Paradosso EPR

[QUOTE=Heaven - Lord;18716104]Un paio di domande:
dici "va oltre una mera estrapolazione empirica". Questo va inteso come tale teoria non si basa semplicemente su accumulare tantissimi dati e poi da essi ricavare un modello di predizione, come si fa per esempio nelle serie storiche per il prezzo del petrolio (insomma, le rette di regressione o giù di li…)

Sulle teorie del caos avevo letto qualcosa: in particolare mi era rimasto impresso un semplice teorema (che però non ricordo…) in cui si dimostrava che per effettuare una previsione valida per un numero indefinito di istanti di tempo, sarebbe stato necessario conoscere con una precisione infinita il valore delle variabili iniziali (il che è impossibile).
In pratica questo è un altro modo per dire che ad un certo punto intervengono “quei piccoli eventi quantistici” di cui parli?

Per quanto riguarda la tua prima frase, si credo di fare confusione… quindi chiedo: quando dici “E’ solo non-deterministica.” (riferendoti alla teoria quantistica… è da leggere come un "non può essere deterministica”?[/quote]

Sì a tutte le domande fin qui (tenendo da conto quello che abbiamo già discusso).

Paradossalmente, per quanto intrinsecamente probabilistica, la teoria quantistica è la più precisa, profonda e predittiva che abbiamo. Famoso l’esempio del fattore g dell’elettrone, con un accordo tra esperimento e teoria fino a una parte su un trilione. Oltre ai record di precisione però abbiamo il fatto che la teoria quantistica è essenziale per dare un senso a fenomeni basilari: per esempio, senza le leggi quantistiche non esisterebbero gli atomi (perché collasserebbero per attrazione coulombiana), il magnetismo sarebbe impossibile (per il teorema di Bohr-van Leeuwen), ecc. Infine, la teoria quantistica è predittiva di fenomeni nuovi, come i condensati di Bose-Einstein teorizzati nel ’24 e osservati nel ’95 (premio Nobel per la Fisica nel 2001). Gli esempi sono innumerevoli e in tutto questo non abbiamo mai avuto indizi di un livello più fondamentale della natura in cui la fisica torni ad essere deterministica, anzi: tra teoremi matematici no-go e conferme sperimentali sempre più accurate, il campo delle teorie di variabili nascoste si è sempre più ristretto verso ipotesi bizzarre e poco consistenti.

[quote]ecco che si aggiunge un altro tassello: ora mi è più chiaro anche il concetto di fenomeno nonlocale.

E su questa correlazione (precisa, ma sempre statistica, esatto?), siamo ancora in alto mare? leggendo la tua domanda di sotto, visto che ti aspetti una risposta, almeno qualche ipotesi abbastanza valida è stata fatta :D

un concetto elementare della fisica per me è “la seconda legge di newton”.

A me piace più pensare che le due misure non agiscano l’una sull’altra, ma semplicemente “sappiano”. C’era un libro che lessi ma purtroppo capii poco, che sicuramente conoscerai: il tao della fisica. Mi sembra parlasse di come è “tutto collegato”… là forse troverei la risposta?[/QUOTE]

In un certo senso la risposta è che è tutto collegato, ma quello è un libro divulgativo anche abbastanza divagante che non ti dice di più; io parlavo di una risposta tecnica. Tentativi di affrontare la domanda che sto ponendo non li trovi nemmeno nei graduate texts, se non quelli con un approccio di quantum foundations. Però non sono così disonesto: può essere visto, in parte, come un indovinello matematico non poi così difficile.

Ci sono molte risposte alla mia domanda, più o meno speculative, ma il punto è che, tenendo la teoria quantistica “mainstream” così com’è, abbiamo una brutta inconsistenza interna; anche se, per fare i calcoli, va benissimo lo stesso: semplicemente fissi un sistema di riferimento e la distribuzione di probabilità per la misura viene cambiata istantaneamente, dal lato che viene misurato per primo all’altro lato. Non la seconda, ma la terza legge di Newton riguarda un corpo che agisce su un altro, per esempio: qui ci stiamo chiedendo se un lato agisca sull’altro, ed è un concetto fondamentale che andrebbe chiarito.

E’ interessante notare come anche in ambito classico avvenga un qualcosa di simile, senza che ci sia azione: se una biglia rossa e una nera vengono lanciate in direzioni opposte, la probabilità di trovarla rossa è 50% da entrambi i lati; ma se uno ha già trovato quella rossa, la probabilità di trovarla nera dall’altro lato diventa 100% grazie a questa informazione. Ovviamente, nel caso quantistico non puoi avere la variabile nascosta della biglia rossa o nera, ed è questo che ci confonde.

Il nostro esempio è più astruso: se trovi una torta buona da un lato, sai per certo che se viene assaggiata dall’altro lato essa sarà cattiva. Però nota: se da un lato la trovi cattiva, ciò non ti dà certezze sull’altro lato, ma solo una probabilità. Ci sono altri esempi più simili alle due biglie, per l’appunto quello dello stato di singoletto in cui per misure sullo stesso asse uno spin è sempre up e l’altro è sempre down (anche se quale dei due sia up è dato al 50%); ma, come ho spiegato all’inizio, in tal caso servono 3 assi di spin per escludere le variabili nascoste e il ragionamento completo non sarebbe stato intuitivo come il nostro.

Nessuno è riuscito a dire qualcosa, quindi offro io una soluzione, che riguarda il mantenere una operatività della teoria senza avere brutte contraddizioni. E’ l’approccio minimale. Un avvertimento: come tutte le interpretazioni della meccanica quantistica, questa spiegazione può risultare intuitivamente piuttosto insoddisfacente, in quanto non esistono interpretazioni che soddisfino realmente la nostra intuizione. Tra tutte le cose, è proprio questo tipo di soddisfazione ad essersene andata per sempre con il teorema di Bell :asd:

Nonostante ciò, secondo me è una risposta molto interessante e profonda.

Il punto di partenza è capire cosa intendiamo davvero ipotizzando un’assenza di elementi di realtà ben definiti per le torte. In fondo, la nostra idea che debba esserci azione a distanza potrebbe essere un rimasuglio, a livello di intuizione, dell’ipotesi che abbiamo scartato. Anche perché Einstein voleva proprio mantenere quel tipo di realismo.

Ricordiamoci che, qualunque sia la scelta di misura di un fisico, la distribuzione di probabilità osservata localmente dall’altro fisico non può variare: nessuno può comunicargli in tempo i risultati di misura.

Supponiamo di effettuare un esperimento in cui misuriamo la polarizzazione nella base 39.2° - 129.2° in entrambi i lati (nella nostra analogia: aprire entrambi i forni), e di trovare entrambi i fotoni polarizzati a 129.2° (entrambe le torte alzate presto).

Ora chiediamoci: compatibilmente con il nostro risultato, cosa sarebbe successo se entrambi i fisici, immediatamente prima dell’arrivo dei fotoni, avessero ruotato i loro cristalli separatori per misurare invece la polarizzazione nella base 0° - 90°? Nota: questo dettaglio del cambiare la base mentre i fotoni sono in volo era molto importante per Bell e fu implementato nei famosi esperimenti di Aspect.

La risposta a questa domanda riguardante i possibili esiti è l’insieme vuoto: se un fotone è polarizzato a 129.2°, nell’esperimento in cui dall’altro lato si misura la base 0° - 90°, l’altro deve avere polarizzazione 0°; ma nell’esperimento in cui da entrambi i lati si misura la base 0° - 90° non possono mai essere trovati entrambi polarizzati a 0°. Letteralmente: esperimenti non effettuati non hanno un risultato. A ben vedere abbiamo solo riformulato ciò che avevamo già detto, ma ora abbiamo un indizio in più. Cosa sta accadendo?

La teoria quantistica sta associando non-localmente distribuzioni di probabilità per gli esiti di misura a setup sperimentali diversi, incompatibili tra loro. Essa ti fornisce, data una preparazione fisica complessiva, un risultato non-locale concernente distribuzioni di probabilità e correlazioni. I cristalli polarizzatori fanno parte del sistema fisico: assieme alla coppia di fotoni formano un unico, inseparabile oggetto non-locale. In altre parole: la teoria quantistica è una mappa da un setup sperimentale a un insieme di distribuzioni di probabilità e correlazioni degli esiti di misura.

Questa è una rottura radicale con la concezione classica di sistemi localmente indipendenti: concepivamo un corpo da misurare come una persona da interrogare e che ci fornisse una risposta. Questo non è più possibile: cambiando domanda cambi l’intera situazione e la concezione della persona interrogata da cui trarre informazioni ben definite su di essa scompare completamente.

La risposta alla domanda su se ci sia azione a distanza o no è che la domanda è mal posta, perché sovrappone scenari incompatibili.

La coerenza della teoria quantistica viene mantenuta vedendo la causalità non come proprietà definite che influenzano altre proprietà, ma in generale come il modificare le distribuzioni di probabilità locali: in quel caso la causalità di Einstein è consistente ed è a questo che ci atteniamo. Certo, è una risposta parecchio astratta, ma è internamente consistente ed epistemologicamente chiara (ciò non esclude futuri sviluppi in cui forse avremo chiarimenti a noi oggi inaccessibili).

[QUOTE=Shpongle;18716331]Sì a tutte le domande fin qui (tenendo da conto quello che abbiamo già discusso).

Paradossalmente, per quanto intrinsecamente probabilistica, la teoria quantistica è la più precisa, profonda e predittiva che abbiamo. Famoso l’esempio del fattore g dell’elettrone, con un accordo tra esperimento e teoria fino a una parte su un trilione. Oltre ai record di precisione però abbiamo il fatto che la teoria quantistica è essenziale per dare un senso a fenomeni basilari: per esempio, senza le leggi quantistiche non esisterebbero gli atomi (perché collasserebbero per attrazione coulombiana), il magnetismo sarebbe impossibile (per il teorema di Bohr-van Leeuwen), ecc. Infine, la teoria quantistica è predittiva di fenomeni nuovi, come i condensati di Bose-Einstein teorizzati nel ’24 e osservati nel ’95 (premio Nobel per la Fisica nel 2001). Gli esempi sono innumerevoli e in tutto questo non abbiamo mai avuto indizi di un livello più fondamentale della natura in cui la fisica torni ad essere deterministica, anzi: tra teoremi matematici no-go e conferme sperimentali sempre più accurate, il campo delle teorie di variabili nascoste si è sempre più ristretto verso ipotesi bizzarre e poco consistenti.
[/quote]

quindi si può dire che dio gioca a dadi con il mondo? :asd:

[QUOTE=Shpongle;18716331]
In un certo senso la risposta è che è tutto collegato, ma quello è un libro divulgativo anche abbastanza divagante che non ti dice di più; io parlavo di una risposta tecnica. Tentativi di affrontare la domanda che sto ponendo non li trovi nemmeno nei graduate texts, se non quelli con un approccio di quantum foundations. Però non sono così disonesto: può essere visto, in parte, come un indovinello matematico non poi così difficile.
[/quote]

fermandoci un attimo di più su quel libro, è vero che quel libro ormai è un po’ vecchiotto ma tu, che se mi ricordo bene, sei anche molto competente sulle religioni orientali, ti trovi d’accordo?

[QUOTE=Shpongle;18716331]
Ci sono molte risposte alla mia domanda, più o meno speculative, ma il punto è che, tenendo la teoria quantistica “mainstream” così com’è, abbiamo una brutta inconsistenza interna; anche se, per fare i calcoli, va benissimo lo stesso: semplicemente fissi un sistema di riferimento e la distribuzione di probabilità per la misura viene cambiata istantaneamente, dal lato che viene misurato per primo all’altro lato. Non la seconda, ma la terza legge di Newton riguarda un corpo che agisce su un altro, per esempio: qui ci stiamo chiedendo se un lato agisca sull’altro, ed è un concetto fondamentale che andrebbe chiarito.

E’ interessante notare come anche in ambito classico avvenga un qualcosa di simile, senza che ci sia azione: se una biglia rossa e una nera vengono lanciate in direzioni opposte, la probabilità di trovarla rossa è 50% da entrambi i lati; ma se uno ha già trovato quella rossa, la probabilità di trovarla nera dall’altro lato diventa 100% grazie a questa informazione. Ovviamente, nel caso quantistico non puoi avere la variabile nascosta della biglia rossa o nera, ed è questo che ci confonde.[/quote]

esempio illuminante. Prima si ha una probabilità, e poi una certezza deterministica. Mi dispiace un poco leggendo questo che come dici prima le ipotesi su variabili nascoste non hanno più molto credito… sarebbe stato affascinante!

[QUOTE=Shpongle;18716331]
Il nostro esempio è più astruso: se trovi una torta buona da un lato, sai per certo che se viene assaggiata dall’altro lato essa sarà cattiva. Però nota: se da un lato la trovi cattiva, ciò non ti dà certezze sull’altro lato, ma solo una probabilità. Ci sono altri esempi più simili alle due biglie, per l’appunto quello dello stato di singoletto in cui per misure sullo stesso asse uno spin è sempre up e l’altro è sempre down (anche se quale dei due sia up è dato al 50%); ma, come ho spiegato all’inizio, in tal caso servono 3 assi di spin per escludere le variabili nascoste e il ragionamento completo non sarebbe stato intuitivo come il nostro.

Nessuno è riuscito a dire qualcosa, quindi offro io una soluzione, che riguarda il mantenere una operatività della teoria senza avere brutte contraddizioni. E’ l’approccio minimale. Un avvertimento: come tutte le interpretazioni della meccanica quantistica, questa spiegazione può risultare intuitivamente piuttosto insoddisfacente, in quanto non esistono interpretazioni che soddisfino realmente la nostra intuizione. Tra tutte le cose, è proprio questo tipo di soddisfazione ad essersene andata per sempre con il teorema di Bell :asd:

Nonostante ciò, secondo me è una risposta molto interessante e profonda.

Il punto di partenza è capire cosa intendiamo davvero ipotizzando un’assenza di elementi di realtà ben definiti per le torte. In fondo, la nostra idea che debba esserci azione a distanza potrebbe essere un rimasuglio, a livello di intuizione, dell’ipotesi che abbiamo scartato. Anche perché Einstein voleva proprio mantenere quel tipo di realismo.

Ricordiamoci che, qualunque sia la scelta di misura di un fisico, la distribuzione di probabilità osservata localmente dall’altro fisico non può variare: nessuno può comunicargli in tempo i risultati di misura.

Supponiamo di effettuare un esperimento in cui misuriamo la polarizzazione nella base 39.2° - 129.2° in entrambi i lati (nella nostra analogia: aprire entrambi i forni), e di trovare entrambi i fotoni polarizzati a 129.2° (entrambe le torte alzate presto).

Ora chiediamoci: compatibilmente con il nostro risultato, cosa sarebbe successo se entrambi i fisici, immediatamente prima dell’arrivo dei fotoni, avessero ruotato i loro cristalli separatori per misurare invece la polarizzazione nella base 0° - 90°? Nota: questo dettaglio del cambiare la base mentre i fotoni sono in volo era molto importante per Bell e fu implementato nei famosi esperimenti di Aspect.

La risposta a questa domanda riguardante i possibili esiti è l’insieme vuoto: se un fotone è polarizzato a 129.2°, nell’esperimento in cui dall’altro lato si misura la base 0° - 90°, l’altro deve avere polarizzazione 0°; ma nell’esperimento in cui da entrambi i lati si misura la base 0° - 90° non possono mai essere trovati entrambi polarizzati a 0°. Letteralmente: esperimenti non effettuati non hanno un risultato. A ben vedere abbiamo solo riformulato ciò che avevamo già detto, ma ora abbiamo un indizio in più. Cosa sta accadendo?

La teoria quantistica sta associando non-localmente distribuzioni di probabilità per gli esiti di misura a setup sperimentali diversi, incompatibili tra loro. Essa ti fornisce, data una preparazione fisica complessiva, un risultato non-locale concernente distribuzioni di probabilità e correlazioni. I cristalli polarizzatori fanno parte del sistema fisico: assieme alla coppia di fotoni formano un unico, inseparabile oggetto non-locale. In altre parole: la teoria quantistica è una mappa da un setup sperimentale a un insieme di distribuzioni di probabilità e correlazioni degli esiti di misura.

Questa è una rottura radicale con la concezione classica di sistemi localmente indipendenti: concepivamo un corpo da misurare come una persona da interrogare e che ci fornisse una risposta. Questo non è più possibile: cambiando domanda cambi l’intera situazione e la concezione della persona interrogata da cui trarre informazioni ben definite su di essa scompare completamente.

La risposta alla domanda su se ci sia azione a distanza o no è che la domanda è mal posta, perché sovrappone scenari incompatibili.

La coerenza della teoria quantistica viene mantenuta vedendo la causalità non come proprietà definite che influenzano altre proprietà, ma in generale come il modificare le distribuzioni di probabilità locali: in quel caso la causalità di Einstein è consistente ed è a questo che ci atteniamo. Certo, è una risposta parecchio astratta, ma è internamente consistente ed epistemologicamente chiara (ciò non esclude futuri sviluppi in cui forse avremo chiarimenti a noi oggi inaccessibili).[/QUOTE]

ma Kalidor… come pensavi che arrivassi ad una cosa del genere!! E’ complicatissima per il mio piccolo cervelletto!

Prendiamo queste due frasi: La teoria quantistica sta associando non-localmente distribuzioni di probabilità per gli esiti di misura a setup sperimentali diversi, incompatibili tra loro e la teoria quantistica è una mappa da un setup sperimentale a un insieme di distribuzioni di probabilità e correlazioni degli esiti di misura.

Temo di avere difficoltà ad arrivarci :(

L’ultima frase cosa vuol dire? che semplicemente dobbiamo considerare tutti e 3 gli elementi:
-l’esistenza dei due forni
-le nostre misurazioni (apro o non apro…)
-le correlazioni che hanno queste misurazioni

Non mi torna… insomma invece di capire come si fanno ad avere queste correlazioni, si sposta il problema, inserendo nell’insieme anche le correlazioni.
Dire: le correlazioni fanno parte della teoria, mi sembra una non risposta. Temo mi sfugga qualcosa…

No, quel libro era troppo vago, considera che l'ho per lo più sfogliato.

In questo caso l'azione che cosa sarebbe? Semplicemente piazzare un cristallo ruotato in un modo o in un altro: finché il fotone non tocca il cristallo non fa differenza. Allora "agire" significherebbe mettere il cristallo in questa posizione invece di quest'altra: senza l'"invece di" non staremmo nemmeno qui a parlarne. Ma investigando l'"invece di" viene fuori questo: una volta che l'esperimento con una posizione del cristallo è stato fatto e abbiamo un risultato, pensare a cosa sarebbe accaduto con l'altra posizione del cristallo tenendo da conto il nostro risultato ci porta a un'assenza di risultati possibili. Quindi non sto aggirando il problema, il problema è esattamente questo: non c'è un fotone che agisce sull'altro oppure no perché, se così fosse, potremmo parlare di esiti alternativi.

Per parlare di azione dovrei poter dire: "ho fatto x ed è successo a, se avessi fatto y sarebbe successo b". Qui è: "ho fatto x ed è successo a, se avessi fatto y sarebbe successo... nulla?? Che cosa significa?"

Se invece scarti il risultato del tuo esperimento e dici: "ok, cosa sarebbe successo veramente, lasciando perdere il mio risultato?" La risposta riguarda probabilità per gli esiti di tutt'altro esperimento, dimostrato essere incompatibile con il tuo, non un'azione o un'assenza di azione tra le due parti.

Anche io con questa spiegazione ebbi l'impressione che aggirasse il problema, ma ho cambiato idea quando ho visto come l'insieme degli esiti alternativi sia vuoto. Per quanto sconvolgente per me è un ragionamento molto forte.

scusa per il ritardo della risposta :(

[QUOTE=Shpongle;18726994]No, quel libro era troppo vago, considera che l’ho per lo più sfogliato.[/quote]

oddio…vago… i concetti della fisica che esprimeva non erano “matematici” questo si, ma io ho avuto difficoltà :(

[QUOTE=Shpongle;18726994]
In questo caso l’azione che cosa sarebbe? Semplicemente piazzare un cristallo ruotato in un modo o in un altro: finché il fotone non tocca il cristallo non fa differenza. Allora “agire” significherebbe mettere il cristallo in questa posizione invece di quest’altra: senza l’“invece di” non staremmo nemmeno qui a parlarne. Ma investigando l’“invece di” viene fuori questo: una volta che l’esperimento con una posizione del cristallo è stato fatto e abbiamo un risultato, pensare a cosa sarebbe accaduto con l’altra posizione del cristallo tenendo da conto il nostro risultato ci porta a un’assenza di risultati possibili. Quindi non sto aggirando il problema, il problema è esattamente questo: non c’è un fotone che agisce sull’altro oppure no perché, se così fosse, potremmo parlare di esiti alternativi.

Per parlare di azione dovrei poter dire: “ho fatto x ed è successo a, se avessi fatto y sarebbe successo b”. Qui è: “ho fatto x ed è successo a, se avessi fatto y sarebbe successo… nulla?? Che cosa significa?”

Se invece scarti il risultato del tuo esperimento e dici: “ok, cosa sarebbe successo veramente, lasciando perdere il mio risultato?” La risposta riguarda probabilità per gli esiti di tutt’altro esperimento, dimostrato essere incompatibile con il tuo, non un’azione o un’assenza di azione tra le due parti.

Anche io con questa spiegazione ebbi l’impressione che aggirasse il problema, ma ho cambiato idea quando ho visto come l’insieme degli esiti alternativi sia vuoto. Per quanto sconvolgente per me è un ragionamento molto forte.[/QUOTE]

Vediamo se ho capito:

Prendiamo un caso (uso le torte perchè mi viene più facile):
se uno apre il forno a metà e l’altro assaggia la torta alla fine, quando una torta si è alzata presto l’altra è sempre buona.

Allora, io apro il forno a metà e vedo che la mia torta di è alzata presto, e quindi l’altra sarà buona.
Ora mi chiedo: che sarebbe successo se avessi assaggiato la torta alla fine invece di aprire il forno a metà?

Ovvero, mi chiedo, ho già una torta buona (quella dell’altro forno), cosa sarebbe successo alla mia torta aprendo alla fine il forno? Il problema è che, a quel punto avremmo aperto due forni alla fine e le torte dovrebbero fare entrambe schifo: io mi trovo però già una torta buona!

Quindi il mio chiedermi cosa sarebbe successo ha come risposta: “non sarebbe potuto succedere nulla”.

A me torna… a te? ho scritto corbellerie?

Ad un certo punto però scrivi: “Che cosa significa?”. Ecco, che cosa significa? :D

[QUOTE=Heaven - Lord;18746662]oddio…vago… i concetti della fisica che esprimeva non erano “matematici” questo si, ma io ho avuto difficoltà :([/quote]

E’ che parla di argomenti su cui ho già una preparazione avanzata, mentre come libro è interamente divulgativo, quindi mi annoiava. Per quello che ho sfogliato mi sembrava inconcludente, ma non avendolo letto veramente non posso dire di più.

E’ vero che, visti i miei interessi, è un libro che “dovrebbe piacermi”, ma forse è proprio per quello che non mi convince :asd:

[quote]Vediamo se ho capito:

Prendiamo un caso (uso le torte perchè mi viene più facile):
se uno apre il forno a metà e l’altro assaggia la torta alla fine, quando una torta si è alzata presto l’altra è sempre buona.

Allora, io apro il forno a metà e vedo che la mia torta di è alzata presto, e quindi l’altra sarà buona.
Ora mi chiedo: che sarebbe successo se avessi assaggiato la torta alla fine invece di aprire il forno a metà?

Ovvero, mi chiedo, ho già una torta buona (quella dell’altro forno), cosa sarebbe successo alla mia torta aprendo alla fine il forno? Il problema è che, a quel punto avremmo aperto due forni alla fine e le torte dovrebbero fare entrambe schifo: io mi trovo però già una torta buona!

Quindi il mio chiedermi cosa sarebbe successo ha come risposta: “non sarebbe potuto succedere nulla”.

A me torna… a te? ho scritto corbellerie?[/QUOTE]

Il concetto è quello.

I particolari del ragionamento erano solo leggermente diversi, come l’hai messo tu è sbagliato perché la torta dal tuo lato può comunque venire cattiva. La contraddizione esplicita sorge se cambi tipo di misura da entrambi i lati. Devi supporre di aprire entrambi i forni a metà e di vedere entrambe le torte alzate presto: allora, se invece avessi assaggiato entrambe le torte alla fine, "non sarebbe potuto succedere nulla”. Ma questo è un dettaglio: non esistendo alternativa cambiando entrambi i tipi di misura, di conseguenza anche gli altri casi in cui ne cambi solo uno risultano inconsistenti, indirettamente.

Infatti, questo ragionamento è un caso particolare: in realtà qualcosa di simile vale per ogni tipo di stato entangled. E’ un corollario del teorema di Bell. Nel caso generale, non c’è una contraddizione così diretta perché il nostro esempio è costruito apposta per esporla facilmente. In generale hai una contraddizione statistica, nel senso che con numerose misure nessuna distribuzione statistica per i “risultati alternativi” è possibile.

L’ho già spiegato. Lo riformulo.

Se prendi la “strada maestra” (di Bohr) dell’abbandonare il realismo, significa la stessa cosa con cui eravamo partiti: che non esistono “elementi di realtà” assegnabili localmente alle singole torte (fotoni). Però, all’inizio la cosa ci lasciava con un residuo di intuizione in cui continuavamo a pensare a “una parte che influisce sull’altra”: questo corollario elimina definitivamente questo residuo per chiarirci cosa significhi veramente abbandonare il realismo.

Come ho detto, significa che, con le tue misure, non stai vedendo diversi aspetti di un singolo fotone realmente esistente. Non c’è un fotone indipendente dal tuo apparato sperimentale a cui far domande, a cui chiedere “come sei fatto?”

La conclusione minimale, operativa, è semplicemente che, cambiando un tipo di misura, stai facendo un esperimento completamente diverso e incompatibile con il primo. Arriviamo a questa conclusione perché siamo costretti, perché abbiamo esaurito le possibilità. La natura ci ha messo con le spalle al muro e siamo esterrefatti.

Una conseguenza interpretativa è che l’intera configurazione materiale è un unico oggetto non-locale. Se ne cambi una parte, cambi proprio l’intera situazione, non solo l’”altra parte”. E’ pensare alle due parti esistenti separatamente che non funziona.

A questo livello non possiamo dire molto altro: puoi fermarti qui. Altrimenti, questa assenza di risultati alternativi è comunque un indizio per forse risolvere il mistero, se credi che questo mistero ci sia, in un futuro in cui avremo altri indizi più costruttivi. Per esempio, ci sono studi di gravità quantistica in cui il principio olografico, i wormhole e altre robe portano all’ipotesi che l’entanglement sia la natura stessa dello spazio: ma non chiedermi di più perché di gravità quantistica non ci capisco niente, né capisco gli articoli in cui questa ipotesi viene fatta :asd:

Scusami se torno ancora all'esempio iniziale, e all'analogia del forno, per vedere se ho capito bene

Io studentello mi metto come nell laboratorio di fisica, a vedere sto esperimento dei forni e prendo i miei dati.

Apro i forni e vedo che il 9% delle volte le torte vengono su presto assieme. Ok

Poi vedo che quando una e' venuta su presto, l'altra e' SEMPRE buona. ok, stacce.

A sto punto mi aspetto che il 9% delle volte le torte siano entrambe buone, ma scopro che non e' vero. Ma allora vuol dire che non succede mai che siano entrambe venute su presto. Ma non e' vero, perche' lo osservato.

Quindi le uniche soluzioni sono che 1) il mio assaggiare la torta modifichi in qualche modo l'altra 2) il mio mangiare la torta modifichi la storie delle torte, cambi il passato e faccia sgonfiare una delle due


Giusto?

[QUOTE=RokkoII;18746931]Scusami se torno ancora all’esempio iniziale, e all’analogia del forno, per vedere se ho capito bene

Io studentello mi metto come nell laboratorio di fisica, a vedere sto esperimento dei forni e prendo i miei dati.

Apro i forni e vedo che il 9% delle volte le torte vengono su presto assieme. Ok

Poi vedo che quando una e’ venuta su presto, l’altra e’ SEMPRE buona. ok, stacce.

A sto punto mi aspetto che il 9% delle volte le torte siano entrambe buone, ma scopro che non e’ vero. Ma allora vuol dire che non succede mai che siano entrambe venute su presto. Ma non e’ vero, perche’ lo osservato.

Quindi le uniche soluzioni sono che 1) il mio assaggiare la torta modifichi in qualche modo l’altra 2) il mio mangiare la torta modifichi la storie delle torte, cambi il passato e faccia sgonfiare una delle due

Giusto?[/QUOTE]

L’idea è quella. Oltre altre risposte leggermente diverse, ci sarebbe la:

  1. non esistono le torte separatamente l’una dall’altra :asd:

Per i motivi lungamente articolati sopra, i fisici oggi propendono per la 3).

Domanda un poco metafisica: ma a voi non da l'impressione di stare guardando il dietro le quinte di un teatro? Dove le leggi non hanno nulla a che fare con cio' che avviene sul palco.... che a quel punto diventa chiaramente una finzione?

[QUOTE=Shpongle;18746934]L’idea è quella. Oltre altre risposte leggermente diverse, ci sarebbe la:

  1. non esistono le torte separatamente l’una dall’altra :asd:

Per i motivi lungamente articolati sopra, i fisici oggi propendono per la 3).[/QUOTE]

e non solo che non esistono le torte separatamente, ma anche i denti, la bocca, tutto?

[QUOTE=RokkoII;18746949]Domanda un poco metafisica: ma a voi non da l’impressione di stare guardando il dietro le quinte di un teatro? Dove le leggi non hanno nulla a che fare con cio’ che avviene sul palco… che a quel punto diventa chiaramente una finzione?[/QUOTE]

Un po’ :asd:

[QUOTE=RokkoII;18746950]e non solo che non esistono le torte separatamente, ma anche i denti, la bocca, tutto?[/QUOTE]

Sembra essere la conclusione corretta, anche se non siamo riusciti a capire bene il nesso tra torte e bocca :asd: cioè il nesso tra fotoni e cristalli. I cristalli sono fatti da moltissime particelle, non due, e questa differenza è così grossa che non siamo riusciti a colmarla. In teoria tra l’avere due particelle o un numero di Avogadro di esse non dovrebbe cambiare i principi, però nel nostro formalismo matematico trattiamo i due casi in modo diverso e non abbiamo ancora legato bene le due cose. Per di più, l’unico modo che abbiamo di trattare il caso con poche particelle è farle interagire con sistemi di moltissime particelle (detti “strumenti di misura” :asd: ). Questo è il problema della misura.

[QUOTE=Shpongle;18674486]E’ quello che fa l’algoritmo di Shor per es. Da wiki:

“The algorithm is composed of two parts. The first part of the algorithm turns the factoring problem into the problem of finding the period of a function, and may be implemented classically. The second part finds the period using the quantum Fourier transform, and is responsible for the quantum speedup.”

C’è un’intera classe di problemi NP riducibili alla ricerca dei periodi.

In sostanza lui dice: i computer quantistici li risolvono tutti allo stesso modo, mentre un singolo algoritmo P classico, anche esistesse per un problema, non potrebbe risolverli tutti (come dici tu stesso).
[/QUOTE]

Okay, ho trovato un po’ di tempo in questi giorni per studiare un po’ la questione. Dimmi dove mi incastro.

Trovare la fattorizzazione di un numero è riconducibile all’identificazione del periodo minimo di una successione numerica.

L’identificazione di tale periodo avviene “facilmente” mediante trasformata di Fourier quantistica, la quale richiede un numero polinomiale di porte logiche quantistiche (in particolare, O((log Q)^2) ).

Si dice: molti problemi NP sono risolvibili mediante identificazione di un periodo. D’accordo, ma non sono di classe NP-complete (perché nemmeno la fattorizzazione lo è). A quale classe appartengono esattamente? è stata davvero dimostrata la riducibilità al problema della fattorizzazione, o si sospetta che sia così?

[QUOTE=Arësius;18785102]A quale classe appartengono esattamente?[/quote]

BQP

https://en.wikipedia.org/wiki/BQP
https://complexityzoo.uwaterloo.ca/Complexity_Zoo:B#bqp

E’ dimostrato che la fattorizzazione è in BQP. :look:

Non so sulla riducibilità in generale, ma di fatto questi problemi vengono risolti con la quantum fourier transform che è sempre lo stesso metodo, penso che Shor intendesse questo nel quote.

Secondo Wikipedia, "the relation between BQP and NP is unknown"

Quindi non è formalmente vero che c'è una classe di problemi NP che è risolvibile mediante computazione quantistica. Ce ne sono alcuni, appartenenti a NP (anche se la fattorizzazione non si sa se ci appartenga davvero), che possono essere risolti
Ah no, sorry se ti ho confuso le idee.
Adesso resta il dettaglio di capire come funziona la trasformata di Fourier quantistica magari entro il 2020 ci arrivo
Questa lezione ocw dovrebbe darti una shortcut: http://ocw.mit.edu/courses/electrical-engineering-and-computer-science/6-045j-automata-computability-and-complexity-spring-2011/lecture-notes/MIT6_045JS11_lec23.pdf
Nel frattempo, IBM mi ha appena attivato l'accesso al suo computer quantistico a 5 qubit

[QUOTE=Arësius;18826029]Nel frattempo, IBM mi ha appena attivato l’accesso al suo computer quantistico a 5 qubit :D[/QUOTE]

si ok prima google poi IBM comunque oltre a essere stati bravi a fare il giocattolino nuovo che almeno dicano a noi profani a che tipo di calcoli
gli serve che siamo curiosi.:spy:

A nulla, i D-Wave non funzionano e 5 qubit simulati su un computer classico sono più veloci oggi è solo figo.
Non credo sia un D-wave, ho idea che IBM si sia realizzato il suo sistema autonomo.

Si possono effettuare anche simulazioni che però non c'entrano quasi niente con la realtà, perché la temperatura di 0.014097° K è sufficiente a introdurre discreti errori nelle misurazioni reali