decrescita

volevo finire di discutere un argomento che si era toccato in parte nel topic di grillo vs favia che imho è centrale, ovvero la 'teoria economica' della decrescita.
soprattutto mi interessa la questione dell'equita sociale di una politica decrescista.

giro una critica marxista alla decrescita in cui mi riconosco abbastanza, non tanto per il frame teorico quanto per il fatto che solleva precisamente questo problema.
l'articolo è lungo e complesso ma imho merita di essere letto

http://www.senzasoste.it/le-nostre-traduzioni/una-critica-marxista-alla-teoria-della-decrescita

inserisco un paio di estratti antipigro










/discuss
Dico la mia sugli estratti, domani leggo tutto l'articolo.

Come avevo già accennato nell'alto topic, crescita e accumulo di capitale sono per me in stretta relazione, se si escludono incrementi della produttività dati dallo sviluppo tecnologico (che possono verificarsi come no), l'obiettivo della crescita, oltre un certo livello presuppone un accumulo corrispondente del capitale con tutto quello che ne deriva in termini di disuguaglianza.

La decrescita intesa come rinuncia alla crescita via accumulo di capitale può essere una teoria economica che privilegia una più equa distribuzione.
Ci sono dei però. Il primo è che l'economia si autoalimenta nelle fasi espansive e si autofagocita nelle fasi recessive, quindi la mancata crescita in breve erode il cosiddetto benessere, fino a che punto saremo disposti ad accettarlo in nome di una maggiore equità?
Il secondo è che, mi sento scontato a ricordarlo, chi dirige la politica economica è chi ha accumulato già capitale e ne vuole ancora, quindi si rimane nel campo della sterile discussione.

E' ovvio che la decrescita sia una teoria economica strettamente "occidentale" che non trova nessun terreno fertile né nei paesi poveri né tantomeno in quelli in via di sviluppo che hanno un'economia rampante, live with it, al Brasile all'India, alla Cina non gli frega un cazzo di questa roba qui, vogliono "li sordi".

Più in generale, riguardo a crescita e distribuzione equa, io sono arrivato alla convinzione che non ci sia una soluzione "accettabile" per "la società" (ammesso che abbia ancora un senso questo termine), perché o fai una vitaccia o ne fai una appena accettabile seduto su una pila di cadaveri. Tanto il benessere di cui godiamo è figlio del colonialismo economico, e francamente non ce ne siamo mai fatti un cruccio più di tanto, ora il vento sta cambiando e che volete, a chi tocca non se 'ngrugna, come si dice dalle mie parti.
prima che la gente inizi a postare a bomba sarebbe bello sapere se conoscono la differenza tra progresso e sviluppo.
perchè in questi 2 concetti c'è l'anima della discussione.


la questione secondo me è un rapporto triangolare fra tre concetti: crescita, accumulo di capitale e redistribuzione.

trovo piu comodo dividere cosi il concetto perche si può farne un analisi 'quantizzabile', la divisione fra progresso e sviluppo può essere pure sensata ma poggia su degli assunti più 'interpretabili'.

una precisazione: accumulo di capitale è sinonimo di concentrazione dello stesso, redistribuzione ne è l'opposto, mentre per crescita intendo non solo un aumento del pil ma anche l'aumento del capitale fisso disponibile in una data area (es dotazioni infrastrutturali)

nel caso dei paesi della periferia estrema o anche solo del BRIC credo sia abbastanza evidente che non ha senso parlare di decrescita poichè in molti contesti mancano anche solo le infrastrutture di base (strade, ospedali, abitazioni decenti).

la questione si fa più interessante considerando i contesti occidentali: per sintetizzare il problema non è tanto il perseguimento di un ideale astratto di 'crescita' quanto la reale implementazione della stessa che, appunto può prendere due strade: da una parte l'implementazione di un sistema economico e sociale (e percio delle infrastrutture legali, materiali, economico-finanziarie e culturali che lo sostengono) basato sulla concentrazione del capitale. Dall'altra parte di un sistema che privilegia la redistribuzione dello stesso, soprattutto in termini di valore d'uso.

il mio problema con la decrescita è, per dirlo in fretta, che inverte l'ordine degli addendi fra crescita, concentrazione del capitale e azione politica. in altri termini è assolutamente possibile un contesto di non-crescita in cui si concentra il capitale (lo stiamo vivendo precisamente in questo periodo).
per contro il ragionamento dei decrescisti è un esercizio da manuale di 'wishful thinking', in cui se (non si capisce in che modo) si riduce il pil necessariamente ne consegue una redistribuzione.
questo paradosso è possibile perchè al di la di quattro ipotesi in croce non c'è nessuno studio approfondito di come il cambiamento dovrebbe essere portato: la gamma delle ipotesi varia da (scappiamo nudi nei boschi al welfare state ecologico) ma senza una 'roadmap' per il cambiamento (in altre parole un progetto su come si debba 'prendere il potere' e chi debba farlo e con quali modalità debba farlo) diventa veramente difficile ricostruire la catana causale che partendo dalla 'decrescita' dovrebbe portare ad una piu giusta redistribuzione
Io ho sempre valutato il PIL attuale come un valore fasullo ed è per questo che credo che la decrescita non sia sempre un male , il problema e che va valutato caso per caso.


indeed, il problema è che mancano proprio i criteri valutativi 'caso per caso'.
per fare un esempio: il socialismo ha perseguito pressapoco lo stesso scopo solo che, per farlo, si è dotato di una teoria del cambiamento rivoluzionario in cui sono chiari gli scopi e gli attori che devono perseguirli.
ciò che manca ai decrescisti è proprio questo l'individuazione di chi deve portare il cambiamento e perseguendo quali interessi, se non conosco lo scopo che devo perseguire ma mi affido ad un astrazione assolutamente indeterminata come 'la crescita' (tm) diventa anche difficile distinguere fra 'esiti' diversi dello stesso concetto.
tutto quello che vedo e la dignificazione politica del consumismo verde degli anni 90 ed ho i miei serissimi dubbi che partendo da tale contesto si possa portare un reale cambiamento
Ah comunque è chiaro (l'avevo dato per scontato), che "limitando l'accumulo di capitale" si "decresce", non il contrario. Perché se si è in recessione non per questo il capitale si redistribuisce, anzi, il prezzo delle crisi contrattive lo pagano prima di tutto gli straccioni, allo sceicco della recessione non frega nulla
Ma perché mai i teorici della decrescita dovrebbero volere una redistribuzione più egualitaria? Non mi sembra che l'idea di decrescita sia legata necessariamente all'idea di eguaglianza economica.
Quando penso alla decrescita non mi viene alla mente il valore dell'eguaglianza, ma piuttosto il valore della riconciliazione con la natura, del ritorno ai legami "autentici" della comunità, della dissoluzione dell'impersonalità astratta (ed egualitaria) del liberalismo...
per me usano la parola decrescita come ( camuffato ) sinonimo di progresso.
nello specifico il progresso scientifico è un fattore di decrescita, le ore lavorative diminuiscono.
Ma no. Decrescita significa meno prodotto, poi vabè se non ci accordiamo nemmeno sul significato delle parole è veramente la fine
Tra l'altro che il progresso faccia diminuire le ore di lavoro non è vero, negli anni cinquanta si lavorava quanto oggi nella maggiorparte dei casi, ma di progresso tecnologico ce n'è stato un bel po'.
il progresso porta sempre un calo delle ore lavoro, aumentando l'efficenza c'è bisogno di meno personale.

tu confondi lo sviluppo col progresso, lo sviluppo è aumentare la quantità di infrastrutture, la costruzione delle infrastrutture ha un aumento temporaneo di unità lavorative.

un esempio è l'aggiornamento della capacità commerciale di un porto, con la costruzione di un nuovo dock, più grande, robotizzato e automatizzato.
all'inizio c'è sviluppo ( con un aumento dell'indotto causato dalla massa di operai che consuma beni in loco e quindi si alza il PIL locale ), successivamente ( a progresso/miglioramento avvenuto ) c'è il crollo del PIL ( locale ) ad un valore più basso rispetto a prima dell'aggiornamento perchè le UL sono state ridotte di un decimo.
tu puoi dirmi che l'imprenditore guadagna di più, si ok, ma non vi è ridistribuzione del capitale, quindi cala il commercio locale che vive del capitale degli operai, quindi cala il PIL locale perchè resta il dock con un città di fantasmi intorno e l'imprenditore che va ad investire potenziando un altro dock.
ho descritto quello che fa la Maersk.


il progresso ( scientifico e tecnologico ) se noi andiamo a osservare i più disparati ambienti è sempre una causa di contrazione delle ore lavorative.
c'è una temporanea crescita, poi si cala nel lungo periodo.

l'informatizzazione poi ha disintegrato il lavoro impiegatizio ( a livello mondiale, in Italia abbiamo il Sudistan che è uno stato feudale con le sue regole protezionistiche ).
l'informatizzazione si è unita alla robotica, e continuerà a mietere vittime, i prossimi sono i lavoratori agricoli, nel nord italia tra 10 anni non esisteranno più braccianti, un Nao programmato per riconoscere palle rotonde puo' benissimo raccogliermi le mele con le sue braccia estensibili.
è solo questione di pochi anni e sapere osservare e mettere insieme cosa si vede con cosa si potrebbe fare.


non so se loro vogliano una societa piu egualitaria, so che io la voglio
Certo, e sono d'accordo con te (e in disaccordo con i "dicrescisti")
Non direi però che i decrescisti commettono il wishful thinking di cui tu parli, proprio perché l'eguaglianza non è una loro priorità.


mah onestamente latouche sembra più di quell idea li cosi come anche tutta la vulgata italiana: pallante badiale&bontempelli. che poi sia solo una 'captatio benevolentiae' buttata li senza più di tanto significato boh, puo pure essere eh ..


Ma quando mai. Sembrano le teorie della prima rivoluzione industriale dove si pensava che le macchine avrebbero rubato il lavoro all'uomo

Se guardi le serie storiche gli occupati sono in crescita da decine di anni nei paesi occidentali (ci sono dei decrementi momentanei nelle fasi di contrazione ma il trend è espansivo), nonostante l'enorme progresso tecnologico.

Edit: tanto per sbugiardare ancora di più questa bislacca teoria, al sud (che secondo te sarebbe un protettorato) gli occupati sono diminuiti del 3% negli ultimi vent'anni, al nord sono aumentati di più del 15%. Proprio sparare cose a caso


Vedrai che le serie storiche falliranno quando si capirà che una volta fallito il terziario avanzato , non c'è un quaternario .. e se ci si guarda dietro , non c'è più ne il primario ne il secondario ..
Come se fosse antani ma per due di vicesindaco?
Ci sara´ meno bisogno di personale per arare i campi ma, se diventiamo tutti richissimi grazie alla ultra-efficiente raccolta automatica dei pomodori, ci sara´ bisogno di molto personale per allevare aragoste e caviale (che NB mi fanno schifo)

Se inventiamo i replicatori di cibo, ci sara´ bisogno di molto personale per diete e liposuzioni.

????
scusa ma in italia abbiamo qualcosa come il 7% di pil legato all industria delle costruzioni senza considerare l'indotto, io avrei dei probelmi anche solo nel definire 'fallito' il settore secondario ...