Qualcuno ha letto...

Ho letto il libro di Agamben. La cornice per comprendere il libro di Agamben, come forse saprai, è l'attentato dell'11 settembre e le sue conseguenze politico-giuridiche. Dopo il 9/11 e dopo il Patriot Act, molti hanno scritto (esplicitamente o implicitamente) dello stato d'eccezione. Il merito di Agamben è stato quello scrivere un libro invece di un articolo, e di averlo fatto abbastanza presto, già nel 2003 (e no, non so consigliarti altri studi meritevoli).

Si tratta di un testo discreto - peraltro molto breve: una novantina di pagine - che prende anch'esso le mosse dal Patriot Act per riflettere sullo stato d'eccezione, che Agamben intende come manifestazione della dualità - irriducibile a unità - fra diritto e anomia. In verità, poiché l'occasione è politica e contemporanea, avrei preferito una più marcata ed esplicita riflessione sulle implicazioni giuridiche del Patriot Act e sull'ordine giuridico contemporaneo, ma questo Agamben non lo fa (forse 'furbamente', perché così si sgancia dall'attualismo e assicura maggiore longevità al proprio libro, che diviene uno studio sullo stato d'eccezione indipendente dalle circostanze che presumo l'abbiano originato).

Quello che fa Agamben, è un'operazione di definizione concettuale dello stato d'eccezione (è quindi soprattutto il lavoro di un filosofo), attraverso una ricognizione della letteratura moderna che si è interessata all'argomento fra gli anni '20 e gli 'anni '40 del secolo scorso (quindi soprattutto Schmitt, con la Politische Theologie e con Die Diktatur, ma anche altri autori, in particolare Benjamin, con la cui teoria della violenza Agamben fa dialogare l'opera di Schmitt), nonché attraverso una considerazione del percorso storico dello stato d'eccezione nel moderno Stato di diritto.

La ricostruzione storica di Agamben è volta soprattutto a rilevare le linee essenziali dell'affermazione dello stato d'eccezione negli ultimi due secoli, per cogliere il tratto d'unione che, entro un unico percorso evolutivo, lega le manifestazioni del fenomeno a partire dalla Francia rivoluzionaria, passando per la prima guerra mondiale e per i fascismi, per giungere infine ai nostri giorni. Per lo più si tratta di uno sketch: ad Agamben non interessa la dettagliata ricostruzione storica, quando la dimostrazione della continuità storica del fenomeno.

Oltre ai cenni sugli ultimi due secoli, il discorso storico più cospicuo è dedicato all'auctoritas dell'ordinamento romano: il significato e il funzionamento dell'auctoritas sono al centro dell'argomentazione proposta da Agamben per intellegere la natura dello stato d'eccezione.
A parte questo (se si eccettua un confronto con la dispensatio canonica che però si rivela un 'false friend' dello stato d'eccezione), Agamben non si occupa di rintracciare lo stato d'eccezione in altre epoche storiche (anche comprensibilmente, perché la nozione moderna di stato d'eccezione è consustanziale allo Stato di di diritto e, sebbene applicabile ad altre epoche, non potrebbe che atteggiarvisi diversamente).

Si tratta tutto sommato di una lettura discreta, ricca di spunti di riflessione e di ricerca, anche laddove non se ne condividano gli esiti concettuali o si consideri la ricognizione storica insoddisfacente.
Recensione quantomai puntuale ed esaustiva, grazie mille.
Quanto al saggio, il fatto che - come osservavi - si dilunghi sulla dicotomia fra auctoritas e potestas, fa sì che esso in realtà, nel trattare la questione (spero con sufficiente dovizia di dettagli), si proietti a delucidare le basi di altre esperienze storiche: e ciò senza necessariamente procedere, storicisticamente, ad una ridefinizione caso per caso dello stato d'eccezione a seconda dell'ordinamento politico e giuridico del contesto cui si applica, né ad una trattazione dettagliata del quadro storico di riferimento.
Esaminando da vicino l'irriducibile dualismo di cui parlavi, quello fra diritto ed anomia, esso si rispecchia nella distinzione fra auctoritas e potestas, soprattutto nel caso del coup d'état augusteo (quella di golpe è definizione cara al Syme di The Roman Revolution): e la paradossalità della situazione è che qui l'anomia è quella "garantita" dall'ordinamento repubblicano - la potestas nell'articolazione delle sue magistrature tradizionali - formalmente vigente ma non più rispettato.

Ottaviano, nel suo coup, si presenta come colui ch'è in grado di sanare tale situazione anomica restaurando la potestas magistratuale; mentre egli, in realtà, conduce un'operazione cosmetica fondando un potere che riposa essenzialmente sulla sua auctoritas, svuotando le magistrature d'ogni rilevanza che non sia formale ed adoperandole per conferire una copertura legale, ossequiosa della tradizione, ad un potere - il suo - che permane in una certa misura anomico (perché esisterebbe comunque senza l'imperium proconsulare maius et infinitum e la tribunicia potestas, e perché trascende le pezze d'appoggio legali fornite da questi due offici) nonostante esso garantisca in effetti la restaurazione dell'ordine sociale. Sarebbe come dire, traducendo un po' a braccio in linguaggio contemporaneo, che quello augusteo è un potere che si fonda su di un perpetuarsi dello stato d'eccezione dietro la facciata dell'ordinamento magistratuale e oltre lo stesso diritto, dal momento che i rescripta del principe divengono in breve fonti del diritto e quindi istanze volte ad un suo perpetuo rimodellamento a favore del potere imperiale.

Ora non ho idea di come Agamben declini la dicotomia auctoritas/potestas a spiegare la natura dello stato d'eccezione contemporaneo, ma il caso augusteo di cui sopra, la stessa idea di svuotare dall'interno le magistrature ordinarie pur mantenendone le apparenze a giustificazione di un potere "altro", diviene paradigmatico per l'età moderna, nel processo di costruzione delle monarchie assolute: lo è nel mantenere intatte le prerogative in materia fiscale degli Stati Nazionali, ma aggirandole con l'evitarne la convocazione. Lo è nel mantenere intatte le prerogative in materia giudiziaria dei parlamenti, pur scavalcandole con il ricorso (e l'abuso) a strumenti come la lettre de cachet. Lo è ad esempio nell'insistenza mazzariniana del "leggi poche, o nessuna" (a voler prendere per buono il suo breviarium che, quand'anche fosse apocrifo, ne rispecchierebbe comunque il pensiero); indirizzo programmatico che conferisce maggior spazio di manovra all'auctoritas del re, chiamato in tal senso a piegare - in un eventuale coup d'état - il solo diritto che alle istituzioni detentrici di una specifica potestas, come nel caso del parlement di Parigi, deriva non già dalla legge ma dalla consuetudine. E infatti, quando nelle sue Mémoires il cardinale di Retz si scagliò contro quella che - a posteriori - chiameremmo la svolta assolutista di Richelieu e Mazzarino, egli li accusò più tosto di avere sovvertito i buoni costumi che non calpestato le leggi del regno: ma era pur sempre un'accusa rivolta all'abuso, da parte loro, dello stato d'eccezione.

P.S.
Tutto questo per dire che mi hai convinto a comperarlo.
Qualcuno ha letto qualcosa di Jan Assmann? Egittologo tedesco. Ha buone idee? E' storicamente affidabile?

Alcuni suoi titoli sembrano assai interessanti:
http://www.ibs.it/libri/assmann+jan/libri+di+jan+assmann.html
http://www.ibs.it/ame/ser/serpge.asp?TY=EXA&Search=Assmann%2C+Jan
http://it.wikipedia.org/wiki/Jan_Assmann
Invece qualcuno sa dirmi qualcosa di questo-->?http://it.wikipedia.org/wiki/Elogio_della_fuga

Credo che qua sicuramente qualcuno lo ha letto...
Qualcuno ha dei libri sulla filosofia orientale da consigliarmi? Cinese/giapponese. Qualcosa per trovare la pace dei sensi.

Visto che Kalidor è in vacanza nel nirvana, faccio le sue veci

Indiana?

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"Visitatore": Fa parte dell'esperienza quotidiana che al risveglio il mondo appaia improvvisamente, ma da dove viene?
"Maestro"*: Prima che qualcosa appaia, deve esserci qualcuno al quale possa apparire. Ogni apparizione o scomparsa presuppone un cambiamento in uno sfondo immutabile.
V. Prima di svegliarmi non ne ero cosciente.
M. In che senso? L'avevi dimenticato o non ne avevi fatto esperienza? Non fai esperienza anche quando non sei cosciente? Puoi esistere senza saperlo? Un vuoto di memoria è forse una prova di non esistenza? E puoi parlare della tua non esistenza come di una vera esperienza? Non puoi neppure dire che la tua mente non esisteva. Non ti sei forse svegliato quando ti hanno chiamato? E quando ti sei svegliato, la prima sensazione che è apparsa non è stata quella di esistere, dell' 'io sono'? Deve pur esserci un barlume di coscienza mentre dormi o quando perdi i sensi. Appena ti svegli, inizia l'esperienza : "Io sono... il corpo... nel mondo". Può sembrare che si sviluppi insequenza, ma di fatto accade simultaneamente: è un'unica idea di avere un corpo nel mondo. Si può provare la sensazione dell' 'io sono' senza essere qualcuno?
...

*Sri Nisargadatta Maharaj: "Io sono quello"** "Quello tu sei" (conversazioni col maestro)

** (Traduzione stupida).


Spoiler

"Scoprite ciò che non siete. Corpo, sentimenti, pensieri, idee, tempo, spazio, essere e non essere, questo o quello. Non siete niente di concreto o astratto che potete indicare. Dovete osservare voi stessi e la vostra mente, attimo per attimo senza lasciarvi sfuggire nulla"