Come confrontarsi con una persona che non troverà mai un suo posto?

Brevemente, il cugino della mia ragazza (25 anni) soffre di una forma di schizofrenia, diagnosticata e certificata. Si attacca morbosamente alle persone oltrepassando la linea dello stalking, non concepisce una vita come la vive il 90% delle persone. Inizia un lavoro ma dopo mesi sta casa, si prende un impegno e non lo porta a termine.

Pretende e basta, se non lo si fa felice diventa violento.

Sostanzialmente non ha un SUO posto in questo mondo, è un alieno.

I ricoveri, TSV (trattamento sanitario volontario), le chiamate ai carabinieri e al 118 si sprecano ormai.

Credendo fortemente di esser lui a vivere una vita normale e vivendo ogni decisione esterna come una vessazione nei suoi confronti, rifiuta ogni diagnosi e ogni intervento esterno.

E' un ragazzo stupido? Diresti mai che ha un problema del genere? No. E' intelligente, si parla piacevolmente con lui, ha parecchi talenti e interessi. Ma, fondamentalmente, non è autosufficiente.

Il mio problema dove nasce?
Tralasciando il legame quasi parentale che ci lega, questo ragazzo sverna tipo 10 ore al giorno al circolo ARCI di cui io faccio parte come consigliere (anche la mia ragazza è nel consiglio) ed ha iniziato uno dei suoi legami morbosi col nostro gestore del bar.
Si mette li, lo guarda 10 ore fermo impassibile con le cuffie, perché ormai il loro rapporto è andato via via logorandosi dopo 5 anni di scenate. Se il gestore ride, scherza con altri clienti lui gli fa scenate di gelosie.
Ribalta sedie, tavoli arriva anche a metter le mani addosso al gestore.

Come circolo ritengo che abbiamo l'obbligo di tutelare la nostra clientela e il nostro gestore e quindi abbiamo intenzione di revocargli tessera e accesso.
Dall'altro canto questo vorrebbe dire infliggergli una mazzata non indifferente perché praticamente lo estrometteresti dall'unico posto sociale che frequenta e dove ha anche amici e lui, nella sua malattia, non riuscirebbe a concepire una decisione del genere.

Io e la mia ragazza siamo fra due fuochi... la mia ragazza maggiormente dato che praticamente c'ha vissuto assieme per 20 anni, ma vorrei trovare il modo di affrontare la situazione in maniera sia distaccata (in un contesto pubblico come quello del circolo) ma allo stesso modo il più partecipata possibile in un contesto disinteressato per non lasciare questa persona da sola.


PS: sarebbe in grado di farsi del male? Non lo so. Fin ora fa molta scena, manda messaggi minacciosi: "mi ammazzo", "la faccio finita", "do fuoco alla casa". E' arrivato a gesti "estremi" come overdose di tachipirina (detta così fa ridere). Sembrano più gesti atti ad attirare l'attenzione e privi di sostanza, ma il dubbio c'è.

PS2: l'ambito famigliare l'ho lasciato volutamente fuori dal post perché è anch'esso molto complesso. Ma fondamentalmente io devo poter agire al di là delle decisioni della sua famiglia.
razionalmente mi viene da dire che, visti i problemi, dovrebbe curarsi....e seriamente.
come quelli che non si vaccinano e poi muoiono, eh...gg, a chi dare la colpa?
se non prende coscienza del suo problema, rimane un problema suo.
mi dispiace dirtelo ma va internato...tutto il resto è solo un tentativo di coprire i problemi.
Comunità?

Non vuole e fino a quando non viene internato da uno psichiatra può evitare la cosa.

Lo può fare sua madre (e qui si aprirebbe un capitolo enorme) ma questo vuol dire cambiare radicalmente la vita sua e della famiglia. Oltre ad un discorso affettivo abbastanza grosso: non credo sia facile per una madre vedere il proprio figlio fra "i matti".
Eh ma il problema coi "matti" è tutto lì, i genitori che non accettano la condizione dei figli. Il problema è che non è sempre e solo denial, ma anche un pensiero cistificato dalle aspettative sociali.

Se i genitori fossero tutti onesti, non solo non ci sarebbe un tacito stigma sulle malattie mentali, ma una enorme quantità di casi psichiatrici non arriverebbero a diventare così gravi. Immagina di essere una persona con problemi e vedi per 20 anni della tua vita i tuoi genitori che ti nascondono dietro la sottana con gli sguardi tristi perché non potrai diventare l'avvocato che tanto speravano.
Io sono d'accordo con te, ma faccio fatica anche io: vedo attualmente una persona che pur con tutto il suo caos, vive come me e come te.

Sono stato a trovarlo quando era in TSV: al suo posto sarei scappato dalla finestra se non avesse avuto le sbarre.


L'unica è la psichiatria.
Avevo un amico, parecchi anni fa, affetto da schizofrenia che progressivamente ha perso, irrimediabilmente, i legami con tutta la mia cerchia di amicizie (compreso il suo amico più caro) ;
la famiglia, genitori in primis, non voleva accettare la cosa.
Ci vuole molta fermezza e mantenersi lucidi, comunque nei limiti del possibile va affrontata la cosa con i genitori


Si ci credo, i reparti di psichiatria vanno a culo. Ci sta l'ospedale con il capo reparto Basagliano che tratta i pazienti come Cristo comanda o l'ospedale turbo politico con il capo reparto che agisce solo ed esclusivamente secondo regole di contenimento e burocrazia

al di là del culo nel finire in un SPDC “umano” (qui a Novara credo siano degli illuminati), quando sei scompensato posso assicurare che se ti trovi con le sbarre alla finestra la tua unica ragione di vita è uscire da lì, il desiderio di libertà è qualcosa di insopprimibile.

@NiKKi: o si riesce a farlo ragionare (cosa che implica che accetti la diagnosi) di modo che, se possibile, impari a gestire il suo comportamento o bisogna coercere, per il bene di tutti (suo e di chi gli vuol bene). ovviamente la prima soluzione è la preferibile, e non si può prescindre da uno psichiatra che deve spiegargli che o accetta la situazione e si inizia un percorso riabilitativo (farmaci, psicoterapia, comunità/centri diurni) o lo si interna. la cosa più importante è comunicare amore, essere certi che capisca che si sta cercando di trovare il modo migliore di farlo stare bene.
io nel 2013 ho subito un TSV e un TSO, all’ospedale mentre mi rinchiudevano ho cercato di strangolare mio fratello, e lui piangeva nel vedermi ridotto così (nelle condizioni in cui ero non sarei riuscito a far male a una mosca), per cui ho cognizione di causa mentre ti dico che ci sono momenti in cui, pur con la morte nel cuore, bisogna pensare al bene più grande.
informatevi sulle realtà terapeutiche disponibili sul territorio e sulle modalità di accesso, la diagnosi permette certe esenzioni

Grazie per la testimonianza, ti chiedo info in PM se non ti dispiace.

fai pure :)

La malattia mentale di maladattamento è la più pesante maledizione che un uomo possa avere, a discapito di qualsiasi discorso si possa fare su malattie terminali e menomazioni fisiche. E' impossibile da comprendere per coloro che o non ci sono dentro, non hanno la cultura professionale o l'empatia necessaria.

A 25 anni o fa il miracolo, o è più degno che si suicidi. E' un inferno per lui e per gli altri, una gabbia che non si può spezzare perché si è carcerieri di sé stessi, un'incapacità logica, relazionale e comunicativa insormontabile. La peggiore delle vite che si possa vivere - e quando la vita non è dignitosa, lasciare questo mondo lo risulta.
Mia umile opinione, persone con questo problema gioverebbero molto di una vita diversa, più bucolica.
Senza la pressione del lavoro moderno, ritmi più scanditi, molto lavoro fisico.
Tipo accudire gli animali, grandi prati, un pochino di montagna.
Ovviamente curato a dovere, magari esiste un progetto del genere.


Sì, può funzionare. Se il sistema prefrontale è andato, si operi sul sistema limbico.

edit precog: si consideri comunque che è relegare una persona alla vita di una bestia, non di quello che dovrebbe essere un uomo.

Ogni forma "alternativa" di vita, deve però esser accettata dall'individuo... siamo sempre al punto di partenza.

[QUOTE=Khaderbai;19841972]La malattia mentale di maladattamento è la più pesante maledizione che un uomo possa avere, a discapito di qualsiasi discorso si possa fare su malattie terminali e menomazioni fisiche. E’ impossibile da comprendere per coloro che o non ci sono dentro, non hanno la cultura professionale o l’empatia necessaria.

A 25 anni o fa il miracolo, o è più degno che si suicidi. E’ un inferno per lui e per gli altri, una gabbia che non si può spezzare perché si è carcerieri di sé stessi, un’incapacità logica, relazionale e comunicativa insormontabile. La peggiore delle vite che si possa vivere - e quando la vita non è dignitosa, lasciare questo mondo lo risulta.[/QUOTE]
questo post mi lascia perplesso… mi sembra troppo defniitivo. non sto criticando, vorrei solo comprendere meglio una posizione tanto estrema

Vivresti in un mondo senza luce, rinchiuso in una cella sottoterra, incatenato e con un aguzzino di cui non puoi sbarazzarti che resta con continuamente con te - o nel caso, sceglieresti l'alternativa di essere imbottito di sostanze che ti privano della tua volontà, delle tue forze e quindi della tua essenza, per la semplice soddisfazione di essere ancora biologicamente attivo?
se vabè


Prego?