La preda.

Soltanto l'incessante scrosciare della piggia, tutto attorno.
La pioggia scivolava sulle larghe foglie, piccoli rivoli d'acqua si formavano dal terreno. Delicatamente, sul viso, dalle spalle, sulle braccia, scendendo sui fianchi e giù fino ai piedi, scorreva l'acqua.
La senti, dentro di te, e tutt'attorno.
In quel dolce cadere, i suoi occhi cercavano, ma si perdevano nei ricordi. Quelle voci, quei volti, si era formato un sorriso sul suo viso, così giovane:
i suoi lineamenti erano scolpiti come sulla fredda roccia e la sua pelle chiara, delicatamente ricopriva quella forma.

Un fremito,
i suoi occhi puntavano un cespuglio; tra quelle foglie si mosse, incauta, un'ombra.
...
I suoi piedi premevano quel terreno zeppo d'acqua, le sue gambe si coordinavano in una corsa veloce e silenziosa
...
Da quell'ombra prendeva forma un essere agile ed elegante, un cervo.

Correva nuda in quella foresta, poteva sentire le foglie sfiorare le sue forme femminili; il suo corpo longilineo si faceva largo nella notte, inseguiva quella bestia, sempre più vicina, sempre più vicina.
I suoi occhi, fissi, puntavano la preda.

il tempo di assaporare l'aria,
e il pugnale, che aveva nella sua mano, si conficcava nella tenera carne, alla base del collo.
I due corpi scivolavano sull'erba, e l'uno si bagnava del sangue dell'altro.

Era inginocchiata su quella creatura agonizzante, mentre con le mani ne raccoglieva il sangue.
Si versò quella linfa vitale sul viso, e lentamente scendeva sul corpo intero.
Aprì le braccia, come ad abbracciare quel momento, ad assaporarne la sublime perfezione, e poi, soltanto l'incessante scrosciare della piggia.