[QUOTE=Shpongle;18602587]Vi scervellate senza motivo, in un certo senso il paradigma del collasso oggi verrebbe accettato al di là delle stranezze se non ci fossero problemi di inconsistenza di fondo. È una questione tecnica e io non ho studiato quantum foundations quindi nemmeno posso dire chissà cosa. Ma per riformulare quanto già detto sopra (non sembrerà un “riformulare”) uno dei problemi più gravi (se non il problema) è questo.
La funzione d’onda evolve deterministicamente nel tempo, però esprime (considerata sommata nelle sue componenti, e.g. di ogni particella, ed elevata al quadrato) la probabilità di un esito di misura. Potresti sorvolare su questa discrasia determinismo-indeterminismo ma se ci ragioni di più incontri un apparente paradosso. Lo scienziato prende uno strumento di misura (S) e misura un corpo (C), causa un collasso: la funzione d’onda è deterministica fino all’istante di osservazione e poi c’è un evento non deterministico. Ora, riguardiamo l’intera situazione in modo diverso. Scriviamo la funzione d’onda complessiva di S + C, essa evolverà deterministicamente compreso l’evento che prima chiamavamo “collasso”: solo quando prendiamo un altro strumento S’ e misuriamo il sistema S + C, per vedere com’è andata, ci sarà un collasso, secondo la logica che avevamo impostato. Prima dell’evento con S’ c’è solo un entanglement tra S e C, con i due esiti, e conseguente determinismo, non un collasso (per questo sto riformulando quanto detto sopra). Allora quale delle due versioni è vera? Messa così nessuna delle due, perchè ovviamente ora scrivi la funzione d’onda di S’ + S + C che sarà deterministica ecc… 
Da qui c’è stata una proliferazione di interpretazioni (per es. Many Worlds porta all’estremo il discorso di sopra e dice che c’è solo entanglement, e le istanze che vediamo collassare sono “apparenti”, non chiedetemi di più
), che di fatto ai fini di un esperimento non cambiano nulla; è solo che mantenendo la visione naive di collasso (che stavate usando) c’è una inconsistenza. Una domanda può essere se la stessa richiesta di consistenza interna di una teoria della misura (di fatto vogliamo far tornare i conti per l’intero universo, che per definizione non è osservabile con uno strumento esterno) non sia chiedere troppo, in tal caso “shut up and calculate”. Passi avanti che conciliano in parte pragmaticità e consistenza sono stati fatti con la teoria della decoerenza, ma non elimina del tutto l’empasse, il problema è aperto. E come ho detto di solito le interpretazioni non sono falsificabili (infatti quelle falsificabili, per es. di Penrose, sarebbero risolutive se verificate).[/QUOTE]
Non mi sento di avere una visione naive e comunque il mio set mentale mi vieta tassativamente di “scervellarmi”. 
L’ “osservazione” stessa, come la semplice percezione, è un incontro tra fasi di qualità più o meno specifiche, corrispondenti a funzioni e comportamenti più o meno specializzati, più o meno evoluti (in senso darwiniano). Ad esempio fra la qualità del mio “stato cosciente” e quello di un altro, come oggetto guardato, e visto, con un suo comportamento; una qualità semplice su ciò che può esser visto come una base complessa di altre fasi di qualità semplici, come un sostrato che conservi la “conoscenza” su cui poggia ogni momento di questa vita. L’incontro di una forma di coscienza con un’altra nell’attesa che ci guida su ciò che vogliamo incontrare o su ciò a cui vogliamo andare incontro … come la percezione di un segno.
Vedi, il bello della metafisica è che puoi usare le parole in modo vago, al di fuori di un gioco linguistico: basta che tocchino quelle corde del nostro sentire che ci diano l’idea e la visione di un appagamento cognitivo al quale aspirare.
Parole con funzioni vaghe, che diano (o lascino) ampi spazi di libertà all’immaginazione e al pensiero, che generino un ambiente dove possano assumere forme di vita organiche che non oppongano resistenza alla loro stessa potenza; parole solo vagamente indicative e vincolanti, eteree … parole la cui funzione sarà quella di incoraggiare lo sviluppo di una nuova conoscenza o di un nuovo paradigma: come modi di sistemare funzioni appunto [FONT="]vaghe, per ordinare funzioni più specifiche di cui servirci per … affrontare magicamente le più disparate contingenze.
Espressioni di un senso di appagamento conoscitivo a cui aspirare: un’idea, forse il primo passo per un nuovo paradigma della conoscenza, corporazione scientifica e coscienza.
L’immagine di un appagamento teorico, in vista di una scienza, conoscenza e tecnologia che ci renda capaci di soddisfare meglio i nostri bisogni e forse anche desideri, ma che fa l’esatto opposto se ci depriva della fantasia interferendo più del necessario con la nostra immaginazione.
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