molte persone sia conseguente al fallimento della realizzazione delle aspettative quando a seguito di una omologazione, magari sofferta, al costume dominante non vi sia una effettivo conseguimento del benessere anelato.

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aaaaa e non provate gli psicologi online. il primo incontro conoscitivo via webcam con una dottoressa neo laureata sembrava una zozzeria online. :asd: mi aspettavo le tits in 0.3 secondi :asd:

Sì, prendiamo il caso in cui la sofferenza di un paziente è una non-ancora-formalizzata insofferenza verso un sistema che ti schiaccia 24\7. La cultura fa in modo che un pensiero critico verso il sistema non può esistere e, se nasce, magari nasce prima come somatizzazione, malessere, ansia perenne, depressione etc…

L’opzione deontologica dello psicologo (non intervento etc.) sarebbe tenere il paziente in terapia finché da solo non si ricrea una narrativa coerente che gli permette di meglio adattarsi alle circostanze sociali. Il paziente da solo rimesta il mondo simbolico che in maniera caotica l’aveva portato soffrire finché la nuova narrazione non lo integra totalmente.
Nello specifico, per fare un esempio, se soffri perché hai subito una vita di soprusi lavorativi magari la soluzione (momentanea) è passare dall’impotenza alla voglia di partecipare alla rat-race del mondo del lavoro, tipo puntare sulla “soddisfazione”, l’upgrade di carriera come conferma di autostima etc… Lo psicologo magari pensa che sei arrivato ad una conclusione astrusa e che sul lungo periodo ti disintegrerà ma non può intervenire e dirtelo perché va contro l’etichetta professionale.

Sostanzialmente il paziente esce dallo studio felice per aver assopito il lume che attraverso la sofferenza gli avrebbe permesso di vedere criticamente la realtà che lo mena, perché lo mena, come lo mena. Se per alcuni le sofferenze vengono incollate da una visione politica più o meno coerente della realtà, lo psicologo crea un setting a pagamento dove le sofferenze vengono collegate ed attribuite a fattori individuali.

Anche volendo immaginare uno psicologo punk, sarebbe anche difficile giustificare un viaggio che porterebbe il paziente ad analizzare il reale sociale perché vuol dire che ti prendi la responsabilità di aver creato un individuo cosciente ma che si butta dal balcone. Non è un caso che moltissime scuole di psicoterapia, specialmente quelle moderne, decidono di negare il reale e puntare sullo spirituale.

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Perverso, sostanzialmente tentare di curare un frattura ossea con una dissertazione del ruolo dei gradini responsabili della caduta alla base della ferita nella vita degli individui in attesa di una guarigione spontanea. :asd:

Sono un poco perplesso francamente, non conosco l’evoluzione della psicoterapia nel corso della sua storia abbastanza approfonditamente per una valutazione riguardo la crescita od il decremento della sua efficacia, ma ho il forte dubbio l’esposizione del singolo all’informazione di massa, adesso simultaneamente verticale ed orizzontale, abbia fortemente incrinato alcune aspetti dell’analisi piscologica dati per assodati.

Scrivo poco e di fretta perché sono al Cell, ma secondo me lo scopo della terapia non deve essere darti il “benessere” e men che meno la felicità ma bensì aiutarti a conseguire degli obiettivi (o aiutarti a sceglierteli) che ti poni che da solo non riesci a conseguire e questi obiettivi va benissimo anche se producono, specie sul breve termine, sofferenza e disagio.

Paradossalmente se mi chiedessero il motivo numero uno per cui la gente é insoddisfatta é proprio le prospettive irrealistiche (date dalla tendenza delle persone non più a confrontarsi con il vicino di casa ma con le loro vite perfette sui social) e il fatto che sempre meno hanno obbiettivi seri su cui lottare ma vagamente si vuole “essere felice” magari attraverso il consumismo

Ma su questo sfondi una porta aperta che però con l’oggetto del thread ha relativamente a che vedere.
L’obiettivo “serio” di base manco esiste, è una sovrastruttura per raccontarsela (equiparabile allo “scopo alto” di cui parlano in genere le religioni :asd: ), esistono esigenze base che sono o non sono soddisfatte: tra queste la stabilità economica e lavorativa, che è sostanzialmente contraria alle direttive economiche attuali ed infatti viviamo in questo perenne stato di precarietà che porta inevitabilmente sofferenza paura ansia etc, ed è un problema comune a tutti, anche a quello “che ce l’hanno fatta”.
Cioè non è che la gente sta male perché non riesce a stare dietro a modelli di successo imposti dai media, dai social etc (anche) ma perché questi cozzano con una realtà fatta di incertezza e precariato che nulla ha a spartire con l’immagine che tutti siamo portati a crearci e a perseguire

Abbastanza vero, a mio avviso la terapia dovrebbe quantomeno offrire non tanto la possibilità di garantire risposte quanto quella di porre nuove domande da prospettive differenti, insomma capire il perché si soffra, o le modalità d’evoluzione del processo, anche se non risolutivo della sofferenza in per se stessa aiuta comunque a dare un contorno alle proprie emozioni in fin dei conti; però a quanto leggo @Grismi contesta proprio il ruolo chiarificatore del terapeuta nel mondo odierno, orientato magari semplicemente a creare nuovi schermi e deflettere gli impulsi verso soggetti differenti.

Al che la mia perplessità generale.

Il problema è che come fa presente lui a porre troppe domande senza soluzioni e a rappresentare troppo crudamente la realtà il paziente si butta dal balcone perché sostanzialmente vorrebbe dire farlo rendere conto di essere una barca di carta in balia dell’oceano peggiorando ulteriormente la sua situazione, per questo dicevo che la psicologia per sua natura non può essere la soluzione.per quanto possa esserci buona volontà, è che la soluzione non saprei manco dire quale possa essere (cioè sì, un movimento sociale [italiano :asd:] ma stiamo parlando d’altro :dunnasd: ).
Può essere un palliativo momentaneo, meglio di niente magari però resta lì

beh unironically se soffri per certe dinamiche il partito e la politica sarebbero le soluzioni giuste. Eh oh mica è un caso che quando subisci soprusi sul lavoro al posto di dire fai casino col sindacato ti dicono di fare un salto in hr

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L’hr che s’è fatto tutti i corsi di teamwork e gestione dei conflitti e laureato in sociologia/psicologia per gestire al meglio le controversie sul lavoro e dare la giusta motivazione ai dipendenti, trainato sul damage control aziendale

Presto farò pure io quei corsi :lode: