Avendo recensito i primi due volumi, non potevo (volevo) esimermi dal fare lo stesso con il terzo, benché, in definitiva, sia il meno meritevole dei tre.
Partiamo dallo stile, che sembra quasi essersi impoverito rispetto ai precedenti: punti rimarcabili ve ne sono pochi, per il resto le parole scorrono con piattezza. Dalla lettura si evince anche un certo qual 'afflosciarsi' della struttura, lineare e priva di significativi colpi di scena o traguardi (a parte il topico "sconfiggi il cattivo"). Contrariamente ai precedenti volumi qui i personaggi si riducono a marionette di sé stessi: statici e monocordi, perdono spessore, ritrovandosi a dire e fare cose già fatte nei precedenti capitoli.
La trama stessa s'impoverisce, riducendosi ad una serie di 'tappe' che si concludono sempre con un santuario e un guardiano dispensatore di saggezza. Scarse le parti coinvolgenti e diversi i punti che vengono inspiegabilmente lasciati in sospeso, senza conclusione.
Un piccolo commento sulla magia, inoltre, mi sembra necessario: l'idea che se ne ricava, di una parte così importante del mondo creato dall'autrice, è che nemmeno lei avesse ben chiaro in mente che cosa la magia potesse fare e che cosa invece no: a volte funziona a volte no, giusto per far fluire la trama in una certa maniera. Questo, a mio avviso, è un errore: la magia è un arnese piuttosto difficile da manovrare per uno scrittore: può risolvere un sacco di problemi, ma deve anche essere credibile; se diventa palese che la si usa solo come espediente narrativo, perde tutta la sua efficacia.
In tag di SPOILER metterò anche qualche giudizio sul finale, dato che, a mio avviso, merita qualche commento.
Spoiler
il finale lascia del tutto scontenti: si crea attorno ad esso una certa aspettativa, in pratica per tutto il romanzo la prospettiva è quella che Nihal debba morire tragicamente per salvare il resto del mondo e, in effetti, apparentemente è proprio così, salvo poi essere 'resuscitata' per assicurare l'happy ending, meccanismo, quello della resurrezione, da sempre inefficace e tendenzialmente deludente, smentisce la tragica ineluttabilità della morte, che è un espediente narrativo di grandiosa potenza.
Peccato, perché gli altri due volumi erano meritevoli (il primo soprattutto), ma non si può dire che l'esperimento non sia stato coronato da un successo significativo: pubblicare un progetto di così grande portata a neanche 25 anni è senza dubbio un traguardo invidiabile e meritevolissimo e la potenzialità di crescere si vede, eccome. Attendiamo adesso la sua prossima opera: l'esperienza, si sa, vien scrivendo.