Heidegger inedito: Shoah era necessaria,ebrei autoannientati

http://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/2015/02/08/svolta-sul-pensiero-di-heidegger-la-shoah-era-necessaria-gli-ebrei-si-sono-autoannientati_45f3003c-3f58-4992-a163-c41d52b8bb29.html

Gli ebrei responsabili del proprio sterminio, un destino necessario per il compimento dell'Essere. E il pensiero nazista nella filosofia di Heidegger ora ha delle prove.

La "purificazione dell'Essere" inevitabile attraverso lo sterminio antisemita, che è stato semplicemente "autoannientamento", selbstvernichtung. E' questa la parola chiave che riaffiora da uno scritto recentemente ritrovato e che potrebbe dare una svolta ad uno dei capitoli più controversi della storia del pensiero di Martin Heidegger. Secondo un documento ritrovato nella scorsa primavera, il filosofo tedesco, già in passato accusato di aver taciuto sulla questione della Shoah, gli ebrei si sarebbero autoannientati. Nessuno potrebbe allora essere chiamato in causa, se non gli ebrei stessi.

Il documento - come scrive oggi il Corriere della Sera - è contenuto in un volume che sarà pubblicato in Germania: 'Quaderni neri', curato da Peter Trawn. Si tratta delle note risalenti al periodo cruciale che va dal 1942 al 1948. E il quaderno del 1945/46, che sembrava fosse andato perduto, era il tassello mancante della costruzione filosofica di Heidegger in merito ai concetti di ebraismo. Dunque una prospettiva inedita sul suo pensiero, che dà voce a quello che era da sempre stato definito il "silenzio di Heidegger": la mancanza di una presa di posizione netta sulle atrocità dei campi di concentramento, qui considerati dal pensatore tedesco come l’industrializzazione della morte, la "fabbricazione dei cadaveri".

Lo studioso Gianni Vattimo parla di Heidegger ed ebraismo



Il filosofo, che vede innanzitutto nella seconda guerra mondiale un conflitto diretto tra tedeschi ed ebrei, spiega che "solo quando quel che è essenzialmente 'ebraico', in senso metafisico, lotta contro quel che è ebraico, viene raggiunto il culmine dell’autoannientamento nella storia". La Shoah avrebbe allora un ruolo decisivo nella storia dell’Essere, perché coinciderebbe con il "sommo compimento della tecnica" che, dopo aver usurato ogni cosa, consuma se stessa. In tal senso lo sterminio degli ebrei rappresenterebbe quel momento apocalittico in cui ciò che distrugge finisce per autodistruggersi. Culmine "dell’autoannientamento nella storia", la Shoah rende quindi possibile la "purificazione dell’Essere".

Esistono quindi dei punti di ancoraggio filosofici dell'adesione del filosofo tedesco al nazionalsocialismo, che potrebbe aver appoggiato il nazionalsocialismo non solo per convenienza. Una tesi che legittimerebbe il lavoro di ricerca svolto negli anni ottanta del secolo scorso da Victor Farias, storico cileno che pubblicò il best seller 'Heidegger e il nazismo'.

Heidegger, la filosofia, il nazismo.
(di Massimo Sebastiani)

La questione del rapporto (e del coinvolgimento) di Martin Heidegger col nazismo è da sempre controversa e tornò prepotentemente alla ribalta quando nel 1987 Victor Farias pubblicò il suo ‘Heidegger e il nazismo’, libro poi contestato da molti studiosi soprattutto per l’uso strumentale delle fonti.

Quel che è certo è che Heidegger aderì al partito nazista nel 1933 quando divenne rettore dell’università di Friburgo. Incarico dal quale si dimise un anno dopo non partecipando più ad alcuna attività politica ed entrando in un periodo di silenzio, anche accademico, durato circa otto anni.

Per provare a comprendere e contestualizzare il senso di alcune espressioni contenute nel cosiddetto Quaderno nero, è necessario fare riferimento ad alcuni concetti chiave del pensiero di Heidegger. Per lui la storia del pensiero occidentale è storia della metafisica, da intendersi i non come pensiero ‘ultraterreno’ ma come destino (in tedesco Geschick che si lega al verbo schicken, inviare o mandare, ma risuona anche nella parola Geschichte, storia) dell’Occidente. In cosa consiste questo destino? Nel pensare l’ente come l’essere, ovvero nel ‘confondere’ la natura dell’essere con quella (che ne esprime solo una parte) dell’essere. Cosa intendiamo quando pronunciamo l’espressione ‘è’? Un tavolo è, una mela è ma anche un tramonto, un’idea, un odore, una passione ‘sono’ (non parliamo poi dei fotoni, dei neutrini e di tutte le particelle elementari la cui natura è impossibile equiparare a quella di una sedia, che pure essi stessi costituiscono). Eppure l’idea dell’essere come ente è quella che ha prevalso in Occidente e che accomuna tutto il suo pensiero, anche quelli che apparentemente si contrappongono. Idealismo e realismo, spiritualismo e materialismo, soggettivismo e oggettivismo hanno in comune l’idea che l’essere sia essenzialmente ente: sono come due squadre che si combattono giocando in uno stesso campionato e con le stese regole.

Per questo, dice Heidegger, non si può far altro che aspettare il compimento del destino dell’Occidente, cioè la piena maturazione della metafisica. Lo sviluppo (incontrollato?) della tecnica è parte decisiva di questo compimento: solo un pensiero che pensa razionalmente l’essere come ente, e quindi come qualcosa di utilizzabile, sfruttabile, manipolabile, può produrre il motore a scoppio e la bomba atomica, la chirurgia e l’inquinamento, la grande ingegneria e la desertificazione e così via.
Cosa hanno a che vedere gli ebrei con tutto questo? Il loro contributo (così come quello dei cristiani, per la verità, e prima di loro dei greci re-interpretati) è stato decisivo per lo sviluppo della metafisica e dunque del pensiero della ‘tecnica’ . In questo senso va intesa l’espressione, scioccante, spiazzante, provocatoria, di ‘autoannientamento’ (sa selbst=stesso e Vernichtung, da Nicht=nulla, quindi auto-nullificazione): secondo Heidegger gli ebrei sono stati, inconsapevolmente, artefici del loro stesso destino in quanto parte attiva dello sviluppo della storia occidentale come ‘progresso della tecnica’.
E' una questione molto interessante. Ho letto la notizia ieri e avevo pensato anche io di aprire un topic qui.

La riflessione che mi viene da formulare, in base alla lettura di quest'articolo e in base alla mia generica conoscenza del pensiero di Heidegger sulla Shoah, è che le condanne di tale pensiero rischiano di operare un indebito passaggio dal piano descrittivo a quello normativo-morale: una cosa è dire che gli ebrei si siano autoannientati e che la Shoah rappresenti un momento fondamentale nel compimento del destino dell'Occidente (le ragioni addotte da Heidegger - nel quadro del suo sistema filosofico - sono peraltro assai interessanti, quantunque possa eccepirsi sull'intelligenza dell'identificazione di un carattere della civiltà occidentale con una 'razza' specifica, e qui potrebbe invero operare un bias 'razzista'); altra cosa è dire che è [moralmente] giusto che si annientino gli ebrei. Is ≠ ought.
Le domande pertanto sono due, non una: 1. qual è l'interpretazione che Heidegger fa della Shoah sul piano descrittivo? 2. il pensiero di Heidegger esprime anche un punto di vista normativo-morale su tale Shoah? Non facile, perché molti (anche filosofi) confondono facilmente il piano descrittivo con quello normativo (oppure confondono tipologie diverse di enunciati normativi). Nel rispondere alla seconda domanda, poi, si dovrebbe fare anche attenzione a distinguere le opzioni personali e biografiche di Heidegger dal suo pensiero filosofico, e anche questo non è facile.
Me ne parlava mia madre in maniera piuttosto divertente (in sostanza si tirava Heidegger dalla sua parte dopo che la lettura de Le benevole ha ringalluzzito il suo entusiasmo antisemita ).

A proposito N6 (no, in realtà non è tanto a proposito) secondo me distinguere il pensatore dall'uomo è un'operazione sempre un po' così, mi da sempre l'impressione che sia sentimentalismo, tipo quando ci dispiace che Polanski sia uno stupratore.
Eh, ma il problema è anche assai concreto: ammesso e non concesso che gli enunciati di Heidegger abbiano contenuto descrittivo e non normativo-morale (secondo la distinzione che ho suggerito nel post precedente), i suoi suggerimenti potrebbero essere di qualche utilità alla riflessione filosofica contemporanea. Al limite, qualora il punto di vista di Heidegger contenga anche una presa di posizione normativa, potrebbe finanche essere opportuno scindere i due punti di vista e reimpiegare comunque quello descrittivo. Però, NO, Heidegger era brutto e cattivo: ostracizziamo le cose che ha detto perché era antisemita. Insomma, la necessità di scindere l'uomo dal pensatore non è tanto un'operazione furbetta ed emotiva, quanto una necessità del pensiero e della scienza.
Ma io non lo voglio ostracizzare perché era antisemita, io vorrei che lo si riconoscesse come antisemita, insomma che la questione rientrasse nel discorso. Un po' perché al contrario del paragone (scemo) con Polanski non si può immaginare un Heiddeger non antisemita mentre si potrebbe immaginare, creare nella propria testa, un ipotetico Polanski che avesse diretto gli stessi film senza aver mai stuprato, un po' perché mi da fastidio veder tirati per la maglia certi personaggi, tipo quando negli anni '60 si diceva che Nietzsche fosse un filosofo di sinistra, qualunque cosa volesse dire questa curiosa locuzione.
Sì, su questo sono d'accordo. Ferma restando la necessità di qualificare correttamente il pensiero di Heidegger nella distinzione fra enunciati descrittivi ed enunciati normativi
A mio parere l'antisemitismo di Heidegger è prescrittivo.
Dopo l'esperienza del nichilismo, se si vuole superarlo (e lui vuole superarlo) non ci si può limitare a una lotta personale, interiore (come per esempio quella proposta da Junger nella figura dell'anarca, alla maniera del romanticismo per intenderci) perché l'uomo da solo non può sconfiggere il nichilismo ma ha bisogno di un nuovo dio, cioè di Hitler, con tutto quello che ne consegue.

Mi piace soprattutto come Heidegger stesso pur essendo nazista si renda conto e testimoni il fallimento stesso del nazismo, cioè lo sfociare di un gesto antinichilista in un tecnonichilismo, nella superiorità dei panzer IV e dello ziklon B sull'uomo.
Sì, è verosimile che tu abbia ragione.

Mi sembra un buon momento per riprendere in mano Heidegger!
Mah io continuo a non vederci un problema. Alla fine anche le sue deduzioni sul destino del mondo senza ebrei e del loro essere responsabili della tecnica derivano da fraintendimenti abbastanza pesanti della storia.

Che poi non ci sia niente di essenzialmente anti-semita nel pensiero di heidegger lo si vede dal fatto che è pieno di heideggeriani che anti-semiti non lo sono.

Di ritorno, grazie soprattutto alla anglo-saxon shallowness crisis filosofia analitica, c'è Una gran voglia di volere filosofie che ti impediscono di agire male a priori, o almeno la tendenza di giudicare la loro verità a seconda delle conseguenze (cioè quanto sono propense a pacificarsi con il quotidiano)
Io sono sempre più convinto che Heidegger sia stato dannoso per la filosofia, forse la fenomenologia era una strada sbagliata e se ne potavano notare alcuni indizi già da Husserl.
L'intuitività che avrebbe dovuto guidare il ragionamento fenomenologico si è trasformata in arbitrarietà nell'aggiungere nuovi concetti (l'Essere) al fine di superare le impasse.

Tra l'altro non significa nulla quello che scrive Heidegger sull'autoannientamento, perché gli ebrei e la loro cultura esistono tutt'ora, il nazismo no (o meno comunque). Nel 2015 possiamo vedere che in realtà la storia ha mostrato più un autoannientamento di Hitler che degli ebrei.

Per quanto mi riguarda non prendo sul serio Heidegger da anni, da quanto ho scoperto che per lui il fare poesia è l'attività fondamentale dell'uomo, come si fa a dar credito alle opinioni sulla storia di qualcuno così lontano dallo stare al mondo?
Riguardo Heidegger questo è il mio pensiero:


Io invece sono essenzialmente dell'opinione contraria. Cioè che la filosofia non ha prestato attenzione abbastanza ad heidegger e che anche per questo si ritrova nello stato in cui è: cioè a fare metafisica pre-critica come la scolastica in America e riciclare il giovane Marx in Europa.

Heidegger era un pessimo storico e naturalmente soffriva della cecità della sua epoca. Ma non è stato lui a rovinare la fenomenologia: l'arbitrarietà e il solipsismo dell'intuizione fenomenologica sono problemi intrinsici, portati ancora più all'estremo dai seguaci fedeli di husserl proprio perché non vogliono riconoscere questo problema.

Poi sul fare poesia come attività fondamentale dell'uomo io sono pure d'accordo con Heidegger, nella misura in cui lui intende fondamentale come caratterizzante e poesia come far mondo attraverso la parola.
Posso capire che ti trovi d'accordo con Heidegger, ma non capisco come tu faccia a dire che la filosofia non gli ha prestato abbastanza attenzione. E' un nome di primo piano, molto studiato.
Forse intendevi che non gli è stata prestata abbastanza attenzione come esistenzialista?


L'analisi concettuale è solo una fase per la produzione di buon pensiero, come una raffinazione degli elementi per fare buone sintesi, le quali di fatto sono sinestesie: associazioni e rapporti tra sensi o significati.
Vorrei approfondire questo tuo pensiero. Che cosa intendi per filosofie che ti impediscono di agire male a priori? Filosofie che 'esorcizzano' il 'male' (spiegandolo in altri termini) o filosofie che sciolgono il 'male' osservandolo come il prodotto di prospettive che non si cosiderano e comprendono ... e quindi comprendendo. E quale pensiero c'è dietro a "propense a pacificarsi con il quotidiano"?


Riguardo ad Heidegger l'idea che mi sono fatto di lui leggendo qualche pagina di essere e tempo è che il suo fascino derivi puramente dalla sua vaghezza -quando è comprensibile- (e questa non è una critica) e dalla sua oscurità quando cerca di essere meno vago (e questa sarebbe una critica se in qualche momento non lo fosse) e a questo scopo usa un linguaggio del tutto personale tipo:



ottenendo così il suggestivo effetto di parlare senza quasi vincolare l'immaginazione che resta piacevolmente libera di prendere spontaneamente forma. E' un linguaggio costruito apposta per indurre uno stato meditativo piùttosto che per dire; ma per me questa è una tendenza comune che caratterizza la cosiddetta 'filosofia continentale'.


Non so perche` come esistenzialista, spiegati meglio.

Comunque si` in Italia e Francia e` stato in un certo senso un pensatore di primo piano, ma generalmente si e` andato via via dimenticando.

Poi in america, che diciamo e` la situazion di cui tengo il polso, e` stato prima completamente interpretato male (poco tradotto e sempre letto come proto-qualcosa, prima esistenzialista e poi come proto-derrida) ed infine dimenticato.

La necessita` di specializzazione e professionalizzazione nella filosofia, e quindi dedicarsi a problemi definiti da gerghi ipercontemporanei, e il completo disinteresse nello studio della filosofia poi hanno reso in un certo modo incomprensibili le sue idee ad una buona fetta di giovani che in effetti Heidegger non lo leggono. E quando lo leggono, per come sono fatti i programmi negli usa, lo leggono male e a pezzi (negli usa di solito non si leggono lavori interi ma solo antologie con estratti di 10 o 20 pagine).

Il risultato e` che molta della nuova produzione odierna filosofica e` tutto e per tutto pre-kantiana (potrei fare lo stesso discorso su Kant e Hegel comunque).


E` un pensiero molto piu` semplice. E` l'ambizione del razionalismo etico. Cioe` l'idea che il pensare correttamente portera` a comportarsi correttamente. Dal quale deriva che l'agire male significa che si pensa male. Naturalmente cio` che e` bene e male non viene mai posto in questione ma e` solo l'applicazione irriflessa dei propri pregiudizi (cioe` delle cornici normative vigenti).



Dai si e` gia` avuto l'altra conversazione sulla questione delle deepity. Queste sono, per usare il termine tecnico di Frankfurt, stronzate.

Se fosse veramente cosi` sarebbe impossibile fare riassunti o introduzioni ad heidegger, ed invece guarda te tali libri che spiegano Heidegger ci sono.

Se un pensiero e` riformulabile, semplificandolo, vuol dire che un contenuto lo ha.

Cioe` e` la roba che dicono anche di Derrida e Lacan, ma guarda te io di loro due posso farti un commento quasi riga per riga e spiegarti cosa dicono e perche`.

mettiamo di fare il gioco in cui io sostengo sta stronzata e tu devi spazzarla via dalla strada della filosofia ... dunque che cosa dice Heidegger in essere e tempo?
Sia mai che vien fuori un modo diverso di intendere la mia espressione.




Non ho mica inteso che Heidegger faccia un uso "deepitaryo" del linguaggio, eh!
(Ma ora che lo hai pensato non voglio neanche escludere a priori questa ipotesi alla quale hai pensato prima di me ... che tutto sommato si può invece anche dare come premessa vera a priori, con la promessa che ogni energia creativa sarà poi spesa per immaginare deepity)


Non ho inteso che il pensiero di Heidegger non abbia contenuto. Intendo che, trattando di un tema assolutamente generale, il contenuto è gassoso e fuggente. Cerca delicatamente di definire ciò che si definisce da sé distinguendosi da sé (il generale assoluto). La sua delicatezza nel tentare di definire e articolare strutturando ... la pura sostanza magica di cui è fatta ogni cosa ... l'estensione che ospita la possibilità di ogni definizione, quel generale mistero che può specificarsi in un'infinita varietà di sensi di infinitamente profonda particolarità, un'infinita varietà di bolle di sapone ... il suo definire è delicato come una sinestesia concettuale tra particolarmente relativo e assolutamente generale, una bolla di sapone che sfiora i sensi di una mente in dormiveglia. Sentire lo spazio del possibile ... è un sensazione effimera.
Ci si domanda sul senso dell'essere. Del sentire che ci attrae, che si attrae, verso un'immagine migliore di noi stessi, di stesso ... verso una precisamente ignota direzione, verso la coerenza, verso l'armonia dei sensi, verso un percorso sentimentale ... oh specchio, specchio delle mie brame! ...

tl dr: vuole rappresentare la potenza di infinite forme e "sostanze" scolpendo una statua a forma di spazio. La botte piena e la moglie ubriaca


Spoiler


Ps:


Che dicono e a proposito di che cosa costoro?




Va bene ma facciamola che non ci perdo le giornate.

Vai qui:

http://plato.stanford.edu/entries/heidegger/

C'e` tutto il capitolo 2 su Essere e Tempo, leggilo e poi fammi domande.




Una volta ho letto uno di questi matematici, con la scusa di essere precisi usano tutti questi simboli difficili per sentirsi importanti cosi` che nessuno puo` capire cosa dicono e non li possono criticare. Anche Odifreddi che e` un matematico ha ammesso che non capisce molto di quello che i matematici fanno.

Roba cosi` tipo: x-y((4*%)+=zy

* Riassunto?
Facciamo che ti ci dedichi se ne hai voglia.

Prefersico dedicarmi al tuo pensiero che a quello di Heidegger; il quale prende spontaneamente forma in me nei miei termini.


prova con questa chiave di lettura:


Ma vedi non ce ne ho voglia perche` tu sei alla fine pigro e quando ti annoi/stanco la butti sulla battuta e la goliardia.

Cioe` vedi, tu hai un'opinione su heidegger, io ti contraddico e tu non hai nemmeno voglia di capire se e` giusta e sbagliata.

Quindi chi me lo fa fare.