decrescita



Teoria economica della Decrescita.
Significa che partendo dal concetto di obsolescenza programmata e di scarsità della risorse economiche chi è al potere, sapendo certe cose, comincia a redistribuire quel che rimane della ricchezza nazionale usando parametri puramente "di parte".
In genere una popolazione la si giudica dalla qualità del livello scolastico, dalle cause civili, penali ed amministrative che coinvolgono i suoi cittadini, da quanta corruzione c'è nella politica ecc ecc.
Con la "decrescita" chi ha il potere se ne frega di tutto ciò e sposta tutto quello che può spostare dalla massa dei cittadini, tassandoli come pazzi, alle classi più abbienti che hanno tanto bisogno di quella spremitura tributaria al popolo.
no mi sa che hai fatto un po un minestrone ...
per decrescita si intende una politica 'economica' che miri alla contrazione dei consumi, sia a livello individuale che a livello collettivo (es spesa per infrastrutture ed energia). lo scopo finale è la riduzione del pil in termini quantitativi e la sostituzione del lavoro retribuito con 'lavoro libero' che si appoggia su relazioni di prossimità economia del dono e altre robe simili.
cio che tu hai descritto non è nient altro che il normale comportamento del capitalismo in un contesto di crisi.
il problema con la decrescita è che:
1) non c'è una teoria convincente che spieghi come si dovrebbe raggiungere lo scopo agognato, attravarso quali canali, quali attori guidati da quali interessi dovrebbero portarlo... tutto si riduce ad uno : lo stato dovrebbe fare x o y , a cui non si può rispondere altro che 'sticazzi' visto che manca qualsivoglia modo di costringere lo stato a fare x o y
2) non è assolutamente detto che la riduzione dei consumi porti ad una maggiore equità, la storia è piena di fasi di riduzione dei consumi associate con crisi sociali pazzesche. a questo punto l'obiezione che viene mossa è 'ma noi siamo per una crisi pilotata che salvaguardi il benessere', e li si ritorna al punto 1 (poi possono benissimo fregarsene ma a quel punto diventano irrilevanti, tipo i matti che praticano l'urinoterapia o le cure coi cristalli)
Una domanda e una considerazione.
Prima la domanda: Come si inserisce il fattore demografico nella decrescita?

Ora la considerazione: mi sembra che la discussione sulla decrescita sia attiva solo in quello che chiamiamo "mondo occidentale", cioè le vecchie potenze economiche e coloniali uscite dalla seconda guerra mondiale in contrapposizione al blocco sovietico.
Non mi sembra che il discorso sulla decrescita interessi minimamente i paesi emergenti.
Dal punto di vista culturale e sociale credo si leghi a un bisogno di cambiamento, slegato però da una componente ideologica in grado di dare una direzione coerente a questo sentimento.
Secondo me l'emergere di alcuni elementi artistici ed estetici rispecchiano questa mia impressione, in cotrasto alle tematiche comuni fino a tutti gli anni '70 e '80 del secolo scorso. Si avverte la presenza di elementi che potrebbero essere considerati addirittura reazionari. Ma non mi dilungo perché andremmo fuori dagli scopi di un forum di politica.


Hai perfettamente ragione, i dati delle serie storiche non mentono, ma, guardando al futuro, non è impossibile che un numero sempre maggiori di mestieri potranno essere eseguiti automaticamente rendendo necessario l'apertura di nuovi fronti lavorativi od una riconfigurazione della società.


non è per nulla una domanda triviale, è indubbio che riducendo l'impronta ecologica ci sia più 'spazio' per la crescita demografica, in ogni caso sul lungo termine è impossibile decrescere se la popolazione cresce.
a mio avviso è uno degli aspetti piu inquietanti e controversi anche perche, dato l'invecchiamento della popolazione potrebbe esserci una sensibile penuria di forza lavoro se si tiene stabile la popolazione. quindi i casi sono due o si riduce la speranza di vita (cosa che molta gente ha anche teorizzato) o ci si affida ad una meccanizzaizone del lavoro che mal si sposa col concetto di decrescita.

Ha perfettamente torto, la crescita demografica sostiene lo sviluppo, senza crescita demografica c'è un calo.
è l'antropizzazione che sostiene il PIL ( in Spagna ed USA lo stop è stato drammatico ), per ora l'antropizzazione/sviluppo ha permesso ai lavoratori colpiti dal progresso tecn. un reintegro in altri settori ( edilizia etc ) ma non potrà essere così per sempre, perchè andrà a calare l'indice di felicità con il consumo di spazio.
PS: *

se conoscesse la storia dell'800 avrebbe preso in considerazione il boom demografico ( grazie al progresso medico e agricolo ), in concomitanza con lo sviluppo industriale, ed il conseguente ( ovvio ) crollo del mercato del lavoro e la fuga in milioni verso il Nuovo Mondo.
e la spinta disoccupazionale ha avuto uno sfogo logico anche nel colonialismo praticato dalle nazioni europee in difficoltà con il mercato interno.


PS: una nazione di intellettuali non è concebile, per il semplice fatto che è disonesto considerare tutti gli uomini con un intelletto potenzialmente uguale.
forse una nazione basata sul gioco del calcio è più realistica
Lui si riferiva, da quello che ho capito, ai trand passati con tutto ciò che ne consegue in termini di sviluppo tecnologico e incremento della popolazione; ma in ottica futura sono convinto che sia un sistema destinato al fallimento anche e sopratutto in virtù di una continua crescita demografica non facilmente assorbibile.

aspe noncapisco bene cosa intendi , nel senso... stai parlando delle ore lavorate dall'intero numero di occupati ?
in quel caso hai ragione ma solo a PIL e numero di occupati costante condizioni che difficilmente si ritrovano in realtà.

senza contare che storicamente c'è stato un processo di commercializzaizone del lavoro di cura che ha , de facto, fatto aumentare le ore lavorative (brutalmente dove prima c era la moglie oggi c'è la colf)


Prevedere il futuro è difficile, ma dire che la tecnologia ruba il lavoro è sbagliato. Come dire che l'aumento degli occupati sarebbe dovuto da una più che compensazione di questo presunto effetto da parte dell'incremento demografico. Non a caso, alcune nazioni africane che presentano condizioni speculari (non hanno giovato granché del progresso tecnologico e hanno una crescita demografica maggiore di quella italiana), dovrebbero avere secondo questa teoria un aumento enorme degli occupati, invece hanno semplicemente più uomini senza lavoro che fanno la fame.
Il fatto che la tecnologia riduca il mercato del lavoro è una asserzione che si è dimostrata falsa fino a tempi recenti, continuerà ad esserlo ? Io sospetto di no, ma vedremo.


Non intendevo falliti il primario e il secondario , intendevo che non sono in grado di riassorbire la gente che perde posti nel terziario e nel terziario avanzato.
il problema e che a parità di persone occupate in fase di crescita , i rischi in fase di recessione sono raddoppiati.
Chi lavora nel terziario e il primo che rischia in recessione perchè non da beni ma da servizi, servizi molto spesso superflui in periodi di crisi.
E ci ritroviamo con i beni necessari che non sono più prodotti in italia , senza la convenienza del riaprire fabbriche qua ..

quello si anche se, onestamente, questa crisi verticale del terziario non la vedo, quantomeno non in misura più accentuata di altri settori. anche perche se è anche vero che molti servizi sono superflui es pubblicità consulenze, altri nel contesto attuale sono decisamente 'core'. penso al settore FIRE (finance insurance real estate) ma anche al settore legale/paralegale ed ict. c'è anche da considerare una cosa: la crisi dell'industria implica che si è 'bruciato' capitale fisso che resta immobilizzato ed inutilizzabile negli impianti. nel terziario per male che va hai bruciato il capitale investito nell'edificio che si occupava .
questo per dire che è anche vero che c'è una possibilita seria di contrazione nel terziario (sarei piu scettico sul terziario avanzato, ma dipende molto dalla definizione) ma è anche molto semplice 'ripartire' dopo la tempesta.

il fatto che in italia non si coltivino peperoni non è necessariamente un male,(per lo meno in termini economici) posto che nella divisione internazionale del lavoro si conservi una situaizone in cui si stà ad un livello superiore.
dovessimo trovarci senza terziario e senza primario sarebbe decisamente un casino


Ma non lo so, questo non significa che devi prendere la strada opposta all'evidenza storica e spacciarla pure per una questione assodata, come se si parlasse del teorema di Piagora

suck fidati, il colonialismo e l'imperialismo ottocentesco sono nati per trovare un nuovi mercati, sia nell'import che nell'export ( cosa che non viene mai presa in considerazione dai politici marxisti che inquadrano solo il colonialismo nell'ottica del succhiare risorse ).
chi non ha potuto attuare una politica imperialistica decente ( l'Italia era appena nata ) ha visto la sua popolazione fuggire nelle americhe.
L'India fu invasa da acciaio, fornitures, items, ( non mi vengono le parola in italiano rotfl ) di fabbricazione inglese.
comprendi che senza espansione fisica, c'è il calo di occupazione in casa propria.
possiamo estendere il concetto di questo imperialismo alle nuove multinazionali dell'IT. , il terziario più produttivo allo stato attuale, hanno inventato la globalizzazione apposta.
ma quanto può durare ? la Cina sarebbe stata una importatrice bestiale di IT ma ha deciso di puntare sul farsi le cose in proprio.
poi toccherà anche agli altri e piano piano e ci sarà il tracollo dell'IT negli USA.
per come la vedo io lo stesso protezionismo a favore di Apple potrebbe essere un indice dell'inizio del fail totale.
protezionismo che guarda caso fu applicato anche a fine ottocento proprio dall'Inghilterra, visto il calo dell'industria, per depotenziare la più tecnologicamente progredita Germania che aveva un export potentissimo.
Io non riesco a escludere uno scenario di "crollo" dell'occupazione a causa di una nuova "rivoluzione tecnologica", ma men che meno riesco a prenderlo come necessario. Fin'ora non è mai stato così, né ai tempi del motore a vapore, né per la new economy e via discorrendo.

L'espansione dei mercati è un fattore ovviamente, potrebbe essere anche un fattore non ripetibile ma come fate a fare un volo pindarico da qui a dire che la tecnologia comprime l'occupazione? Io questa cosa qui non la capisco proprio.
[OT]
così su 2 piedi mi vengono in mente le pestilenze di Napoli, il successivo boom economico che ne risultava ( spendaccioni a babbo morto ).
non era decrescita quella ?
in effetti la morte di concorrenti permetteva l'espansione commerciale del singolo che acquistava terreni e incrementava l'attività.
[/OT]


ma vedi quando si moriva a 50 anni il salto tecnologico lo vivevano i tuoi figli.
adesso che campiamo 80 anni e c'è il famoso ritorno accelerato, anche nel terziario secondo me c'è il rischio di avere generazioni di mezzo che restano senza lavoro perchè non capaci di adattarsi ai salti.

Perche'?


la questione mi sembra molto semplice e si risolve con due parole "chi paga?" nel momento in cui si ha accesso ad un reddito di cittadinanza ben fatto e esiste una redistribuzione sociale di ampia portata come quella torizzata dai decrescisti si pone il problema di come fare a rendere possibili economicamente questi servizi.
la prima strategia è restare all'interno del capitalismo tassando a sproposito i privati per poi redistribuire, la seconda strategia è saltare un passaggio e fornire direttamente il bene da parte della collettività, va da se che la seconda è un alternativa più efficiente della prima

Perche'?
vai con un altro OT :

fornire direttamente il bene.

saltare gli intermediari, gli usurai.

Per quanto riguarda il commercio estero, ideò un ingegnosissimo sistema per trasformare gli acquisti di materie prime da altri paesi in commesse per l'industria tedesca: i fornitori erano pagati in moneta che poteva essere spesa soltanto per comprare merci fatte in Germania.
Il meccanismo, di stimolo al settore manifatturiero, funzionava come un baratto: le materie prime importate erano pagate con prodotti finiti dell'industria nazionale, evitando così il peso dell'intermediazione finanziaria e fuoriuscite di capitali.
cit. wiki