Il carabiniere era indagato per l'omicidio di Carlo Giuliani, avvenuto il 20 luglio 2001, in piazza Alimonda. L'archiviazione era stata chiesta dal pm.
di Giancarlo Castelli
GENOVA - E' stato archiviato il procedimento a carico di Mario Placanica, il carabiniere indagato di omicidio volontario per la morte di Carlo Giuliani, avvenuta il 20 luglio 2001, in piazza Alimonda durante gli incidenti in occasione del G8 di Genova.
La decisione è stata presa dal gup Elena Daloiso, su richiesta del pm Silvio Franz che aveva chiesto l'archiviazione di Placanica per legittima difesa. Era stato proprio il procuratore ligure, lo scorso dicembre, a dare la sua versione definitiva dei fatti: "La condotta di Placanica è stata posta in essere quando il pericolo era imminente, reale, attuale". E, per sgombrare il campo dai dubbi e dalle polemiche il pm puntualizzava che "il carabiniere non poteva agire diversamente perché l'aggressione al Defender era violenta e virulenta".
Pertanto, anche se il militare avesse sparato ad altezza d'uomo non ci sarebbe dolo perché "in quel momento aveva la convinta percezione di essere in pericolo di vita". Si chiude così, con l'archiviazione disposta anche per Filippo Cavataio, l'autista del mezzo militare, il procedimento aperto nel luglio 2001 dalla procura di Genova sulla morte di Carlo Giuliani.
Una soluzione che susciterà qualche polemica e ha già scatenato l'indignazione di Rifondazione Comunista che in una nota dice che "un ragazzo è morto ma per la magistratura italiana sembra che questo non sia mai accaduto. La morte di Giuliani diventa un altro dei tanti misteri d'Italia". Il "mistero d'Italia" comincia in una afosa giornata di luglio.
Da quell'ora zero, le 17, 27, quando uno sparo echeggia su piazza Alimonda dove è in corso uno scontro tra manifestanti e forze dell'ordine. A terra, sanguinante con un buco in testa, rimane Carlo Giuliani, 21 anni, quello con la canottiera ripreso di spalle da un fotoreporter della Reuters, mentre si trovava vicinissimo al Defender con un estintore in mano. Un'altra foto, scattata di fianco da un giornalista dell'Ora, mostra che tra Giuliani e il mezzo militare c'è una distanza di qualche metro.
Placanica e l'autista Cavataio vengono ascoltati dai pm Canepa e Canciani che aprono un procedimento d'ufficio a carico dei due per omicidio volontario. Placanica dà la sua versione: racconta di essere salito sul Defender per proteggere il suo collega dall'assalto dei manifestanti e di essere stato colpito da oggetti contundenti. "Misi la sicura alla pistola che inavvertitamente si tolse - disse poi anche al pm Franz - puntai l'arma e dopo aver intimato ai manifestanti di andar via, esplosi un colpo e l'altro seguì quasi di riflesso trattandosi di arma semiautomatica".
Una versione diversa da quella che espose un anno dopo al Tg1 dove dichiarò di aver sparato in aria. Dichiarò anche di nutrire dubbi su proiettili deviati da sassi (l'ipotesi emersa nel 2001) e quant'altro. "Quel giorno è successo qualcosa di strano - dice - mi hanno lasciato solo". I risultati dell'autopsia sul corpo di Giuliani vengono resi noti tre mesi dopo i fatti di luglio. Dall'esame emerge che a uccidere Giuliani è stato il primo dei due colpi d'arma da fuoco, sparati a una distanza superiore ai 50 cm. I bossoli ritrovati dentro e fuori dalla jeep sono compatibili, secondo i periti, per l'80, poi per il 60% all'arma di Placanica. Il 3 giugno del 2002 prende corpo l'ipotesi del calcinaccio.
Di un sasso, cioè, che potrebbe aver deviato la traiettoria del proiettile, accreditando, così, la versione secondo cui il carabiniere avrebbe sparato in aria. La teoria sarebbe confermata dal fatto che il foro d'entrata del proiettile, un calibro 9 lungo, fosse piccolo. Perciò si sarebbe frammentato prima di colpire Giuliani per l'impatto con un altro oggetto. Ovviamente differenti i risultati emersi dalla controperizia della parte offesa: Placanica avrebbe sparato ad altezza d'uomo. La distanza tra la bocca dell'arma e Carlo Giuliani era di 3 metri e 37 centimetri e il proiettile non si frantumò contro il calcinaccio semplicemente perché l'oggetto volante finì sullo spigolo posteriore del Defender, all'altezza della seconda I della scritta "carabinieri", lasciando un segno evidente. Ipotesi che non verranno accolte dal procuratore. Che alla fine archivia: legittima difesa per il militare. Anche la teoria del calcinaccio, secondo Franz, "è la ricostruzione in assoluto più attendibile".
Finalmente un verdetto che mi lascia con un sorrisone
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vi sono mancato?
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Sparisco di nuovo perchè è un periodaccio... però questa frecciata volevo a scoccarla