[BG]Horus HaB

Il sole sta sorgendo, su questa landa dimenticata dagli dei.
I primi, pallidi raggi di luce cominciano a squarciare la fitta nebbia che mi circonda: in lontananza, comincio a distinguere le sagome dei carri.

La carovana.
Il mio obiettivo.

Il lungo serpentone di carri percorre lentamente lo stretto passo di montagna: nascosto dietro uno sperone di roccia, sento il sofferente sbuffare dei cavalli, ed il secco sbraitare dei carovanieri.
Ironia della sorte…non riesco a comprendere la lingua che parlano, quella strana accozzaglia di suoni secchi e taglienti.
So solo che tra pochi minuti saranno tutti morti.
Eppure quelle voci…così aliene…chissà da dove vengono, e quanti posti hanno visitato nel loro incessante peregrinare…

Una volta, anch’io ero così.
Tanto tempo fa, anch’io vivevo un’esistenza libera da sofferenze.

Ricordo ancora tutti quei volti: il fiero cipiglio di mio padre, il dolce sorriso di mia madre, gli occhi sognanti del nonno, le agili piroette di Grigorii e di Znali…ricordo il carrozzone, ed i lunghi viaggi tra un villaggio e l’altro…

In giro per il mondo, a rendere felice la gente in cambio di una zuppa calda e del pane: per molti eravamo artisti di strada, per alcuni solo degli schifosi pezzenti, ma noi sapevamo di essere le uniche persone in grado di ridare il sorriso a chi passa un’intera esistenza a lottare contro il fato avverso per sopravvivere…

Quanti volti sorridenti, quante mani che applaudono, quante sincere risate…ricordi preziosi, che mi hanno sempre accompagnato riscaldandomi il cuore…

Ma da quel giorno, non è più lo stesso.
Da quel giorno, quei ricordi sono come pugnali conficcati nel cuore.

Dopo sei lunghi giorni di marcia, eravamo giunti ai piedi di alcune colline innevate, ai margini del territorio di Britain.
La notte era ormai giunta, ed i cavalli erano troppo stanchi per continuare. Decidemmo quindi di fermarci per la notte.
Dopo una marcia così estenuante, riposarsi su quel giaciglio di paglia era come un sogno che diveniva realtà: ancora due giorni di marcia, ed avremmo raggiunto la capitale, dove avremmo potuto allietare tante persone, e mettere da parte qualcosa per realizzare il nostro sogno…un tendone da circo.
Il circo della famiglia HaB…il coronamento di tanti anni di lacrime, sudore e sangue.
L’alba giunse presto: quando scesi dal carrozzone per sgranchirmi, ero avvolto dalla nebbia…proprio come oggi.
L’umidità di quella gelida mattina aveva spento il nostro fuoco, e la piccola catasta di legna che avevamo raccolto la sera prima era quasi finita: decisi quindi di inoltrarmi nel bosco, e di tornare con qualche ramo da ardere prima che giungesse l’ora della colazione.
Mentre mi avvicinavo ai primi alberi, alzai lo sguardo verso la sommità della collina, e scorsi la sagoma di una costruzione.
Un grosso caseggiato, di pregevole fattura ed arricchito da colonne e statue, svettava in cima alla salita.
Che bello, pensai, forse potremmo esibirci anche qui, e guadagnare qualche soldo in più…ma prima di svegliare gli altri, avevo della legna da raccogliere.
Dopo non molto tempo, avevo raccolto rami a sufficienza, e decisi di tornare indietro: iniziando la discesa, non prestai molta attenzione al sentiero su cui stavo camminando, ed ad un tratto affondai in una piccola conca piena di neve fresca.
Ritrovandomi sommerso fino alle spalle in quella bianca spuma, scoppiai a ridere: ci avrei messo un po’ a liberarmi, ma almeno gli altri avrebbero iniziato bene la giornata con un po’ di risate alle mie spalle…

Stavo affrontando l’ultima discesa, quando udii quei suoni: urla inferocite, un sinistro clangore metallico, grida cariche di sofferenza…
Gettai la legna che avevo raccolto, e corsi verso quelle grida.
Mano a mano che mi avvicinavo, riuscivo a distinguere i suoni sempre più distintamente: alcune stridule voci di donna incitavano lo sterminio dei ladri pezzenti, mentre secche voci di uomo inveivano sadicamente, tra un urlo straziante ed un altro.
Quelle urla…quelle voci…la mia gente.
Stavano massacrando la mia gente.
Ero a poche centinaia di metri dal nostro accampamento, quando li sentii ridere: quei porci bastardi erano soddisfatti del loro lavoro, e se ne stavano tornando al caldo tepore delle loro ricche case.
Lasciai dietro di me gli ultimi alberi, e vidi di fronte a me uno spettacolo che non dimenticherò mai: riversi a terra, con i vestiti strappati e lordi di sangue, i miei cari giacevano morti, ognuno con il petto squarciato da una lancia acuminata.
Le mie ginocchia vacillarono: caddi a terra, piangendo disperatamente.
D’un tratto, udii un gemito: alzai lo sguardo, e vidi il mio povero nonno alzare debolmente un braccio.
Corsi verso di lui, chiamandolo per nome, sperando di poterlo salvare…




Era morto.
Lentamente, estrassi la lancia dal suo petto: era di pregevole fattura, degna delle guardie di una ricca comunità.
Alzai lo sguardo verso la cima della collina, e senza pensarci due volte presi a correre verso quel caseggiato in lontananza.

Stavano ancora ridendo allegramente, quei maledetti, quando entrai nel loro villaggio. Il primo era ancora girato di spalle, quando vibrai un fendente alle sue gambe: quel porco cadde a terra di spalle, e prima che potesse urlare di dolore gli fui sopra, squarciandogli il cuore con la punta della lancia.
Le donne fuggivano terrorizzate invocando la protezione dei loro mariti, mentre roteavo la lancia sopra la mia testa e vibravo mortali colpi in direzione di tutto ciò che si muoveva, spinto dalla più cieca delle furie.
Un copioso rivolo di sangue colava dalla lama dell’arma, riversandosi sulle mie mani, lordandomi le braccia…spinto da un’estasi di odio e di furia, continuai ad impalare e squartare per interminabili minuti.
Ma la sorpresa iniziale del mio attacco non durò molto: ben presto, gli uomini del villaggio uscirono dalle case indossando le loro corazze e brandendo le loro armi, ancora sporche del sangue dei miei genitori.
Continuai a combattere contro di loro, come un demonio impazzito, ma in pochi minuti mi ritrovai circondato dalle punte delle loro lance, dai loro sguardi carichi d’odio e di disgusto.

Fulminai quello schifoso bastardo con lo sguardo, e lui scoppiò a ridere…una risata grassa e sgradevole, degna di una spregevole creatura quale lui era.
Privo di qualsiasi speranza residua, continuai a fissare il mio boia negli occhi, pronto a morire…

D’un tratto, un’immensa fiammata comparve alle spalle dell’uomo: nello stupore generale, muri di fuoco circondarono le ricche case, mentre le folgori piovevano dal cielo, straziando i corpi di donne e bambini.

In pochi istanti non c’era più anima viva all’interno del villaggio…nessuno, ad eccezione di me e di una misteriosa figura a cavallo.
Lo sconosciuto ammantato di nero si avvicinò: attraverso la maschera d’osso che ricopriva il suo volto, riuscivo a scorgere due occhi iniettati di sangue, bramosi di morte.
Aprendo un pesante tomo di magia nera, distolse lo sguardo dal mio corpo ferito, per concentrarsi sulle formule.

Armeggiando con un sacchetto legato alla cintola, la figura dalla maschera di morte estrasse alcune foglie di una strana pianta, poi prese a salmodiare sommessamente, fissandomi negli occhi. La sua voce crebbe di intensità, fino quasi ad assordarmi…ma quando fu quasi sul punto di raggiungere l’apice, le parole si spensero tra le labbra dell’uomo, mentre il suo corpo prese a barcollare lentamente.
Per un lungo, interminabile minuto il mio carnefice sembró parlare con una presenza invisibile…come in stato di trance.
Togliendosi la maschera, il la figura misteriosa mi guardò con occhi maligni: sentii quello sguardo penetrare la mia mente, mettere a nudo la mia anima, imparare tutto di me.


Da allora, vago per queste terre desolate con i miei nuovi compagni di viaggio, Isenor e la mia fede in Khanon, il mio Signore.
E’ grazie a loro se adesso ho uno scopo nella vita: se non posso più vendicarmi delle luride bestie che hanno trucidato la mia famiglia, posso comunque placare la mia sete di sangue distruggendo la società e la morale che li ha creati.
Placando il mio odio con il sangue di voi dannati esseri umani, posso eliminare il problema alla radice, e riportare questa terra al suo antico, primordiale splendore.

La nostra opera di conversione ci ha presto condotto a Yew: di fronte alle alte mura dell’abbazia di Empath, il potente Io ha accettato di rinunciare alla lenta decadenza di una vita senza scopi per servire fedelmente Isenor, e diventare il condottiero dei Cultisti di Khanon.

Dall’alto di uno sperone di roccia, vedo Isenor alzare la mano: è il segnale convenuto.
Dietro di me, posso sentire gli altri Cultisti prepararsi alla battaglia.
Mentre lingue di fuoco bloccano la strada alla carovana degli indefeli, i fulmini squarciano il cielo ed il petto degli uomini, ed io mi lancio sul nemico ormai spacciato.
Anche questi mercanti dovranno convertirsi ed adorare Khanon…a qualunque prezzo, come chiunque altro su queste lande.

Il sole sta calando, sul freddo passo di montagna.
Gli infedeli hanno preferito il una lenta e dolorosa fine, alla luce di Khanon.
Osservando la ripugnante bellezza di questo scempio, il furore della battaglia si placa, e mi rendo conto di aver soddisfatto anche oggi la mia sete di vendetta con il sangue di voi luride bestie…ma non preoccuparti stolto lettore: molto presto, anche a te toccherà la medesima sorte…un radioso futuro immerso nella luce di Khanon, od una morte lenta ed atroce, in un’estasi di dolore e di tormento.

Sii felice, lurido infedele: con la tua morte, monderò la tua anima dalle tue scellerate colpe, e la risata soddisfatta di Khanon echeggierá in alto nei cieli…
[Gdr off]

vorrei solo sapere se il tuo pg si chiama Horus Hab o solo Horus ,
l'omonimia potrebbe causare inconvenienti

ps : bella presentazione
Horus HaB.
abbiamo pensato fin dall'inizio ad evitare possibili omonimie, sta tranquillo
era solo perchè da quel che ho capito Horus HaB è uno spietato vendicatore mentre il mio Horus è un cavaliere vagabondo che non odia nessun essere umano (almeno per ora)

diciamo che come descrizione gli calza abbastanza