Da creatore di contenuti sono dell’idea che la pirateria senza scopo di lucro (tizio che si scarica la serie tv, caio che legge un ebook aumma, sempronio che cracca un gioco) non sia una minaccia perché non sottrae vendite più di quanto non le incentivi. Magari qualcuno si scarica il tuo contenuto invece di comprarlo e allo stesso tempo qualcuno lo scarica e poi lo compra. I due eventi si compensano a vicenda.
Dove invece cambia tutto è quando interviene lo scopo di lucro: l’esempio della pirateria industriale nei videogiochi su cassetta degli anni '80 non è fantastico, perché l’industria italiana del software ha stentato ed è morta sul nascere per via della pervasività del fenomeno. Certo che l’industria tout court non è morta: all’estero il fenomeno non era così capillare e massiccio per cui Atari, Nintendo, EA etc hanno continuato a fare giochi perché dendevano altrove. Ma chi faceva giochi in italia ha subito scoperto che non c’era trippa per gatti e hanno chiuso in 4 e 4 8.
BTW sto scrivendo un libro sull’argomento e cmq se volete andate a cercarvi la biografia breve che ho scritto di Alessandro Castellari, il programmatore dell’Akalabeth italiano. Non ha fatto una lira e ha chiuso baracca.
Si, ma le serie tv in genere si trovano su portali che in qualche modo sono “remunerati”, potreste dire.
Ed è vero, ma in genere tengono un profilo basso, limitandosi agli introiti della pubblicità, perché se propongono un modello a pagamento vengono brasati instant. Cmq è evidente che siamo in una zona grigia per cui cmq c’è un lucro e l’organizzazione non è tanto amatoriale.