19. Sogni e promesse

Qualche notte fa ho fatto un sogno.

Ho sognato che venivo a trovarti al cimitero; la tua tomba era al suo posto, con quella lapide bianca e pulitissima, identica a com’era il primo giorno. Identica a come l’avevamo disegnata.
Al posto delle tue foto, però, c’erano quelle di un’altra persona: mio padre.

Colto di sorpresa, ho posato una rosa bianca sull’erba verde davanti alla lapide e ho chiesto al custode dove ti avessero spostato.

«Vieni con me, ti porto io», mi ha detto.
Poi, con un trenino, mi ha condotto sottoterra fino ad arrivare a una stanza altissima, con centinaia di loculi.
«Eccolo», ha detto indicando un loculo posto in alto, vicino al soffitto.

L’unico modo per raggiungerti era usare una di quelle lunghe scale con le ruote che ho visto solo nei cimiteri.
Ma non riuscivo a salirne i gradini, perché con me portavo una seconda rosa, questa volta d’oro, pesantissima.
Il peso di quella rosa era troppo grande per i miei muscoli, e così rimanevo in fondo alla scala a piangere, troppo debole e impotente per raggiungerti e portarti il mio dono.

Poi mi sono svegliato.

Quest’anno ti chiedo scusa.
La lontananza sta diventando un peso difficile da sostenere, e non mi sento un bravo amico — né per chi come te non c’è più, né per chi c’è ancora.
Provo ad essere un bravo figlio, ma non penso di riuscirci, proprio ora che essere presenti potrebbe alleviare dolori e fatiche.

Questo post in ritardo è forse la prova che sto fallendo.
Ma ti prometto che proverò ad essere migliore di così.
Proverò ad andare oltre la distanza e il peso della vita, per poterti onorare di più.
Per dire «ti voglio bene, papà» prima che sia troppo tardi.
Per mandare più messaggi a tua mamma e farle sapere che vi penso, che non sono scomparso.

Se ci riuscirò, sarà un’altra cosa per cui ti ringrazierò.
Mi hai aiutato a crescere quando eri con noi, e anche se non ci sei più, continui a influenzarmi.

Buco.

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:lode: :bacco: