[Hans Win] Il senso della vita

Si assolutamente. Ho poche cose fatte in questi due decenni che guardo e mi danno incredibile soddisfazione, non le conosce praticamente nessuno se non 10.000 follower e qualche compagno di classe.

Ma adesso è un po’ tanto specifico, volevo più discutere in generale come vivete le vostre passioni.

Tipo, se avessi una forte passione per i videogiochi, sicuro che lavorerei per farne uno.

Se avessi la passione per la chitarra, mi aprirei in quattro per fare la migliore band possibile.

Lo estenderei all’ambito lavorativo (crearsi la propria cosa) ma è un po’ più tosta ed ha tante letture che portano fuori strada.

Insomma, se la devozione alla propria “arte” è atto dovuto o semplicemente mi sono fatto condizionare da dover per forza fare qualcosa, al contrario di non fare nulla e vivere felice

vorresti che la tua arte venisse validata?

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Sicuramente fa piacere, ma inutile dire che eventualmente avrei contatti e risorse per “farla validare”, compri qualcuno che ti scrive una prefazione qualcuno che ti fa ufficio stampa qualche gallerie qualche giornale ed è fatta, ma non lo ritengo l’obiettivo.

È molto più alto livello ed aulica come aspirazione.

Quindi l’obiettivo è produrre qualcosa della quale vai fiero, ma puoi andarne fiero da solo senza che gli altri non validino la qualità della tua opera?

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No ne andrei fierissimo anche da solo e basta, è la ricerca di una cosa che mi rende fiero che probabilmente mi manderebbe ai matti, e di fatto mi sta mandando ai matti, invece di boh, vivere sereno a fare “meno” perché tanto finisce tutto nella spazzatura e forse quello che conta è come ci si sente nel presente e basta.

Domani ti dico com’è per me, è una situazione simile alla tua ma un po’ diversa, forse anche il drive è diverso da quello che leggo.

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ah, boh dunno sarà roba di autostima I guess. Il farsi cagare a dosi giuste magari è pure un drive per migliorare, troppo è solo supplizio mi sa.

Io sono un nevrotico con ansie sociali quindi mi faccio cacare sempre, mi faccio 16 proiezioni autogiudicanti etc… però ho anche una parte dentro di me che a volte sa apprezzare a posteriori cose che faccio, tipo una registrazione quando suono con gli altri dove riconosco di aver fatto cose fighe. Questo mi salva ma non è il motivo per il quale faccio cose. Per me il drive è lo sburrare sul momento, cioè quando mi capita di suonare (specialmente con altri), dimentico che la vita fa cacare per qualche istante e questo mi basta. Mi fa sburrare anche il processo di apprendimento quindi studiare, sbagliare, apprezzare i piccoli miglioramenti; anche questa è una cosa che ti distrae dalla vita di merda, anche se un po meno rispetto a condividere la creazione di musica con altri.

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In questa fase della mia vita, in due modi.
Cercando di fare qualcosa come si deve, secondo una qualche forma di prassi che mi aiuti a far collimare cosa io ritenga bello o da perseguire e come farlo; cercando di trasmettere interesse verso di esse alle persone a me care.

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Le parole esatte della mia terapista <3

Purtroppo è un meccanismo giudicante talmente radicato che non riesco in alcun modo a sovrascriverlo. Cioè anche quando mi portano esempi concreti di qualcosa di buono che ho fatto con palesi conseguenze positive, io devo fermarmi e riflettere. Fatico ad accettarlo. È un blocco. Sarei tanto curiosa di sapere com’è iniziato.

Quindi il mio approccio all’arte e agli hobby è journey before destination :asd: altrimenti finirei per non godermi la vita in generale. E pure questa è una cosa che ho dovuto imparare a fare, perché l’autocritica era mortificante e in passato mi ha impedito di dedicarmi come si deve a un sacco di cose. Alla scrittura e alla pittura, soprattutto.

Oh se avessi un’altra vita.

boh, io ho la passione per la cucina.

sai cosa mi rende felice, almeno sul momento? sfamare qualcuno che mi dice “è buono!”.

mi interessa poco, o relativamente poco, avere la tecnica michelin nel cassetto, anzi, non me ne frega nulla. mi basta essere “good enough”.

io personalmente penso che io sono vivo e voi siete morti

questo solitamente è piu un punto di arrivo
io oggi ho la certezza da solo se ho fatto qualcosa di figo (faccio un lavoro creativo), all’inizio era piu una percezione ma sentivo di piu l’esigenza di un confronto
ora se sono convinto lo faccio vedere non tanto per conferma ma per condividerlo

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ci sono vari film horror che si basano su di un presupposto del genere :asd:

è abbastanza un classico, anzi IL classico :sisi:
comunque non parlo coi morti

Esistono dei farmaci per questo

Troppo lungo per leggerlo, si parla di me?

Dipende, ti lasceresti fare un foto ritratto da me?

Molto probabilmente sì, quanto mi dai?

Il senso della vita per me è la vita.

Ossia vivere.

In cosa consiste vivere è il grande dilemma.

La natura ci ha dotati di un intelletto fuori parametro, non c’è verso di misurarlo, e quando lo misuri è già mutato, esso ci procura passioni, desideri, voglia di scoprire il mondo, voglia di capire come funziona il tutto.

Ci sentiamo tutti come maschere che arrancano, di fatto il desiderio più primordiale è trovare un senso, in questa ricerca bulimica, ci rifuggiamo nel lavoro, poi nella famiglia, poi in serate improbabili, poi nel divano e poi nella bara.

Ci muove il desiderio di usare il tatto, l’udito, la vista, il gusto, l’olfatto.

Ma c’è anche il sesto: la mente.

E il settimo: il corpo.

Ci muove il desiderio della nota piramide, fisiologico, sicurezza, accettazione, stima e ego.

Una roba di una potenza mostruosa.

Annienterebbe chiunque se decidiamo di liberarle.

Allora iniziamo a mettere un paletto qui e uno la di contenimento.

Ma ti nasce proprio il desiderio di usarli al massimo, per crearti un tuo mondo, affermare il tuo se. Sentirti utile, realizzato, al sicuro.

Poi una mattina si spegne la mente e senti solo il bisogno di magnare, cacare, dormire e respirare, vuoi il silenzio, la pace, la serenità, ma non ci sono cazzi, hai esagerato, come diceva Pozzetto, hai esagerato, e arriva il conto, con gli interessi alla francese, ma non potevi non esagerare, era come non vivere, come comprare una ferrari e andarci a comprare il pane al market sotto casa.

La ferrari la vorresti usare su una cannonball run che va da Tunisi a Città del Capo mentre declami a cappella il decamerone col sottofondo dei doors a rotella.

Oggi ho incontrato un ragazzo che viene dal Marocco.

Gli ho chiesto “Com’è il Marocco?”

mi ha risposto in uno slang italofrancese:

“È bellissimo, dovresti andarci, c’è un posto dove dalla spiaggia vedi le isole, io purtroppo devo stare qui, ma mando i soldi a mia madre.”

L’ho guardato e gli ho dato quello che mi ha chiesto facendogli un piccolo omaggio.

È andato via sorridendo e io mi sono fatto un miliardo di domande senza risposte.

Anni fa invece conobbi una persona che mi raccontò di quando portò in visita in occidente dei bambini africani che noi occidentali riteniamo terzo mondo.

Il senso era di dare anche a loro modo di vedere un altra parte del pianeta.

Una vacanza anche per chi non se la può permettere.

Da capire da cosa pensai.

Devo dire anche con probabilmente un po di supponenza tutta occidentale di ritenere il nostro modello come il migliore.

Questi bambini furono ospitati a casa di famiglie diciamo benestanti.

La frase di uno di quei bambini fu:

“Avete tutti delle case bellissime, enormi, con tantissimi giocattoli, con cibo abbondante, pulitissime e profumatissime, ma vuote, senza vita, con pochissimi bambini con cui giocare, perchè fate così pochi bambini?”

Quella frase mi fece capire l’assurdità del mondo in cui viviamo.

Personalmente trovo grande sollievo nella musica, mi fa smettere di desiderare cose e mi procura un nuovo tipo di desiderio che non so descrivere bene ma è molto appagante, mi rende sereno, è il mio rifugio praticamente.

Sono in una fase della vita dove ogni mio slancio che non abbia nella controparte un moto di empatia mi appare effimero, utile come un buco di culo nel gomito.

Ma è una cosa tutta mia dato che ho vissuto sia il prima che il dopo, il prima a tavoletta e il dopo azzerato, manco saper più fare due+due a mente.

Al minimo cenno di sopracciglio nell’interlocutore divento peggio di un androide, si, prego, desidera, fatto.

I peggiori sono quelli col bastone nel culo, li vedi già come deambulano, poracci, stanno nel limbo, soffrono come dannati, ma non vedono più nemmeno la loro faccia tirata.

E tra questi mi ci metto pure io, si perchè gli istanti di verità sono solo interiori, fuori dal palcoscenico, e ti fai bastare i ricordi che diventano sempre più lontani, di quando non c’era bisogno di chiedere che lavoro fai per giocare insieme.

Io odio rispondere a questa domanda, non è il lavoro che ci qualifica come viventi, ma ben altro, ma se devo rispondere di solito dico che di lavoro faccio il genitore sminchiato e il marito deforme un ora al giorno e nel tempo libero faccio lo schiavo 12 ore al giorno.

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