[Split] Salute mentale



Sì la perdita di "comunità" (anche banalmente andare all'oratorio piuttosto che stare a casa a giocare a fortnite) ha un impatto profondissimo.


Scusami. Non volevo essere il tuo eco, ho risposto istintivamente al post riguardante gli anni '60 senza leggere preventivamente i successivi.

Comunque nella societa' attuale forse semplicemente si presta troppa attenzione alla propria immagine pubblica, e spesso con essa legata alla propria autostima, in relazione ad individui sconosciuti di cui viene mostrata solamente una parziale ed artefatta porzione d'esistenza ma nei cui confronti viene costruito il modello di riferimento partecipativo e valutativo; paradossale considerate le caratteristiche del medium ed il contesto sociale d'appartenenza.

L'esplosione delle opportunita' di determinare logiche, distorte ed illusorie, comparative chiaramente intrisecamente perdenti, l'esaltazione dell'eccellenza della prestazione quale metro comparativo a discapito di una riuscita sintesi mediana, immagino abbia prodotto prodigi in termini di avvilimento ed ansia da prestazione collettiva, in praticamente ogni ambito della sfera sociale umana presumo.


no, sono due cose diverse.

a livello di diagnosi e terapia, come rimarcavano anche char e malanic, moltissimo si è fatto.

a livello di consapevolezza sociale e soprattutto stigma invece zoppichiamo ancora, perchè è un argomento che a differenza di altri semplicemente non viene molto affrontato, o nella maniera corretta. mentre di sessismo e razzismo, coi mille limiti del caso, di qualcosa si discute, la malattia mentale continua socialmente ad essere il grande tabù, una cosa di cui parlare sempre sottovoce o al massimo in tono canzonatorio, quando non riguarda noi.

esiste il gay pride, il black pride, il femminism pride, il mind pride che io sappia no (vabbè ho inventato un termine). che ci può stare faccia anche più paura perchè mentre le prime tre di per sè non sono un problema (lo è solo la reazione sociale), la malattia mentale comunque è di per sè una patologia, per cui è difficile che chi ne soffre possa in qualche maniera rivendicarla con orgoglio (capita sicuramente, ma è un discorso diverso).

cioè essere nero, gay o donna di per sè non è molto diverso dall'essere alto, peloso o con gli occhi chiari, non è una patologia, è uno stato d'essere.
soffrire di patologie mentali è invece di per sè problematico al netto della reazione sociale, che certo non fa che peggiorarlo ulteriormente e che non sa minimamente come approcciare la questione



la religione tantissimo, ma anche il partito nel secolo scorso faceva una funzione simile, con ritrovi, appartenenza di gruppo, forme di dogmi etc


guarda bard, pure quelle giovani non la passano tanto bene, perchè a differenza delle altre questioni proprio non se ne parla, il reparto psichiatrico resta un luogo oscuro da temere ed evitare, il pazzo è pericoloso e imprevedibile e potrebbe toccare pure a te di esserlo etc.

basta vedere qua sul forum, c'è un (sacrosanto) 3d sul sessismo regolamentato etc ma manca uno sulle malattie mentali.
ovviamente non è e non vuole essere una polemica su questo 3d, meglio chiarirlo subito, è semplicemente che manca proprio probabilmente la voglia di discuterne organicamente (mi si potrebbe dire che le malattie mentali sono meno diffuse, ma in realtà ansia e depressione hanno un'incidenza abbastanza significativa, per milioni di motivi tra cui sicuramente la situazione economica e sociale) se non con sporadici interventi di qualcuno più coinvolto nell'argomento.

eppure anche qui ci sono diversi utenti che hanno già parlato della loro situazione, ed è verosimile pensare che un'altra buona fetta ne sia coinvolta ma preferisce non parlarne.
Ma qual sul forum siamo dei vecchiazzi

I miei (pochi) contatti con la generazione più giovane (diciamo under 25) mi han fatto ben sperare, se ne parla, si tenta di capire. Poi è ovvio che cambia parecchio anche con la forma che prende, se il risultato del tuo disturbo mentale è "odio le donne, maledetti SJW, il governo dovrebbe darmi una schiava da scopare" di certo non aiuta.

Attorno alla mia età c'è ancora gente che la tratta come se fosse possessione demoniaca, roba da medioevo proprio.



Figurati che il mio migliore amico è un medico (non del campo) e ogni tanto ancora tenta di "curarmi" coi rimedi della nonna, tipo "ma hai provato a non pensarci?"

Poi ovvio, è empirico.


conosco anch'io under 25 e non ho avuto quest'impressione, ma probabilmente dipende anche dall'ambiente di riferimento. se mi dici questo meglio guarda, ci mancherebbe.

l'amico

vabbè ma ne senti di tutti i colori, è proprio la totale incapacità di gestire la cosa, secondo me alle volte è una modalità quasi scaramantica da allontanare da se una questione incomprensibile e spaventosa


Capisco cosa intendi e ci puo' stare, solo non riflette la mia esperienza personale.

E' un argomento che, toccandomi indirettamente ma da vicino, mi trovo ad affrontare spesso con chi mi circonda (statisticamente persone tra i 25 ed i 60 anni).

Sicuramente, come diceva Bard, le nuove generazioni hanno molta piu' apertura mentale, empatia e tolleranza, rispetto alle vecchie generazioni.

Ma trovo che anche le vecchie generazioni, oltre che la mia generazione stessa (40 anni), abbiano quantomeno posizioni piu' morbide, rispetto a quelle di 20 anni fa. Dove prima potevano tendere a vedere un paranoico come un pericoloso pazzo da evitare, rinchiudere in manicomio ed andare di elettroshock, ora tendono a vederlo maggiormente come una vittima bisognosa di aiuto. Magari ancora ci si tengono a distanza, ma il trend mi fa ben sperare.
sicuramente c'è un miglioramento di generazione in generazione, ma continuo a vederlo in generale come tabù, e ho esperienza abbastanza ampia in merito.

molto poi fa il contesto (provincia/città etc), ma vista l'ampia diffusione delle patologie mentali (ansia e depressioni in primis, ma pure esaurimenti legati a carichi di stress eccessivi, e sono quelle più comuni nella nostra società) mi pare se ne parli comunque troppo poco in generale, proprio come se non esiste. cioè non parliamo di patologie rare e poco conosciute, parliamo veramente di situazioni abbastanza comuni, eppure restano sempre un pò in ombra.

poi certo il trattamento e la diagnosi hanno fatto invece passi DA GIGANTE rispetto al passato, un pò come tutta la medicina.
da terapie farmacologiche più mirate, diagnosi e studio più specifici etc, ci mancherebbe, io parlavo proprio di percezione sociale sopra
Bhe in italia la cultura sulle malattie mentali è sostanzialmente 0, ansia e depressione vengono ancora viste come problemi personali che passano tryhardando hard enough e sopratutto i boomers ti rispondono "hai tutto e non sei soddisfatto vergognah!1", i disturbi di personalità sono sconosciuti e la gente (anche giovane) rifiuta di farsi educare preferendo imporre il proprio modo di ragionare da neurotipico piuttosto che stare ad ascoltare chi ha perso tempo a leggere e informarsi sul disturbo etc.

Anche perchè la ggggente pensa che il malato di mente è quello che passa il tempo avedo visioni, sente le voci o prende a testate i muri. Tantissimi sono high-functioning e non lo sospetteresti mai nella vita se non ci leghi a loro tantissimo.
ma assolutamente sì, non so come sia all'estero ma posso immaginare nei paesi più progressisti meglio (anche se pure tipo in svezia se non erro l'incidenza ad esempio dei suicidi è abbastanza elevata, nonostante uno stato sociale certamente più presente del nostro) ma non ho conoscenze certe.

ma basta vedere in questo stesso 3d un utente che esprimeva un disagio di questo tipo è gli stato risposto a totalmente a cazzate (cosa vuoi che sia, smetti di mangiare), e ngi è (dovrebbe essere) mediamente più progressista e informata della media nazionale.

comunque stiamo andando parecchio ot, se l'argomento interessa e un mod ha il cuore magari si potrebbe splittare
Splitto dal thread del sessismo, che magari questa cosa vale la pena continuare a discuterla. Vediamo se va da qualche parte.
Ok, vediamo come va.
Il 3d è originato su sessismo ma direi merita prendere una piega sua, visto che presumo il tema possa interessare varie persone.
Premesso che come nel topic sessismo eviterei uscite idiote e fuori luogo sull'argomento, lo userei come un spazio per discutere del vastissimo argomento, linkare notizie utili/interessanti, ma anche sharare esperienze per chi vuole/è interessato (persone interessate o chi lavora nell'ambito) e fare domande etc

Non fatemi pentire di aver chiesto lo split viste certe derive che si prendevano su addio ad esempio su questi argomenti, grazie.

Magari aggiorno anche l'OP intanto
Interesting.

Dai andrà beniss

No vabè almeno su questo tema solo pochi fenomeni hanno trollato sul forum devo dire.
Devo dire di sì, l'ho notato anch'io, forse perché è più trasversale. Va detto però che ho gia sentito una giusta rimostranza in merito, nel senso che come per il sessismo ha allontanato le donne mi è stato fatto notare che certe baracconate su addio hanno fatto passare la voglia a più di uno di aprirsi.

Evitiamo stronzate, grazie, ci pensa già la rl a martellare


questa me l'ero persa, certamente. Un qualsiasi infermiere di reparto psichiatrico (che ha lavorato per un tot di tempo) può confermare di aver visto passare insospettabili per i suoi corridoi.

È appunto per questo che ponevo prima l'accento sul fatto che, visto il numero di persone che ne soffrono a vario titolo ed entità, se ne parla veramente troppo poco. La patologia non riguarda solo i soggetti a "bassa funzionalità" (concetto che trovo assolutamente aberrante, ma usato ancora spesso come metro di valutazione nel percorso terapeutico), quelli che ne soffrono in maniera palese a chiunque, ma anche ad una massa enorme di persone che socialmente "funzionano" (lavorano, mantengono magari famiglia etc) camminando sovente sul filo del rasoio tra stabilità e crollo, che magari in vari modi riescono a gestirlo (e celarlo) per tutta la vita.

Un bornout legato a una serie di fattori particolarmente stressanti che magari possono accavvallarsi in un dato periodo può portare a gravita tale da richiedere un ricovero, e non è infrequente avvenga, anche a persone senza uno storico alle spalle di patologia, e sto citando una situazione relativamente comune.
Lascio un paio di spunti sparsi che se interessano magari riprendo più avanti.

Ci sono vari motivi per i quali il disagio mentale, pur essendo diffusissimo, non riceve la giusta attenzione. Provo a buttarne giù qualcuno:

1) Punto già in parte toccato nel thread: la relazione, molto stretta, fra contesto collettivo e disagio individuale. Questo non significa fare riduzionismo (approccio detestabile) ma riconoscere come il malessere individuale non isolato nell'iperuranio ma sorga e si manifesti in date forme anche grazie al contributo dell'ambiente (culturale, storico e materiale) collettivo.
Jung diceva, correttamente, che molto spesso il sintomo è un simbolo, cioè che la forma che il disagio assume non sia mai casuale ma contenga in sè sia la sofferenza che il nodo della sua risoluzione.

La diffusione di malesseri come la depressione, l'autolesionismo, il senso di colpa schiacciante ecc sono strettamente legati alle condizioni collettive e così com'è sbagliato fare riduzionismo materialista tanto lo è farne uno "personalista", cioè che pretenda che la biografia e la storia dell'individuo non si stagli su uno sfondo collettivo.

Prendere sul serio la sofferenza, significa aprire una faglia in ciò che si considera normale, tanto a livello individuale quanto collettivo, e quindi come società significherebbe riconoscere il sostanziale fallimento di molte delle idee fondanti del contemporaneo: il mito del successo, della competizione, del consumo e via discorrendo. Quindi o non si fa o si fa riduzionismo, di stampo biologico e comportamentale.

Mark Fisher ne parla bene nel suo celebre "realismo capitalista", che mi sento di consigliare.

2) Il disincanto. Aspetto in parte già esaminato al punto precedente, esaminare la sofferenza significa, implicitamente o meno, anche mettere in crisi molte strutture personali / sociali, come ad esempio riconoscere che spesso le famiglie, inconsapevolmente o meno, finiscono con il riprodurre storie storte che vanno avanti da generazioni, o che magari i desideri che vengono spinti come positivi per noi non lo siano affatto ecc.
Quindi, ancora una volta, si preferisce una dolorosa certezza all'ignoto.

3) Decadimento e impoverimento del tessuto culturale. Oggi il discorso sul malessere mentale si svolge perlopiù sotto il nome del positivismo riduzionista o del cognitivismo/comportamentismo (che ne è l'altro aspetto della medaglia), forme di pensiero povere ed insufficienti, incapaci di cogliere a fondo il senso e contenuto del disagio e buoni solo per fare terapia del conformismo, la morte dell'anima.

Fino a qualche decennio fa non era così e l'approccio era più ricco ed integrato, così come il dibattito pubblico: c'era un'alleanza molto forte fra mondo culturale e società civile che ha permesso importanti cambiamenti come la legge Basaglia. Si privilegiava un approccio a tutto tondo, che non escludesse il sapere umanistico come la filosofia. Quest'incontro ci ha regalato tante ottime idee e tanti capolavori letterari e cinematografici.

4) Tagli e mancanze di risorse. Portare delle idee nuove non basta se poi però non vengono stanziate le dovute risorse, ed è proprio il caso della riforma Basaglia, rimasta nella sua parte più attiva e viva di fatto quasi solo sulla carta proprio per mancanza di investimenti e formazione.

Su come poi il modo di trattare la malattia mentale incida moltissimo anche sul suo stesso decorso, consiglio l'ottimo "una stanza piena di gente" di Keyes, che documenta il caso Billy Milligan, cioè il primo caso di riconosciuta incapacità di intendere e volere negli Stati Uniti dovuti alla personalità multipla.

In termini semplici e con molta sensibilità viene ricostruita tutta la vicenda ed i suoi decorsi, impossibile non appassionarsi e toccare con mano una situazione di concreta sofferenza mentale, le sue cause e conseguenze.
Molto interessante, baracco posta poco ma sempre puntuale.
Su alcune cose non concordo pienamente, su molte altre sì (l'ammissione del fallimento sociale e famigliare, l'inserimento della malattia stagliata nel suo contesto etc), altre le sapevo poco.

C'è un aspetto secondo me in tutto questo che trascuri, ovvero l'ereditarietà genetica che come le patologie fisiche (cardiache, oncologiche etc) può avere una grossa componente.
Il dibattimento su come e quali patologie mentali possano essere genetiche è ancora in fase di dibattimento, rispetto a quelle fisiche che invece sono molto più comunemente dimostrate.

È abbastanza evidente che in contesti famigliari in cui si ha presenza di un individuo con patologia mentale, anche i discendenti in proporzione tendano a mostrare simili patologie più facilmente rispetto alla media, con effetto poi domino a loro volta sui loro discendenti e così via (ne accennavi anche tu a questa ciclicità generazionale nelle famiglie).

Il punto è che in questo ambito diventa difficile determinare quanto i motivi di manifestazione nei discendenti di affetti dalla patologia siano ambientali (avere come modello genitoriale una persona affetta inevitabilmente influisce sulla crescita dell'individuo, come pure la presenza di un famigliare che ne soffre destabilizzare la situazione famigliare rendendo più facile una risposta simile), quando più verosimilmente spesso è l'insieme dei fattori (genetico e ambientale) a determinare la propagazione nelle famiglie.
Cosa ne pensi?
Il tema del topic è molto interessante e ammetto di conoscerne poco. Vorrei capire se ci sono studi in merito che delineino chiaramente, ove possibile, se siano state identificate componenti genetiche (anche statisticamente) o se le maggiori correnti di pensiero indirizzino verso cause ambientali.
Sarebbe interessante per me capire se ci siano delle patologie per cui esiste una predisposizione che ti porti ad essere sempre sul limite che poi magari possano essere triggerate da un fattore esterno e altre che invece per loro natura possano succedere a tutti (scrivendo il paragrafo mi sono reso conto di poter avere un bias in questo senso, in quanto a sensazione identificherei con le prime quelle con caratteristiche più violente verso gli altri e le seconde quelle con riflessi più personali).

Per quanto mi riguarda ho attraversato un momento difficile a seguito di una malattia fisica a cui è susseguito il mio divorzio e che ho superato con supporto psicologico esterno senza che mi fosse mai stato diagnosticato nulla (ma nel mentre ho avuto dei momenti in cui non mi sentivo in me e ho fatto delle cazzate importanti oltre ad avere degli atteggiamenti decisamente paranoici che a posteriori faccio fatica a categorizzare).

Ps: sry se l'ultima parte è più da addio che da agorà. [emoji23]

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Io in modo assolutamente empirico ti posso dire che penso che una componente ereditaria, per il mio (OCD) ci sia, perchè ho almeno un paio di consanguinei che ne soffrono (in forma diversa, però i processi mentali sono praticamente gli stessi)
Questo risulta per me interessante, anche il fatto che citi una diversa forma. Senza voler banalizzare e scusami se è una domanda del cazzo, ma visto che da quello che ho letto la diagnosi viene fatta appunto osservando le ossessioni/compulsioni, pensi che ci sia uno stigma sociale solo verso alcune manifestazioni? Il perfezionismo ossessivo per esempio degli atleti (dove magari c'è effettivamente una compulsione negli allenamenti, penso ad esempio a cr7 che viene visto "diverso" anche dai suoi peers) pensi potrebbe essere categorizzato come una forma lieve di disturbo?


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