Diamoci ai classici... cosa leggere?



minchia quello linkato direi che risolve tutti i miei problemi

no comunque seriamente spero che ora sia più chiaro!
Ora rimane da capire una cosa, giuro per curiosità, non intendo fare polemica; perché vuoi restringere il campo agli ultimi tre secoli?
L'hai mai letto Yvanhoe? E' considerato uno dei libri di avventura e cavalleria più belli, pioniere del genere storico avventuroso.
L'hai mai letto Arancia Meccanica? E' considerato un grande cult della letteratura, molto innovativo e sconvolgente proprio nella sua costruzione letteraria.
Hai mai letto Il Signore delle Mosche? E' un classico della letteratura "di formazione", come anche Il Giovane Holden.
Hai mai letto Salgari?
Conosci il pagliaccio IT o i vampiri di Salem? Hai idea delle storie che hanno dietro, da dove arrivano, dove sono finiti?
Per me semplicemente ti basta pescare a caso in ciò che per sentito dire conosci ma non hai mai approfondito.
Una citazione, un nome, una storia che conosci vagamente, sono stimoli che ti arrivano tutti i giorni, non serve una lista per i classici, basta fare attenzione ogni giorno alle citazioni e scegliere che storia conoscere
Complimenti per aver messo insieme uno sciocchezzai di quanto di peggio sappia offrire la letteratura contemporanea, per poi averci inserito un libro, invece, sommamente decente come quello di Golding. In pratica stai delineando un percorso di formazione per lettori di libri per supermercati.

Il giovane Holden è una cagata pazzesca. Ne parlavo giusto ieri; se Holden fosse vissuto realmente sarebbe stato iscritto ad una classe differenziale.
Tempo fa Le Goff ebbe a confessare candidamente che la sua passione per il medioevo era maturata leggendo, da piccolo, Walter Scott. A me borzo non pare propriamente di primo pelo, sicuramente un po' troppo vecchio per maturare una vocazione adolescenziale, quindi direi che se lo può risparmiare ampiamente (perché, al netto di ipotetiche suggestioni giovanili, Scott è pure crap).
Boh, Burgess, famoso solo per la riduzione cinematografica di Kubrick. Mettiamoci accanto un meh.
Salgàri, stesso discorso che per Scott, ma almeno l'ultimo ne azzeccava qualcuna, quanto ad ambientazioni storiche (al netto delle deformazioni romantiche): Salgàri è riuscito a scrivere un romanzo "storico" sulla caduta di Cartagine (III guerra punica) in cui discorre amabilmente della spedizione annibalica in Italia, in pratica una cosa di cinquant'anni prima. Vedi tu, ma io non lo rifilerei nemmeno ad un bimbo di sette anni.
King non ha scritto in vita sua una sola pagina che sia degna d'essere letta, le cose migliori le ha tirate fuori scopiazzando H.P.L. che potrà aver avuto anche trovate geniali, ma era lungi dall'essere un grande scrittore, quanto a stile. E che io sappia, un tempo, a Salem c'erano le streghe; non ho idea di quale B-movie o B-book vi abbia schiaffato anche i vampiri.
Passi per farsi delle domande, ma occorre anche riuscire a formulare le domande giuste.


Ricordi bene.
Belli i primi capitoli a Nantucket.
Belli i primi capitoli che presentano i marinai.
Bello il capitolo in cui ti descrive la caccia al capodoglio.
Bellissimi ed epici gli ultimi tre capitoli con il finale cataclismico.

Ma in mezzo ai qualcosa come trecento, forse quattrocento pagine di seghe mentali sulle balene, incluso un capitolo in cui Melville tenta di dimostrare che le figure di balene siano dappertutto, inclusi alcuni quadri paesaggistici di montagna.


Sono affermazioni come questa che tirano giù di stile questo forum.
In primo luogo, lo snobbismo letterario è la peggiore malattia del genere umano per quanto riguarda la cultura.
E su questo forum, purtroppo, ce ne sono tanti.
Secondariamente, rivela che non conosci né King né Lovecraft e che, comunque, non sai contestualizzare il valore dei loro lavori.


mah, così... in genere preferisco roba abbastanza moderna.

per dire, se mi consigli Seneca non lo leggo.

Comunque molti di quelli nominati li ho già letti... Dosto letto, Holden letto, Lovecraft letto, Poe letto, hemingway pure...

Non ho cominciato a leggere proprio ieri, però ecco mi rendo conto che mi manca tanta roba che in genere quando si parla di letture, si da per scontata.
Urca, questo thread è partito neanche 24 ore fa e già si sta delineando come la più grande royal rumble mai vista su Libri.
Comunque mi rincuorate, pensavo che Moby Dick avesse ammorbato le palle soltanto a me.
Ma come è possible, in un forum di libri, in un thread in cui l'opener cerca consigli su libri da leggere, in un thread in cui specificatamente si cercano i classici, com'è possibile che la prima risposta sia 'Evita Dostoyevski'?


- Ragazzi aiutatemi, voglio vedere un bel film
- Evita Kubrick.


succede anche questo su NGI


Non so se ti convenga giocare a quello che la sa lunga dipingendomi come il classico snob da chat che trancia giudizi senza aver mai letto alcunché di ciò che pretende di giudicare, dal momento che di H.P.L. ho letto pressoché tutto, con sommo sprezzo del pericolo; persino i modestissimi saggi in cui esprime le sue modestissime posizioni filosofiche di gretto provinciale. Per non parlare di un razzismo che, come ammesso anche da suoi celebri commentatori come Sunand T. Yoshi, è ben al di là dal costituire il riflesso dei sentimenti razzisti nutriti dai WASP dagli anni XX del Novecento, arrivando a parossismi isterici che si traducono poi in sgradevolissime cadute di stile come quelle che caratterizzano l'ambientazione di The Horror at Red Hook. Se poi io disdegni di lasciarmi irretire in dispute sulla letteratura weird, o sul fantasy, è solo perché ritengo che sarebbe tempo sprecato su di un soggetto non all'altezza delle fatiche, non perché non ne sappia nulla e mi sia formato un giudizio a priori.

Il problema di H.P.L., tanto per iniziare, è costituito dal calibro medio dei suoi lettori, per lo più costituito da gente che si ciba di sola letteratura fantasy/weird e strabilia di fronte ad una presunta cultura enciclopedica del nostro che, al netto delle sue conoscenze di chimica pratica, può facilmente ridursi ad una certa consuetudine con la mitologia classica, alla lettura de Le mille e una notte ed all'utilizzo estensivo dell'Encyclopaedia of Occultism di Spence: da cui anche la risibile deduzione propria di qualche critico amatoriale su di una presunta appartenenza di Lovecraft alla Golden Dawn, per via di certe suggestioni, che avrebbero invece potuto far risalire facilmente a Spence ed alle suggestioni di un altro modello come Arthur Machen - che della Golden Dawn facevano effettivamente parte - se solo si fossero presi la briga di praticare un minimo di Quellenforschung.

Ripeto, certe trovate sono geniali, ma la costruzione dei suoi racconti lascia enormemente a desiderare: lo svolgimento del plot narrativo è scontato, tanto da potersi chiaramente intuire sin dalle primissime battute ove andrà a parare e destituire di qualsiasi rilevanza i presunti finali a sorpresa che più telefonati non si potrebbero.
Questo perché Lovecraft parrebbe attribuire importanza prioritaria all'atmosfera, all'ambientazione, salvo poi adoperare - e qui sono le note dolenti - una lingua assolutamente inadatta a restituirla: turgida ed intricata sino ad essere impraticabilmente legnosa, ridondante, enfatica. Si capisce perfettamente che Lovecraft da una parte si vorrebbe ispirare alla prosa di Poe, da un lato, ed ai suoi amatissimi modelli eruditi sei-settecenteschi (uno fra tutti, direi, Cotton Mathers) dall'altro: ma gli manca il genio letterario di Poe, il suo talento nel costruire sintatticamente la frase con eleganza, la sua stessa dimestichezza - da scrittore dei primi dell'Ottocento - con un certo tipo di prosa culta, mentre per contro la cultura settecentesca di Lovecraft è quella d'accatto di un nostalgico che vorrebbe riproporre un modello di stile, e di contenuti, che comunque non gli appartiene e che non sa maneggiare con disinvoltura: piuttosto con la pedanteria dell'imitatore.
Non ho idea di quale possa essere l'impressione destinata a suscitare, nel lettore medio di lingua inglese, la sua patina erudita dal periodare ciceroniano e dal facile giochino di preferire costantemente, ove possibile, termini di etimo latino a quelle di radice anglosassone (i.e. tomb invece di grave; audacious invece di brave, putrescent invece di rotten e via dicendo); a me, da latino, non colpisce particolarmente.

Su King non perdo nemmeno tempo ad argomentare.
Non vedo cosa c'entri il calibro medio dei suoi lettori comunque
Mah, che Lovecraft non sia una cima a livello prettamente scrittorico credo che nessuno voglia negarlo, anche se a me, personalmente, fanno impazzire le sue descrizioni intricate piene di aggettivi e avverbi buffi e ridondanti; non solo, ma mi sembrano anche piuttosto funzionali all'atmosfera che L. vuole creare.

Per dire, questo pezzo che m'è tornato a mente giusto oggi:


the Unknown God of the Dead, which licks its colossal chops in the unsuspected abyss, fed hideous morsels by soulless absurdities that should not exist. - roba così mi lascia assolutamente senza fiato nel senso più letterale, mi fa penzolare a testa in giù da un ponte con nulla sotto, non saprei come altro dirlo. E secondo me è un modo di scrivere, quello che L. mostra in queste situazioni, che poi solo le sue situazioni clou, che non si trova né Poe né Dunsany né Hodgson (per citare tre degli amati di L. di cui ho letto).

Questo pezzo qui sopra poi mette in mostra quella che secondo me è la vera genialità di L.: quella sensazione di infinitesimità dell'uomo che, anche qui, secondo me pochi altri scrittori riescono a trasmettere. Cioè qui la bestia contemplata dal narratore è un abominio orrendo nutrito da assurdità che non dovrebbero esistere... ed è solo la zampa, l'unghia di qualcos'altro ancor peggiore. C'è poco da fare, per me è roba da applausi. Quando leggo Lovecraft mi sento un insulso atomo del cazzo disperso in un cosmo infinito e, se non mi compiacessi del mio libero arbitrio per consolarmi un po', allora si che inizierei a cacarmi addosso.

E si, di fronte a roba del genere per me pure la perizia scrittorica passa ampiamente in secondo piano


Mi dispiace ma io non sono d'accordo, sinceramente penso che siano libri che vanno letti almeno una volta, per riuscire quanto meno a conoscere cosa è venuto fuori dopo, quali sono i termini di paragone, cosa ha influito nel nostro percorso culturale. Perchè tutti sanno cos'è arancia meccanica? Perchè Salgari viene citato ancora oggi? Cosa fa di King uno scrittore così polemizzato? Per farsi una cultura non si deve cercare per forza l'opera migliore della biblioteca alessandrina, per farsi una cultura bisogna bisogna anche avere strumenti di analisi. Come potrai dire un domani che le generazioni che hanno letto Holden, non hanno capito un cazzo, se tu per primo non l'hai letto? Poi potrai dire che scegli altri punti di vista, ma per averli devi anche evitare quella cosa tremenda che cita elric, lo snobismo letterario, che purtroppo spesso porta le persone a criticare aspetti che vanno al di là della letteratura pura perchè in realtà non hanno capito a fondo. Non so se ho spiegato bene il mio punto di vista.


Ecco, proprio tu; mentre scrivevo mi tornava alla mente quel tuo commento di qualche giorno fa su Dunsany e non è che sia totalmente d'accordo, sul fatto che HPL non ci avesse capito molto; nel senso che molte sue opere non recepiscono la delicata poetica dunsaniana perché la loro costruzione non contempla proprio spazio - o qualsivoglia funzione - per recepire quel tipo di poetica, limitandosi a riprendere meccanicamente la pura idea di inventare dalle basi un nuovo pantheon di dèi, salvo poi piegarlo per ben altre finalità letterarie.
Ma Lovecraft - che imitasse Dunsany o che fosse farina del suo sacco - era pienamente capace, secondo me, di dispiegare quel tipo di poetica in una serie di racconti assimilabili più al tema del sogno, che non a quello dell'orrore (e men che meno all'orrore cosmico del ciclo di Cthulhu) e che rimangono in assoluto i miei preferiti: penso ad esempio a The Strange High House in the Mist.
Quanto allo stile non so, a me continua a non far gridare al miracolo, ma immagino sia puramente questione di gusti; quanto poi alle sensazioni di infinita piccolezza ed assoluta ininfluenza ed impotenza che HPL vorrebbe trasmettere, personalmente mi hanno confortato come l'incontro con una sorta di "doppio", più che inquietarmi. Insomma, fanno parte di quelle acquisizioni proprie di chiunque abbia meditato sulle lezioni che già furono del meccanicismo classico, sbirciando ad esempio dietro l'ostentata serenità olimpica di un Lucrezio per carpire lo sconforto che traspare dalla descrizione della peste di Atene (e lo dico proprio perché ho letto, all'epoca, del tuo lavoro sul De rerum natura); o tenendo a mente le desolate e desolanti riflessioni pliniane sul destino dell'uomo che abbondano nei libri "antropologici" della Naturalis Historia.

P.S.

Peraltro mi viene in mente anche uno specifico saggio, del '22, facente parte della produzione "critica" di HPL e dedicato proprio a Lord Dunsany in cui, oltre ad approfondire, come ci sarebbe da attendersi, l'idea letteraria del pantheon costruito ex novo, ha grandi parole di elogio per la delicatezza della sua poetica, per la bellezza e la profondità delle sue intuizioni mutuate da quella filosofia naturale che HPL aveva in grande stima per via del suo feticismo per la letteratura greco-romana.


Ah ecco, allora ci avevo visto giusto, quel blog era tuo O no?

Comunque si, quel "non ci ha capito molto" forse era meglio girabile in "non è riuscito a metterlo in pratica bene", perché a me, in realtà, i racconti onirici di Lovecraft (quindi, chessò, il Kadath) annoiano moltissimo. Sono d'accordo con la tua osservazione sul fatto che non ci fosse proprio spazio nella poetica di L. (o meglio, nella sua Poe-etica, oh oh oh) per la poetica di Dunsany, ma è innegabile che almeno all'inizio L. abbia almeno cercato di imitarla, imho, fallendo.

Per quanto riguarda Lucrezio e Lovecraft, beh, secondo me la differenza principale sta nel fatto che in Lovecraft non c'è nessuna consolazione all'abisso del cosmo. In Lucrezio c'è (poi possiamo discutere su quanto la consolazione vinca sull'abisso*), in Lovecraft no; oppure, se c'è, è la pazzia Per questo dico che le visioni di Lovecraft mi inquietano se non mi compiacessi del mio libero arbitrio per consolarmi un po'; sensazione che ad esempio non provo quando leggo Lucrezio.


* e per me la consolazione vince, se non per ko, almeno ai punti; quando Lucrezio parla del male e della sofferenza, secondo me, si sta limitando a riportare cose che effettivamente succedono e su cui purtroppo non si può far finta di niente. La consolazione, però, resta.
No, aspetta, cado dal pero: quale blog? Mi riferisco a quel post che hai lasciato nel cosa stai leggendo adesso, non citavi mica un blog. Per inciso, non ho nessun blog, sono troppo pigro per tenerne uno.

E sì, molta della produzione onirica di Lovecraft è di una noia abissale (giusto per riprendere un aggettivo caro al nostro): citavi il Kadath di Randolph Carter, io aggiungerei anche raccontini, diciamo, d'ambiente, come Polaris o Celephais. Per questo citavo The Strange High House in the Mist, perché la tematica poetica, onirica, è comunque contestualizzata nel New England incubico di Arkham, del Miskatonic, etc.; quindi riesce ad essere affascinante senza scadere nella noia profonda, da un lato, e senza ricorrere all'orrore cosmico per sostenere la narrazione, dall'altro; direi un raro e felice caso di ottimo compromesso, pertanto.

Su Lucrezio, in linea teorica non posso far altro che concordare con te; il medicamentum è sparso a piene mani in tutti i libri fuorché l'ultimo, e con grande diffusione di eloquenza e dottrina epicurea, quindi non si può dire che l'antidoto non vi sia.
Però, come dire: a me, come lettore, alla mia sensibilità - e quindi parlo di qualcosa che non potrei sostenere in nessuna sede con alcuna pezza d'appoggio filologica o critica - il De rerum natura ha sempre fatto una spiacevolissima impressione.
Sarà che l'eleganza degli esametri non riesce comunque a spegnere la crudezza delle immagini evocate: mi ricordo che mi scioccò particolarmente la descrizione del coito (libro IV, mi pare, ma vado a memoria) e mi limito a riportare questo come esempio di ciò che intendo.
Non è una descrizione da fisiologo od anatomista che si limiti a raffigurare tranquillamente ea quae sunt sicut sunt, è di un meccanicismo volutamente brutale financo nella scelta dei termini: quasi che Lucrezio volesse emergere dalle righe con un sorrisetto sarcastico per dire, prima di rifilarti il palliativo, "beh, cosa credevi, che vi fosse qualcosa di più? È veramente tutto qui".
Ed è una sensazione ripetuta, per me, leggendolo.
Allora non sei tu Nulla, la tua location è collegabile al nome di un blog che citava un mio post su Lucrezio e bla bla bla

Ah beh, che in Lucrezio ci sia una tensione continua tra la consolazione e l'abisso è innegabile, e questa tensione è poi quello che imho dona tutto il fascino all'opera; perché, digiamolo, in sé la consolazione epicurea è una sòla tale che fatico a credere che chiunque ci abbia mai veramente posto una fiducia che andasse oltre l'adesione superficiale. In Lovecraft però questa tensione non c'è proprio, perché se vedi l'abisso ti si frigge il cervello: l'unico scampo è la non conoscenza, una situazione che per Lucrezio ad esempio è impossibile perché indegna dell'uomo. Per questo secondo me Lucrezio, pur essendo innegabilmente il padre filosofico di Lovecraft, non gli è completamente sovrapponibile.

Poi, giusto per precisare, per me Lovecraft è più o meno Dio proprio perché è riuscito a mettere in narrativa tutto l'orrore che scaturisce da una visione del cosmo meccanicistica, andando ben oltre a Poe o a qualsiasi altro suo antecedente in questo. Cioè, un conto è scrivere un trattato sul meccanicismo, un conto è basarci sopra tutta la tua poetica


Ti interessava Tolstoj mi pare di aver capito, puoi andare (in ordine crescente di lunghezza) di Morte di Ivan Il'ic (esistenziale - metafisico), I racconti di Sebastopoli (che è un po' il suo manifesto letterario in un certo senso), Anna Karenina (romanzo).

Altri russi? Gogol non lo trascurerei, Nabokov, Puskin.

Qualcosa di francese? Camus, Celìne, Blanchot, Bataille, Stendhal, Flaubert, Proust.

Più latino? Saramago, Marias.

Mittleeuropeo? Brecht, Musil, Durrenmatt, Kafka, la Kristof.

Orientale? Mo yan, Mishima.

Su questi posso garantire personalmente che a prescindere poi dai tuoi gusti non leggerai roba scadente.