Sono una veterinaria, amore spassionato per gli animali... bla bla bla... belli i felini bla bla bla... beli i cani... bla bla bla...
Durante gli studi mi sono accorta che l'attività clinica non fa per me. Empatizzo troppo con gli animali malati e l'ho vissuto con difficoltà. Mai stata animalista o vegetariana o simili. Poi ho scoperto la ricerca.
La adoro: quel lavoro solitario, introspettivo, di studio pressoché perenne e, appunto, di ricerca.
Dagli ultimi anni dell'uni, ho cominciato a lavorare per far in modo di andare verso la strada del PhD.
Tesi sperimentale, traineeship post-laurea all'estero e via dicendo.
Ho ottenuto alla fine il PhD. Non potevo rifiutare questo posto: buon team di ricerca, paese tutto sommato non male ed è pur sempre una borsa Marie Curie.
Peccato che una buona parte del lavoro sia in vivo.
Mai stata contraria alla sperimentazione animale, solo che dal dirlo al dover "sacrificare" io stessa i topi o ratti che siano c'è un mare infinito.
Devo ancora cominciare a lavorare in vivo, ma mi spaventa veramente l'idea. Sto già cominciando a rendermi conto ora del senso di colpa che avro' anche dopo.
So che lo devo fare, che è necessario e quant'altro, pero' è comunque difficile venire a patti con una cosa di questo tipo.
Ciao catvet, forse uno dei dilemmi etici che ci sono nella ricerca (medica?) è appunto che si opera facendo del male, per un bene maggiore (salvare delle vite umane? migliorare la salute?). Pensa a quello che hanno fatto molti ricercatori, sacrificando animali e cavie, per salvare vite umane.
Le domande che mi vien da fare sono:
1) ma quando hai scelto il Phd non hai pensato che avresti fatto quel tipo di esperimenti in vivo?
2) sei vegana o simili? mangi carne? perché anche lì si provoca morte ad essere viventi (che sentono dolore) per farne vivere altri. Anche semplicemente un allevamento di animali fa la stessa cosa, alleva animali per macellarli e farli mangiare.
3) nel dilemma del carello ferroviario che deve uccidere 1 o 5 persone dove faresti passare il treno?
https://it.wikipedia.org/wiki/Problema_del_carrello_ferroviario
4) meglio vite umane o vite animali? hanno lo stesso peso per te?
a seconda di come rispondi a queste domande, potresti dover cambiare laovoro. pensaci su.
Il dilemma è (IMO) vale la pena questo male, per un bene successivo (maggiore in teoria) ?
Le domande che mi vien da fare sono:
1) ma quando hai scelto il Phd non hai pensato che avresti fatto quel tipo di esperimenti in vivo?
2) sei vegana o simili? mangi carne? perché anche lì si provoca morte ad essere viventi (che sentono dolore) per farne vivere altri. Anche semplicemente un allevamento di animali fa la stessa cosa, alleva animali per macellarli e farli mangiare.
3) nel dilemma del carello ferroviario che deve uccidere 1 o 5 persone dove faresti passare il treno?
https://it.wikipedia.org/wiki/Problema_del_carrello_ferroviario
4) meglio vite umane o vite animali? hanno lo stesso peso per te?
a seconda di come rispondi a queste domande, potresti dover cambiare laovoro. pensaci su.
Il dilemma è (IMO) vale la pena questo male, per un bene successivo (maggiore in teoria) ?
Per rispondere:
1. Si', lo sapevo perfettamente che erano sperimentazioni in vivo, ma era comunque il PhD, la mia ambizione da anni. Ho deciso che avrei affrontato il problema quando si sarebbe presentato.
2. Non sono vegana, né vegetariana. Ma li' la questione biologicamente è diversa. Ogni essere vivente si nutre di qualcos'altro per sopravvivere, i carnivori/onnivori in questo caso si nutrono di altri esseri viventi. Non ci vedo niente di strano.
Gli animali al mattatoio comunque non soffrono, lo stordimento è applicato proprio per garantire il benessere animale.
Semmai quello succede con le macellazioni religiose halal e kosher che sono delle cose fottutamente allucinanti.
3. E' la prima volta che leggo questa cosa, in ogni caso: tra i due mali, il male minore, quindi ne uccido una.
4. Non è questione di meglio vite umane o animali. Gli umani se vogliono sottoporsi a trial clinici lo fanno coscienti di volerlo fare e retribuiti (e pure tanto).
Di fatto, razionalmente me ne rendo assolutamente conto che il bene superiore, va fatto e tutto quanto. Mai stata contro la sperimentazione animale, ripeto.
E' il farlo io, con le mie stesse mani.
Pochi giorni fa ho scelto la tecnica per indurre la patologia che devo studiare.
La cauterizzazione di specifiche ghiandole nell'occhio. -_-
Interessantissimo il dilemma della ferrovia. E' stato oggetto di discussione anche in ufficio.
ok dalle tue risposte mi sembri coerente con le tue precedenti scelte, in effetti però la cauterizzazione di ghiandole nell'occhio fa abbastanza impressione . Forse a certe cose tipo il dolore di altri esseri viventi ci si abitua, o forse non ci si abitua mai del tutto, un po' come i medici in corsia che devono affrontare (in alcuni casi) la morte dei pazienti, non dico che ci fanno il callo, ma si abituano ad affrontare l'evento. Adesso non ho idea di cosa tu stai sperimentando negli occhi delle cavie, ma credo che sarà una cosa per migliorare la salute o salvare la vista delle persone.
Alla fine ogni lavoro ha la sua parte "difficile" (parlo emotivamente non razionalmente) il tuo forse più del postino, ma ha anche più ricadute emotive sulla società. Una sorta di prezzo da pagare per il "bene" che fai.
Sono con te e condivido pienamente il dilemma etico.
Anche io sono sempre stato portato a empatizzare con il più debole (sia esso un malato umano o un animale) ed è il motivo per cui di fronte alla possibilità di seguire il sentiero di famiglia in campo medico, che mi avrebbe reso anche mooolto più facile la vita dopo la laurea, ho scelto tutt'altro (economia. E anche qui quando leggo le info dei clienti pignorati dalla mia banca mi viene comunque il magone a causa del già citato meccanismo empatizzante )
Non posso proporre soluzioni. Se pensi di riuscire ad anestetizzarti eticamente con la ripetizione del gesto che ora ti nausea, vai avanti. Altrimenti prova a prendere in considerazione un'alternativa...
In realtà si', nel senso che è una patologia dell'uomo. Si chiama malattia dell'occhio secco.
Poi per carità, il bene superiore e tante altre belle cose, ma sto comunque per far fuori almeno almeno un 200/300 topi in 3 anni
OT
lontano passato. Padre della mia ex morosa: primario in ospedale pediatrico. Più di cinquant'anni, quindi assai scafato.
Gli è morto un piccolo paziente mentre era sotto i ferri. Ero ospite in casa loro e non l'ho più visto uscire dalla camera per due giorni.
Non credo ci si abitui ad affrontare l'evento
/OT
credo che quell'episodio contribuì in modo determinante a tenermi lontano da Medicina.
Devi pensarla come Douglas Adams (The Hitchhiker's Guide to the Galaxy), sono gli umani le cavie dei topi, i topi sono forme di intelligenza superiore che si sacrificano per noi, per farci evolvere scientificamente.
Oddio, io non ho quel tipo di empatia nei confronti delle persone. E' una cosa che ho notato nel corso degli anni. Mi ritrovo ad averne molta di più nei confronti degli animali, proprio perché è come se vedessi in loro una sorta di candore.
Un esempio breve che possa far capire il punto di vista: uccidono per necessità, sostentamento, possono essere aggressivi per istinto.
Alcuni uomini invece possono essere malvagi per il gusto di esserlo e perché provano piacere nell'esserlo.
Con le dovute eccezioni, ma in linea generale è questo.
Che poi forse è proprio questa visione e interpretazione dell'essere umano che mi crea il "conflitto".
Gli uomini possono essere anche "buoni" per il gusto di esserlo, gli animali no. Solo istinto. Sono "candidi" ma anche "stupidi" se vedi l'altra faccia della medaglia.
L'uomo è "turbo" può odiare meglio di qualunque animale, e di contro, può anche amare meglio di qualunque animale.
Da grandi poteri derivano grandi responsabilità.
L'uomo è "turbo" può odiare meglio di qualunque animale, e di contro, può anche amare meglio di qualunque animale.
Da grandi poteri derivano grandi responsabilità.
In breve: ascolta la tua sensibilità.
Secondo il filosofo francese Henri Bergson (uno dei pochi che vale davvero la pena di prendere in seria considerazione) la materia rappresenta l'arresto e la ricaduta di uno slancio creativo e vitale, come le goccioline d'acqua sospese su un getto di vapore, il quale disperdendo energia cinetica si frammenta in parti condensate che ricadono per effetto della gravità. Lo slancio, continuando a spingere contro l'ordine inverso che è appunto la ricaduta materiale, vi si infiltra dissociandosi in direzioni divergenti o tendenze ognuna delle quali rappresenta l'essenziale di una specie vivente.
Una prima divisione in due direzioni principali e complementari fu quella che diede luogo da una parte alla serie degli animali in cui si sviluppa la mobilità, dedita alla ricerca di fonti di energia bell'è pronte da utilizzare in modo esplosivo di volta in volta nella direzione scelta e dove dunque si assiste al risveglio della coscienza e d'altra parte a quella dei vegetali dedita per lo più a ricavare nutrimento dal terreno e ad accumulare gradualmente l'energia irradiata dal sole per spenderla altrettanto gradualmente in crescita e riproduzione (qui si assiste all'assopimento della coscenza).
Nella serie dei viventi in generale due tendenze in particolare hanno avuto il più ampio successo nell'incanalare la maggior portata dello slancio originario, queste sono istinto e intelligenza, l'una massimamente sviluppata (ovverosia massimamente dissociata dalle altre, e isolata nella sua diversità) negli insetti e in particolare gli imenotteri, l'altra massimamente sviluppata (...) nell'uomo.
L'istinto riguarda la genesi e l'abilità nell'utilizzo di strumenti organici come arti, artigli, mandibole, pungiglioni etc come pure la formazione degli organi interni e il loro funzionamento; mentre l'intelligenza riguarda la fabbricazione di utensili inorganici a partire da una materia concepita come inerte e ritagliabile ad libidum secondo le più disparate linee di azione, piùttosto che seguire il senso di quelle naturalmente designate dall'istinto - come farebbe invece quell'altra tendenza di notevole interesse che sarebbe l'intuizione, la quale "procede nello stesso senso della vita", "l'intelligenza va nel senso opposto, e si trova così, del tutto naturalmente, regolata sul movimento della materia. Un'umanità completa e perfetta sarebbe quella in cui queste due forme dell'attività cosciente raggiungessero il loro pieno sviluppo. Fra questa umanità e la nostra, d'altronde, possiamo immaginare diversi intermediari possibili, corrispondenti a tutti i gradi immaginabili dell'intelligenza e dell'intuizione. Questa è la parte di contingenza nella struttura mentale della nostra specie. Un'evoluzione diversa avrebbe potuto condurre a un'umanità o ancora più intelligente, o più intuitiva. Infatti, nell'umanità di cui facciamo parte, l'intuizione è quasi completamente sacrificata all'intelligenza."
Ehhh ma io amo gli animali!!!
Mai stata vegi o veg, ci sta ogni essere vivente si nutre di un altro
*orsomabaffanculo*
Mai stata vegi o veg, ci sta ogni essere vivente si nutre di un altro
*orsomabaffanculo*
bel post
Alla luce di tale dilemma morale non comprendo la decisione di passare da un percorso di specializzazione medica ad uno di pura ricerca in vivo, probabilmente perché ben altri fattori si inseriscono nel percorso di scelta di un'opzione piuttosto che di un'altra, ma la questione rimane.
Nel primo caso per quanto tu possa empatizzare stai effettivamente operando alla risoluzione di un problema diretto, sull'animale che hai di fronte che soffre senza che tu abbia un ruolo in esso, nella strada che hai scelto no, di fatto provochi dolore e sarai responsabile di ciò; direi che la questione possa imperniarsi sulla tua personale capacità di riuscire simultaneamente ad astrarre il concetto di bene superiore dato dalla tua attività (che esiste incontrovertibilmente, non dubitarne) ed interiorizzarlo quale fede, se mi sia concesso di usare questo termine, quale schermo psicologico ed emotivo da interporre tra te e la tua attività. Ci sono dei limiti anche a questo comunque.
Nel primo caso per quanto tu possa empatizzare stai effettivamente operando alla risoluzione di un problema diretto, sull'animale che hai di fronte che soffre senza che tu abbia un ruolo in esso, nella strada che hai scelto no, di fatto provochi dolore e sarai responsabile di ciò; direi che la questione possa imperniarsi sulla tua personale capacità di riuscire simultaneamente ad astrarre il concetto di bene superiore dato dalla tua attività (che esiste incontrovertibilmente, non dubitarne) ed interiorizzarlo quale fede, se mi sia concesso di usare questo termine, quale schermo psicologico ed emotivo da interporre tra te e la tua attività. Ci sono dei limiti anche a questo comunque.
Un pensiero esposto in maniera eccellente. Va riconosciuto
Per quanto riguarda il primo periodo:
non è scontato che medici umani e veterinari non facciano ricerca.
Hai un diverso background e hai una comprensione diversa delle cose. Servono tutti i tipi di preparazione, nell'ambito della ricerca.
Detto questo, mi ero cominciata a "specializzare" (tra virgolette, perché non ho fatto la scuola di specializzazione) in malattie infettive, durante la tesi e il post-tesi.
Tutte le domande di dottorato che ho fatto seguivano più o meno quella strada. Alcune più, alcune meno. Alcuni non mi hanno accettato, altri sì.
La scelta che ho dovuto fare tra le risposte che ho ottenuto è stata influenzata da qualità della vita nel paese dove sarei andata, qualità del progetto, qualità del team di ricerca e ovviamente anche stipendio, a costo appunto di venire a patti con me stessa.
Per quanto riguarda il secondo periodo:
chiaramente sono due approcci totalmente diversi. Ma la ricerca con sperimentazione animale è così che funziona. Chiaramente c'è da badare al fatto che non ci sono tutti scienziati pazzi che sbattono animali sui muri per gioco.
La regolamentazione c'è, è molto stretta, è estremamente controllata e va rispettata in tutte le sue forme. Il benessere animale deve essere sempre rispettato, per quanto possa sembrare contraddittoria questa frase, ma se non si facesse questo tipo di ricerca, non avremmo e avremmo avuto tanti passi avanti.
Di fatto, nonostante sia una posizione scomoda, lo scindere l'emotività dalla razionalità è l'unica via possibile.
A questo punto, sono contenta del fatto di essere sempre stata una persona sin troppo razionale.
Mi limiterei a parlare di fede. Il bene è cura, volontà di sostenere l'effort necessario per riconoscere ogni nodo di scelte, i quali si presentano continuamente anche se delle volte preferiamo ignorarli perché la sensibilità è onerosa; è l'effort di seguire con la massima aderenza ogni curva del reale piuttosto che distendersi sulla tangente dell'illusione (quest'ultima sarebbe appunto il taglio dello schermo ... dritto dritto verso la schizofrenia).
L'opportunità della vita non è tanto quella di andare "avanti tutta" quanto scegliere con cura la direzione generale.
Personalmente credo che di passi se ne siano già fatti fin troppi in una certa direzione, almeno per ora e per un po', e si sia lasciato molto indietro lo spirito del viaggio.
Spoiler
Un mondo di Rick senza Morty avrebbe ben poco valore.
Non accontentarti, mira alla gioia!
Sicuramente meglio di come l'hai esposto tu che, alla tua età e con la professione che fai, millanti di empatizzare troppo per lavorare in clinica però non ti fai problemi a mangiare carne
Ok, quindi ora il problema è non essere vegetariani/vegani.
Dunque, perché non dovrei mangiare carne?