L'economia Reale di wow

tratto da Repubblica delle donne

Giochi Cinesi di Abel Segretin, la Repubblica delle donne

Giochi Cinesi di Abel Segretin, la Repubblica delle donne

In un hangar caldo e umido della cittadina di Jinhua
(provincia dello Zhejiang), 300 km a sud di Shanghai,una quarantina di ragazzi a torso nudo resta*no inchiodati davanti al loro Pc per dodici ore al giorno, sei alla settimana. Li chiamano i “fattori” dell’oro virtuale. Ricevono dai 50 ai 100 euro al mese per giocare a World of Warcraft (WoW), un gigantesco gioco di ruolo su Internet che raccoglie circa otto milioni di giocatori in tutto il mondo.
L’obiettivo di questi ragazzi è quello di guadagnare danaro, oro, ma anche oggetti (armature, po*zioni magiche) di valore, oppure migliorare le performance di un personaggio, sempre per conto di altri giocatori. La ricchezza, l’equipaggiamento e i personaggi resi così più potenti vengono quindi rivenduti mediante bonifici bancari ai giocatori occidentali che non hanno né il tempo né la voglia di passare ore e ore davanti allo schermo.
Dal canto loro i “fattori” (così chiamati negli Stati Uniti, con chiaro riferimento al raccolto da essi prodotto) preferiscono definirsi “giocatori professionisti”. Si tratta per lo più di ragazzi di
età inferiore ai 25 anni, con grande dimestichezza nei giochi di ruolo, che preferiscono guadagnar*si da vivere in questo modo piuttosto che accettare, per gli stessi soldi,
un lavoro in fabbrica. «I miei genitori coltivano riso nell’Anhui, a 500 km da qui. Sono venuto
in città in cerca di lavoro ed è stato l’impiego migliore che abbia trovato. Prima montavo serramenti in uno stabilimento; era molto peggio», spiega Xiao Wan, 21 anni, di cui due trascorsi a raccoglie*re oro virtuale uccidendo mostri su Internet.
Xiao abita in una camerata di dodici persone costrette a dormire per terra, e solo raramente riesce a vedere la luce del sole nel laboratorio in cui lavora insieme ai compagni, perché le serrande di ferro sono sempre abbassate. Ogni tanto il capo passa a controllare i suoi progressi, sbirciando da dietro le spalle. Il laboratorio è clandestino: niente previdenza sociale, nessuna norma igienica e misure di sicurezza neanche parlarne.
«Sono diciannove giorni che alleno questo sciamano», spiega Liang, 20 anni. Sullo schermo, una specie di orco si agita in un gigantesco universo onirico, popolato da creature ispirate a Tolkien. Bisogna correre per mari e per monti, uccidere mostri con piogge di “sortilegi”, precipitarsi sul bot*tino, rimettersi in viaggio… Il lavoro è ripetitivo e Liang lo spiega in termini che solo gli iniziati
riescono a comprendere: «L’ho beccato al livello 1, ed entro domani l’avrò portato al livello 60, il massimo. E in più devo procurargli 300 punti in pesca e cucina, 600 monete d’oro, un soffio di dra*go notturno, una certa reputazione in una delle città principali, una cavalcatura
epica e dei tubercoli. Normalmente ci vogliono almeno due settimane».
Questo servizio, elaborato su misura, viene fatturato a 520 dollari al cliente finale: in pratica otto volte lo stipendio mensile di Liang, che ovviamente è all’oscuro ditutto. La “fattoria” offre anche servizi più semplici, come guadagnare mille monete d’oro in tre giorni (cento dollari)
oppure portare a termine una vendetta (prezzo variabile). Ai normali prodotti richiesti dagli amanti dei giochi di ruolo (una pozione, un’armatura...), le “fattorie” cinesi hanno da poco aggiunto anche servizi personalizzati in base alle diverse esigenze.

Una prigione che fa giocare i propri detenuti.
In tutta la Cina risultano esserci fra ventimila e cinquantamila di questi laboratori dedicati all’econo*mia virtuale, sostiene Jin Ge, sociologo e documentarista presso l’Università di San Diego (Califor*nia), che da molti anni si occupa delle fabbriche virtuali cinesi. In alcuni casi si tratta di laboratori molto piccoli, mentre in altri si parla di vere e proprie aziende registrate, che danno lavoro a centinaia di persone. La più grande fra quelle ufficiali, nella provincia dello Shaan*xi, conta addirittura 3500 dipendenti.
Nella maggior parte dei casi, tuttavia, i laboratori sono di medie dimensioni, con una cinquantina di computer. Alcuni proprietari, che non vogliono essere nominati, parlano anche di una prigione nel nord-est del Paese, che pare faccia giocare i propri detenuti per ottenere dei profitti sfruttando questa “concorrenza sleale” rispetto alle altre im*prese.

All’altro capo della catena economica, gli acquirenti risultano essere americani o europei. Fra le due estremità, si collocano le grandi aziende americane. La più importante del settore, la Ige.com, il cui fondatore ha debuttato nel mondo virtuale con dei siti porno, controlla circa la metà delle ven*dite mondiali del gioco WoW.
Questi broker occidentali di un nuovo genere sono malvisti dai proprietari delle aziende cinesi, per*ché trattengono margini enormi sulle transazioni. Approfittano del fatto che i “fattori” cinesi non parlano inglese e non hanno esperienza sui mercati internazionali. E soprattutto si fanno forti del fatto che non sono autorizzati a giocare in Cina con personaggi iscritti sui server dei giochi ameri*cani o europei, e questo impedisce loro di rivendere direttamente
oggetti e personaggi.
Il volume d’affari di questo mercato parallelo dei valori virtuali è gigantesco. Gli analisti hanno sti*mato una cifra compresa fra 1,5 e 3 miliardi di dollari all’anno, che potrebbe raggiungere i 7 miliardi di dollari nel 2009.
Esiste addirittura un corso dell’oro virtuale nei confronti del dollaro, che varia di giorno in giorno, vi*sibile sull’incredibile quanto autentico sito w ww.Gameusd.com. «È molto difficile fornire cifre globali precise perché la maggior parte degli acquisti non è rintracciabile. Ciò che è certo, è che aumentano a una velocità straordinaria», spiega Edward Castronova, economista specializzato nel mondo virtuale, secondo cui nella nostra epoca è del tutto “salutare e normale” il congiungimento delle economie virtuali e reali. Paradossalmente,
la manna di questo commercio non giova direttamente agli editori dei videogiochi, che detengono il primo mercato.
La società Blizzard, ad esempio, che produce WoW, il più famoso gioco online che riunisce oltre
la metà dei 14 attuali milioni di abbonati occidentali (stando ai dati forniti da Mmgchart.com), trae profitto dagli abbonamenti e non dalla vendita dei beni virtuali.
Nelle comunicazioni legali, Blizzard dichiara di possedere la proprietà intellettuale di tutti i prodotti legati ai suoi giochi e di opporsi alla loro vendita, mentre i giocatori sostengono di passare molto tempo per l’acquisi*zione di questi beni che, di conseguenza, diventano di loro proprietà.
Soltanto la Corea del Sud, dove oltre il 40% degli internauti gioca online, dispone di una giurispru*denza su questa economia, decisamente in favore dei giocatori. Nel resto del mondo, regna l’ambi*guità giuridica. E mentre i legislatori dei vari paesi stentano a regolare l’argomento, milioni di dollari continuano a scorrere.
«È vero, si tratta di un’economia che in buona parte sfugge alle aziende di videogiochi, ma anch’esse vi trovano un tornaconto perché molti giocatori potrebbero decidere di sospendere l’ab*bonamento nel caso in cui non potessero più acquistare liberamente gli oggetti virtuali», precisa JinGe, sociologo presso l’Università di San Diego.

Finora gli editori dei giochi non hanno intentato nessuna causa contro i rivenditori e si sono limitati a chiedere a società come eBay di inserire nel proprio sito il regolamento sulla rivendita degli og*getti virtuali. In cambio, vengono bloccati sistematicamente gli accessi a internet dei giocatori “robot” di WoW che utilizzano altri programmi al loro posto, mentre ai giocatori cinesi è ormai vietato accedere ai server americani.

Per il momento, però, è praticamente impossibile rintracciare i giocatori professionisti ed è anche difficile distinguerli dai semplici dilettanti, anche perché utilizzano server di base negli Stati Uniti, spesso acquistati a peso d’oro dai proprietari delle aziende per celare la vera localizzazione geo*grafica.
Molti giocatori occidentali si lamentano di queste aziende che falsano le regole del gioco e svalo*rizzano gli oggetti virtuali proponendoli in quantità esagerate, ma in ogni caso sono in netta mino*ranza rispetto agli acquirenti. Jin Ge sottolinea anche che “i fornitori cinesi occupano esattamente la stessa posizione nell’economia reale e nell’economia virtuale; è la base della catena del valore della globalizzazione, la riesportazione di prodotti con un certo valore aggiunto, di cui non sono pe*raltro proprietari.
La gerarchia economica rimane comunque la stessa in questa ‘nuova nuova economia’, perché Internet non ha modificato le disuguaglianze già esistenti”.

Hobby da giovani disoccupati
In pochi anni la Cina, definita “il laboratorio del mondo”, si è quindi imposta come principale fornito*re di beni virtuali.
Qui la manodopera è a buon mercato ma a differenza dell’India, del Messico o dell’Ungheria, che pure dispongono di aziende virtuali, il Paese conta già oltre venti milioni di giocatori regolari, per lo più giovani disoccupati per i quali le poche decine di euro guadagnati con il proprio hobby preferito costituiscono un salario accettabile.
Nella sua azienda un po’ particolare, A Bao, imprenditore 36enne che ha iniziato come “fattore” pri*ma di lanciarsi in proprio (Topgameplayer.com), dà lavoro a centinaia di ragazzi di Jinhua. La sua azienda si è specializzata nel coaching di personaggi di WoW creati da giocatori americani, che gli frutta oltre 10.000 euro al mese.
L’azienda paga regolarmente le tasse, ha parecchi beni al sole, dispone di piante verdi e cartellini da timbrare da parte dei dipendenti e organizza persino qualche breve viaggio di lavoro. Questo start-up non dispone di uno statuto molto chiaro ma la municipalità l’ha definito comunque “saluta*re” in quanto dà lavoro a disoccupati potenzialmente violenti.
A Bao, che ha incontrato sua moglie su Internet, non fa alcuna distinzione fra l’economia virtuale e quella reale. Si lamenta solo per il fatto che i due terzi dei suoi guadagni vengono “mangiati” dagli intermediari del tipo Ige. Spera che questo tipo di commercio possa diventare presto legale a tutti gli effetti e si batte contro l’immagine del “fattore” virtuale cinese senza legge né religione. Da lui vi*gono delle regole d’onore: divieto per i suoi dipendenti di rispondere alle provocazioni dei “veri” giocatori, divieto di parlare con loro, d’interferire nelle loro ricerche o di cacciare nei loro territori.
Sui muri del suo laboratorio campeggia la scritta in rosso “Il lavoro innanzi tutto”.
«Siamo un’azienda sana che risponde alle esigenze del mercato. A questo punto occorre creare un marchio forte, stabilire dei legami diretti con i nostri clienti occidentali e smetterla di farci sfrutta*re, come accade per tutte le fabbriche cinesi», esclama deciso.
Dietro di lui, i suoi dipendenti giocano instancabilmente ai giochi online, sognando l’America.
Riassumendo

1.la maggior parte dei farmer cinesi lavora in condizioni deplorevoli, ma questo è un must dell'economia cinese;
2.I regolamenti della blizzard FAVORISCONO le aziende di intermediazione ai quali vanno quasi i 2/3 dei soldi che i giocatori pagano (circa 2 miliardi di euro all'anno)
3.L'unico stato che ha regolato il mercato reale dei beni virtuali dei giochi online è la corea, gli altri stentano (mi sa che da noi manco sanno cosa sia, altri come per esempio l'America, probabilmente hanno la lobby degli intermediari ad opporsi).
tutto oldume e roba trattata piu volte.
meglio che zappare la terra o dentro na fonderia
in effetti è la schiavizzazione che più preferisco
l era dei CYBORG è sempre piu vicina
non ho capito in che mdo ci debba turbare questa inchiesta? incominciam a postare anche articoli sulla fame nel mondo, la violenza sui bambini e la finanziaria?
dovrebbero fare un servizio su chi compra gold finti con soldi veri..


A tutti quelli che dicono old su ste' cose mi casca le braccia...

Se una cosa e' old ma e' continuativa, e' sempre "new". Basta non intasare il forum con un solo argomento, ma a questo ci pensano i moderatori.

A me e' interessato molto, sempre bello tener presente alcune cose.

Per taranski: non e' che deve turbare, e' per far vedere alcune realta' a chi legge il forum da ieri e, per quanto mi riguarda, restare aggiornato sull'argomento.

Certo new sarebbe vedere stati che fanno cose attive, o fabbriche in rivolta, o un'inchiesta sulla rai... Ma visto che non ci sono.

Anx e' l'unico che ha detto na cosa interessante. Ma credo che l'eta' e l'intelligenza media di chi compra gold su internet, renderebbe il servizio inguardabile. Noioso addirittura...: "io li compro perche' lavoro/studio/ho altri hobby - io li compro perche' mi voglio fare un regalo (questa l'ho sentita dal vivo...) - io li compro perche' voglio stare al passo con amici che hanno iniziato prima - io li compro perche' una parte del gioco non mi interessa, voglio il finale" ecc.... Credo che pochi ti farebbero n'analisi socio strutturale della questione... Pero' boh magari chi fa' il servizio e' bravo e fa' le domande giuste e verrebbero fuori realta' interessanti.

Altra cosa interessante sarebbe un'intervista a ign & company, ma penso che sarebbe abbastanza tempo perso, a meno che non ci vadano con telecamere nascoste tipo iene....

Haze e conflitto cmq, anceh se a battuta, han detto na tragica realta'. In cina pagano niente la gente, li fanno lavorare come schiavetti e in condizioni tragiche. E' un problema legato alla loro civilta', non al gioco online in se' stesso, quello ne e' solo un riflesso come gia' da tempo lo e' il mondo dell'abbigliamento e chissa' cos'altro.

Mi ricordo che un po' di tempo fa' il "fenomeno cina" era temutissimo...
Poi le lobby occidenali han trovato che "sfruttarli" invece di "tagliarli fuori" era piu' conveniente


io farei un servizio su chi gioca 12 e più ore al giorno per mantenere il rank o per farmare gold per farsi la mount epica
Una volta ho comprato 100g su un sito
OmiodiO, ho contribuito allo sfruttamento dei cinesi che stanno 12 ore al giorno davanti a un pc
Certo che fa parte della normale economia, loro non vendono oggetti / oro, vendono "il tempo" per procurarli come "servizio". ( vendono quindi un servizio )
Allo stesso modo voi quando comprate WOW e pagate, non state comprando nulla, state pagando un servizio.
Come quando pagate un bigletto per l'autobus, non state comprando l'autobus.
vabbè qui non posso intervenire..
sono cose comunque già trite e ritrite, dai video che mostrano come vivono a delle interviste ai farmer...
è proprio nella loro mentalità, io al posto di giocare 1380823912380 ore al giorno per fare gold senseless e poi venderli e prendere cibo per rifarlo, morirei


Ma quello che ha scritto l'articolo è ritardato? All'oscuro di tutto.. ROTFL



Btw, legalizziamo i farmers e legalizziamo le case chiuse.

Cchiù pilu pè tutti!



si ma nn so se leggi bene tra le righe ........
quel ragazzo che parla dice (sono fortunato) cioe' alla fin fine lo stipendio era uguale ma e' meglio giocare avanti un pg 12 che stare in una fabbrica senza alcuna sicurezza e rischiare la vita.

imho nn so se sia una piaga sociale per loro o una fortuna .


Punti di vista... :
1)se secondo te sfruttare x persone mettendole in condizioni di vita da sopravvivenza, per lucrarci sopra il piu' possibile, e' sbagliato, allora si e' creata na piaga in piu'. Poco importa se da altri parti della cina e' ancora peggio: una martellata in bocca e' meglio di 2, ma "migliorare" su cose importanti come la dignita' di vita, nel 2006, non dovrebbe partire col cercare na marellata in meno... la base dovrebbe essere non prenderle.

2)se secondo te civilta' e' un concetto relativo che non va' messo in paragone fra' 2 culture troppo distanti/diverse allora puo' darsi che il passare dalle miniere di carbone al giocare al pc (sempre col concetto di sfruttamento eh) sia effettivamente un miglioramento....



nn prendi in considerazione la realta locale

le alternative di vita di quei ragazzi sono due ora

1) spaccarsi la schiena da qualche parte

2) giocare avanti un pc ......


e' ovvio che la situazione locale e' di terzo mondo si sa' nn e' una cosa creata da wow , onestamente la situazione che ha portato wow e' una vita un po piu rosea a questi raqazzi.
Punto numero uno...guadagnare in cina 100 euro al mese non e' coem guadagnarli da noi.. in cina con cento euro al mese vivi come in italia vivi con 800/1000. E quante famiglie ci vivono?

Punto numero 2 lavoreranno anche tante ore al giorno ma non devono tirare un carretto da 300 kili o raccogliere riso sotto il sole ... sono seduti davanti al pc a farmare.. c'e' gente fra noi che lo fa anche senza essere pagato.

Punto terzo nessuno li fa schiavi... possonod ecidere di smettere di lavorare quando vogliono.. ma visto che in cina il lavoro' non cade giu' dal cielo e che l'alernativa magari e' davvero andare a lavorare in una risaia per altrettante ore... chiedi un po' a loro cosa preferiscon fare.


In definitiva forse l'economia e il diritto al lavoro in cina sono sbagliati..ma altrettanto di certo non e' colpa di wowo o della blizzard!
meglio questo che finire morti ammazzati per aver scritto "libertà" su un blog

almeno campano...