Kojeve e l'impero latino.

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Il filosofo francese Kojeve, nel dopoguerra, mise in guardia De Gaulle sulle linee che la Francia avrebbe dovuto intraprendere in politica estera. Il suo pensiero era che se si fosse seguito un processo di integrazione europea la Francia (e il resto dell'Europa latina) a lungo andare sarebbe diventata periferia di questo nuovo "impero europeo" in virtù della potenza economica tedesca, della sua centralità e della sua demografia. In luce di tutto ciò suggerì che la Francia dovesse invece seguire una linea "filo-latina" e perseguire una politica di integrazione con Italia e Spagna formando così un "impero latino".

Visto le condizioni attuali dell'Europa il monito di Kojeve è più attuale che mai, e infatti gente come Agamben l'ha tirato fuori di recente.

Ora contando che mi sembra che il trend storico sia la costruzione dei macro-stati, io più che altro mi chiedo se esista l'Europa se non come costruzione geografica, e se ci sia una frattura tra Europa meridionale e settentrionale, e se sì, da cosa sia stata causata.

Così a caldo mi vengono da individuare due fattori storici che hanno diviso l'identità europea: la Riforma che ne ha spezzato l'identità cattolico-cristiana e il cambiamento delle rotte commerciali e dei paradigmi economici (ovvero la perdita di centralità del Mediterraneo in un'ottica europea a scapito dell'Europa settentrionale).

Se parliamo a livello fantapolitico, un "impero latino" moderno potrebbe portare grossi benefici. Prima di tutto consentirebbe la famosa europa a due velocità, che diventerebbe realtà. In secondo luogo consentirebbe all'impero latino di perseguire una politica mediterranea, probabilmente portando più stabilità nella regione (credo che il vuoto di potere nel Mediterraneo sia una delle cause principali di instabilità del Medio Oriente).
Se siamo diretti verso la costruzione degli imperi, tanto vale che questi siano più omogenei possibile così da favorire eguaglianza sociale e sfavorire condizioni di subordinazione.

Ok, l'ho messa giù facile, ma penso che ci siano le basi per espandere il discorso. Voi che ne pensate?
Ma vogliamo davvero parlare nel 2014 di "Imperi"?
Allora cosa li prendo per il culo a fare gli imbecilli che vogliono un "Califfato"?
Impero è solo un modo di chiamare i super stati. In tal senso anche l'EU diventerebbe un impero.

Califfato invece mi sembra un modo accattivante per attirare l'attenzione, per indicarne la sua presunta universalità e per fare leva sul mito (Sorel docet).
il punto e che l'UE, dal punto di vista geopolitico è semplicemente una provincia dell' impero americano, in questo senso nulla ha senso, avrebbe forse più senso analizzarlo con gli strumenti dell'oppressione coloniale che sotto il taxa ' stato sovrano'.

Firmeremo il TTIP, e ci ciucceremo una crisi tripla rispetto a quella che già oggi ci sta massacrando, dopo quello veramente poco altro avra senso
Sono dal telefono, quindi molto sintetico e mi limito a buttare giù due intuizioni, da sviluppare lungo la discussione.

1) Kojevè è stato anche teorico di fine della storia, e vedeva positivamente il fatto che l'uomo, nel nuovo sistema mondiale, dove il ricpnoscimento (concetto hegeliano che lui stesso riprende anche se in modo assai diverso) fosse mediato da regole certe e quindi sradicato ogni spinta "spirituale" (parlava di fine dell'homo sapiens e una sorta di ritorno alla circolarità animale x questo), tant'è che lavorò per tale scopo all'unione europea.
Però la sua visione era viziata dall'hegelismo (discorso lungo che non posso fare ora: lo lascio al limite al corso della discussione) e molto criticabile. In particolare ritorna prepotente il tema dell'identità e anche del senso, non solo individuale ma collettivo. Mi sembra che questo parlare d'impero sia molto legato alla nostalgia di una dimensione collettiva, una cornice simbolica oggi molto impoverita. Da qui anche il ritorno violento di particolarismi e nazionalismi, anche brutali (il ritorno del rimosso). In qualche modo questo smonta, x l'ennesima volta, l'utiliritarismo e razionalismo oggi predominanti. L'uomo non può vivere senza produrre cornici di senso e lo spirito chiuso in bottiglia prima o poi l'infrange.

2) oggi quello che manca, in realtà, sono proprio metodi di vita e interpretazioni della realtà che si discostino da quelli occidentali figli di cristianesimo ed illuminismo. Aldilà della geopolitica e di particolarismi locali, non vedo il confronto fra culture, a livelli di obiettivi collettivi, davvero diversi dall'accumulo e crescita occidentali. Anzi i paesi asiatici sembrano aver incorporato questi valori meglio degli occidentali stessi, sfrondandoli praticamente di ogni esitazione umanistica, dopo la distruziobe delle loro culture tradizionali (con effetti psicotici di massa...basti pensare a cina e giappone). Ma anche qui, situazioni del genere non possono durare in eterno e prima o poi ciò che è compresso riemerge. Non si può, a livello profobdo, cancellare davvero la storia, tanto individuale che collettiva.

A voi!

La Riforma è, notoriamente, l'evento più importante nella rottura dell'unità europea. Nondimeno, si tende spesso a considerare la Germania come un paese di religione luterana: pochi sanno che circa la metà dei cristiani di Germania sono di religione cattolica. La Germania, è di fatto, un paese cattolico non meno che protestante.


In realtà io credo che un'Europa ci sia, a molti livelli.
Anzitutto c'è un'Europa giuridica: non dimentichiamo che tutta l'Europa è stata, in alcuni casi fino al XIX secolo (ed è proprio il caso della Germania - il che significa che l'ordinamento tedesco è tutt'ora a impianto romanistico, come il resto dell'Europa continentale), terra di diritto romano comune (con l'eccezione dell'Inghilterra, che pure è stata influenzata dal diritto romano - e dico specificamente Inghilterra perché la Scozia, al contrario, è stata terra di diritto romano; e con l'eccezione dei paesi Scandinavi, che pure hanno avuto una recezione peculiare e limitata).
Poi, se non bastasse, la novità principale nella storia giuridica dell'Europa, il codice francese, oltre a pescare anch'esso dall'eredità romanistica comune, è stato portato in giro per l'Europa 'sulla punta delle baionette' napoleoniche, come si suol dire.

C'è poi l'Europa cristiana, che ci piaccia o meno: il cristianesimo, seppure la Riforma abbia determinato una rottura nelle conseguenti opzioni culturali e politiche di paesi riformati e controriformati, ha creato le basi per una cultura comune.

Ancora, c'è l'Europa del pensiero razionalistico: è questo uno degli elementi fondamentali della tradizione occidentale, che in genere non consideriamo perché, nella nostra arroganza e nella nostra ignoranza, consideriamo il razionalismo come l'unica forma di pensiero possibile o, quantomeno, 'vero'. Le forme del pensiero comune e scientifico, l'intero costrutto del sapere e dell'educazione occidentale, dal Portogallo alla Finlandia (ma, sarebbe più opportuno dire, dall'America alla Russia) si basano ancora largamente su Aristotele e su quella storia del pensiero occidentale che costituisce sostanzialmente una continua analisi e ripensamento dell'eredità ellenica.

C'è, infine, l'Europa delle istituzioni e di Internet, che abbiamo creato negli ultimi vent'anni. Quello che si è fatto 'dall'alto', in verità, è stata gran parte retorica: si è cercato di creare l'Europa affermando che che l'Europa già esistesse come concetto unitario; in realtà l'Europa la si stava costruendo anche col farci credere che essa fosse già realtà. E' stata tutta retorica? Io credo che in parte abbia funzionato. Dopotutto, relegare il resto del mondo nelle code interminabili degli aeroporti dà un senso tangibile di comunità. E poi è arrivata Internet, a facilitare le cose. Alzi la mano chi non ha 'amici' in tutta Europa.


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Quanto all'idea di creare un'Europa a doppia velocità con due macro-regioni (Europa 'latina' ed Europa del Nord), be', onestamente credo che non sia un problema culturale: Francia, Italia e Germania sono legate da profondissimi legami culturali. E' una questione politica ed economica (in altre parole: di interessi), che magari piace rafforzare pensando alle diversità culturali, ma le diversità (che senz'altro ci sono) non sono più delle somiglianze, e il dove mettere l'accento è semplicemente il corollario di una scelta pratica.
D'altra parte, come fino agli anni '90 conveniva raccontare il mito dell'Europa, ora semplicemente conviene raccontare il mito che un'Europa non esiste. Mito l'uno e mito l'altro.
Io sono molto grato a Kojeve, se non altro per avermi aiutato a capire Hegel, però qui secondo me si sbaglia (se Galaahd interpreta bene, non posso leggere il francese) perché una politica latino-europea è possibile solo insieme al resto dell'europa, banalmente solo gli stati latini non sano abbastanza macro per gli standard attuali.